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domenica 28 ottobre 2007

Punti Freddi e altre astuzie

A CACCIA DI PUNTI FREDDI.
Stabilite le temperature ottimali da mantenere in casa, il vostro successivo obiettivo dovrà essere quello di individuare i punti della vostra casa da dove il calore che avete prodotto a caro prezzo, fugge via in quantità maggiore: le pareti fredde.
Su queste pareti dovrete focalizzare tutti i vostri sforzi per ridurre gli sprechi energetici di casa vostra.
Queste zone critiche sono certamente tutte le pareti della vostra abitazione che danno direttamente sull'esterno, e in particolare tutte le pareti esterne orientate da EST ad OVEST passando dal NORD.
Infatti le pareti orientate in questo modo di inverno non vedono mai un raggio di sole e quindi, a parità di temperatura esterna, sono più fredde delle pareti rivolte a Sud, che grazie alle radiazioni solari che ricevono durante il giorno, sono sensibilmente più calde delle pareti Nord.
Come si neutralizzano le fughe di calore dalle pareti fredde?
Esiste una soluzione semplice, efficace e molto economica a cui, di solito nessuno pensa:
nell'arredo casalingo individuare proprio le pareti fredde, come luogo privilegiato su cui poggiare armadi e librerie.
Ci avete mai pensato?
Un armadio è fatto in legno, un ottimo isolante termico, i vestiti contenuti nell'armadio sono a loro volta fatti di materiali isolanti, e gli strati di aria ferma tra un vestito e l'altro fanno il resto, per lasciare il freddo fuori casa e ridurre la quantità di calore che dalla vostra casa fluisce verso l'esterno.
Stesse funzioni di isolamento termico si possono ottenere con una libreria ben fornita di libri ( la cellulosa è un ottimo isolante), ma anche CD e cassette video possono contribuire a ridurre le vostre perdite di calore.
Infine un consiglio, se ad essere freddi sono i vostri pavimenti, usate tanti bei tapppeti per rendere più piacevole e confortevole casa vostra.
Ricordate che gli arazzi che pendevano dalle pareti delle famiglie più nobili, oltre ad essere un segno del potere economico di queste famiglie erano anche un modo per rendere più confortevole la vita a chi abitava quei palazzi, isolando i suoi abitanti dal freddo delle mura in pietra.

Postato da: federico46 a 15:18 | link | commenti (4)
economia domestica

venerdì, 26 ottobre 2007
Economia Domestica 2
Avete risposto alle domande della puntata di ieri?
Ecco le risposte esatte:
a) Il caffellate versato in una tazza di alluminio si raffredda più rapidamente, in quanto l'alluminio, come tutti i metalli, è un buon conduttore di calore. In generale, questo significa che bisogna scegliere con accortezza il materiale con cui costruire una casa, in modo che sia solida, ma anche ben isolata termicamente dalle temperature esterne.
Se avete la sfortuna di abitare una casa costruita durante il boom economico (anni 60-70) è molto probabile che casa vostra sia un vero e proprio colabrodo termico: un muro di mattoni forati, un pò di calce dentro e fuori e via! E voi pagate...
b) Due giornali, uno sull'altro,  isolano meglio di uno e quindi la tazza si raffredderà più lentamente. Nell'isolamento termico di un appartamento oltre, alla qualità del materiale scelto come isolante per pareti, soffitti, pavimenti, conta anche il suo spessore.
c) Nella carta appallottolata si creano dei vuoti in cui resta intrappolata l'aria. L'aria ferma è un ottimo isolante termico. Questo è il trucco usato dalle oche per stare al caldo senza pesare troppo: il loro folto piumino racchiude una grande quantità di aria. Questo stesso trucco è sfruttato in gran parte dei materiali isolanti usati in edilizia: mattoni forati, polistirolo, poliuretano, argilla espansi, lana di vetro, sughero..
Torniamo ora a casa nostra e applichiamole le nozioni che abbiamo appreso:
1) Una casa calda cede calore all'esterno freddo: la quantità di calore ceduto dipende dalla differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno e dalla capacità di isolamento termico delle pareti, del soffitto, del pavimento.
2) Per mantenere a temperatura costante un appartamento, la calderina deve produrre la stessa quantità di calore che la casa disperde.
Pertanto, per consumare meno combustibile, nostro obiettivo sarà quello di ridurre al massimo le dispersioni di calore e di mantenere in casa temperature confortevoli.
A questo punto vi dovrebbe essere chiaro che la prima cosa da fare, per risparmiare sulla bolletta del gas,  è di ridurre al massimo la differenza di temperatura tra l'interno di casa vostra ed il freddo e buio mondo esterno.
Per quanto riguarda la temperatura esterna non potete fare granch'è , anche se con le vostre probabili dispersioni contribuite ad aumentare la temperatura media della vostra città ( i meteorologi parlano di bolle termiche urbane). Invece il valore della temperatura dentro casa vostra dipende da voi , o meglio dal vostro termostato.
Se non avete ancora un termostato che, in base alle temperature da voi prefissate, accende e spegne automaticamente  la calderina, affrettatevi a fare questo piccolo investimento: è essenziale per aprire la via al risparmio energetico.
Il mio termostato, collocato nella camera da letto (la stanza che frequento di più) è regolato tra un massimo di 18 gradi e un minimo di 16 gradi. Questo significa che nelle ore prefissate ( le ore del giorno in cui normalmente c'è qualcuno in casa), grazie al termostato,  la temperatura della mia casa è costantemente a 18 gradi. Di notte, con la calderina spenta,  la temperatura può scendere, ma non meno di 16 gradi. Sono temperatura inferiori a quelle consigliate (20 gradi centigradi), ma con una vecchia calda maglia di lana indossata in casa  e un bel piumino d'oca come coperta, il confort termico è assicurato e il contatore del gas gira molto lentamente.
Ma si può fare di più...




Postato da: federico46 a 13:01 | link | commenti
economia domestica

giovedì, 25 ottobre 2007
Economia Domestica 1
Nonostante gli inverni sempre più miti è arrivato il freddo e di conseguenza la bolletta energetica famigliare comincia ad impennarsi, in considerazione anche dei preannunciati rincari dell'energia.

Cominciamo quindi a vedere come sia possibile stare al calduccio nelle nostre case e pagare meno.

Per raggiungere questo obiettivo forse è meglio capire come si comporta il calore che a caro prezzo generano le nostre calderine. Cominciamo con un esempio pratico.

E' una fresca giornata d'autunno, siete sul terrazzo ad ammirare il bel tramonto e vi state sorseggiando in santa pace la bevanda calda che più vi piace. Vi chiamano al telefono e frenando a stento un accidenti rivolto allo scocciatore vi inventate un metodo spiccio per tenere al caldo la vostra tazza, in attesa del vostro ritorno.

Quale è la vostra soluzione?

La mia è quella di trovare un coperchio di fortuna  con cui coprire la tazza e un foglio di giornale. Appallottolerei il giornale senza schiacciarlo troppo e con questo avvolgerei completamente la mia tazza. Finita la telefonata sono certo di trovare il caffellatte ad una temperatura ancora accettabile, sicuramente maggiore di quella che avrei trovato senza questi piccoli  accorgimenti.

