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venerdì 21 settembre 2007

Veronesi e il Nucleare

Per lo scienziato Umberto Veronesi l'energia nucleare non inquina, non è pericolosa per la salute e costa poco.
Con queste assunzioni, nel suo editoriale, pubblicato oggi su La Repubblica per l'apertura dei lavori di "The energy challange" ( Venezia 19-22 settembre), Veronesi afferma che in tema di scelte energetiche, politica e mercato non possono più ignorare la voce degli scienziati.
Allo scienziato Veronesi è arrivata la notizia che le stime sulle riserve mondiali di Uranio vanno da 59 anni (agli attuali consumi) a 19 anni, se tutto il mondo consumasse al ritmo pari a metà degli attuali consumi USA?
E' a conoscenza del fatto che occorrono dieci anni per realizzare una centrale?
Ha una idea su quali bilanci siano a carico i costi di smantellamento e di stoccaggio dei rifiuti? E' al corrente dell'ammontare di questi costi?
Ha mai effettuato una ricerca bibliografica sull'incidenza di tumori nelle popolazioni che abitano intorno alle centrali nucleari statunitensi prima e dopo la loro dismissione?
Insomma, lo scienziato Veronesi è a conoscenza del fatto che l'energia nucleare (ma anche il solare, l'eolico , le biomasse, la geotermia) non può garantire nessun futuro alla specie umana se questa si ostina a non mettere in discussione il modello di sviluppo e di consumo capitalistico?

Postato da: federico46 a 19:35 | link | commenti (2)
ambiente e società


Commenti:
#1  21 Settembre 2007 - 19:35
 
Credo che lo scenziato Veronesi, in tema di energia, farebbe bene a lasciar parlare gli altri.
Ciao.
Alfredo Sadori
utente anonimo
#2  22 Settembre 2007 - 19:59
 
La stima di 59 anni, peraltro riportata anche da Ugo Bardi di Aspo Italia, è poi tanto verosimile ? Premesso come sia evidente, seguendo il prezzo dell'uranio, che questo stia crescendo in maniera pressochè esponenziale (e quindi a breve renderà il ricorso al nucleare economicamente non conveniente) ritengo sia un errore per lo meno non investire pesantemente sulla ricerca scientifica in materia. Tecnologie come i reattori a neutroni veloci (fast breeder) in grado ri utilizzare come carburante fino all'80% di ciò che oggi è considerato scarto radioattivo, potrebbero allungare considerevolmente la vita massima dello sfruttamento di questa fonte di energia. Pur tuttavia non si può negare come i costi di costruzione e soprattutto di decommissioning di tali centrali siano enormo, e per l'italia, malgrado se ne parli, è comunque tardi. INvestire sul risparmio energetico, le fonti rinnovabili e applicare principi di decrescita mi sembrano le uniche strategie che possono avere un senso.
utente anonimo

domenica 16 settembre 2007

Notte Bianca No Waste

Tutti i genovesi si sono riversati nel centro antico di Genova durante la Notte Bianca.
Una folla allegra, multicolore e plurietà ha riempito piazzette, carruggi, strade finalmente liberate da auto e moto.
Lunghe file composte per un panino e per lo spettacolo di Marcorè al Museo del Mare.
In tutta questa gioiosa confusione il nostro premio NO-WASTE va all'iniziativa "Calici sotto le stelle", organizzata in piazzetta Chighizola, dalla Unione Operatori economici di Via Luccoli.
Per degustare ottimi vini di produzione italiana bastava acquistare (5 euro) un elegante bicchiere in vetro, confezionato in un sacchetto di carta riciclata, che al termine delle libagioni è stato portato a casa come ricordo dell'evento.
Le tante bottiglie stappate per l'occasione erano ovviamente in vetro e sono state tenute separate per il loro riciclo.
Complimenti agli organizzatori e l'auspicio che il loro esempio di "Evento a rifiuti zero" abbia un seguito.

martedì 11 settembre 2007

Notizie dalla Svezia

Dalla Svezia vengono interessanti notizie che meritano alcuni "post" dedicati.

