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lunedì 31 gennaio 2011

Centrale a Fusione sul Tetto

Avere sul tetto di casa l'impianto di ricezione dell'energia di una centrale a fusione  nucleare, con trasmissione a distanza tramite onde elettromagnetiche,  è possibile e a Genova, un impianto di questo tipo, con una potenza di 350 chilowatt, lo sta realizzando la COOP su di una nuova casa in costruzione.

La Ditta che produce il sistema di ricezione a concentrazione è italiana e il video della sua presentazione è molto bello e a me piace particolarmente in quanto è la realizzazione del nostro modellino di forno solare che come CRIPE (Coordinamento Ricerca e Informazione sui Problemi Energetici), realizzammo negli anni '70 ( vedere nel multimedia di questo blog).

Confermo  che è vero che il Sole è un'immensa centrale a fusione nucleare e che l'energia prodotta dalla fusione è trasmessa fino a noi con un ingegnoso sistema "wireless" basato su onde elettromagnetiche, la Luce.

Per gli scettici, informiamo che l'impianto solare, abbinato a pompe di calore e ad un generatore elettrico, può produrre acqua calda per uso sanitario e riscaldamento, frigorie per il rinfrescamento estivo e, nei periodi di maggiore insolazione, energia elettrica. Infine un sistema di accumulo di calore, garantisce una erogazione costante di energia anche nei passaggi di nuvole e per alcune ore serali e notturne..

Vetro al Bando

Mi è stata segnalata questa nota, comparsa recentemente sulla rivista della Coop,  che promuove come ecologici gli imballaggi tetrapack e boccia , come clima-alteranti, gli imballaggi in vetro.

Segue il mio commento.



Coop, novità anche sugli imballaggi

di redazione - 14 Gennaio 2010 -



La strategia di Coop sull’ambiente si snoda lungo due direttrici strategiche: la riduzione a monte del consumo di risorse (materiale, energia) e quindi la riduzione di C0²; e la riduzione a valle della produzione di rifiuti.

tetrarecart.jpg



In questo contesto il quesito su cui Coop sta lavorando e` se il vetro sia (ancora) il sistema di imballaggio piu` “ecologico”. Per rispondere a questa domanda, Coop ha deciso di studiare gli impatti ambientali di alcuni prodotti in vetro quali i succhi di frutta e i sughi pronti, in modo da confrontare tra le varie fasi produttive, anche l’utilizzo dei tradizionali contenitori in vetro con quelli, piu` moderni, costituiti da poliaccoppiati a base di cartoncino, ovvero materiali differenti (ad esempio carta e plastica) con differenti funzioni, accoppiati tra loro.



Lo studio e` stato condotto con la metodologia dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment) che permette di quantificare gli impatti di tutte le fasi di un tipo di imballaggio: la produzione, il trasporto e lo smaltimento. I risultati dimostrano che, per questi prodotti, uno degli aspetti ambientali piu` significativi, la CO2, i poliaccoppiati permettono una cospicua riduzione delle emissioni complessive. Questo e` dovuto a due aspetti: da un lato i consumi energetici nella produzione del vetro, per la quale e` necessario raggiungere altissime temperature nei forni di fusione, dall’altro la massa dei contenitori che rendono molto piu` onerosa anche la fase di trasporto.



Ad esempio un vasetto in vetro di sugo da 400 g pesa circa 250 g contro i 18 g della stessa confezione in Tetra Recart, il che significa che per trasportare un camion di sughi col vetro si trasportano 25 quintali di imballaggio nell’altro 10 volte di meno. Nel passato, lo smaltimento “incerto” dei poliaccoppiati costituiva un punto di attenzione soprattutto se paragonato con filiera di riciclo del vetro, molto piu` consolidata.



Ad oggi, invece, e` importante osservare come molte municipalizzate abbiano migliorato la gestione dei poliaccoppiati avviando sistemi di raccolta specifica finalizzate al recupero attraverso la filiera della carta da macero. Per i succhi di frutta ed i sughi pronti a marchio Coop, il passaggio da vetro a poliaccoppiati ha permesso un risparmio di circa 800 t di CO2 annue



Ed ecco il mio commento:

Le Analisi del Ciclo di Vita (LCA) sono un utile strumento per fare scelte complesse come quella di decidere se, come imballaggio, è preferibile il vetro o materiali poliaccopiati come il tetrapack.

Tuttavia in questi studi occorre impostare correttamente i termini dell'analisi, se si vuole una risposta corretta.