Se avete una innata mentalità sperimentale, potete misurare questo fenomeno: procuratevi due termometri, riempite due tazze uguali di acqua ben calda, ricoprite con il vestitino di carta stropicciata una delle tazze e misurate ad intervalli regolari (ogni minuto ) la temperatura dell'acqua di ciascuna tazza. Per meglio evidenziare il fenomeno disegnate un grafico in cui sull'asse verticale riportate la temperatura in gradi centigradi e su quello orizzontale il tempo in minuti. Quello che vedrete è che la temperatura della tazza "svestita" si riduce velocemente fin dai primi minuti di misura poi sempre più lentamente fino a raggiungere la temperatura ambiente. Invece la tazza "vestita" con la carta di giornale  si raffredderà molto più lentamente ma anch'essa alla fine ( ben oltre il tempo per fare una rapida telefonata) raggiungerà la temperatura esterna.

Con questa prova empirica avrete evidenziato alcuni comportamenti del calore:

1) il calore passa spontaneamente da oggetti caldi a quelli freddi

2) la velocità del raffreddamento dipende dai materiali che mettono in contatto gli oggetti caldi con quelli freddi.

Queste regole si applicano anche a casa vostra: la tazza rappresenta  il materiale con cui sono fatte le pareti di casa vostra; il calore che ha riscaldato il caffelatte è equivalente quello che la vostra calderina produce per riscaldare l'aria e gli oggetti presenti nella  vostra abitazione; il giornale stropicciato simula il "cappotto" isolante che forse è opportuno mettere sulle pareti di casa vostra per ridurre la quantità di calore che dall'interno della casa calda fugge verso l'esterno freddo.

Per vedere se avete compreso il senso di questa prima lezioncina teorica ( non preoccupatevi la pratica verrà subito dopo) provate a rispondere a queste domande:

a) Se la tazza ricoperta fosse stata di alluminio invece di ceramica quale sarebbe stato l'andamento della temperatura?

b) Quale effetto mi dovrei aspettare se copro la tazza con due giornali stropicciati, uno sull'altro ?

c) Per quale motivo ho stropicciato e appallottolato la carta con cui ho ricoperto la tazza calda?

Postato da: federico46 a 12:37 | link | commenti
economia domestica

mercoledì, 24 ottobre 2007
Economia Domestica
Con oggi comincio una mia nuova rubrica che spero sarà giudicata utile dai miei quattro lettori.
Un pò provocatoriamente l'ho battezzata "Economia Domestica" e questa sarà la parola chiave da utilizzare per richiamare tutti i prossimi post su questo argomento.
Obiettivo  di questa rubrica è quello di realizzare quel Manuale di Sopravvivenza Metropolitana  preannunciato dal titolo di questo Blog.
In sintesi, di volta in volta proporrò soluzioni, in gran parte sperimentate a casa mia, per ridurre la dipendenza energetica delle nostre abitazioni, con riferimento al riscaldamento domestico, al consumo di acqua e elettricità, alla produzione di materiali post consumo ( ex rifiuti).
Obiettivo generale:  diminuire significativamente il costo delle diverse bollette che ci tocca pagare e se possibile, contemporaneamente migliorare la nostra qualità di vita e avvicinarci alla autosufficenza energetica.
Il Manuale è rivolto in particolare a chi abita una casa con riscaldamento autonomo, non si spaventa a fare un pò di "bricolage", è disposto a monitorare per un pò di tempo (12 mesi) i consumi della propria abitazione e vuole investire in qualità ambientale una piccola parte dei propri guadagni.
Chi vuole imbarcarsi in questa avventura è invitato, come prima cosa, a raccogliere le proprie bollette di gas, luce ed acqua degli ultimi due anni, sommare l'ammontare di ciascuna bolletta ( per ciascuna tipologia) e di dividere questa somma per il numero complessivo di giorni coperti dalle bollette.
Nelle bollette andate a trovare anche i dati sui vostri consumi, in particolare quanti chilowattore di elettricità, quanti metri cubi di acqua, quanti metri cubi di metano o litri di gasolio avete consumato. Anche in questo caso fate le somme e dividete per il numero di giorni che avete monitorato.
In questo modo avrete un'idea del vostro peso giornaliero sulla bilancia energetica del paese e potrete confrontare i vostri consumi storici con quelli  che registrerete subito dopo l'adozione di qualcuno degli accorgimenti che vi avrò suggerito.
Per partecipare a questo grande gioco è anche Indispensabile sapere dove si trova il  vostro contatore della luce, del gas e dell'acqua e, se il caso imparare a leggere i valori che questi strumenti riportano.
Questi valori ( quanto vi costa al giorno, riscaldare ( raffreddare), illuminare, pulire... casa vostra e i suoi abitanti e quanto consumate) vi serviranno per verificare quanto effettivamente sarete in grado di risparmiare seguendo tutti o in parte i consigli che questa Rubrica vi fornirà.
Ovviamente i post di "Economia Domestica" sono aperti a tutti i vostri suggerimenti, consigli, critiche, domande... a cominciare da vostri commenti su che cosa pensate di quest'idea.
Se l'idea vi sembra stuzzicante, oltre alla vostra partecipazione diretta, il vostro passaparola ad amici e conoscenti della Rete, per far conoscere loro l'iniziativa è molto gradita.
Alla prossima...

lunedì 22 ottobre 2007

Emendamenti per incentivare il compoistaggio

Emendamenti di Italia Nostra per incentivare il compostaggio
Spero di fare cosa utile ai lettori rendendo pubblici gli emendamenti che Italia Nostra ha proposto al Ministero dell'Ambiente sul regolamento del Consorzio Nazionale Imballaggi, durante le consultazioni per la revisione del decreto 152/2006  (vedi post del 22 settembre 2007).
Decreto Legislativo 152/2006
Titolo II: Gestione degli imballaggi
Titolo III: Gestione di particolari categorie di rifiuti
Proposte di emendamenti di Italia Nostra.
 
Premessa
Numerosi studi indipendenti concordano nell’affermare che il sistema di gestione dei Materiali Post Consumo (MPC) che garantisce il minor impatto ambientale, la maggiore riduzione di emissione di gas serra e il maggior risparmio energetico, sia quello finalizzato al riuso, al recupero di materiali, al riciclo, alla produzione di compost.
 
La superiorità di queste scelte si evince anche nei confronti della cosidetta termovalorizzazione.
 
A titolo di esempio, il risparmio di energia che si ottiene con il riciclaggio, grazie alla evitata produzione a partire dalle materie prime vergini è stimata essere circa quattro volte maggiore dell’energia che si recupera “termovalorizzando” quella stessa quantità di MPC.
 
Innovativi e collaudati sistemi di raccolta differenziata, denominati “Porta a Porta” stanno rivoluzionando, a livello internazionale, questo settore. La separazione realizzata a monte da parte delle singole famiglia risulta di alta qualità (gli scarti sono inferiori al 10%) ed in grado di intercettare e separare flussi rilevanti di MPC .
 
In numerose realtà Italiane, comprese città di medie dimensioni (Novara) e quartieri popolosi di grandi città (Torino, Roma, Bari) certificano raccolte differenziate di qualità stabilmente a valori superiori al 50%, con punte superiori al 70%.
 