La prima notizia (e il primo Post svedese) è relativa ai risultati di uno studio a firma di Ola Eriksson (Dipartimento di Tecnologia e dell'Ambiente Costruito, Università di Gavle, Svezia)  pubblicato nel 2007 su Energy Policy  ( Energy Policy, 35 (2007) 1346-1362).

Il titolo dello studio è:

"Valutazione del ciclo di vita dei combustibili usati per il teleriscaldamento: confronto tra incenerimento rifiuti e combustione di biomasse e gas naturale" (Life cycle assessment of fuels for district heating: a comparison of waste incineration, biomass and natural gas combustion).

In questo studio sono state confrontate le emissioni inquinanti, le emissioni di gas serra, i costi delle diverse opzioni per il teleriscaldamento, ovvero il riscaldamento di interi quartieri tramite una rete di distribuzione di acqua calda prodotta utilizzando il calore  "di scarto" derivante da un impianto a combustione per la produzione di elettricità.

Fatta la premessa che in Svezia il teleriscaldamento di quartiere è una pratica diffusa e che il 28% dell'energia utilizzata a questo scopo deriva dall'uso di biomasse (scarti lavorazione del legno) e l'11%  dalla "termovalorizzazione"  dei rifiuti, (nell'articolo si usa il più corretto termine "waste incineration") risultano ancora più interessanti le conclusioni di questo studio, che riporto alla lettera.

"I risultati indicano che la combustione di biomasse in un impianto per la produzione combinata di elettricità e calore, dal punto di vista ambientale risulta una scelta favorevole, con riferimento alla fonte di produzione della elettricità evitata (con questa scelta n.d.r.) e al tipo di gestione dei rifiuti utilizzato per il confronto.

L'incenerimento dei rifiuti è spesso (ma non sempre) la migliore scelta quando l'incenerimento sostituisce la discarica.

Tuttavia l'incenerimento dei rifiuti non è mai la migliore scelta (e spesso è la peggiore) quando l'incenerimento sostituisce il riciclo.

Un impianto per la produzione di elettricità e calore, alimentato con gas naturale (metano n.d.r.) è una alternativa interessante quando l'elettricità sostituita è prodotta con combustibili fossili.

Tuttavia, se l'elettricità sostituita è principalmente basata su fonti non-fossili, l'uso del gas naturale ha prestazioni peggiori rispetto a quello dell'uso di biomasse."

Insomma, anche gli Svedesi, spesso portati ad esempio per il loro massiccio ricorso ( 45%)all'incenerimento dei rifiuti, quando fanno i conti giusti si accorgono che il riciclo è da preferire all'incenerimento con recupero energetico.

Rispetto all'uso del metano per il teleriscaldamento di quartiere, questa scelta risulterebbe non vantaggiosa in Svezia, dove l'uso di fonti energetiche fossili è molto limitato in quanto prevale l'idroelettrico, le biomasse ed una quota residuale di nucleare, dopo il bando dell' energia nucleare deciso dalla Svezia nel 1989.

Nettamente diversa la situazione italiana.

Nel nostro Paese l'elettricità è prevalentemente prodotta  con combustibili fossili e la nostra produzione forestale è una frazione di quella Svedese.

In base ai risultati del lavoro di Erikssson, l'Italia ha tutta la convenienza a favorire l'uso del metano quale combustibile di elezione per una progressiva penetrazione del teleriscaldamento nelle nostre città, a partire dai quartieri dove per il riscaldamento domestico,  si usa ancora olio combustibile, se non addirittura il carbone.



sabato 8 settembre 2007

Arrivano i Bancolat

I distributori di latte crudo alla spina sono agli onori delle cronache di questi giorni.

Il motivo è che, come al solito, gli Italiani rientrati dalle ferie trovano aumenti generalizzati di tutti i beni di prima necessità (latte, pane...); invece per un pò di Italiani fortunati c'è la novità di poter acquistare latte crudo alla spina, ad un prezzo nettamente inferiore a quello del latte "industriale".

Tutto merito della filiera corta ( dalla stalla al consumatore) realizzata da alcuni impreditori agricoli che hanno accettato la sfida dell'innovazione nella tradizione.

