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lunedì 19 dicembre 2016

Come ridurre l'inquinamento dell'aria: un programma di buon governo.



Finalmente sono arrivate vento, pioggia e neve e, con loro, le emergenze smog svaniscono.

I Sindaci possono tirare un respiro di sollievo e gli automobilisti possono continuare a stare in coda come prima e durante le inutili ordinanze che vietavano la circolazione agli automezzi più inquinanti..

Tutto come al solito?

Non proprio, l'anno che si chiude ha portato due importanti novità: la ratifica degli accordi sui cambiamenti climatici e una nuova Direttiva che limita le emissioni inquinanti dei paesi dell'Unione Europea.

L'accordo sul contenimento dei cambiamenti climatici, che fa seguito alla Conferenza di Parigi COP 21, è già stato firmato dall'Italia: in estrema sintesi il nostro Paese si è impegnato, entro il 2030, a ridurre le sue emissioni di anidride carbonica del 40%, rispetto alle emissioni dello stesso gas, registrate in Italia nel 1990.

La nuova Direttiva, che entra in vigore il 31 dicembre di quest'anno, ci da tre anni di tempo per introdurre la Direttiva nel nostro ordinamento e approntare un piano di interventi, finalizzato a ridurre drasticamente e credibilmente le emissioni inquinanti prodotte dal nostro Paese.

Poi, abbiamo tempo fino al 2030 per ridurre del 63% gli ossidi di azoto (NOx) e del 42 % le polveri sottili (PM2,5),  proprio gli inquinanti che sforavano durante l'alta pressione di Dicembre.

Pensate che Gentiloni, il nuovo primo ministro, abbia colto l'importanza di questi obiettivi?
E secondo voi quale forza politica e di governo ha questi obiettivi tra le sue priorità?

Visto come è andata finora non mi faccio illusioni. Senza una forte spinta dal basso, anche queste direttive resteranno lettera morta.

Eppure in ballo ci sono reali e vitali interessi collettivi.

La Direttiva per ridurre le emissioni si pone l'esplicito obiettivo di dimezzare i danni alla salute prodotti dall'inquinamento, salvando letteralmente la vita ad oltre ventimila connazionali, la metà di quelli che in Italia ogni anno muoiono di infarto, ictus, tumori a causa dell'inquinamento.

E anche la drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica prevista dagli accordi di Parigi sul Clima,porterà dei vantaggi collettivi, in quanto contribuiremo a ridurre il riscaldamento globale, con tutti gli effetti calamitosi associati a tale risdaldamento e che già oggi stiamo vedendo accadere sotto i nostri occhi (nubifragi, alluvioni, frane...).

A chi è accecato dal mito della crescita continua, tutto questo potrà sembrare persino dannoso, in realtà con poche scelte innovative potremmo ottenere entrambi i risultati.

E se pensate che il danaro possa essere il fattore limitante per queste scelte forse è opportuno che sappiate quanto ci costa, in termini di salute da curare, l'attuale bassa qualità dell'aria.

Le stime valutano che, nei paesi dell'Unione i costi sulla salute, prodotti dall'attuale inquinamento  siano compresi tra i 330 e i 940 miliardi di euro pari al 3-9 % del PIL.

A questa cifra occorrerà aggiungere anche il costo delle ore lavorative perse per malattie e ricoveri.

Nella prossima puntata vedremo quali potrebbero essere gli interventi prioritari per dimezzare inquinamento e i suoi danni.









domenica 18 dicembre 2016

Un Sindaco per Genova che realizzi "Economia Circolare"il Modello Genova



La lunga crisi globale ci sta traghettando verso una nuova epoca in cui i valori di riferimento non sono più la crescita, il PIL, i mercati.

Chi non se ne è ancora accorto è perduto e quindi sarà opportuno che i genovesi, alla prossima tornata elettorale, scelgano bene a chi affidare il timone del vascello comunale che ci dovrà traghettare verso i nuovi e anche misteriosi lidi.