Ad esempio, confrontare le emissioni di anidride carbonica nel ciclo di vita del vetro e dei poliaccoppiati e decidere che è meglio il secondo,  in quanto fa consumare meno energia nel trasporto e richiede meno energia  di quella utilizzata nella produzione del vetro è una analisi troppo limitata e per questo scorretta nelle conclusioni.

Ovviamente è vero che a parità di prodotto confezionato, l'imballaggio in vetro pesa di più e richiede più energia per il trasporto ed è anche possibile che l'energia per fare una bottiglia, partendo da materia prima vergine, sia maggiore di quella che serve per produrre imballaggi in poliaccoppiati.

Ma è sul riuso e il riciclaggio che il vetro è vincente, rispetto ai poliaccoppiati.

Una bottiglia in vetro può essere riusata decine di volte dopo lavaggio e sterilizzazione e questa pratica è impossibile per i poliaccoppiati.

Una LCA corretta avrebbe dovuto mettere a confronto una confezione tetrarecart usa getta  e produci ex novo, con una bottiglia riusata  più volte.

Il riciclaggio del tetrarecart in cui carta, plastica e alluminio sono strettamente uniti a strato, richiede importanti consumi energetici e i prodotti ottenuti sono di bassa qualità e di scarso uso e certamente non si possono usare i materiali recuperati per fare nuovo tetrarecart.

Il vetro invece ha il vantaggio di essere riciclabile numerose volte (si dice, infinite volte) mantenendo sempre  inalterate tutte le sue caratteristiche; inoltre la produzione di imballaggi in vetro, fatta partendo dai rottami di vetro, richiede molto meno energia di quella necessaria per produrre gli stessi contenitori partendo da materie prime vergini.

La LCA commissionata dalla COOP ha tenuto conto di tutto questo?

In particolare ha confrontato i consumi energetici e l'emissione di CO2  di bottiglie in vetro riciclate più volte con i consumi energetici e l'emissione di CO2 di contenitori tetrarecart riciclati una volta sola?

Infine c'è un aspetto che certamente questa LCA non ha valutato, ma che dovrebbe essere di interesse della COOP: la soddisfazione del cliente.

Sarà anche un fattore psicologico, ma latte  e vino di qualità, confezionato nel vetro sembrano più buoni di quelli confezionati con  poliaccoppiati.

E la  maggiore bontà percepita per il vetro è vera, in quanto il vetro è l'imballaggio che garantisce il minor rilascio dei suoi componenti nel prodotto che protegge.

La LCA della COOP ha valutato le possibili modifiche nel tempo della qualità dei prodotti confezionati con i due imballaggi messi a confronto?












Mi è stata segnalata questa nota, comparsa recentemente sulla rivista della Coop,  che promuove come ecologici gli imballaggi tetrapack e boccia , come clima-alteranti, gli imballaggi in vetro.

Segue il mio commento.



Coop, novità anche sugli imballaggi

di redazione - 14 Gennaio 2010 -



La strategia di Coop sull’ambiente si snoda lungo due direttrici strategiche: la riduzione a monte del consumo di risorse (materiale, energia) e quindi la riduzione di C0²; e la riduzione a valle della produzione di rifiuti.

tetrarecart.jpg



In questo contesto il quesito su cui Coop sta lavorando e` se il vetro sia (ancora) il sistema di imballaggio piu` “ecologico”. Per rispondere a questa domanda, Coop ha deciso di studiare gli impatti ambientali di alcuni prodotti in vetro quali i succhi di frutta e i sughi pronti, in modo da confrontare tra le varie fasi produttive, anche l’utilizzo dei tradizionali contenitori in vetro con quelli, piu` moderni, costituiti da poliaccoppiati a base di cartoncino, ovvero materiali differenti (ad esempio carta e plastica) con differenti funzioni, accoppiati tra loro.



Lo studio e` stato condotto con la metodologia dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment) che permette di quantificare gli impatti di tutte le fasi di un tipo di imballaggio: la produzione, il trasporto e lo smaltimento. I risultati dimostrano che, per questi prodotti, uno degli aspetti ambientali piu` significativi, la CO2, i poliaccoppiati permettono una cospicua riduzione delle emissioni complessive. Questo e` dovuto a due aspetti: da un lato i consumi energetici nella produzione del vetro, per la quale e` necessario raggiungere altissime temperature nei forni di fusione, dall’altro la massa dei contenitori che rendono molto piu` onerosa anche la fase di trasporto.