Per chi vuol saperne di più ed in particolare avere gli indirizzi dei distributori di latte crudo ecco le pagine web da consultare:
http://www.bevilatte.it
http://www.lattecrudoinliguria.com

A me preme rilevare che questa è una delle prime esperienze italiane di una diversa distribuzione che permette una significativa riduzione della produzione dei propri rifiuti.

Infatti il latte alla spina si può prendere con una propria bottiglia da riusare tutte le volte, dopo averla ben sciacquata ed asciugata. Personalmente suggerisco che la bottiglia sia in vetro (se necessario, si può sterilizzare al vapore) e con tappo a vite (per evitare di perdere latte durante il trasporto, come mi è successo la prima volta che ho sperimentato il BancoLat).

Se avete la fortuna di poter consumare latte crudo alla spina, oltre al piacere di riscoprire sapori dimenticati, avrete la possibilità di produrre meno rifiuti e contribuire efficacemente alla riduzione della emissione dei gas serra.

In base ai miei consumi di latte, ogni anno, con il BancoLat, potrei risparmiare 180 bottiglie di PET ( attuale sistema di distribuzione del latte a Genova). Sono circa cinque chili e mezzo di plastica in meno sottratti alla raccolta, al riciclo e allo smaltimento. Non è poco, in quanto quei cinque chili e mezzo di plastica rappresentano circa il 20% della produzione complessiva di plastica del mio nucleo famigliare, fatto di due persone.

E ai vantaggi ambientale ed energetici il BancoLat aggiunge anche il personale vantaggio economico: passando al latte alla spina, grazie al minor costo, oggi risparmierei 75 euro all'anno, domani con i previsti rincari del latte, risparmierei molto di più!

martedì 4 settembre 2007

Italia Nostra per un nuovo modello di sviluppo

Italia Nostra per un diverso modello di sviluppo
Genova, 1 Settembre 2007

Prima di scrivere queste note ho dato un’occhiata al sito dell’osservatorio astronomico di Mauna Loa, nelle isole Haway (http://www.esrl.noaa.gov/gmd/webdata/ccgg/trends/co2_mm_mlo.dat).
 
A partire dalla fine degli anni ’50, sulla cima di questo vulcano spento, ad oltre 4.000 metri di altezza, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, si misura regolarmente la concentrazione di anidride carbonica del Pianeta Terra.
 
Nel Luglio del 2007 (ultima data ad oggi disponibile) gli strumenti registravano 384 parti per milione (ppm) di anidride carbonica.
 
Nel 1977, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera del Pianeta era a 333 ppm.

In quello stesso anno, Italia Nostra, pubblicava un libricino intitolato “Alla Ricerca di una Società Neotecnica. Boschi e Biomasse-Energia e Territorio”, a cura di Fulco Pratesi e Andrea Todisco, con prefazione di Giorgio Nebbia,

Sono passati quattro anni dalla crisi energetica del 1973 e questo documento di Italia Nostra è una risposta, tra le tante di questa associazione, alle scelte governative di allora, che volevano superare la crisi petrolifera con la realizzazione di centrali nucleari.

Una risposta, come è costume di Italia Nostra, organica e documentata per cercare di far cambiare rotta al paese per privilegiare la tutela del proprio patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale.

Purtroppo i risultati di questi sforzi sono assolutamente deludenti, nonostante fin da allora fossimo in molti a capire che senza cambiamento nei modi di consumare e produrre, non ci sarebbe stato futuro.

Nella sua introduzione, Giorgio Nebbia faceva notare che se non si mettevano in discussione i modelli di sviluppo e di consumi allora in auge, l’Italia, se fossimo stati costretti a rinunciare al petrolio, avrebbe dovuto costruire tre centrali da 1.000 megawatt ogni anno!

Sappiamo come è andata a finire quella storia e come i modelli di sviluppo nostrani non hanno mostrato alcun segno di cambiamento.
La crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) continua ad essere la preoccupazione dei nostri governanti, sia di quelli di destra che di centro-sinistra, ma le conseguenze della crescita continua dei consumi sul paesaggio, sull’ambiente, sulla salute sono costantemente ignorate.