Uno dei fari a cui dovremo rivolgerci è quello della "economia circolare", rotta che l´attuale dirigenza AMIU ha tracciato ma che la Giunta Doria, palesemente, non vuole affrontare.

Con l´economia circolare si avvia la scelta ineludibile di una società che bandisce l´usa e getta , che non produce più rifiuti, e che in ogni oggetto scartato vede utili materiali valorizzati da precedenti lavorazioni che possono essere inseriti in nuovi cicli produttivi.

Questa visione, insieme alla realizzazione di un sistema di raccolta differenziata "porta a porta" e alla "tariffazione puntuale" è il Modello Genova che potrebbe vedere il capoluogo ligure all´avanguardia, a livello internazionale.

Intraprendere questa nuova rotta, con un "armamento" interamente pubblico, in quanto pubblici devono essere i ritorni economici, occupazionali, ambientali, significa qualificare l´attuale personale
AMIU, creare nuove ed innovative opportunità di lavoro, acquisire competenze altamente qualificate da mettere a disposizione di altri Comuni, anche fuori Regione.

E una regia pubblica nella gestione dei materiali valorizzati di scarto non ostacola l´altro obiettivo fondamentale, quello della riduzione alla fonte dei rifiuti.

Prima della partenza, tra un anno, di un nuovo consiglio comunale, il sindaco Doria e la sua Giunta vorrebbero imbarcare un privato, nella fattispecie IREN, che vuole il comando di AMIU (il 51% delle quote societarie) e in cambio contribuirebbe all´impresa mettendoci i suoi impianti (un digestore anaerobico, qualche inceneritore e un impianto di trattamento meccanico biologico) peccato che siano eredità di un modello di crescita ormai bello che andato, in gran parte frutto di tecnologie antiche, di fatto monumenti di archeologia industriale.

Se è vero che la rotta verso un´economia circolare non sia facile e richieda un forte investimento di cervelli e capacità imprenditoriale non sarà certo IREN a permetterci di raggiungere i nuovi lidi: l´
esperienza di IREN in economia circolare, raccolta differenziata di qualità, recupero e riuso di materia, gestione integrata di depurazione delle acque, gestione fanghi e produzione commercializzazione di biometano è pressocchè nulla.

Il "vascello" comunale adibito ad offrire servizi alla comunità, affidata alla guida di IREN ci riporterà ai vecchi lidi, quelli di una raccolta differenziata di bassa qualità, della termovalorizzazione dei rifiuti, della riduzione del personale, delle scelte più costose, senza ritorni economici per la comunità,
la quale sarà costretta a pagare gli utili di impresa del privato e sarà costretta a continuare a produrre rifiuti per alimentare gli impianti e produrre utili.

IREN ha condizionato il suo ingresso maggioritario in AMIU con il conferimento dei nostri scarti umidi nell´impianto di digestione anaerobica di Tortona.
Quest´ offerta, apparentemente allettante, è la classica "mela avvelenata".

Apparentemente IREN ci fa un favore, in quanto Genova non deve più individuare un´area sul suo territorio dove realizzare l´impianto, ma l´obbligo di esportare le nostre preziose frazioni umide a Tortona, vuol dire che Genova non potrà usare il biometano prodotto con i suoi scarti e quindi non potrà realizzare il progetto di metanizzare, con questa fonte di energia rinnovabile e a basso impatto, la flotta di automezzi AMIU e AMT che questa scelta tecnologica, realizzata in "casa", renderebbe possibile.

E la metanizzazione degli autobus AMT e dei mezzi di trasporto leggeri e pesanti di AMIU ridurrebbe significativamente un´importante fonte urbana di ossidi di azoto e polveri sottili, una di
quelle sfide che saranno "impossibili" affidando ai privati i ricchi servizi pubblici, come pretende l´imperante e morente neo-liberismo renziano che di tutelare la salute dell´ambiente e dei cittadini se
ne "strabatte ", in quanto queste variabili non rientrano nell´"asset aziendale".