Un recente studio promosso a livello nazionale da Italia Nostra che ha coinvolto 109 famiglie, ha potuto verificare che mediamente un nucleo famigliare motivato e ben servito è in grado di separare in nove classi merceologiche, l’82% dei propri scarti.
E’ probabile che questo possa essere l’obiettivo di riferimento delle attuali potenzialità di differenziazione.
 
I piani industriali della NOVAMONT e più in generale la riscoperta delle biomasse come fonte di materie prime e gli inevitabili maggiori costi del petrolio, fanno ritenere che, in tempi molto brevi, sia possibile una nuova rivoluzione nel settore imballaggi: la progressiva sostituzione dei polimeri di sintesi per la confezione di alimenti freschi con bio-polimeri biodegradabili e compostabili.
Questa scelta apre la via alla possibilità di “assimilare” ad imballaggio non solo gli attuali e futuri imballaggi biodegradabili e quindi compostabili, ma anche tutti gli scarti umidi di origine urbana, in modo che anche la raccolta separata di questa frazione possa accedere ai contributi CONAI.
 
Ricordiamo che per il CONAI la prassi della assimilazione non sarebbe una novità, in quanto, già oggi, riviste e quotidiani sono stati assimilati agli imballaggi e la loro raccolta differenziata può usufruire dei contributi CONAI.
 
A nostro avviso è opportuno che grazie alla revisione del Decreto Legislativo 152/2006 si introducano nella nostra legislazione norme che favoriscano questi cambiamenti e che nel contempo si eleminino le distorsioni create dagli incentivi a favore dell’incenerimento, in quanto non coerenti con gli interessi collettivi nazionali.
 
Segnaliamo che probabilmente l’Italia è l’unico paese al mondo che ha introdotto generosi incentivi di danaro pubblico a favore della “termovalorizzazione”, con l’attribuzione di certificati verdi all’energia elettrica da loro prodotta, grazie alla l’assimilazione dei rifiuti urbani a fonte energetica rinnovabile.
 
Questa scelta è in aperto contrasto con le decisioni politiche di altri paesi europei, i quali tassano la termovalorizzazione dei rifiiuti, nonostante l’importante ruolo dell’incenerimento nella gestione dei loro rifiuti.
 
Seguono esempi dell’ammontare delle tasse fatte pagare da alcuni paesi europei per tonnellata di rifiuto termovalorizzato il cui valore è diverso a seconda delle tecnologie di incenerimento applicate:
 
Austria: 14 – 71 €
Belgio: 3,7 – 22,3 €
Danimarca: 38 – 44 €
Svezia: 10 €
 
Segnaliamo che le agevolazioni pagate agli inceneritori con danaro che viene direttamente dalle finanze famigliari non sono solo quelle dei CIP 6 e dei Certificati Verdi, ma anche quote pagate da alcuni consorzi del CONAI per gli imballaggi termovalorizzati, pratica ancora una volta “assimilata” al riciclo.
 
E’ possibile che la politica possa giocare con le parole, ma le leggi della fisica e della chimica sono ineludibili.
 
Ricordiamo che ogni tonnellata di imballaggi riciclabili che viene dirottata, grazie a questi incentivi, alla termovalorizzazione comporta un aumento oggettivo delle emissioni di gas serra, dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti.
 
Sono questi i motivi che dovrebbero suggerire al Governo l’opportunità di eliminare ogni agevolazione all’incenerimento che può provare a stare sul mercato vendendo energia elettrica e calore e il servizio di smaltimento rifiuti.
 
Certamente è di interesse collettivo dirottare al riciclo e al compostaggio le risorse oggi appannaggio dell’incenerimento. Ricordiamo che riciclo e compostaggio, insieme ai trattamenti di inertizzazione a freddo di tipo meccanico biologico delle frazioni indifferenziate residuali, sono in grado di chiudere il ciclo dei materiali post consumo con impatti ambientali nettamente inferiori a quelli della “termovalorizzazione”.
 
 
Proposte di Emendamenti ( in grassetto le aggiunte)
 
Art. 217
Il presente articolo disciplina la gestione degli imballaggi, per garantire prioritariamente il maggiore risparmio energetico ed il minore impatto ambientale alla fine del loro ciclo di vita. Sue finalità sono anche: prevenirne e ridurne l’impatto…
 
Art 218 comma n . Sostituire “termovalorizzazione” con “trattamenti termici
 
Art. 220 comma 3
Ommettere e sostituire.
3. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano per motivi ambientali ed in considerazione dei costi-benefici, il riciclaggio e il compostaggio.
 
Art 220 comma 5
Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio, il compostaggio, il recupero dei rifiuti di imballaggio.
 
Art.224 3b
Definisce… provenienti dalla raccolta differenziata, comprensivi della frazione umida.
 
Art. 224 3d
Promuove accordi…riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio ed assimilati (carta e umido) e ne garantisce l’attuazione.
 
Art 224 5b
L’entita del corrispettivo per gli oneri della raccolta differenzoata dei rifiuti di imballaggio ed assimilati
 
Art. 224 7 bis (nuovo)
Non sono previsti contributi ambientali CONAI per i recuperi energetici e per il recupero di materiali (metalli) dopo trattamenti termici degli imballaggi
 
Art 236 12 e2)
In caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico ed organizzativon alla combustione, alla pirolisi, alla gasificazione e al coincenerimento.
 

giovedì 18 ottobre 2007

Bancolat 2

Dopo una simpatica telefonata con il titolare delle  "Banche del Latte" genovesi, ovvero i distributori alla spina di latte crudo appena munto sui nostri monti, vi posso dare qualche dato aggiornato (Vedi post dell'8 settembre 2007).

Oggi, in provincia di Genova, sono operativi dieci distributori alla spina,  giornalmente riforniti da cinque produttori locali ( http://www.lattecrudoliguria.com ).

Grazie a loro, ogni anno nella Provincia di Genova sono distribuiti 255.500 litri di latte. Se la raccolta, come raccomandiamo,  avviene con bottiglie in vetro riusabili, questa iniziativa sottrae ogni anno alla discarica di Scarpino ( e all'inceneritore che qualcuno si ostina a voler costruire) circa 7,8 tonnellate di plastica.

E le notizie sono che la quantità di latte che i produttori locali sono interessati a vendere direttamente al consumatore (a prezzi molto inferiori a quelli del sistema di distribuzione di latte confezionato) sarebbe molto di più, se qualche funzionario zelante non rendesse impossibili le pratiche autorizzative .

I Paesi Baltici tassano la Termovalorizzazione

Spesso Danimarca, Svezia, Norvegia  sono citati come paesi modello,  in quanto da loro l'incenerimento dei rifiuti è una pratica diffusa.

Questa informazione è corretta ma l'italica promozione dei "termovalorizzatori" dimentica di informarci che, nonostante ciò,  in questi paesi l'incenerimento dei rifiuti con recupero energetico è tassato, al pari della discarica.

In Danimarca la tassazione di incenerimento con recupero energetico e della discarica risale al 1986 e questa tassa oggi (2006) è rispettivamente di 40 e 50 euro per tonnellata trattata.

Lo scopo dichiarato del legislatore per l'introduzione di questa tassa:

"Ridurre la quantità di rifiuti che vanno all'incenerimento o alla discarica. La tassa promuoverà il riciclo e spingerà le imprese ad applicare tecnologie con una bassa produzione di rifiuti"

Ogni commento sulle scelte dei nostri governi di regalare ingenti incentivi  economici ai  "termovalorizzatori" e sulla campagna mediatica finalizzata a screditare riciclo, compostaggio, riuso, appare superflua.