Sono passati 30 anni da quel libricino e in Italia (e a Genova) si continua a parlare della necessità di promuovere l’efficienza energetica, le fonti energetiche rinnovabili, l’educazione ambientale, senza che sia cambiato sostanzialmente nulla.

E qualcuno, ancora una volta, tira fuori dal cassetto le centrali nucleari ignorando che, con gli attuali consumi energetici, probabilmente finisce prima la disponibilità di uranio (le stime ufficiali parlano di 35 anni) che quella di petrolio e carbone.

L’unica cosa che è cambiata è la produzione annuale di anidride carbonica del Paese, che, a forza di chiacchiere, è aumentata, nonostante la sottoscrizione degli Accordi di Kyoto da parte dell’Italia.
Infatti, nel 2004, il nostro Bel Paese ha immesso nell’atmosfera il 13% in più di anidride carbonica, rispetto ai valori del 1990 e, non avendo onorato gli accordi, dovrà pagare pesanti penali.

Oggi, dopo l’estate torrida del 2003, con l’ecatombe di vecchietti  (con un aumento della loro mortalità del 19%) e il non-inverno del 2006-2007 che ha rovinato le settimane bianche dei tanti amanti dello sci, gli Italiani, cominciano a capire che c’è qualcosa che non va.

Dal dibattito in corso tra le forze politiche, temiamo che i nostri eletti non abbiano ancora capito.

Quel qualcosa che non va sono le 384 parti per milione di gas serra misurati a Luglio di quest’anno a Manua Loa, il valore più alto negli ultimi 600.000 anni di storia del pianeta, come ci dicono le misure dell’anidride carbonica imprigionata nei ghiacci del polo che qui, con la neve, si sono stratificati, anno dopo anno, fin da epoche remote in cui il Pianeta non era ancora calpestato dai piedi dell’Homo Sapiens Sapiens (la specie a cui tutta l’attuale umanità appartiene) che sarebbe uscito alla ribalta della storia con l’ultima grande glaciazione, circa 100.000 anni or sono.

Nel numero del 1 Settembre  di La Repubblica delle Donne, Aitav Gosh, scrittore ed antropologo scrive:

E’ per questo che gli intellettuali della mia generazione saranno giudicati: per come hanno affrontato la questione del riscaldamento globale. E’ una certezza che mi pesa addosso come un macigno, ma è anche il frutto di colpe e responsabilità che vanno addebitate direttamente agli uomini e alle donne del mio tempo”.
 
Nessuno può dire “Non sapevamo!”

Risale al 1972 la pubblicazione de “I Limiti dello Sviluppo” a cura di Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma ed è del marzo 1978 l’articolo di G.M. Woodwell su “Il problema dell’anidride carbonica”, pubblicato da Le Scienze, in cui si afferma che

Il consumo di combustibili fossili e la distruzione delle foreste hanno determinato un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, il quale potrebbe portare a profondi modificazioni climatiche”.

Dopo trenta anni, per il 90% degli esperti in climatologia che hanno partecipato alla Conferenza di Parigi (febbraio del 2007), quel condizionale (potrebbe portare) è diventato un indicativo presente (porta).

In questi trenta anni, uomini e donne di Italia Nostra non sono stati a guardare e ad occuparsi d’altro. E sulle loro spalle non grava alcuna responsabilità, se non quella di non essere riusciti a smuovere le inerzie della politica locale e nazionale per realizzare le nuove scelte, le uniche  in grado di darci un futuro

