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domenica 28 febbraio 2010

Nuove Energie Liguri

Sto ricevendo richieste di aiuto da tutt'Italia per fronteggiare il fiorire di centrali elettriche a biomasse.

Venerdì sera ero a Bagni di Lucca dove si propone di bruciare 130.000 tonnellate all'anno di legna per combattere i cambiamenti climatici. Ovviamente quella dei cambiamenti climatici  è una scusa: la legna di castagno che si vuol bruciare, con la sua combustione, in pochi minuti, immette in atmosfera tutto  il carbonio che il castagno ha sottratto all'atmosfera in 30-40 anni di vita.

Giudicare neutro questo bilancio è per lo meno discutibile.

Il motivo vero di questa scelta imprenditoriale, e di tutte le altre che spuntano come funghi per il Paese, sono i certificati verdi regalati all'elettricità prodotta utlizzando biomasse. Insomma, la solita imprenditoria assistita dallo Stato che per 15 anni prende dalle tasche degli italiani un bel pò di soldi ( i certificati verdi), gli manda nei polmoni un pò di polveri sottili  e quando la cuccagna è finita (quando saranno finite le sovvenzioni) lascerà a tutti noi i terreni da bonificare e qualche acciacco in più .

Anche la politica ligure si è accorto delle energie rinnovabili e Burlando, l'attuale Presidente della Regione,  parla di 100 generatori eolici e di sviluppo del fotovoltaico.

Sul fotovoltaico sono d'accordo, ma con l'eolico ci andrei cauto. Con la nostra orografia,ci vuole poco a sbagliare a scegliere il sito con il giusto numero di ore di vento in grado di garantire, con l'elettricità prodotta, un ragionevole tempo per il ritorno dell'investimento.

E muovere e sistemare in modo stabile  torri e pale lunghe diverse decine di metri ( ormai siamo a torri di 100 metri di altezza), non è una cosa banale.

Nella mia piccola esperienza di velista ho verificato che lungo la costa genovese è solo alla foce del Polcevera e a Voltri che si possono spegnere i motori e veleggiare spinti da vento gagliardo. Per il resto della costa genovese, le giornate per la vela non sono poi così frequenti. E poi non sarà un caso che in Liguria sono rarissimi i mulini a vento, mentre sono molto diffusi e in parte in funzione i mulini ad acqua: qualcosa, questo vorrà dire!

Per la Liguria ci sono  già le mappe del vento dell'università che possono orientarci, ma ci vogliono misure sul campo statisticamente affidabili che ancora mancano.

Ma non potrebbe essere proprio la Regione a finanziare uno studio dettagliato e sistematico, sull'effettiva disponibilità di vento lungo i crinali liguri, per fornire, entro due-tre anni di monitoraggio, informazioni documentate ai Comuni che volessere investire in "mulini a vento"?

Postato da: federico46 a 11:32 | link | commenti
energie rinnovabili, vestecandida

martedì, 23 febbraio 2010
ESCO per tutti
Domenica mattina, in piazza a Bogliasco, per raccogliere le firme di presentazione della lista Sinistra Ecologia e Libertà.
Si respira una atmosfera ottimista, molti firmano e qualcuno si ferma a chiacchierare.

Frutto di queste chiacchiere: una bella idea.

I Comuni con bilanci ridotti all'osso potrebbero autofinanziarsi con le fonti di energia rinnovabile presenti sul loro territorio?

Se il comune di Bogliasco fosse il proprietario di un impianto fotovoltaico sul tetto della scuola e di quattro generatori eolici sul crinale, all'interno dei terreni di sua proprietà,  ne avrebbe un guadagno da far ritornare in servizi ai propri cittadini?

La risposta è certamente si, ma il problema è dove trovare il capitale necessario.

E la soluzione a questo problema  è di trovare una Energy Service Company, ( ESCO) una Compagnia per i servizi energetici.

L'idea è formidabile: il Comune ci mette i terreni e i tetti, la ESCO fa i progetti , le pratiche per i vari incentivi e trova  i finanziamenti per realizzare l'intervento; fatti gli impianti,  il comune per qualche tempo continua a pagare la sua solità bolletta della luce e del riscaldamento;  la novità è che la bolletta non viene più versata all' ENEL ,ma alla ESCO, fino a che il capitale investito ritorna alla ESCO;  da questo momento in poi il Comune diventa proprietario dell'impianto solare e/o eolico e intasca il conto energia e il risparmio sulla bolletta elettrica.

