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venerdì 28 febbraio 2014

Sant'Ilario addio!

La madre di tutte le frane liguri si trova sulle alture di Sant'Ilario, dalle parti di Genova.

Venti anni fa, un pezzo della collina, che De Andrè rese celebre con la canzone dedicata a Boccadirosa, ha deciso di andarsene verso il mare, durante un forte temporale, portandosi dietro una casa e un pezzo di strada.
 
Da allora, il percorso di un microscopico torrentello si è spostato e tutte le volte che arriva un nubifragio, le millenarie stradine mattonate (creuse) che portano a mare si trasformano in cascate d'acqua e violenti torrenti.

Dopo l'ultimo nubifragio, quello del 19 gennaio, durante il quale a Sant'Ilario nel giro di poche ore sono caduti 175 millimetri di pioggia, il dissesto della collina è aumentato, con muretti a secco crollati, pietre portate a valle, le croese ancor più impraticabili.

E ad aumentare il degrado e il pericolo, ci si sono messi anche i cinghiali che nelle fasce abbandonate trovano rifugio e disponibilità di cibo. E per procurasi tuberi e lombrichi questi bestioni, arano il terreno e buttano giù muretti a secco, tutto materiale che le piogge porta a mare lungo i nuovi percorsi tracciati dai cinghiali scavatori.

I pochi abitanti di questa zona, gli eredi dei contadini ed allevatori che, fino a pochi decenni or sono, custodivano queste terre, invano hanno chiesto l'intervento del Comune di Genova, alle prese con decine di altre più recenti frane e con le casse sempre più vuote.

Comunque, per cercare di evitare grane future, anche qui il Comune ha messo un bel cartello che ti avvisa che c'è una frana e che non devi "avventurarti" sul suo corpo!

Una scusa per il mancato intervento è che l'assenza di strade carrabili impedisce l'accesso dei mezzi comunali e il trasporto sul posto dei materiali necessari all'intervento.

Certo, per chi abita da queste parti ci vogliono fiato e buone gambe e chi, da queste parti,  chiede l'apertura di strade per l'accesso alle ambulanze, spesso non ha affatto a cuore la salute dei vecchietti, ma pensa alla crescita stratosferica del valore del rustico ristrutturato e della casa abusiva che prima o dopo qualcuno condonerà.

Un altro problema è sapere chi deve tenere puliti i greti dei torrentelli, che qui si chiamano "bei", e che un tempo servivano a portare l'acqua delle sorgenti ai campi, ricavati a fatica sui terrazzamenti.

La legge prescrive che la pulizia la devono fare i proprietari dei campi che il "beo" percorre, ma se anche dei proprietari ci fossero, mancano le forze e la volontà, visto il generale abbandono.

E la collina di Sant'Ilario che per millenni, curata dall'uomo, ha resistito agli eventi climatici ora, in pochi decenni, se ne scende rapidamente a mare.

Le antiche "fasce" di Sant'Ilario, che hanno trasformato la collina, esposta a sud,  in terreno coltivabile

L'antica economia agricola di Sant'Ilario, basata sulla produzione di ortaggi, coltivazione di ulivi e aranci e sull'allevamento di mucche da latte è sparita da tempo, eppure fino agli anni '80 lungo queste creuse si potevano vedere gli ultimi muli ancora all'opera per i trasporti pesanti, proprio quelli che servirebbero per trasportare cemento, ghiaia e tubi per incanalare le acque piovane e riportarle nel loro alveo naturale.

Che la soluzione dello sfasciume della Liguria e di tutta la catena appenninica non sia proprio il ritorno al "futuro"?

Che si debba riscoprire il valore paesagistico, economico e di difesa del suolo dei terrazzamenti?

Che si debba riscoprire che la terra ha valore per il cibo che può produrre e non per il cemento che può ospitare?

Non ho certezze, ma se questo Paese deve impegnarsi in "Grandi Opere" per dare agli Italiani occupazione e sviluppo durevole è proprio da luoghi come questo, dalle colline di Sant'Ilario, che bisognerebbe cominciare.


Alluvione Sant'Ilario (GE) 19 gennaio 2014

lunedì 17 febbraio 2014

Una centrale elettrica a Cornigliano?

Le aree industriali di Genova Cornigliano
Nelle aree industriali di Cornigliano, liberate nel 2002 dagli inquinanti impianti a caldo, potrebbe ritornare una centrale elettrica e, con la centrale potrebbero ritornare anche un bel pò di polveri sottili e di ossidi di azoto, di cui i corniglianesi non sentono proprio la mancanza.