Quello che segue è un breve elenco delle cose fatte  dalla sezione genovese di Italia Nostra a favore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico.
  1.  Novembre 1979. Proposta di Legge Regionale di iniziativa popolare: risparmio energetico ed utilizzo delle fonti rinnovabili di energia.
    Italia Nostra, Associazione Radicale Ecologica, Amici della Terra, WWF presentano alla Regione Liguria 6000 firme a sostegno di questa che è stata la prima (e l’ultima?) proposta di Legge Regionale di iniziativa popolare.
  2. Marzo 1984. Promosso dal Comune di Genova, Ufficio Energie Alternative e a cura di Italia Nostra, Sezione di Genova, viene pubblicato il volume “Utilizzazione di fonti di energia rinnovabile nel territorio del Comune di Genova.”
  3. 1990. Nelle scuole medie liguri si realizza il progetto “L’Energia in Valigia”, progetto di educazione al risparmio energetico a cura di Italia Nostra, con il patrocinio della Regione Liguria.
  4. 1998. Avvio dei corsi di Compostaggio Domestico rivolto ad un pubblico adulto.
  5. 2000. Stampa della prima edizione del “Corso di Compostaggio domestico: come trasformare gli scarti verdi di casa in terriccio profumato di bosco.
  6. 2003-2004. Corsi regionali di compostaggio domestico “Compostiamoci Bene”, promosso da Italia Nostra, con il patrocinio della Regione Liguria e la partecipazione del Centro Regionale di Educazione Ambientale. Terza ristampa del manuale per complessive 5.500 copie.

  7. 2005-2007. Realizzazione del progetto Nazionale “Cittadini In Rete per il Riciclo” per promuovere la raccolta differenziata e il riciclaggio dei materiali post consumo.

    E’ doveroso, a futura memoria, qualche commento a queste iniziative, anche perché a molti piace ancora emarginarci come quelli del “partito del No”.
1) Nei fatti, la classe politica Ligure (Regione Liguria) ha mostrato  fastidio e diffidenza per la nostra   proposta di iniziativa popolare che prevedeva:

  1. programmi regionali per l’impiego e l’incentivazione nell’uso di fonti energetiche rinnovabili
  2. elaborazione di mappe atte a meglio individuare le risorse rinnovabili in Liguria
  3. promozioni ed iniziative di divulgazione ed informazione
  4. istituzione di corsi professionali.
La discussione della Proposta è stata rinviata più volte con mille scuse e alla fine non se ne è fatto nulla. Ma la classe politica di allora è riuscita anche a far di peggio.Visto che quelli erano gli anni in cui Genova avrebbe dovuto diventare la capitale italiana del nucleare, alcuni assessori regionali, con una collaudata (e sempre viva) capacità di sfruttare la flessibilità della lingua italiana, tra le fonti energetiche “alternative” da promuovere con danaro pubblico cercano di inserire anche il nucleare!

2) Letto a distanza di oltre 20 anni, il libretto sulla utilizzazione di fonti di energie rinnovabili nel Comune di Genova è ancora oggi fonte di utili consigli, ovviamente rimasti lettera morta nelle scelte quotidiane delle tante amministrazioni comunali, che nel tempo si sono succedute.
L'unica pagina che l’autore (il sottoscritto) rifarebbe di sana pianta è quella relativa al recupero energetico dei rifiuti tramite termovalorizzazione che in quelle pagine era stato preso in considerazione in quanto allora alla Volpara (Staglieno) era in funzione uno dei primi termovalorizzatori dei rifiuti operanti in Italia.Qualche anno dopo, l’impianto venne spento e successivamente smantellato.
All’opinione pubblica non fu dato sapere i motivi di questa scelta, si dice per gravi problemi di inquinamento.
A mia scusante c’è da segnalare che nel frattempo è diventato chiaro, per lo meno a chi scrive, che il migliore sistema per risparmiare energia con i rifiuti e per ridurre le emissioni di gas serra è quello di riciclarli e che i sistemi di raccolta “porta a porta” garantiscono risultati di raccolta differenziata di qualità superiori al 70%, valori ritenuti impossibili negli anni ’80 , anni in cui anche le tecniche di trattamento a freddo, di tipo meccanico biologico, della frazione residuale al riciclaggio, erano ignote ai più.