Il bello di quest'idea è che tutti ci guadagnano e che il meccanismo fa si che la ESCO realizzi gli impianti nel modo migliore ( alta efficenza energetica ed elevata affidabilità) in modo che i tempi di recupo dei capitali siano i più brevi possibili.

Per quanto ne so, non esistono ESCO liguri e quasi tutti ignorano questa opportunità. Un bella idea da realizzare, quando sarò assessore regionale all'ambiente e alle energie rinnovabili ! :-)


Postato da: federico46 a 19:02 | link | commenti
ambiente e società, energie rinnovabili, vestecandida

venerdì, 19 febbraio 2010
Tutti insieme appassionatamente per l'ambiente
Ieri, a Genova,  Stati Generali dell'Agenzia Regionale per l'Ambiente Ligure (ARPAL).

Sono tutti presenti e rappresentati: le Camere di Commercio, l'Associazione Industriali,  le imprese del settore turistico, gli Enti portuali...

Nessuno ha dubbi: la tutela dell'ambiente è un valore da tutelare che, oggi s,i sposa indissolubilmente con sviluppo e occupazione, ovviamente sostenibili.

Non sono pronto a giurare sulla buonafede di tutti i relatori, ma è indubbio che il clima è molto cambiato rispetto a solo qualche anno fa.

Ho seguito con particolare interesse l'intervento di Luigi Merlo , presidente dell'autorità portuale genovese.

Non so chi ha avuto prima l'idea, ma Merlo ha parlato di Porti che devono convivere con le città che li ospitano e sono proprio gli stessi concetti che ho espresso nel mio intervento programmatorio per SEL.

Ne ho approfittato per una domanda su un altro problema che mi sta a cuore: la gestione dei rifiuti in ambito portuale.

Nel blog ne ho già parlato; anche nei Porti si deve fare la raccolta differenziata, ma in partica non la fa nessuno e un porto produce una enorme quantità di rifiuti: pensate a quello associato ai traghetti e alle navi da crociera.

Nella mia domanda ho lanciato la proposta che Porti e Città trovino spazi comuni per i pretrattamenti e, se il caso, i trattamenti dei materiali post consumo prodotti dal Porto e dalla Città.

Merlo ha risposto, sottolineando le oggettive difficoltà per trovare, ed eventualmente ampliare, spazi per questo servizio, ma ha tirato fuori una interessante proposta: nuovi spazi per servizi, tipo pretrattamento raccolta differenziata, da realizzarsi su apposite chiatte, ormeggiate dove non danno fastidio alle navi.

E' un'idea che merita una attenta riflessione e di sicuro interesse per tutti i porti italiani che hanno gli stessi problemi. E le chiatte progettate per ospitare impianti di trattamento meccanico biologico per la separazione e l'inertizzazione degli scarti prodotti dai quartieri vicini al porto e dalla navi in transito, e perchè no, per fare compostaggio e digestione anaerobica, potrebbero essere realizzate presso i nostri cantieri navali, a caccia di commesse. Insomma, anche questa potrebbe essere la nuova economia verde.

Una bella idea su cui lavorare,  una volta in Regione :-)


martedì 9 febbraio 2010

E la Coop Rispose...

Con ammirevole rapidità la COOP ha risposto ai nostri dubbi che contenitori in poliaccoppiato ( tipo tetrapack) siano più ecologici di contenitori in vetro come affermato da uno studio commissionato dalla COOP.



Ecco la risposta alle mie osservazioni, fatte proprie dai Grillini:










Gentile

La strategia 3R di COOP ha come priorità la riduzione dei rifiuti e per questa ragione molti degli sforzi progettuali e di investimento degli ultimi anni sono stati rivolti alla riduzione dei materiali da imballaggio. Al fine di verificare la solidità di alcune scelte operate oltre che di individuarne di nuove, recentemente COOP ha avviato una serie di studi LCA su un campione rappresentativo di prodotti a marchio.

Uno di questi ha riguardato il confronto tra i contenitori in vetro per sughi e succhi di frutta e i poliaccoppiati che li hanno sostituiti negli ultimi anni.

Prima di entrare nel merito tecnico degli studi svolti, è opportuna una osservazione sui prodotti confrontati. In particolare, è fondamentale precisare il fatto che lo studio ha voluto analizzare la filiera degli imballi di vetro a perdere che sono praticamente gli unici utilizzati nella grande distribuzione soprattutto per i prodotti citati nell’articolo.

I risultati mostrati nell’articolo sono, ovviamente, una sintesi di quelli disponibili e sono stati organizzati in modo da presentare in modo semplice le principali considerazioni emerse dal lavoro.