Ad esempio un vasetto in vetro di sugo da 400 g pesa circa 250 g contro i 18 g della stessa confezione in Tetra Recart, il che significa che per trasportare un camion di sughi col vetro si trasportano 25 quintali di imballaggio nell’altro 10 volte di meno. Nel passato, lo smaltimento “incerto” dei poliaccoppiati costituiva un punto di attenzione soprattutto se paragonato con filiera di riciclo del vetro, molto piu` consolidata.



Ad oggi, invece, e` importante osservare come molte municipalizzate abbiano migliorato la gestione dei poliaccoppiati avviando sistemi di raccolta specifica finalizzate al recupero attraverso la filiera della carta da macero. Per i succhi di frutta ed i sughi pronti a marchio Coop, il passaggio da vetro a poliaccoppiati ha permesso un risparmio di circa 800 t di CO2 annue



Ed ecco il mio commento:

Le Analisi del Ciclo di Vita (LCA) sono un utile strumento per fare scelte complesse come quella di decidere se, come imballaggio, è preferibile il vetro o materiali poliaccopiati come il tetrapack.

Tuttavia in questi studi occorre impostare correttamente i termini dell'analisi, se si vuole una risposta corretta.

Ad esempio, confrontare le emissioni di anidride carbonica nel ciclo di vita del vetro e dei poliaccoppiati e decidere che è meglio il secondo,  in quanto fa consumare meno energia nel trasporto e richiede meno energia  di quella utilizzata nella produzione del vetro è una analisi troppo limitata e per questo scorretta nelle conclusioni.

Ovviamente è vero che a parità di prodotto confezionato, l'imballaggio in vetro pesa di più e richiede più energia per il trasporto ed è anche possibile che l'energia per fare una bottiglia, partendo da materia prima vergine, sia maggiore di quella che serve per produrre imballaggi in poliaccoppiati.

Ma è sul riuso e il riciclaggio che il vetro è vincente, rispetto ai poliaccoppiati.

Una bottiglia in vetro può essere riusata decine di volte dopo lavaggio e sterilizzazione e questa pratica è impossibile per i poliaccoppiati.

Una LCA corretta avrebbe dovuto mettere a confronto una confezione tetrarecart usa getta  e produci ex novo, con una bottiglia riusata  più volte.

Il riciclaggio del tetrarecart in cui carta, plastica e alluminio sono strettamente uniti a strato, richiede importanti consumi energetici e i prodotti ottenuti sono di bassa qualità e di scarso uso e certamente non si possono usare i materiali recuperati per fare nuovo tetrarecart.

Il vetro invece ha il vantaggio di essere riciclabile numerose volte (si dice, infinite volte) mantenendo sempre  inalterate tutte le sue caratteristiche; inoltre la produzione di imballaggi in vetro, fatta partendo dai rottami di vetro, richiede molto meno energia di quella necessaria per produrre gli stessi contenitori partendo da materie prime vergini.

La LCA commissionata dalla COOP ha tenuto conto di tutto questo?

In particolare ha confrontato i consumi energetici e l'emissione di CO2  di bottiglie in vetro riciclate più volte con i consumi energetici e l'emissione di CO2 di contenitori tetrarecart riciclati una volta sola?

Infine c'è un aspetto che certamente questa LCA non ha valutato, ma che dovrebbe essere di interesse della COOP: la soddisfazione del cliente.

Sarà anche un fattore psicologico, ma latte  e vino di qualità, confezionato nel vetro sembrano più buoni di quelli confezionati con  poliaccoppiati.

E la  maggiore bontà percepita per il vetro è vera, in quanto il vetro è l'imballaggio che garantisce il minor rilascio dei suoi componenti nel prodotto che protegge.

La LCA della COOP ha valutato le possibili modifiche nel tempo della qualità dei prodotti confezionati con i due imballaggi messi a confronto?












Mi è stata segnalata questa nota, comparsa recentemente sulla rivista della Coop,  che promuove come ecologici gli imballaggi tetrapack e boccia , come clima-alteranti, gli imballaggi in vetro.

Segue il mio commento.