3) Grazie al progetto “Energia in Valigia” alcune migliaia di ragazzini e ragazzine su tutto il territorio Ligure si sono confrontati con i principi fisici della propagazione e la conservazione del calore, effettuando esperimenti in classe.
E’ da sperare che oggi, diventati maggiorenni, se ne ricordino, quando mettono su casa.
Chi è interessato a visionare il Manuale di Istruzione per gli insegnanti e le Schede per lo svolgimento degli esperimenti a cura degli alunni, può fare richiesta di una copia (fino ad esaurimento) alla Sezione Genovese di Italia Nostra , piazze Fontane Marose 6/4 , e-mail: italianostra.genova@libero .it.

4) l corso di compostaggio domestico per adulti è stato un successo, a cui quasi nessun pubblico amministratore aveva creduto, al suo nascere.

Dopo quattro anni dal suo avvio, Italia Nostra può dirsi orgogliosa delle 3.000 famiglie che hanno partecipato attivamente ai suoi corsi, delle migliaia di compostiere che direttamente e indirettamente (passa-parola dei corsisti) ha contribuito a realizzare, dei diversi centri dimostrativi di compostaggio domestico che ha attivato presso i Centri di Educazione Ambientale Regionali (anche se oggi, temiamo che molti siano stati lasciati all’abbandono), delle normative a favore del compostaggio domestico inserite nel regolamento di igiene urbana del Comune di Genova.
Ancora oggi, fiduciosi, nonostante tutto, restiamo in attesa che i Comuni Liguri, a cominciare da Genova, premino economicamente i compostatori domestici liguri con generosi e giusti sconti sulla Tariffa /Tassa rifiuti, come si fa in decine di altri comuni italiani a fronte di una semplice autocertificazione.
Chi vuole ricevere per posta elettronica copia  in pdf del Corso di Compostaggio Domestico (circa 400 kb) per cimentarsi nell’arte del riciclo naturale, realizzabile anche sul balcone di casa, ne può far richiesta alla Sezione di Genova: italianostra.genova@libero .it.

L’ultima impresa di Italia Nostra, in ordine di tempo, è la realizzazione del progetto “Cittadini in Rete per il Riciclo”.
Per quattro mesi consecutivi 109 famiglie Italiane hanno pesato quanto vetro, carta, metalli, plastica, umido… riescono a separare dai loro scarti.
I risultati sono estremamente interessanti e saranno resi pubblici a livello nazionale e locale, nei prossimi mesi.
Diamo un breve anticipo ai nostri quattro lettori:
  • La vera produzione pro-capite di materiali post consumo da parte delle famiglie italiane è nettamente inferiore ai valori medi ufficiali in cui, senza che nessuno lo spieghi, sono compresi anche i rifiuti speciali prodotti dalle aziende ed assimilati a rifiuti urbani dai Comuni in cerca di nuove entrate.

    La capacità di differenziazione di una famiglia italiana, adeguatamente motivata, supera facilmente il 60%.
  • Non esiste nessuna correlazione tra produzione famigliare di materiali post consumo e superficie della propria abitazione, parametro che tutti i comuni , compreso quello di Genova, utilizzano per calcolare la Tariffa di Igiene Urbana da addebitare alle famiglie. E questo suggerisce il passaggio obbligatorio ( come la Legge prevede) alla Tariffazione puntuale, in modo che ogni famiglia paghi in proporzione alla quantità di scarti indifferenziati effettivamente prodotti, misura resa possibile dai sistemi di raccolta “porta a porta”.
Anche in questo caso chi è interessato a saperne di più, può chiedere copia elettronica dei risultati dell’indagine alla Sezione di Genova (spazio occupato circa un Mega bite)
Ci auguriamo che tra i richiedenti ci siamo molti dei nostri attuali eletti, desiderosi di sapere come si può fare per risolvere il problema rifiuti, facendo pagare meno ai propri elettori, minimizzando l’impatto ambientale e contribuendo anche in questo modo, con il  riciclaggio e compostaggio dei materiali post consumo prodotti dalla famiglie, a ridurre le emissioni di gas serra che, purtroppo, dal momento in cui scrivo questa nota (1 settembre 2007) e il momento in cui la leggerete sono certamente aumentate, come potrete vedere andando a consultare il sito dell’osservatorio di Manua Loa, il cui indirizzo web è riportato nelle prime righe di questa nota.
Ma per non scoraggiarci,  mi piace concludere con questo aforisma, tratto dalla prefazione del Corso di Compostaggio Domestico di Italia Nostra e attribuito ad un anonimo della fine del 2° millennio:
 “TANTE PICCOLE AZIONI
POSSONO CREARE O RISOLVERE
GRANDI PROBLEMI”
Federico Valerio
Presidente Italia Nostra
Sezione di Genova