Altro aspetto citato nella lettera riguarda le attività di riciclo del vetro che devono essere ben distinte da quelle di riuso.

Per quanto riguarda il riciclo, infatti,  se è vero che il vetro può essere riciclato molte volte, è anche vero che tale attività prevede una rifusione del materiale con un fabbisogno energetico pressoché equivalente a quello della fusione di materiali vergini. Il reale risparmio è quello relativo alla mancata produzione delle materie prime minerarie.

Per quanto riguarda il Tetrapak, invece, la sua presenza nella filiera della carta è pressoché ininfluente dati i volumi in gioco.



In ogni caso il grande vantaggio del poliaccoppiato in termini di produzione delle materie prime non viene perso neppure nel caso più svantaggioso che è quello che prevede il suo conferimento in discarica con le relative emissioni di biogas in atmosfera. Il tutto sempre a parità di unità funzionale­.



Per quanto riguarda i casi in cui il contenitore di vetro possa essere riutilizzato, soprattutto per alcune realtà locali e per prodotti specifici (es. acqua, birra), è facilmente dimostrabile come in effetti dopo pochi riutilizzi delle bottiglie si ottiene un beneficio ambientale in termini di CO2 anche se altri indicatori ambientali, strettamente legati ai trasporti, potrebbero manifestare maggiori impatti delle filiere di raccolta e di riutilizzo dei contenitori proprio a casusa delle grandi masse trasportate.



Alcuni dettagli sugli studi LCA.

Gli studi LCA sono stati impostati in modo rigoroso confrontando, a parità di unità funzionale, le filiere che partono dalla produzione delle materie prime e terminano con lo smaltimento dei prodotti.

Nel dettaglio, per quanto riguarda i poliaccoppiati la filiera ha preso in esame la produzione della cellulosa e dei film plastici e di alluminio, il processo di accoppiamento, il confezionamento del prodotto, i trasporti e lo smaltimento. Per quanto riguarda il vetro, invece, si è considerata la produzione delle materie prime minerarie, la produzione dei contenitori, i trasporti, lo smaltimento.

I dati utilizzati per i modelli provengono in parte da banche dati LCA, in particolare per le materie prime, per i trasporti e per il processo di produzione del vetro, ed in parte da dati primari reperiti presso le aziende coinvolte (accoppiamento dei poliaccoppiati, confezionamento). La banca dati dalla quale è stata estratta la maggior parte delle informazione è ecoinvent (www.ecoinvent.ch).

Per quanto riguarda la fase di smaltimento è stato considerato lo scenario medio Italiano assimilando il poliaccoppiato alla carta. Alcuni dettagli su questa fase riguardano il fatto che per il vetro le destinazioni considerate sono il riciclo (69%) e la discarica (31%); per il poliaccoppiato il riciclo (65%), la termovalorizzazione (16%), la discarica con relativa produzione di biogas (19%).

I benefici generati dalle attività di riciclo, soprattutto per quanto riguarda il vetro, sono stati quantificati sulla base della metodologia degli impatti evitati.

Infine per quanto riguarda gli studi, essendo know how aziendale (anche abbastanza costoso) non possiamo inviarveli siamo tuttavia disponibili a mostrarveli presso la nostra sede centrale di coop Italia.

Distinti saluti





Mie prime riflessioni sulla risposta.

 Le perplessità sulle conclusioni dello studio COOP permangono.

Anche se il parametro di valutazione fosse il solo bilancio delle emissioni di gas clima-alteranti, è indubbio che un vasetto di vetro può essere riciclato realmente più volte, mentre per i poliaccoppiati un vero riciclo (ovvero separazione e riutilizzo di carta, plastica e alluminio ) è problematico.

Pertanto, per il momento, resto convinto che un corretto confronto sui bilanci LCA ,per quanto riguarda consumi energetici ed emissione di gas serra, avrebbe dovuto confrontare almeno una decina di ricicli del vetro con altrettanti ricicli dei poliaccoppiati.

Se poi si fosse confrontato anche un singolo riciclo del vetro con un'unico processo di incenerimento  e recupero energetico dei poliaccoppiati, ho pochi dubbi che il vetro avrebbe stravinto.

Ovviamente pronto a ricredermi, se potessi leggere lo studio, che non mi sembra abbia nulla di segreto e nulla che non sia stato già pubblicato sull'argomento.