E´ troppo chiedere al sindaco Doria di fare un regalo alla città, prima di lasciare Tursi, sospendendo la delibera sulla privatizzazione di AMIU?

venerdì 16 dicembre 2016

Chi inquina le nostre città? NOx


Nelle città italiane, l'aspettativa di vita sana dei loro abitanti si riduce a causa di numerose sostanze tossiche presente nell'aria che respirano.

Insieme alla polveri sottili si trovano sempre gli ossidi di azoto (NOx- NO2) e anche questi composti, spesso, superano i limiti di legge.

Dati alla mano, si può dire che, fin da quando sono cominciate misure sistematiche di ossidi di azoto, si è sempre superata la media annuale di 40 microgrammi per metro cubo a Brescia, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Novara, Palermo, Roma, Torino, Trento, Trieste, Verona.

E non stanno meglio gran parte delle altre città italiane e questa situazione ci costa molto cara: oltre alla multa miliardaria dell'Unione Europea per infrazione delle norme comunitarie, ogni anno, a causa degli ossidi di azoto respirati, perdiamo prematuramente alcune migliaia di connazionali: 3.300 nel 2012.

Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, la notizia positiva è che la situazione è in lento miglioramento, come mostra la Fig 1 che riporta la stima delle emissioni annuale di NOx dalle principali fonti di emissione.

Fig 1. Andamento delle emissioni annuali di NOx in Italia e contributo delle principali fonti
Siamo passati dai circa 1,6 milioni di tonnellate del 2000, ad un milione di tonnellate nel 2012.
Le 600.000 tonnellate che mancano all'appello sono attribuibili a più efficaci sistemi di abbattimento nelle emissioni industriali e all'effetto delle marmitte catalittiche obligatorie, dai primi anni '90, su tutte le nuove autovetture.

Come si è accennato, questa riduzione, in parte teorica in quanto basata su stime con inevitabili incertezze, non è servita a rispettare gli obiettivi di qualità degli ossidi di azoto in moltissime città italiane

La Figura 2 ci mostra, in maggiore dettaglio, lo specifico contributo all'inquinamento di NOx nel 2013 in Italia.

Fig 2 Contributo (%) delle fonti che nel 2013 hanno emesso NOx in Italia

In questo caso il trasporto stradale è la fonte prevalente, responsabile del 42,5% del totale di emissioni di NOx stimate essere prodotte in Italia nel 2013.
L
Segue il trasporto marittimo (17,7%), in particolare le emissioni delle navi attraccate ai moli dei nostri porti. Come abbiamo esaminato in altri post, questa è la fonte prevalente di NOx in una città portuale come Genova dove i motori diesel, che le  navi tengono accesi per alimentare i servizi di bordo, emettono in atmosfera quantità di ossidi di azoto nettamente superiore a quello del traffico cittadino.

Il motivo per cui i trasporti sono la principale fonte di NOx dipende da un motivo tecnico, ossia il fatto che questi composti si formano quando l'azoto atmosferico reagisce con l'ossigeno dell'aria a temperature e pressioni elevate, quali quelle che caratterizzano i motori a combustione interna a benzina e gasolio.
In particolare, a parità di cilindrata, le emissioni di NOx di una autovettura diesel sono  maggiori di una vettura alimentata a benzina, come mostra la Fig. 3.

Fig 3. Grammi NOx emessi per km percorso  da auto a benzina e diesel

La Figura 3 ci mostra come, a parità classe EURO, un'auto a benzina emetta meno ossidi di azoto di un'autovettura diesel e che per questo tipo di alimentazione le specifiche ottenute in laboratorio sono sempre nettamente inferiori a quelle riscontrate nel mondo reale, come è stato dimostrato con lo scandalo Volkswagen.

In base alle stime riportate in Figura 3, nel mondo reale, una autovettura diesel EURO 6 emette dieci volte di più ossidi di azoto di una autovettura a benzina di pari classe EURO.