Coop, novità anche sugli imballaggi

di redazione - 14 Gennaio 2010 -



La strategia di Coop sull’ambiente si snoda lungo due direttrici strategiche: la riduzione a monte del consumo di risorse (materiale, energia) e quindi la riduzione di C0²; e la riduzione a valle della produzione di rifiuti.

tetrarecart.jpg



In questo contesto il quesito su cui Coop sta lavorando e` se il vetro sia (ancora) il sistema di imballaggio piu` “ecologico”. Per rispondere a questa domanda, Coop ha deciso di studiare gli impatti ambientali di alcuni prodotti in vetro quali i succhi di frutta e i sughi pronti, in modo da confrontare tra le varie fasi produttive, anche l’utilizzo dei tradizionali contenitori in vetro con quelli, piu` moderni, costituiti da poliaccoppiati a base di cartoncino, ovvero materiali differenti (ad esempio carta e plastica) con differenti funzioni, accoppiati tra loro.



Lo studio e` stato condotto con la metodologia dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment) che permette di quantificare gli impatti di tutte le fasi di un tipo di imballaggio: la produzione, il trasporto e lo smaltimento. I risultati dimostrano che, per questi prodotti, uno degli aspetti ambientali piu` significativi, la CO2, i poliaccoppiati permettono una cospicua riduzione delle emissioni complessive. Questo e` dovuto a due aspetti: da un lato i consumi energetici nella produzione del vetro, per la quale e` necessario raggiungere altissime temperature nei forni di fusione, dall’altro la massa dei contenitori che rendono molto piu` onerosa anche la fase di trasporto.



Ad esempio un vasetto in vetro di sugo da 400 g pesa circa 250 g contro i 18 g della stessa confezione in Tetra Recart, il che significa che per trasportare un camion di sughi col vetro si trasportano 25 quintali di imballaggio nell’altro 10 volte di meno. Nel passato, lo smaltimento “incerto” dei poliaccoppiati costituiva un punto di attenzione soprattutto se paragonato con filiera di riciclo del vetro, molto piu` consolidata.



Ad oggi, invece, e` importante osservare come molte municipalizzate abbiano migliorato la gestione dei poliaccoppiati avviando sistemi di raccolta specifica finalizzate al recupero attraverso la filiera della carta da macero. Per i succhi di frutta ed i sughi pronti a marchio Coop, il passaggio da vetro a poliaccoppiati ha permesso un risparmio di circa 800 t di CO2 annue



Ed ecco il mio commento:

Le Analisi del Ciclo di Vita (LCA) sono un utile strumento per fare scelte complesse come quella di decidere se, come imballaggio, è preferibile il vetro o materiali poliaccopiati come il tetrapack.

Tuttavia in questi studi occorre impostare correttamente i termini dell'analisi, se si vuole una risposta corretta.

Ad esempio, confrontare le emissioni di anidride carbonica nel ciclo di vita del vetro e dei poliaccoppiati e decidere che è meglio il secondo,  in quanto fa consumare meno energia nel trasporto e richiede meno energia  di quella utilizzata nella produzione del vetro è una analisi troppo limitata e per questo scorretta nelle conclusioni.

Ovviamente è vero che a parità di prodotto confezionato, l'imballaggio in vetro pesa di più e richiede più energia per il trasporto ed è anche possibile che l'energia per fare una bottiglia, partendo da materia prima vergine, sia maggiore di quella che serve per produrre imballaggi in poliaccoppiati.

Ma è sul riuso e il riciclaggio che il vetro è vincente, rispetto ai poliaccoppiati.

Una bottiglia in vetro può essere riusata decine di volte dopo lavaggio e sterilizzazione e questa pratica è impossibile per i poliaccoppiati.

Una LCA corretta avrebbe dovuto mettere a confronto una confezione tetrarecart usa getta  e produci ex novo, con una bottiglia riusata  più volte.

Il riciclaggio del tetrarecart in cui carta, plastica e alluminio sono strettamente uniti a strato, richiede importanti consumi energetici e i prodotti ottenuti sono di bassa qualità e di scarso uso e certamente non si possono usare i materiali recuperati per fare nuovo tetrarecart.

Il vetro invece ha il vantaggio di essere riciclabile numerose volte (si dice, infinite volte) mantenendo sempre  inalterate tutte le sue caratteristiche; inoltre la produzione di imballaggi in vetro, fatta partendo dai rottami di vetro, richiede molto meno energia di quella necessaria per produrre gli stessi contenitori partendo da materie prime vergini.

La LCA commissionata dalla COOP ha tenuto conto di tutto questo?

In particolare ha confrontato i consumi energetici e l'emissione di CO2  di bottiglie in vetro riciclate più volte con i consumi energetici e l'emissione di CO2 di contenitori tetrarecart riciclati una volta sola?