Devo aspettare un invito presso la sede centrale COOP ( con rimborso spese, ovviamente), per poter sodisfare le mie curiosità?

Non sarebbe più ecocompatibile un invio dello studio in formato PDF per via telematica, con eventualmente un invito a tenere riservato lo studio, ma non i miei commenti, come è prassi consueta nell'ambito delle istituzioni scientifiche?

lunedì 8 febbraio 2010

San Francisco Chiama Roma

Roma è sempre Roma e questa volta l'invito al sindaco di Roma, lo firma , di proprio pugno il sindaco di San Francisco. Tema della lettera, un formale invito ad Alemanno di vedere come a San Francisco stanno realizzando l'obiettivo di rifiuti zero. E in agenda cìè anche lo scambio di esperienze tra le due città.

Ad Alemanno, Italia Nostra sta offrendo la possibilità di fare bella figura, andando a raccontare come a Roma si incentiverà il compostaggio domestico sui bei terrazzi romani; un'idea che a San Francisco non hanno ancora avuta e che a  Genova abbiamo cominciato a promuovere.



Ufficio del Sindaco                                                                                                                            Gavin Newsom

Città e Contea di San Francisco

 

 All’ Onorevole Gianni Alemanno

Sindaco Di Roma

Piazza del Campidoglio

186      Roma

Italia

 

Caro Signor Sindaco,

 

le città sono diventate il centro della popolazione globale. Il 2008 è stato l’anno in cui, per  la prima volta nella storia, si è constatato che   la maggioranza della popolazione mondiale vive  nelle città. Entro il 2050, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, 6.9 miliardi di persone - ovvero tre quarti della popolazione mondiale - vivrà nelle aree urbane.   Questa concentrazione della popolazione ha posto ormai le città  in prima linea nel dover affrontare grandi sfide ambientali come l’ inquinamento, i rifiuti e il cambiamento climatico.

Nel prendere atto dell’importanza e del valore crescente delle città che devono affrontare queste sfide, desidererei invitarLa a San Francisco,   Signor Sindaco, in modo da poter avere con Lei uno scambio di idee diretto, in uno spirito di reciproca utilità  e collaborazione , in merito alle modalità più adeguate con le quali le nostre due città possano lavorare insieme per tutelare e rigenerare l’ ambiente.

Ritengo che ci sia moltissimo che San Francisco può apprendere da Roma. D’ altra parte,  penso che Lei potrebbe essere positivamente impressionato dai risultati da noi ottenuti a San Francisco nell’ affrontare i problemi ambientali che si sono manifestati in maniera particolare negli ultimi anni. Fra le varie strategie messe in campo dalla nostra città,  la politica che ha per obiettivo i Rifiuti Zero potrebbe essere di particolare interesse per Lei.

 Gli abitanti di San Francisco immaginano un mondo in cui niente andrà più alle discariche o agli inceneritori. In questo contesto, stiamo facendo assolutamente tutto il possibile perché  ciò avvenga nel settore urbano residenziale, in quello commerciale e negli edifici pubblici. Già attualmente, San Francisco recupera il 72 per cento dei materiali post consumo, portando la città progressivamente sempre più vicina al suo duplice obiettivo, vale a dire:  il  75 per cento dei rifiuti tolti alle discariche entro quest’ anno e  il raggiungimento completo dei rifiuti  zero  entro il 2020.

Mentre progrediamo verso  nostri obiettivi della politica Rifiuti Zero, sentiamo anche il bisogno di guardare alle migliori pratiche di altre città : ciò  al fine di realizzare la massima efficienza nell’ uso delle risorse ed uno sviluppo economico sostenibile per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti ed i programmi di sviluppo dell’ energia, della  qualità dell’ aria e dell’ acqua.

Spero veramente molto  che Le  sarà possibile accettare questo invito di visitare San Francisco, dove io ed i membri della mia Giunta La accoglierebbero con grandissimo piacere.

 

Sinceramente,

Gavin Newsom

Sindaco


martedì 2 febbraio 2010

Conflitti di Interesse

Il professor Veronesi non finisce di stupire e bisogna riconoscere che è un efficace comunicatore, in grado di bucare sempre la notizia che gli interessa.

Segue la sua ultima uscita, come è comparsa sulla stampa , e un mio commentoVeronesi: il cibo causa più tumori dello smog

«L'inquinamento atmosferico non è rilevante per i tumori: sotto questo profilo, è molto più rischiosa l'alimentazione».

La clamorosa affermazione è stata rilasciata da Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia, durante un convegno sulla comunicazione ambientale organizzato dal ministero dell'Ambiente.