A fronte di queste informazioni quale scelte ha fatto il governo italiano per fronteggiare un problema quale quello delle elevate concentrazione di ossidi di azoto nelle città italiane?

Ovviamente le scelte governative non hanno assolutamente teneuto in conto la salute dei propri concittadini: invece di tassare maggiormente il combustibile più inquinante (il gasolio) lo hanno caricato di tasse ed accise minori della benzina (Fig 4).

Fig 4 Prezzo benzina e gasolio a confronto

Di conseguenza, il consumatore italiano si è spostato sempre più su auto diesel e nel 2013, nel nostro paese, per muovere merci e persone si sono consumati 22,3 milioni di tonnellate di gasolio a fronte di 7,9 milioni di tonnellate di benzina.

Ma questa è solo l'ultima delle scelte sbagliate dei governi italiani.

Ce ne sono altre più gravi, quelle che hanno portate al singolare risultato mostrato dalla Fig 5.

A livello mondiale, l'Italia è il quarto paese come  numero di autovetture per abitante.

Fig 5 Classifica mondiale di numero di automobili per 1000 abitante  (2005)





lunedì 12 dicembre 2016

Chi inquina le nostre città? PM10

Foto satellitare 17 marzo 2016
In questi giorni molte città italiane sono in emergenza smog.

Torino, Alessandria, Milano, Padova, Venezia, Frosinone, Roma e Napoli  hanno superato i limiti di legge per le polveri sottili (PM10 e PM2,5) e i loro sindaci cercano di correre ai ripari limitando la circolazione alle autovetture più vecchie, ma c'è da scommetterci: queste misure non abbasseranno l'inquinamento e l'emergenza la risolverà, ancora una volta, solo il ritorno della bassa pressione e del maltempo.

In ogni caso, ancora una volta, il nostro Paese non sarà riuscito a rispettare le proprie leggi a tutela della qualità dell'aria e della salute dei propri cittadini e giustamente dovremo pagare all'Unione Europea la multa miliardaria (sic) per mancato rispetto delle norme comunitarie.

Non usciremo da questa situazione senza la presa d'atto che oggi, in Italia, la principale fonte di polveri sottili non è più il traffico ma l'uso di legna per il riscaldamento domestico.

Fig 1 Andamento delle emissioni di PM2,5 da trasporto stradale e da impianti di riscaldamento (1990-2012)



La Figura 1 mostra l'andamento delle emissioni di PM2,5 da traffico veicolare e da impianti di riscaldamento domestico in Italia, dal 1990 al 2012, secondo le stime di ISPRA.

Il grafico si basa sulla stima delle emissioni fatta da Ispra ambiente e mostra come, a fronte di una progressiva riduzione delle emissioni veicolari, grazie a marmitte catalittiche sempre più efficaci, a partire da 2003, le emissioni di polveri derivanti dal riscaldamento domestico, hanno superato quelle veicolari e sono in costante aumento.

Questo dato dipende dal fatto che circa quindici anni or sono, gli italiani hanno scoperto le stufe a pellet di legno e il costo relativamente basso di questo combustibile e per questi motivi molte famiglie sono passate dal metano al pellet.

Fig 2 Andamento del consumo di pellet di legno (tonnellate/anno) in Italia  2000-2011


La Figura 2 illustra la crescita esponenziale della vendita di pellet di legno nel nostro paese che, nel 2012, ha superato i due milioni di tonnellate.