lunedì 3 settembre 2007

Lettera Aperta a Bertolaso

Ho il forte dubbio che Bertolaso, con i pieni poteri che gli erano stati conferiti non avesse altre soluzioni, che realizzare manu militari discariche in tutta la Campania.



Provo ad ipotizzare un percorso alternativo, in sintonia con quanto elaborato dagli amici delle Assise di Napoli.

La loro riflessione, che condivido, è che i rischi sanitari attribuibili all'emergenza rifiuti campani sono riconducibili alla presenza di scarti organici putrescibili, particolarmente abbondanti negli scarti alimentari dei campani.



Oggi in Campania, ogni anno sono prodotti 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui 880.000 tonnellate sono costituite da umido putrescibile (in prevalenza scarti di cibo).



In Campania la raccolta differenziata è ferma al 10% . Il resto, quando è raccolto, dopo essere stato trititurato e setacciato in quelli che dovevano essere impianti di bioessiccazione, diventano eco-balle, accatastate per essere incenerite nei futuri inceneritori e come tali valgono oro quanto pesano.



Bertolaso, con la sua scelta di aprire nuove discariche con l'aiuto dell'esercito, ha cercato di superare l'emergenza estiva per arrivare all'avvio dell' inceneritore di Acerra, previsto a settembre.



Riteniamo che sarebbe stato più opportuno, negli interessi dei contribuenti e cittadini campani, avviare scelte più virtuose.



Lo stesso Bertolaso poteva imporre a tutti i Comuni della Campania ordinanze per promuovere obbligatoriamente il compostaggio domestico.

In questo modo, in pochi mesi, quantitativi importanti di scarti putrescibili possono essere sottratti al ritiro e allo smaltimento.

Questa scelta è particolarmente efficace in Campania in quanto, le famiglie sono numerose (media tre componenti), si pranza frequentemente in famiglia, si consumano più verdure e quindi si producono più scarti compostabili. Inoltre sia nella periferia di Napoli e ancor più nel resto della regione, le case hanno a disposizione orti e giardini e in generale il compostaggio è in sintonia con la cultura contadina del popolo campano non ancora del tutto dimenticata.

Se il 20% delle 1,8 milioni di famiglie campane si converte al compostaggio domestico, anche grazie a generosi sconti attivati dai rispettivi Comuni, ogni anno 63.000 tonnellate di umido potrebbero essere rapidamente tolte dalle strade campane.



Bertolaso, avrebbe potuto anche obbligare la ristorazione, i mercati ortofrutticoli, la grande distribuzione, a fare la raccolta differenziata dell'umido da raccogliere con sistemi Porta a Porta, anch'essi resi obbligatori.

In questo modo è ragionevole pensare si possa, nel giro di alcuni mesi, intercettare il 50% della produzione industriale di umido pari a 220.000 tonnellate/anno.

Questi quantitativi sarebbero compatibili con la capacità di trattamento dei dieci impianti di compostaggio programmati per la Campania.

Bertolaso avrebbe potuto chiedere di accelerare la loro realizzazione e nelle more aveva due soluzioni: obbligare gli impianti di compostaggio di altre regioni ad accettare l'umido raccolto in modo differenziato e realizzare con procedure semplificate, in ogni comune campano impianti di compostaggio in tunnel. Questo tipo di impianto è una variante del sistema di compostaggio a cumulo a cielo aperto, ma con maggiori garanzie ambientali e maggiore efficenza del trattamento, grazie all'insufflazione di aria.

I vantaggi sono i tempi ridotti di installazione, la possibilità di realizzare piccoli impianti nella prossimità dei luoghi di utilizzo del compost, un efficace controllo di emissioni maleodoranti.