La disponibilità di 10 ettari, magnanimamente restituiti dall'ILVA, stanno suscitando gli appetiti di facili e grandi guadagni.

IREN, Ansaldo, AMIU, con la benedizione del Comune di Genova, stanno pensando di prendere due piccioni con una fava: grazie alla nuova disponibilità di aree, accanto al previsto depuratore che libererà Cornigliano dai suoi miasmi, potrebbe sorgere una centrale elettrica alimentata con il biogas prodotto dalla digestione anaerobica dei fanghi di tutti i depuratori genovesi che già si prevedeva dovessero confluire qui.

Il facile affare è quello delle generose incentivazioni date all'elettricità prodotta da fonti di energie rinnovabile, denominati "Certificati Verdi", in realtà una tassa pagata, a loro insaputa, da tutti gli italiani, con le bollette della luce.

Il biogas sarà anche una fonte di energia rinnovabile, ma la sua combustione, inevitabilmente produce, a norma di legge, inquinamento e giustamente, gli abitanti di Cornigliano potrebbero dire: "Abbiamo già dato".

E anche tutti gli altri genovesi avrebbero qualche cosa da ridire, in quanto l'entrata in funzione di questa nuova centrale che, visti i grandi appetiti,  temiamo possa essere di grandi dimensioni,  inevitabilmente immetterà in atmosfera diverse tonnellate di nuovi inquinanti e questo fatto, dal punto di vista giuridico, è in contrasto con la legge che tutela la qualità dell'aria e la salute di tutti noi.

A titolo di esempio, da misure effettuate su centyrali danesi, per ogni Giga joule ( 277 kwh) di elettricità prodotta, una centrale a biogas immette in atmosfera 451 milligrammi di PM10.

Se IREN, Ansaldo, AMIU volessero rinunciare ai facili affari dei "Certificati Verdi" e a produrre elettricità, una soluzione ci sarebbe: a Cornigliano si realizza un impianto biologico integrato per il trattamento delle acque fognarie, dei fanghi di depurazione e delle frazioni organiche da raccolta differenziata.

Risolti in questo modo i miasmi dell'attuale depuratore di Cornigliano e del fangodotto della Volpara, il nuovo impianto biologico potrà produre compost di qualità, da vendere al migliore acquirente e metano (biometano) da utilizzare per gli autoconsumi dei nuovi impianti biologici e come combustibile per i mezzi AMT e AMIU, convertiti alla trazione a metano.

Un' eventuale quota eccedente di biometano potrebbe essere immessa nella rete di distribuzione del gas ed utilizzata in sostituzione di analoghi volumi di gas libico e siberiano.

Infine, una progettazione attenta agli interessi del territorio che ospita l'impianto, potrebbe dimensionare il nuovo impianto, per fornire calore e frigorie agli edifici più vicini e quindi permettere  lo spegnimento delle attuali caldaie.

Con questa soluzione a Cornigliano e a Genova non ci sarebbe nessuna nuova fonte inquinante e Genova potrebbe continuare ad essere tra le poche grandi città italiane, dove si rispettano i limiti per le polveri sottili, le micidiali PM10.




giovedì 13 febbraio 2014

Calabria a Rifiuti Zero?

Bisignano (CS)

Ho avuto notizia che a Bisignano, in provincia di Cosenza, potrebbe sorgere una piattaforma ad alta tecnologia, con una capacità di trattamento di 180.000 tonnellate/anno,  finalizzata al recupero riciclaggio spinto di Materie Prime Seconde, a valle della Raccolta Differenziata.

La piattaforma sarà affiancata da un impianto per la produzione di compost di qualità, un digestore anaerobico che, utilizzando il biogas prodotto, fornirà alla piattaforma tutta l'energia necessaria.

Troppo bello per essere vero?

Il dubbio viene constatando che in Calabria, nel 2010, la Raccolta differenziata era ferma al 12,43% con la provincia di Cosenza al 14,1%.

E se il Piano della Regione Calabria ritiene strategica la realizzazione delle piattaforme, come quella di Bisignano, poco o nulla dice su energiche politiche regionali per incrementare la  raccolta differenziata e raggiungere l'obiettivo minimo di Legge del 65%.

E il fatto che l'inceneritore di Gioia Tauro sia sotto utilizzato per carenza di Combustibile da Rifiuto (CDR, ora per legge ribattezzato Combustibile Solido Secondario)  fa sospettare che le piattaforme saranno prevalentemente usate per produrre combustibile solido secondario e per vendere elettricità "verde" prodotta con il biogas a prezzi incentivati.