Il problema è che se il metano costa di più del pellet, la combustione del metano emette quantità molto inferiori di polveri sottili rispetto a quelle prodotte bruciando legna.

la Tabella che segue riporta i Fattori di Emissione di impianti di riscaldamento, alimentati con combustibili a legna e a metano, in altre parole quanti grammi di polveri emettono diversi impianti di riscaldamento domestico, a parità di calore prodotto.
In questo caso la quantita' di calore di riferimento è un giga Joule, il calore prodotto dalla combustione di  circa 25 metri cubi di metano

                                          grammi/gigaJoule
  • Caminetto aperto            700
  • Stufa tradizionale            500 
  • Caminetto chiuso            300  
  • Stufa moderna                 150
  • Stufa a pellet                     50   
  • Caldaia a metano             0,2  
Pertanto, in base a questa tabella,  la rinuncia al metano, a favore del pellet, comporta un qualche risparmio di danaro ma inevitabilmente produce anche una  emissione di polveri sottili maggiore di 250 volte; se la legna si usa con stufe e caminetti la quantità di polveri sottili immessa in atmosfera è di gran lunga maggiore fino a 3.500 volte, con i caminetti aperti

Anche per impianti industriali il passaggio da metano a combustibili  "alternativi" quali biomasse legnose e rifiuti urbani, a parità di energia termica prodotta peggiora le emissioni in atmosfera

                                                   grammi/gigaJoule
  • Termovalorizzatore rifiuti          9,5
  • Centrali biomasse                      3,5
  • Centrali a metano                       0,2 
In base a questi fattori di emissione si evidenzia come anche  la scelta di tele-riscaldare con rifiuti o biomasse legnose, edifici che potrebbero utilizzare metano, comporti un significativo peggioramento della qualità dell'aria.

E ovviamente la scelta governativa di dare il via a otto nuovi termovalorizzatori e a mantenere gli incentivi a chi produce energia bruciando biomasse non aiuta certamente a rispettare gli obiettivi di qualità dell'aria e altrettanto dicasi per il via libera alla combustione di ramaglie, potature e legna spiaggiata dole le alluvioni.

In base agli specifici fattori di emissione di processi di combustione in uso nelnostro paese ISPRA ha stimato che le polveri sottili PM10 emessi annualmente nell'atmosfera del nostro paese siano ripartite come mostra la Figura 3.

Fig 3 Contributo delle principali fonti emissive di PM10 in Italia nel 2013
La Figura 3 mostra che in Italia, nel 2013, circa il 53% delle PM10 immesse in atmosfera proveniva dagli impianti di riscaldamento domestico alimentato a biomasse (legno e pellet), il traffico veicolare è stato responsabile dell'11,2 % delle polveri, mentre tutti gli impianti di riscaldamento a metano hanno prodotto solo lo 0,1% di PM10, dieci volte di meno dei "termovalorizzatori".

In valore assoluto, in base alle stime ISPRA, nel 2011 gli impianti di riscaldamento domestici alimentati a biomasse hanno emesso 53.500 tonnellate di PM10, quelli a metano 136 tonnellate.

Nello steso anno, le centrali elettriche alimentate a biomasse e gli inceneritori di rifiuti hanno prodotto rispettivamente 254 e 627 tonnellate di polveri.

Certamente sfugge alla percezione collettiva, ma l'inalazione di queste polveri, anche quelle prodotte  bruciando legna ha un pesante effetto sulla salute delle popolazioni esposte 

L'agenzia europea per l'ambiente ha stimato che, a causa dell'esposizione a polveri sottili (PM2,5) in Italia, nel 2012, ci sono state 59.300 morti precoci .

Sono morti evitabili con incisive politiche di riduzione delle emissioni, politiche fin'ora assenti. 

Se voi foste al governo di questo Paese, alla luce di questi dati, quali scelte fareste per ridurre l'inquinamento dell'aria e quindi tutelare la salute degli italiani?

Dubito che decidereste di ridurre l'IVA sui pellet.

Ebbene è proprio quello che il governo Renzi si proponeva di fare con la legge di stabilità del 2016: ridurre l' IVA sui pellet dal 22 al 10%, ipotesi per fortuna rientrata, forse anche grazie al bicameralismo perfetto.

Resta il fatto che il metano, nonostante gli indubbi vantaggi ambientali, subisca un carico fiscale (IVA e accise varie) pari al  25%.