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venerdì 16 marzo 2012

Custa quel che custa, viva l'Austa (a biometano)

Oggi, la stampa di Aosta, dopo la mia audizione del 14 marzo e quella di altri tre colleghi, riferisce che uno di loro, il dr  Viviano dell'Istituto Superiore di Sanità, a proposito dei trattamenti meccanico biologici, da me preferiti al gassificatore, abbia detto "Non è una gran scoperta e non è risolutore, come dimostra l’esperienza in Campania dove ci sono 6 milioni di ecoballe in attesa di essere smaltite”.
Conoscendo personalmente il dr Viviano, dubito che  abbia fatto, alla lettera, queste affermazioni.
Il dr Viviano sa bene, quanto il sottoscritto, che i trattamenti meccanico biologico  per la gestione dei materiali post consumo residuali alla raccolta differenziata sono comparsi sulla scena mondiale almeno venti anni or sono e che nell'ultimo decennio si sono rapidamente imposti per i loro intrinseci vantaggi: bassi costi di costruzione e di gestione, flessibilità d'uso, bassi impatti ambientali, possibilità di recupero energetico del biogas prodotto a partire dalla frazione umida.
Se la Campania ha il problema dei 6 milioni di ecoballe, anche il dr Viviano sa che ciò è dovuto al fatto che i diversi commissari, succedutisi a gestire l'emergenza, hanno tutti fortemente voluto i "termovalorizzatori" come trattamento finale.
In questo caso, i trattamenti meccanico biologici campani sono stati mal utilizzati, in quanto dovevano produrre la maggior quantità possibile di combustibili da rifiuto con cui alimentare i "termovalorizzatori", appunto le ecoballe.
Quindi non è un caso che in Campania non sia stato ancora realizzato nessuno dei dieci impianti di compostaggio previsti, un trattamento meccanico biologico tra i più semplici ed economici, assolutamente contrario, per le sue intrinseche caratteristiche, alla scelta politica di incenerire tutto e di più.
Da quanto ho saputo, sembra proprio che la Val D'Aosta, in piccolo, voglia rifare gli stessi errori della Campania, rinunciando a priori a serie politiche di riduzione, di riciclo, di trattamenti biologici; tutto questo, per favorire tecniche a caldo e per avere, a tutti i costi, prima un "termovalorizzatore" e ora un pirogasificatore.
Gli impianti di trattamento meccanico biologico di cui ho parlato alle Commissioni sono i digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica dei rifiuti, nella versione più moderna ed innovativa.
Quella che depura il biogas prodotto per via biologica, in modo da ottenere metano ad alta purezza da comprimere ed immettere nella rete di distribuzione del gas già esistente in Val D'Aosta.
Con questa scelta, l'attuale inquinamento prodotto dagli impianti a metano attivi nella Regione resta immutato e è noto che, tra tutti combustibili, a parità d' energia prodotta, il metano è quello con minori emissioni inquinanti, nanoparticelle comprese.
I residui della digestione anaerobica, simili a fanghi, mescolati con legno triturato (potature di viti e alberi da frutto) e sottoposti a trattamenti di compostaggio, in apposite biocelle, possono essere trasformati in compost di alta qualità  da utilizzare nuovamente nei vigneti e nei frutteti Valdostani.
Tutti questi trattamenti sono assolutamente autosufficenti dal punto di vista energetico, in quanto  utilizzano calore ed elettricità autoprodotti con sistemi di cogenerazione alimentati con biometano.
Insomma, con queste scelte, si crea di fatto un sistema a "rifiuti zero" e a bassissimo impatto ambientale, in grado di risolvere economicamente il problema della gestione di tutta la  frazione organica prodotta in Valle.
L'unico problema di questa scelta è quello di riorganizzare la raccolta in modo che anche la frazione organica sia differenziata. Non son disposto a credere che i Valdostani non siano capaci e disponibili a fare bene una raccolta differenziata, organico compreso.
Non altrettanto si può dire, per quanto riguarda l'impatto ambientale, se la scelta  valdostana continuerà ad essere quella della piro-gassificazione.
Questa è una tecnica che, per il trattamento di rifiuti indifferenziati, è ancora in fase sperimentale e per questo poco usata a livello industriale.
Inoltre, la piro-gassificazione, a parità di energia prodotta, immette in atmosfera inquinanti tossici (ossidi di azoto, polveri sottili, policiclicii aromatici) in quantità maggiore di quelli prodotti dal metano.
E mentre il metano, bruciando, non produce ceneri, la pirogasificazione  produce anche rifiuti liquidi e solidi che, a causa della loro tossicità, occorre inertizzare e mettere in discarica.

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