Come accennato, anche la Svezia ha adottato una simile politica e tassa l'incenerimento con recupero energetico con 10 euro per tonnellata se l'efficenza energetica dell'impianto è pari al 15%, tasse maggiori sono applicate se l'efficenza è più bassa. In Svezia la tassa sulla discarica è di 47 euro, poco meno della tassa applicata agli inceneritori senza recupero energetico ( 48 euro a tonnnellata).

In Norvegia la tassa agli inceneritori con recupero energetico è di 9 euro a tonnellata. In questo caso la tassa si basa sulla quantità di inquinanti emessi,  a cui si aggiunge una tassa sull'anidride carbonica emessa  per la combustione di scarti di origine fossile ( plastiche, tessuti sintetici..)

A questo punto mi sento in dovere di chiedere  ai miei quattro lettori di dare la massima diffusione a queste notizie.

Per chi vuol saperne di più riinvio al corposo studio ( in inglese) che ha analizzato gli effetti delle tasse sulla produzione Danese di rifiuti urbani e speciali.

http://www2.mst.dk/common/Udgivramme/Frame.asp?pg=http://www2.mst.dk/Udgiv/publications/1999/87-7909-512-7/html/kap03_eng.htm


mercoledì 17 ottobre 2007

Assocarta Contraria alla Combustione di Biomasse

Sono venuto solo ora a conoscenza di un importante appello (http://www.assocarta.it/files/cs19_07.pdf)  che le Associazioni industriali Assopannelli e Assocarta il 19 luglio 2007 hanno inviato al Governo, in merito ai problemi creati dagli incentivi allo sfruttamento delle biomasse ai fini energetici.

In sintesi, gli imprenditori italiani che  utilizzano legno e suoi derivati per la produzione di  carta e di pannelli in truciolare, sono fortemente preoccupati della attuale carenza di materia prima  per le loro attività produttive, dovuta al diffondersi dell'uso delle biomasse legnose come fonte "rinnovabile" di energia.

In effetti, a decine, in tutt'Italia, si stanno realizzando centrali termoelettriche alimentate  con residui legnosi e questa proliferazione è giustificata dai generosi incentivi pubblici dati  all'elettricità prodotta con queste fonti ,grazie al perverso meccanismo dei certificati verdi (ancora una volta loro!).

Se l'obiettivo degli incentivi è quello di ridurre la produzione di gas serra e risparmiare energia da fonti fossili, logica vorrebbe che questi incentivi vadano alle aziende manifatturiere che producono beni durevoli a base di legno. In questo caso l'anidride carbonica che le piante hanno assorbito dall'atmosfera resterà intrappolata , sotto forma di lignina e cellulosa, nel manufatto per tutta la sua vita operativa, di solito molto lunga. Anche il bilancio energetico è ha favore della produzione di manufatti in legno, attività  a bassi consumi ed energeticamente in equilibrio grazie alla possibilità di usi energetici dei propri scarti.

Per questi motivi:

"Le industrie dei pannelli e quelle della carta chiedono che sia data priorità all'utilizzo del legno in termini produttivi prima che al suo sfruttamento ai fini energetici, interrompendo contestualmente gli incentivi e le sovvenzioni per lo sfruttamento energetico del legno"

Quindi non siamo soli a chiedere il blocco degli incentivi all'uso di biomasse per la produzione di energia elettrica. Ci sono anche 277 aziende con 36.000 addetti.

Bersani e Pecoraro, se ci siete, battete un colpo!

Postato da: federico46 a 13:32 | link | commenti (2)
energia, ambiente e società


Commenti:
#1  17 Ottobre 2007 - 12:35
 
Governo di dilettanti allo sbaraglio...
Utente: will74 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. will74
#2  17 Ottobre 2007 - 19:14
 
A Forlimpopoli hanno addirittura fatto in amministrazione del terrorismo, esisteva una fabbrica denominata SFIR che produceva zucchero per eridania (da barbabietola), chiusa per volere dell'europa che limita le quote zucchero. Ebbene, in fase di decisione di riconversione dell'impianto è saltato fuori il progetto di una centrale a biomasse (un inceneritore mascherato). La motivazione ? O si da il beneplacido alla centrale, oppure 300 lavoratori verranno lasciati a casa! Il sindaco di Forlimpopoli è andato a Roma e si è opposto con tutte le forze.. ma niente! Può fare un post informato sull'argomento ? Grazie tante.
utente anonimo

Le leggende Metropolitane colpiscono ancora

Se avete avuto la sfortuna di leggere La Repubblica di oggi 17 ottobre 2007, a pagina 27 avete trovato un articolo intitolato Viaggio nell'utopia di Gussing , il paese a emissione zero. Sottotitolo: Il sole, il legno, il mais, i rifiuti bastano per alimentare il riscaldamento e le auto di tutto il  villaggio.

Tra le didascalie usate per illustrare le fonti rinnovabili  grazie alle  quali il paesino austriaco di Gussing ha raggiunto l'autosufficenza enegetica, avete trovato quella che descrive l'uso dei rifiuti a scopo energetico e avete letto:

Rifiuti. Gli inceneritori trasformano i rifiuti in energia, ma non riescono ad azzerare del tutto l'emissione di sostanze inquinanti.

Il testo dell'articolo non aggiunge informazioni utili, per cui alla fine della lettura sarete convinti che Gussing ha un inceneritore grazie al quale si risparmia energia anche se inquina un pò, ma non si può avere tutto dalla vita.

Sbagliato! 

A Gussing non ci sono inceneritori ma impianti a digestione anaerobica alimentati con scarti di mais, sfalci d'erba e altri scarti prodotti dall'attività agricola locale.

E come è noto ai più , ma non al all'inviato di La Repubblica,  i digestori anaerobici producono metano che viene usato per produrre elettricità e calore.

A Gussing un'altra fonte energetica è rappresentata dagli scarti legnosi della lavorazione del bosco che sono gasificati e il gas prodotto è usato per produrre elettricità e calore.

Insomma, a Gussing non c'è  nessuna termovalorizzazione dei rifiuti urbani che, immaginiamo siano regolarmente raccolti in modo differenziato per essere compostati e riciclati. Come avviene da sempre in Austria, cosa che, ovviamente, non fa notizia.

Postato da: federico46 a 14:53 | link | commenti (2)
ambiente e società, materiali post consumo


Commenti:
#1  17 Ottobre 2007 - 19:09
 
Grazie della precisazione, avevo letto l'articolo ed ero rimasto colpito anche io da questa affermazione, pensavo più che ad un inceneritore ad una centrale a biomasse, come quella che intendono costruire a Forlimpopoli al posto dell'insediamento SFIR. Vorrei davvero visitarlo questo paesino a sud di Vienna!
utente anonimo
#2  18 Ottobre 2007 - 06:57
 
Una centrale a biomasse in effetti esiste, ma a differenza di quella di Forlimpopoli e di decine di altri impianti simili il " combustibile" è solo scarti di legno e il processo chimico-fisico è la gasificazione ( degradazione termica in ambiente privo di ossigeno).
Un vantaggio di questi impianti è quello di non avere gravi problemi di economia di scala. Nel periodo bellico circolavano autovetture che sfruttavano il gas prodotto a bordo gasificando legna.
La gasificazione funzione bene solo se il prodotto gasificato è omogeneo, come in questo caso. Le esperienze per gasificare rifiuti urbani tal quali sono fallimentari.
Al contrario gli impianti a biomassa proposti in italia sono in gran parte forni a griglia in cui si può bruciare tutto. Si comincia con il legname e poi , vista la scarsa di sponibilità, in particolare per impianti di grande potenza, si passa ad altro in particolare ai combustibili da rifiuto, in quanto la legge lo permette.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente.

domenica 14 ottobre 2007

Pannolini Riusabili

Buone notizie da Genova.