L'amministrazione di Bisignano mi ha chiesto un parere. Ed ecco quello che ho scritto, in base alle scarne informazioni ricevute.

"Il Punto debole del Piano della Regione Calabria è quello di rinunciare a priori a raggiungere gli obiettivi minimi di Legge per la raccolta differenziata, ossia il 65%.

Esperienze consolidate realizzate in tutt'Italia confermano come, con la conversione a sistemi di raccolta Porta a Porta e di prossimità per aree rurali ed urbane con elevata densità abitativa, differenziare il 65% della produzione di materiali post consumo, sia possibile.

Solo il Porta a Porta può garantire l'alta qualità dei materiali differenziati e quindi l'avvio a nuovi cicli produttivi.

Questo è particolarmente vero per la produzione di compost e il suo uso agricolo.

Pertanto il mio consiglio è che alla piattaforma di Bisignano arrivino solo frazioni umide da frazioni differenziate.

Per garantire la vendita del compost per uso agricolo e giardinaggio è necessario che l'impianto preveda linee separate per trattare l'umido di qualità (mercatali, mense, scarti vegetali) da umido "grigio" come ad esempio i fanghi di depurazione, il cui compost potrà essere utilizzato a scopi meno pregiati.

La buona pratica prevede che il digestato, proveniente direttamente dalla digestione anaerobica  sia sempre compostato , insieme a cippato di legno (potature ulivi, alberi da frutto...).

Tale pratica è da preferire all'uso diretto del digestato come ammendante agricolo.

Per quanto riguarda la produzione di biogas, le buone pratiche prevedono che il biogas ( miscela in prevalenza fatta di metano al 55-60% ed anidride carbonica) sia raffinato per concentrare il metano ad oltre il 95% e permettere l'immissione di questa miscela raffinata ( denominata biometano) nella rete di distribuzione del metano.

Dopo raffinazione il biometano può essere utilizzato anche per l'autotrazione.

Il biometano in rete può accedere ad incentivi governativi e dal punto di vista ambientale permette di sfruttare a pieno l'elevato potere calorifico di questo gas.

L'utilizzo energetico  del biogas presso la piattaforma  presenta due gravi inconvenienti:

- non permette il recupero del calore residuo ( 80% del potere energetico) per gli alti costi della rete di teleriscaldamento e per la indisponibilità di un'utenza che abbia bisogno di calore anche nella stagione estiva

- concentra nel sito che ospita la piattaforma tutti gli inquinanti emessi dai motori a biogas per produrre elettricità

Se , come immagino Bisignano dispone della rete di distribuzione del gas, l'immissione del biometano in questa rete, al posto di metano d'importazione, non modificherà  in modo sostanziale la qualità dell'aria della località che ospiterà la piattaforma.

L'uso energetico locale del biometano si potrà  limitare a quello degli autoconsumi di elettricità e calore della piattaforma e in questo caso si potrà avvalere dei bassi fattori di emissione del biometano, simili a quelli del gas naturale distribuito dalla rete del gas del nostro Paese."

mercoledì 5 febbraio 2014

Qualità dell'aria e della salute a Bra.


L'aria di Bra è decisamente brutta.

In questa cittadina, in provincia di Cuneo, nel corso del 2012,  per ben centocinque giorni si è superata la concentrazioni di 50 microgrammi di polveri respirabili (PM10).

La legge a tutela dell'ambiente e della salute prevede che durante un anno, la soglia giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo di aria, non possa essere superata per più di trentacinque giorni.

Come mostra il grafico, l'aria di Bra è la peggiore tra tutte quelle dei principali comuni del cuneense, anche se a partire dal 2006 si sono registrati sensibili miglioramenti.

 A parlare di qualità dell'aria e di qualità della salute di chi quell'aria respira, il 3 febbraio ero a Bra, invitato dal comitato "Spiriti Liberi" .


Le cento persone che erano presenti nelle due salette del ristorante che ci aveva ospitate, tra cui alcuni amministratori della cittadina, hanno seguito con interesse la mia presentazione ed attivato un animato dibattito.

La serata è stata registrata e trasmessa in streaming.

Poichè il problema del superamento dei limiti delle polveri sottili (PM10, PM 2,5) accomuna gli abitanti di gran parte del Paese e costituisce un sicuro rischio per la loro salute è opportuno conoscere meglio l'argomento e far si che, chi deve intervenire per tutelare la salute dei sui concittadini, lo faccia e ripristini rapidamente la legalità.