Infine c'è un aspetto che certamente questa LCA non ha valutato, ma che dovrebbe essere di interesse della COOP: la soddisfazione del cliente.

Sarà anche un fattore psicologico, ma latte  e vino di qualità, confezionato nel vetro sembrano più buoni di quelli confezionati con  poliaccoppiati.

E la  maggiore bontà percepita per il vetro è vera, in quanto il vetro è l'imballaggio che garantisce il minor rilascio dei suoi componenti nel prodotto che protegge.

La LCA della COOP ha valutato le possibili modifiche nel tempo della qualità dei prodotti confezionati con i due imballaggi messi a confronto?









martedì 25 gennaio 2011

Tassa Irlandese

Oltre all'Austria, alla Svezia e alla Danimarca anche l'Irlanda si è decisa di tassare l'incenerimento dei rifiuti!

La norma entrerà in vigore tra qualche settimana.

Ecco il testo del comunicato stampa del Ministero dell'Ambiente Irlandese:

"Gennaio 2011

Agli Enti Locali in Irlanda sono stati conferiti i poteri d'imporre una tassa sui rifiuti destinati all’incenerimento, in seguito una nuova legge emanata dal Ministero dell'ambiente. I ricavi del prelievo, a partire da € 30 per tonnellata, andranno ad un fondo per l'ambiente.

La legge consente al governo centrale di aumentare tale contributo (insieme alla già esistente tassa sulle discariche) fino a € 120 per tonnellata, senza dover modificare la legislazione vigente."


Per chi ancora non lo sa ricordo che l'Italia è il solo paese al mondo che con i certificati verdi (prelevati dalle tasche di tutte le famiglie italiane, attraverso la bolletta della luce) incentiva gli inceneritori per circa 50 euro ogni tonnellata incenerita


venerdì 21 gennaio 2011

Latte di Mamma

In attesa di sapere quante diossine ci sono nelle bistecche di maiale nostrane, in anteprima posso farvi saper quante diossine ci sono nel latte di una sessantina di mamme italiane.

Lo studio, fresco di stampa ( Chemosphere, 2011, 82, 1-8)  è a firma di ricercatori dell'Istituto Mario Negri di Milano e dell'Istituto di Agricoltura e Chimica Ambientale dell'Università del  Sacro Cuore di Piacenza.

Oggetto dello studio il latte offerte da neomamme con residenza a Giugliano (Na) , MIlano e Piacenza.

Con sorpresa degli stessi ricercatori, i livelli mediamente più bassi di diossine sono state trovate nelle mamme di Giugliano, 3,8 picogrammi di diossine e furani (con tossicità equivalente alla diossina di Seveso) per grammo di grasso presente nel latte; a seguire, le mamme piacentine (4,67picogrammi per grammo)  e infine le mamme di Milano  (4,70 picogrammi/grammo).

Le differenze sono piccole, ma dal punto di vista statistico è significativa la differenza tra Piacenza e Giugliano, in altre parole si può affermare che con alta probabilità, le mamme piacentine allattano i loro figli con latte più contaminato di diossine rispetto alle mamme napoletane. Pertanto non è stata confermata l'ipotesi dei ricercatori che l'emergenza rifiiuti del napoletano ed in particolare i numerosi cumuli di rifiuti dati alle fiamme negli ultimi anni avessero esposto a diossine la popolazione.

Qualche informazione per cercare di chiarire il problema.

Il picogrammo è una unità di misura del peso e equivale ad un miliardesimo di milligrammo, è quindi un valore estremamente piccolo ma questo fatto non ci deve tranquillizzare, come dice il ministro Fazio, ma al contrario ci dice che abbiamo a che fare con una sostanza che può essere pericolosa per la salute anche a dosi che ai profani possono sembrare trascurabili.

Per evitare allarmismi, diciamo subito che le concentrazioni di diossine trovate in questo studio sono in linea con i valori più recenti misurati nelle mamme europee e che i bambini di oggi, in Italia, come nel resto del mondo, ciucciano meno diossina ( meno 80%) di quanto ne ciucciavano i bambini  italiani nati venti anni fa.

Detto questo è anche opportuno sapere che i picogrammi per grammo di grasso trovati in questi giorni in Germania. nelle uova e nella carne suina, vanno da 0,27 a 2,55 picogrammi per grammo, con punte di 5 picogrammi/grammo in alcune uova.