La Giunta Comunale ha approvato di finanziare con 40.000 € un progetto che regala pannolini riutilizzabili alle famiglie di 800 bambini che frequentano gli asili nido comunali.

Una bella iniziativa per promuovere questo innovativo prodotto che fa bene all'ambiente e ai portafogli famigliari.

Infatti ogni pannolino riusabile che sostituisce un pannolino usa e getta fa risparmiare energia e materie prime. E anche l'acqua necessaria per i lavaggi è meno di quella che ci vuole per fabbricare i pannolini usa e getta.

Poichè un bambino prima di educarsi all'uso del vasino produce circa 6.000 pannolini in circa tre anni e mezzo e un pannolino usato pesa circa 3 etti,  con i pannolini ecologici riutilizzabili si riduce di 500 chili la produzione annua di rifiuti di una famiglia con  neonato. Pertanto, l'iniziativa del comune di Genova ogni anno farà risparmiare alla nostra discarica 400 tonnellate di rifiuto altamente impattante.

Non è la soluzione al problema ma un segno tangibile di cambiamento di tendenza.

Comunque, anche senza incentivi è economicamente vantaggioso passare ai pannolini riusabili il cui costo complessivo è di circa 500 € all'anno, contro i 1200-1800 da spendere per quelli usa e getta.

Come andare avanti?

Il mio suggerimento è che il Comune di Genova introduca il pannolino riutilizzabile in tutti i suoi asili nido in cui ospita circa 3500 bambini. Se sono veri i conti che vi abbiamo fornito, questa scelta comporterebbe un cospicuo risparmio anche per le casse comunali.

Una volta rotto il ghiaccio e famigliarizzari i genitori genovesi con il nuovo prodotto, un incentivo per passare in massa al pannolino riutilizzabili potrebbe essere quello di una generosa riduzione della Tariffa di Igiene Urbana riconosciuto di ufficio a tutte le famiglie che al momento della denuncia della nascita del loro figlio, autocertificano di usare pannolini ecologici, portando a prova di questa scelta gli scontrini di acquisto.

Se questa pratica si estendesse a tutti i 14.000 neonati genovesi, avremmo 7000 tonnellate di rifiuti in meno ogni anno, ovvero 1400 passaggi di camion in meno (andata e ritorno) sotto le finestre di chi ha la sfortuna di abitare lungo la strada che porta alla grande discarica comunale di Scarpino.

Postato da: federico46 a 15:31 | link | commenti (1)
ambiente e società, rifiuti zero


Commenti:
#1  15 Ottobre 2007 - 08:44
 
Bella iniziativa, fuori dalla mentalità dell'usa e getta.

Un ringraziamento a coloro che ci hanno aiutato nella riuscita della nostra manifestazione. Nonostante il totale boicottaggio mediatico, di prima e dopo la manifestazione, c'era tanta solidaietà da ogni parte d'Italia. Sul mio blog ci sono le foto.
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mercoledì 10 ottobre 2007

Biomasse: non è tutto oro...

biomasse: non è tutto oro quello che luccica
Penso di fare cosa utile ai miei quattro lettori pubblicizzando le allegate osservazioni alle linee guida per la localizzazione degli impianti a Biomasse proposte dalla provincia di Asti,  osservazioni fatte nell'ambito della mia attività di ricerca presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova.

IST Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro


16132 Genova – Largo Rosanna Benzi n 10
S.S. Chimica Ambientale

Oggetto: Osservazioni alle “Linee guida per la localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biomasse.”

Ringrazio il Servizio Ambiente della Provincia di Asti per l’invio del documento in oggetto e nello spirito di collaborazione emerso durante il colloquio avuto il 2 agosto c.a. con il vicepresidente dr. Giorgio Musso e i rappresentanti dei Comitati,    inoltro alcune prime considerazioni sulla bozza delle Linee Guida.
1.      Nel documento non vi è traccia dei sistemi di trattamento, recupero, utilizzo e smaltimento delle ceneri che gli impianti a biomassa inevitabilmente produrranno (Johansson, Tullin et al. 2003; Demirbas 2005; Kakareka, Kukharchyk et al. 2005), pari allo 0,5 -0,7 % in peso rispetto alla quantità di  materiale trattato, se viene bruciato legname essiccato, ma con percentuali più elevate se sono usate altre biomasse, come ad esempio la paglia (15,5%), un valore nettamente superiore alle ceneri prodotte dal carbone (7%) .

La movimentazione delle ceneri è associata a consumi energetici ed emissioni che devono essere sommati ai consumi energetici e alle emissioni indotti dalla raccolta e dal trasporto all’impianto, al fine di valutare l’effettiva sostenibilità di questa scelta.

Altro problema critico è il livello di tossicità delle ceneri ed in particolare delle ceneri volanti raccolti dagli impianti di depurazione dei fumi. Il contenuto di cadmio, cromo, rame, piombo e mercurio delle ceneri volanti  derivanti dalla combustione di legname (quercia, faggio, abete) è superiore a quella riscontrabile nelle ceneri volanti prodotte dalla combustione di carbone (Demirbas 2005).

2.      A nostro giudizio nel documento è carente la valutazione dell’impatto ambientale e sanitario che i nuovi impianti a biomassa inevitabilmente indurranno.
A tal riguardo ci sembra insufficiente il riferimento all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, che è un obbligatorio requisito di legge, ma che da solo non garantisce la salute dei cittadini esposti agli inquinanti comunque prodotti ed immessi nell’ambiente.
Un più corretto termine di riferimento dovrebbe essere il confronto della qualità dell’aria e dell’ambiente prima e dopo l’entrata in funzione dell’impianto a biomassa.
Questo confronto non può che essere che questo: con l’entrata in funzione dell’impianto a biomassa la qualità dell’aria deve migliorare o per lo meno  restare uguale a quella pre-esistente.
Il miglioramento è possibile se nel sito interessato le biomasse sostituiscono un combustibile più inquinante utilizzato in un impianto termoelettrico già esistente e se il recupero del calore permette di spegnere numerose calderine inquinanti il cui impatto ambientale era superiore a quello del nuovo impianto di teleriscaldamento, conteggiando anche le emissioni dei trasporti associati.
Questa norma, oltre che essere in sintonia con le scelte della Unione Europea in tema di politiche di tutela dell’ambiente e della salute è motivata dal fatto che l’uso di biomasse per la produzione di elettricità non è obbligatoria e la diffusione di questa scelta  è sostanzialmente motivata dai sostanziosi incentivi pubblici dei Certificati Verdi.

La verità è che le biomasse sono un combustibile povero, economicamente ed energeticamente conveniente solo nelle circostanze che si verificano in paesi come la Svezia dove l’industria del legno produce grandi quantità di scarti e la morfologia del territorio permette il facile taglio e trasporto di questi materiali.