«Gli alimenti, soprattutto di origine animale, sono spesso portatori di sostanze cancerogene», ha affermato Veronesi. «Considerando che il 30% dei tumori è legato all'alimentazione, mangiare poco è la prima difesa contro il cancro». «L'inquinamento atmosferico è invece meno importante», ha aggiunto l'oncologo,«perchè gli elementi cancerogeni sono pochi».

Veronesi ha poi presentato un'indagine che dimostra come il 70% delle farine di mais utilizzate per la polenta contengano sostanze cancerogene naturali, le aflatossine, in quantità 4-5 volte superiori alla norma.

Risultati allarmanti anche dalle indagini sul latte: su alcuni dei campioni esaminati, infatti, si sarebbero riscontrati sforamenti dei livelli di M1, un'altra famiglia di aflatossina.

«Consumare frutta e verdura», avverte  Veronesi, «E'  la miglior difesa contro questi rischi, perchè si tratta di alimenti fortemente protettivi».

Altri fattori di rischio sono poi gli agenti infettivi, responsabili del 18% delle patologie tumorali: le epatiti B e C, pericolose per il fegato, il papilloma virus, per i tumori al collo dell'utero, l'Helicobacter pylori, per i tumori allo stomaco.

L'inquinamento atmosferico, fonte dall'1% al 4% di cancro, a confronto risulta molto meno pericoloso."

Mio Commento:
" Innazitutto, ammirevole il tempismo di questo intervento:  l'uscita di Veronesi è quasi contemporanea con un'iniziativa di Legambiente che denuncia il mancato rispetto degli standard di qualità dell'aria di gran parte del Paese e ricorda le  drammatiche stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sugli effetti sulla salute degli Italiani di quest'inquinamento.

Il messaggio di Veronesi è chiaro: "Niente allarmismi, il vero rischio sono i tumori e la principale causa dei tumori sono i nostri cibi, mentre l'inquinamento dell'aria produce effetti trascurabili".

Cominciamo di qui.

Se anche fosse vero che solo dall' uno al quattro per cento dei tumori sia prodotto dall'inquinamento atmosferico, è altrettanto vero che tutti questi tumori sono evitabili, riducendo l'inquinamento.

Questo evento è proprio quello che si è verificato negli Stati Uniti: nelle località dove l'inquinamento da polveri fini è diminuito, grazie alla chiusura delle attività più inquinanti (acciaierie) e ad un rigoroso rispetto delle norme anti inquinamento,  i tumori, in particolare il tumore polmonare, sono diminuiti ed è aumentata l'aspettativa di vita dei cittadini liberati dall'inquinamento.

E in assoluto, il numero di vite che si possono risparmiare (senza contare le sofferenze dei malati e dei parenti) , garantendo a tutti il rispetto degli standard di qualità dell'aria, non sarebbe affatto trascurabile.

Le previsioni sono che, nel 2010, in Italia si registreranno 400.000  persone colpite da tumore .

Riuscire ad evitarne da 4.000 a 16.000, con serie politiche di riduzioni delle emissioni inquinanti e cancerogene,  non mi sembra cosa da poco.

A confronto, i morti per incidenti stradali, nel 2009,  sono stati 5.371.

Ma perchè Veronesi, rispetto ai rischi oncogeni, derivanti dalla contaminazione alimentare si ostina a parlare solo delle aflatossine?

Perchè, ad esempio, ignora i rischi sanitari derivanti dalla accertata presenza di diossine nel latte materno e vaccino, nella mozzarella di bufala?

Ho dato un'occhiata ai Partner delle Fondazione Veronesi; oltre alle tante aziende  che producono energia, trattano rifiuti, gestiscono la telefonia, in prima fila c'è la Barilla.

Mi sono chiesto se la Barilla avesse gradito questo intervento che mette in discussione la salubrità dei suoi prodotti.

E per un attimo ho avuto dei dubbi, rispetto alle accuse che si fanno a Veronesi sui suoi conflitti di interesse.

Poi una rapida ricerca su internet mi ha svelato l'arcano.

Le ricerche sugli OGM, che Veronesi tanto ama, servono proprio ad eliminare le aflatossine da granturco e granaglie.

Ora è vi è chiaro perchè, secondo Veronesi,  gli Italiani possono continuare a mangiare (e respirare) "tranquillamente" diossine, policiclici aromatici, cadmio, pesticidi clorurati, composti che, per chi non lo sa ancora, sono cancerogeni certi per l'uomo?