Per garantire l'accettabilità di questi impianti Bertolaso poteva farsi garante del fatto che ogni impianto avrebbe trattato solo gli scarti dei residenti dei reciproci comuni.

Una ulteriore garanzia per una corretta gestione degli impianti poteva essere data coinvolgendo nella loro gestione le locali aziende agricole che avrebbero utilizzare gratuitamente il compost prodotto.

Un'altra iniziativa che Bertolaso avrebbe potuto attivare poteva essere quella di aumentare la raccolta differenziata finalizzata al riciclo.



Per raggiungere almeno il 30% di raccolta differenziata avrebbe potuto essere vincente la scelta di obbligare la grande distribuzione campana a fare raccolta differenziata dei propri imballaggi e di mettere a disposizione dei clienti, all'uscita, opportuni contenitori dove i clienti stessi possono riporre gli imballaggi di terzo livello delle merci da loro acquistate, tanto per capirci tutti gli imballaggi che servono solo a far pubblicità al prodotto e a tener insieme più confezioni.



Un altro obbligo che Bertolaso avrebbe potuto imporre alla grande distribuzione, poteva essere quello di mettere all'ingresso un banchetto dove i clienti possono conferire gli imballaggi utilizzati ( bottiglie di plastica, lattine, cartoni..) portati direttamente da casa.

Al banchetto potrebbe esserci un ex disoccupato che pesa gli scarti ed aziona una di quelle bilance usate nei supermercati per auto-stimare il costo della frutta acquistata, in questo caso, attrezzata per valutare il prezzo dei materiali conferiti in base al peso e ai corrispondenti contributi del Consorzio Nazionale imballaggi.

Il bollino erogato dalla bilancia con il valore degli scarti conferiti viene dato al cliente il quale potrà scalare l'ammontare dalla nuova spesa. Un modo per fare tutti contenti e che potrebbe incentivare la raccolta di lattine in giro per la città, visto il loro elevato valore.



Un'altra idea che potevamo suggerire a Bertolaso è quello di concordare con gli edicolanti campani la possibilità che presso il loro chiosco, quando si va a comprare il giornale, si possa conferire, in un opportuno contenitore, il quotidiano del giorno prima che sarà ritirato giornalmente dagli operatori ecologici o da una cooperativa. Un servizio a favore dei clienti che toglie loro il fastidio di tenere i giornali usati a casa.

Se, in questo modo si riescono a raggiungere gli obiettivi minimi previsti, dall'attuale emergenza rifiuti campana si sarebbero potuto sottrarre 900.000 tonnellate di rifiuti, avviati alla raccolta differenziata, 63.000 tonnellate grazie al compostaggio domestico, 220.000 tonnellate di umido e di scarti verdi da avviare al compostaggio industriale.

Resterebbero 1,7 milioni di tonnellate di scarti indifferenziati.

A questo punto Bertolaso aveva due scelte, entrambe praticabili.

La prima scelta era quella di imporre il trattamento degli scarti indifferenziati presso impianti per il trattamento meccanico biologico di scarti indifferenziati operanti fuori regione e che complessivamente hanno una capacità di trattamento non utilizzata di oltre 3 milioni di tonnellate all'anno.

Poichè nessuno vuole trattare i rifiuti che vengono dalla Campania, temendo infiltrazioni camorristiche nella qualità dei rifiuti stessi, Bertolaso poteva garantire la qualità di questi scarti, ricorrendo al trasporto con mezzi e personale dell'esercito.



La seconda soluzione era quella di sequestrare gli impianti MBT realizzati in Campania dalla FIBE ed affidarli alla conduzione di personale più qualificato con l'obiettivo di raggiungere il massimo livello di biostabilizzazione e di riduzione di massa.

Gli impianti MBT ossidano biologicamente la frazione più biodegradabile dei rifiuti e pertanto eliminano per sempre i rischi sanitari degli scarti putrescibili, rischi che invece sono destinati a protrarsi negli anni se si utilizza la discarica.



Ricordiamo che gli impianti MBT realizzati in Campania sono stati autorizzati per trattare 3 milioni di tonnellate di scarti indifferenziati all'anno.