Peraltro, l’uso di biomasse a scopo energetico presenta problemi di impatto ambientale tutt’altro che trascurabili.
Oltre che alle emissioni di inquinanti convenzionali quali ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto (Johansson, Tullin et al. 2003) occorre porre attenzione ad inquinanti meno convenzionali che si producono con la combustione di biomasse quali polveri sottili, (Johansson, Tullin et al. 2003), formaldeide (Olsson 2006), benzene (Schauer, Kleeman et al. 2001), idrocarburi policiclici aromatici (Kakareka, Kukharchyk et al. 2005), diossine (Hubner, Boos et al. 2005; Lavric, Konnov et al. 2005).

Anche se la maggior parte degli studi in corso riguardano l’impatto ambientale e sanitario derivante dall’uso domestico di biomasse nei paesi in via di sviluppo, recenti risultati segnalano rischi per la salute  dovuti all’uso domestico di biomasse per il riscaldamento domestico anche in contesti sociali economicamente avanzati, con effetti sull’asma e sulla funzionalità respiratoria (Boman, Forsberg et al. 2003) e nel Canada ( Montreal) si è riscontrato un aumento significativo del rischio di cancro polmonare in donne esposte ad impianti di riscaldamento e cucine a legna (Ramanakumar, Parent et al. 2007).

Dal punto di vista dell’impatto ambientale la scelta di privilegiare l’uso di bomasse per la produzione di elettricità pone un altro problema: l’economia di scala.

Una centrale a biomassa per poter produrre elettricità a costi confrontabili con quelli in uso in Europa deve avere una potenza pari a 20 megawatt elettrici (Bridgwater 2003). Questo significa fare arrivare all’impianto almeno  80.000 tonnellate all’anno di legna secca, con 8.000 camion e trovare una destinazione a circa 400 tonnellate di ceneri.
Il territorio della provincia di Asti può garantire questa produzione di biomassa, in modo veramente sostenibile?
Il calore prodotto da un impianto di queste dimensioni può trovare un utilizzo entro un raggio compatibile con i costi della distribuzione del calore e con una richiesta costante per tutto l’anno?

L’economia di scala comporta conseguenze non trascurabili anche sull’impatto ambientale in quanto la quantità di inquinanti emessi in atmosfera e ricadenti sul territorio sottovento sarà in proporzione alla quantità di biomassa utilizzata.

Anche se le Linee Guida della Provincia di Asti  prevedono impianti da 3 a 50 megawatt termici (corrispondenti in prima approssimazione ad una potenza elettrica da 1 e 16 megawatt elettrici) ci chiediamo come sia possibile che impianti così piccoli possano stare sul mercato, anche con gli incentivi dei certificati verdi.

Pensiamo che sia inevitabile, una volta che questi piccoli impianti saranno stati realizzati , passati i cinque anni previsti, che i gestori richiedano sia il loro ampliamento che la possibilità di utilizzo di Combustibili da Rifiuto, combustibile certamente più facilmente disponibile, di potere calorifico più alto, il cui uso è permesso dalle normative nazionali ed europee e con prezzi probabilmente più bassi delle biomasse. Addirittura non è escluso, come già oggi avviene nei cementifici, che il produttore di CDR paghi il gestore degli impianti per la termovalorizzazione di questo singolare combustibile.

E se la combustione delle biomasse comporta certamente qualche problema, la combustione di CDR, anche della sola frazione biodegradabile, comporta certamente qualche problema ambientale e sanitario in più (Fernandez, Wendt et al. 2003).

Ci sembra utile concludere queste nostre osservazioni citando le conclusioni di un recente studio svedese che ha messo a confronto diversi combustibili per impianti di teleriscaldamento ( con produzione combinata di calore e elettricità) con una analisi del ciclo di vita (Eriksson, Finnveden et al. 2007). Sono stati messi a confronto l’incenerimento di rifiuti, la combustione di biomassa e di metano. Le conclusioni sono che l’incenerimento non è la migliore scelta e spesso è la peggiore se l’incenerimento (con teleriscaldamento) sostituisce il riciclaggio. Un impianto di cogenerazione a metano è una alternativa interessante se l’elettricità prodotta è in sostituzione di elettricità prodotta da combustibili fossili. Se il paese in esame fa un prevalente uso di fonti energetiche non fossili (nucleare, idroelettrico, solare, eolico) l’uso energetico delle biomasse è da preferirsi al metano.
Non ci sembra che quest’ultima condizioni riguardi il nostro Paese ed in particolare la provincia di Asti.


Dr. Federico Valerio
Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro
Servizio Chimica Ambientale

Bibliografia

Boman, B. C., A. B. Forsberg, et al. (2003). "Adverse health effects from ambient air pollution in relation to residential wood combustion in modern society." Scand J Work Environ Health 29(4): 251-60.

Bridgwater, A. V. (2003). "Renewable fuels and chemicals by thermal processing of biomass." Chemical Engineering Journal 91(2-3): 87-102.

Demirbas, A. (2005). "Potential applications of renewable energy sources, biomass combustion problems in boiler power systems and combustion related environmental issues." Progress in Energy and Combustion Science 31(2): 171-192.

Eriksson, O., G. Finnveden, et al. (2007). "Life cycle assessment of fuels for district heating: A comparison of waste incineration, biomass- and natural gas combustion." Energy Policy 35(2): 1346-1362.

Fernandez, A., J. O. Wendt, et al. (2003). "Inhalation health effects of fine particles from the co-combustion of coal and refuse derived fuel." Chemosphere 51(10): 1129-37.
Hubner, C., R. Boos, et al. (2005). "In-field measurements of PCDD/F emissions from domestic heating appliances for solid fuels." Chemosphere 58(3): 367-72.

Johansson, L. S., C. Tullin, et al. (2003). "Particle emissions from biomass combustion in small combustors." Biomass and Bioenergy 25(4): 435-446.

Kakareka, S. V., T. I. Kukharchyk, et al. (2005). "Study of PAH emission from the solid fuels combustion in residential furnaces." Environ Pollut 133(2): 383-7.

Lavric, E. D., A. A. Konnov, et al. (2005). "Modeling the formation of precursors of dioxins during combustion of woody fuel volatiles." Fuel 84(4): 323-334.

Olsson, M. (2006). "Wheat straw and peat for fuel pellets--organic compounds from combustion." Biomass and Bioenergy 30(6): 555-564.

Ramanakumar, A. V., M. E. Parent, et al. (2007). "Risk of lung cancer from residential heating and cooking fuels in Montreal, Canada." Am J Epidemiol 165(6): 634-42.

Schauer, J. J., M. J. Kleeman, et al. (2001). "Measurement of emissions from air pollution sources. 3. C1-C29 organic compounds from fireplace combustion of wood." Environ Sci Technol 35(9): 1716-28.

martedì 2 ottobre 2007

Nucleare Conviene?

Se, come il prof. Veronesi, credete che l'energia nucleare sia conveniente perchè costa poco e non produce gas serra, siete male informati.

Certo, è vero che la produzione di elettricità fruttando l'energia nuclare non produce anidride carbonica, ma la produzione di anidride carbonica è inevitabile durante l'estrazione e la purificazione dell'uranio, durante la costruzione del reattore, per neutralizzare, trasportare e stoccare le scorie radioattive e durante la demolizione di un vecchio reattore giunto alla fine dei suoi giorni e per la bonifica del sito.

Il conto della effettiva emissione di gas serra in atmosfera nel corso della vita di un reattore, dalla sua costruzione alla sua dismissione, è stata fatta nel 2006 da U.R. Fritsche dell' Oeko Institute di Darmstadt (http://www.oeko.de).

Il programma GEMIS messo a punto dall'Istituto tedesco per effettuare analisi del ciclo di vita ( Life-Cicle Analyses) di sistemi produttivi,  ha stimato che una centrale nucleare tedesca  provoca l'emissioni in atmosfera di 31 grammi di anidrida carbonica per ogni chilowattore prodotto. Altre stime fatte su altri impianti nucleari, calcolano emissioni maggiori: da 30 a 60 grammi per chilowattore, con una punta di 120 grammi per Kwh per impianti che usano minerale d'uranio a bassa concentrazione.

Questo significa che una centrale nuclare da 1250 Megawatt (la taglia dei reattori nuclari tedeschi)  indirettamente, emette 250.000 tonnellate di anidride carbonica per ogni anno di funzionamento.

Se si mettono a confronto le emissioni dirette ed indirette di gas serra da parte di altri sistemi di produzione di elettricità, stimate con lo stesso programma GEMIS,  si vede che a parità di chilowattori prodotti, una centrale nucleare emette più anidride carbonica di un impianto idroelettrico, di un generatore eolico a terra e sul mare, di un impianto di cogenerazione a gas. Chi si comporta peggio sono, ovviamente, le centrali a carbone, anche quelle con cogenerazione di elettricità e calore.

Di passaggio, segnaliamo che in base agli studi delì' Oeko Institute, il sistema che nel corso di tutta la sua vita operativa, permette il maggior risparmio di gas serra per unità di elettricità prodotta è la cogenerazione di elettricità e calore realizzata con motori a combustione interna alimentati a bio-gas.

Insomma il vecchio e buon TOTEM della FIAT, realizzato riciclando il motore della 126, che commercialmente non ha avuto grande successo, forse è nato troppo presto.

Con impianti di questo tipo, la cui funzione principale è di produrre calore e contemporaneamente produrre elettricità, per ogni chilowattore prodotto si ha una riduzione di 400 grammi di  anidride carbonica, a fronte di 30-60 grammi emessi indirettamente (ma realmente) da una centrale nucleare.

La prestazione eccezionale di questo tipo di impianto è dovuta al fatto che il combustibile (biogas)  è veramente rinnovabile ( si può produrre a partire dagli scarti umidi raccolti in modo differenziato) e, grazie al teleriscaldamento, si evita l'uso e l'emissione di combustibili fossili normalmente usati per il riscaldamento domestico ed industriale.

Lo studio dell'OECO Institute sfata anche il mito dei bassi costi dell'energia nucleare, ma di questo parleremo in modo più dettagliato nei prossimo post.

Postato da: federico46 a 13:17 | link | commenti (5)


Commenti:

#1  02 Ottobre 2007 - 12:53
Anche se le centrali nucleari fossero meno inquinanti, relativamente ai gas serra, resta il fatto che sono pericolosissime, e le loro scorie altrettanto.
La vicinanza di impianti stranieri, non giustifica un nostro ritorno al nucleare.
Vorrei capire però, perchè tolleriamo la presenza di armi atomiche sul nostro territorio?
Con tutto il rispetto per Veronesi, faccio una battuta (ed è solo una battuta): se riduciamo le fonti radioattive, diminuiscono i suoi clienti.
Utente: sacchett Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. sacchett

#2  27 Luglio 2009 - 16:53
perchè non fare una bella tavola rotonda e mettere a confronto i vari studi in proposito???

i favorevoli tirano fuori i loro numeri, i contrari ne tirano fuori altri: in sostanza l'uomo della strada decide per emozione

so benissimo che è proprio quello che si vuole che il popolo (fesso) faccia.

ma siccome il popolo non è fesso, verifichiamolo con un bel dibattito pubblico, coerente , puntuale e dimostrato: si deve tener conto di
TRE aspetti:
economicità
impatto ambientale
malfunzionamento

è inutile che io legga le Sue motivazioni, non Le so valutare, ma le saprà valutare un suo avversario...e viceversa

mi aiuti

per il bene nostro

Diocen'è?
utente anonimo

#3  27 Luglio 2009 - 20:10
In un Paese in cui la democrazia non è una barzelletta si fa proprio come lei propone.
Da noi, in nome dell'emergenza e degli interssi strategici nazioanali, sarà l'esercito a garantire la realizzazione degli impianti nucleari e i siti per le scorie.
Stessa strategia per centrali a carbone ed inceneritori.
Per il popolo italiano, sottoposto da anni ad anestetizzazione di massa, ci sarà la possibilità di uscire dall'anonimato con una partecipazione l'ennesima edizione del Grande Fratello, in alternativa ci si potrà consolare con la visione dell'ennesima edizione dell'Isola dei Famosi.
utente anonimo

#4  18 Novembre 2009 - 16:51
E' una colossale fesseria che le centrali nucleari emettano anidride carbonica, inoltre non sono assolutamente pericolose. Chernobyl fu un esperimento avventato eseguito su una centrale instabile da personale incompetente. Su questo punto esistono numerose pubblicazioni. Tree Mile Island non causò alcune emissioni all'esterno. Le automobili causano, solo in Italia 6000 morti all'anno più decine di migliaia di feriti e i contrari al nucleare non pensano ad eleminare le auto?
utente anonimo

#5  18 Novembre 2009 - 19:14
Informarsi da fonti che non hanno conflitto di interessi è un dovere, principalmente nel proprio interesse.
Sulle emissioni di radionuclidi Three mile island esiste il rapporto del presidente degli Stati Uniti che ha quantificato queste emissioni. Se le interessa ho la versione italiana.
Peraltro Studi recenti evidenziano danni alla popolazione esposta durante l'incidente, come pure una maggiore incidenza di tumori infantili intorno a centrali durante il loro normale esercizio.
Prima dell'incidente di Chernobil l'Agenzia Atomica affermava che tutte le centrali, comprese quelle russe erano sicure, anche in questo caso ho il documento originale.
Il confronto con le automobili è scientificamente scorretto, le centrali nucleari non servono a trasportare merci e persone.
L'unico confronto serio è quello di confrontare gli impatti ambientali a parità di chilowattore prodotti dei sistemi di produzione di energia elettrica: ad esempio fotovoltaico e nucleare.
In questo caso il confronto non ha partita dal punto di vista ambientale e anche da quello dei costi, quando i conti si fanno giusti.
Sul fatto che il nucleare non abbia influenza sulle emissioni di gas serra, è necessario chiarire  quanta CO2 si libera nella fase di realizzzaioe della centrale, nel trattamento delle sue scorie, nell'estrazione, nell'arricchimento dell'uranio e durante lo smaltimento finale dell'impianto e durante lo stoccaggio delle scorie.
A fronte di questi conti possiamo confrontarci in modo corretto
Federico Valerio
utente anonimo
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Nucleare Conviene?

Se, come il prof. Veronesi, credete che l'energia nucleare sia conveniente perchè costa poco e non produce gas serra, siete male informati.

Certo, è vero che la produzione di elettricità fruttando l'energia nuclare non produce anidride carbonica, ma la produzione di anidride carbonica è inevitabile durante l'estrazione e la purificazione dell'uranio, durante la costruzione del reattore, per neutralizzare, trasportare e stoccare le scorie radioattive e durante la demolizione di un vecchio reattore giunto alla fine dei suoi giorni e per la bonifica del sito.

Il conto della effettiva emissione di gas serra in atmosfera nel corso della vita di un reattore, dalla sua costruzione alla sua dismissione, è stata fatta nel 2006 da U.R. Fritsche dell' Oeko Institute di Darmstadt (http://www.oeko.de).

Il programma GEMIS messo a punto dall'Istituto tedesco per effettuare analisi del ciclo di vita ( Life-Cicle Analyses) di sistemi produttivi,  ha stimato che una centrale nucleare tedesca  provoca l'emissioni in atmosfera di 31 grammi di anidrida carbonica per ogni chilowattore prodotto. Altre stime fatte su altri impianti nucleari, calcolano emissioni maggiori: da 30 a 60 grammi per chilowattore, con una punta di 120 grammi per Kwh per impianti che usano minerale d'uranio a bassa concentrazione.

Questo significa che una centrale nuclare da 1250 Megawatt (la taglia dei reattori nuclari tedeschi)  indirettamente, emette 250.000 tonnellate di anidride carbonica per ogni anno di funzionamento.

Se si mettono a confronto le emissioni dirette ed indirette di gas serra da parte di altri sistemi di produzione di elettricità, stimate con lo stesso programma GEMIS,  si vede che a parità di chilowattori prodotti, una centrale nucleare emette più anidride carbonica di un impianto idroelettrico, di un generatore eolico a terra e sul mare, di un impianto di cogenerazione a gas. Chi si comporta peggio sono, ovviamente, le centrali a carbone, anche quelle con cogenerazione di elettricità e calore.

Di passaggio, segnaliamo che in base agli studi delì' Oeko Institute, il sistema che nel corso di tutta la sua vita operativa, permette il maggior risparmio di gas serra per unità di elettricità prodotta è la cogenerazione di elettricità e calore realizzata con motori a combustione interna alimentati a bio-gas.

Insomma il vecchio e buon TOTEM della FIAT, realizzato riciclando il motore della 126, che commercialmente non ha avuto grande successo, forse è nato troppo presto.

Con impianti di questo tipo, la cui funzione principale è di produrre calore e contemporaneamente produrre elettricità, per ogni chilowattore prodotto si ha una riduzione di 400 grammi di  anidride carbonica, a fronte di 30-60 grammi emessi indirettamente (ma realmente) da una centrale nucleare.

La prestazione eccezionale di questo tipo di impianto è dovuta al fatto che il combustibile (biogas)  è veramente rinnovabile ( si può produrre a partire dagli scarti umidi raccolti in modo differenziato) e, grazie al teleriscaldamento, si evita l'uso e l'emissione di combustibili fossili normalmente usati per il riscaldamento domestico ed industriale.

Lo studio dell'OECO Institute sfata anche il mito dei bassi costi dell'energia nucleare, ma di questo parleremo in modo più dettagliato nei prossimo post.

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#1  02 Ottobre 2007 - 12:53
 
Anche se le centrali nucleari fossero meno inquinanti, relativamente ai gas serra, resta il fatto che sono pericolosissime, e le loro scorie altrettanto.
La vicinanza di impianti stranieri, non giustifica un nostro ritorno al nucleare.
Vorrei capire però, perchè tolleriamo la presenza di armi atomiche sul nostro territorio?
Con tutto il rispetto per Veronesi, faccio una battuta (ed è solo una battuta): se riduciamo le fonti radioattive, diminuiscono i suoi clienti.
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#2  27 Luglio 2009 - 16:53
 
perchè non fare una bella tavola rotonda e mettere a confronto i vari studi in proposito???

i favorevoli tirano fuori i loro numeri, i contrari ne tirano fuori altri: in sostanza l'uomo della strada decide per emozione

so benissimo che è proprio quello che si vuole che il popolo (fesso) faccia.

ma siccome il popolo non è fesso, verifichiamolo con un bel dibattito pubblico, coerente , puntuale e dimostrato: si deve tener conto di
TRE aspetti:
economicità
impatto ambientale
malfunzionamento

è inutile che io legga le Sue motivazioni, non Le so valutare, ma le saprà valutare un suo avversario...e viceversa

mi aiuti

per il bene nostro

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utente anonimo
#3  27 Luglio 2009 - 20:10
 
In un Paese in cui la democrazia non è una barzelletta si fa proprio come lei propone.
Da noi, in nome dell'emergenza e degli interssi strategici nazioanali, sarà l'esercito a garantire la realizzazione degli impianti nucleari e i siti per le scorie.
Stessa strategia per centrali a carbone ed inceneritori.
Per il popolo italiano, sottoposto da anni ad anestetizzazione di massa, ci sarà la possibilità di uscire dall'anonimato con una partecipazione l'ennesima edizione del Grande Fratello, in alternativa ci si potrà consolare con la visione dell'ennesima edizione dell'Isola dei Famosi.
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#4  18 Novembre 2009 - 16:51
 
E' una colossale fesseria che le centrali nucleari emettano anidride carbonica, inoltre non sono assolutamente pericolose. Chernobyl fu un esperimento avventato eseguito su una centrale instabile da personale incompetente. Su questo punto esistono numerose pubblicazioni. Tree Mile Island non causò alcune emissioni all'esterno. Le automobili causano, solo in Italia 6000 morti all'anno più decine di migliaia di feriti e i contrari al nucleare non pensano ad eleminare le auto?
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#5  18 Novembre 2009 - 19:14
 
Informarsi da fonti che non hanno conflitto di interessi è un dovere, principalmente nel proprio interesse.
Sulle emissioni di radionuclidi Three mile island esiste il rapporto del presidente degli Stati Uniti che ha quantificato queste emissioni. Se le interessa ho la versione italiana.
Peraltro Studi recenti evidenziano danni alla popolazione esposta durante l'incidente, come pure una maggiore incidenza di tumori infantili intorno a centrali durante il loro normale esercizio.
Prima dell'incidente di Chernobil l'Agenzia Atomica affermava che tutte le centrali, comprese quelle russe erano sicure, anche in questo caso ho il documento originale.
Il confronto con le automobili è scientificamente scorretto, le centrali nucleari non servono a trasportare merci e persone.
L'unico confronto serio è quello di confrontare gli impatti ambientali a parità di chilowattore prodotti dei sistemi di produzione di energia elettrica: ad esempio fotovoltaico e nucleare.
In questo caso il confronto non ha partita dal punto di vista ambientale e anche da quello dei costi, quando i conti si fanno giusti.
Sul fatto che il nucleare non abbia influenza sulle emissioni di gas serra, è necessario chiarire  quanta CO2 si libera nella fase di realizzzaioe della centrale, nel trattamento delle sue scorie, nell'estrazione, nell'arricchimento dell'uranio e durante lo smaltimento finale dell'impianto e durante lo stoccaggio delle scorie.
A fronte di questi conti possiamo confrontarci in modo corretto
Federico Valerio
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