E se a qualcuno venisse in mente di vendere nei supermercato il latte materno, i NAS dovrebbero subito intervenire ed imporne il sequestro, in quanto la concentrazione massima di diossine ammessa nel latte (vaccino) è di 3 picogrammi per grammo, inferiore ai 4,7 picogrammi trovati nel latte materno nello studio citato,

Questi numeri sono la dimostrazione della subdola pericolosità delle diossine, chimicamente molto stabili, altamente solubili nei grassi e con la tendenza ad accumularsi lungo la catena alimentare e al culmine di questa catena, che parte dall'erba dei pascoli,  ci sono i nostri figli ai quali le mamme, durante l'allattamento cedono parte delle diossine accumulate, dalla loro nascita fino al momento del  parto, nell'adipe che ne ammorbidisce le forme e liberate nel latte, al momento dell'allattamento. E questo accumulo progressivo è avvenuto con quanto queste mamme hanno mangiato, giorno dopo giorno, nel corso della loro vita. Più diossine ci sono state nei loro alimenti, più diossine si trovano nel loro tessuto adiposo.

Il fatto che le diossine interferiscono con i delicati effetti esercitati sul nostro organismo dagli ormoni, compresi quelli sessuali, può far capire anche ai profani di biochimica e tossicologia a quale gioco pericoloso stiamo giocando.

Resta da capire perche le mamme piacentine e milanesi hanno latte più contaminato di quelle di Giugliano. Gli autori ipotizzano il traffico, ma si vede che dalle parti di Napoli non ci sono mai stati; l'altra ipotesi è, genericamente, la maggiore attività industriale del piacentino e del milanese. Forse che il termovalorizzatore di Piacenza, avviato circa 10 anni fa, e i tanti inceneritori lombardi abbiano  qualche cosa a che fare con questa storia? 

sabato 15 gennaio 2011

Sacchetti Addio

Bisogna riconoscere alla Ministro Prestigiacomo di non avere ceduto alle richieste dell'ennesimo rinvio al divieto di vendere o regalare sacchetti in polietilene, ma ora bisogna vedere come gli Italiani si organizzeranno per fare la spesa.

Non mancheranno le lusinghe per continuare a trasformare "a gratis" uomini e donne acquirenti,  in altrettanti uomini e donne "sandwich", contenti/e di portare in giro  sacchetti biodegrodabili  "usa e getta" con i marchi dei negozi, ma vi assicuro, questa scelta non ha nulla di ecologico, anzi!

I biopolimeri si ricavano dal mais e il mais ( granturco) richiede spropositate quantità di energia per fertlizzanti, pesticidi, acqua, per essere coltivato e altrettanta energia è necessaria per passare dall'amido di mais ai biopolimeri.

Per fortuna, pare che la stragrande maggioranza degli Italiani (75% secondo Legambiente) farà la scelta giusta: ritornare alla vecchia "borsa della spesa", da riutilizzare per una vita.

Così facendo, tra breve, dai rifiuti dovrebbero sparire oltre 300.000 tonnellate all'anno di sacchetti, e con questo si potrà cancellare almeno uno dei tanti termovalorizzatore che il governo uscente voleva realizzare.

Il mio personale consiglio è di riscoprire le borse di rete, in fibra naturale (cotone, juta, rafia..) che, chi sa fare l'uncinetto, può facilmente  autorealizzare.

Borse di questo genere sono leggere e robuste; piegate occupano poco posto e il loro volume si adatta al volume degli oggetti trasportati. Vi consiglio il modello con le maniglie lunghe, in modo da portarle la borsa sulla spalla o a tracolla quando avete carichi pesanti o vi servono le mani libere.


martedì 11 gennaio 2011

Lo "Scuorno"

Quando da ragazzini andavamo in visita ai tanti parenti lasciati nel Sud (Altavilla Irpina) notavo che nel vassoio dei pasticcini che ci venivano generosamente offerte dalle care prozie, ne rimaneva sempre qualcuno che nessuno, se non il sottoscritto, osava prendere. Chieste spiegazioni, la nonna ci informava che il pasticcino orfanello era il segno dello "scuorno" ( mi scuso per la certamente scorretta grafia del napoletano!), in italiano, della "vergogna".

Insomma, non era "buona creanza" spazzolare tutto il vassoio, in quanto segno di una potenziale fame repressa che non bisognava evdenziare.

Avendo tutti alle spalle secoli di fame, in Italia è ancora diffuso lo "scuorno", quando si va al ristorante, e nessuno Italiano chiede di portare a casa vino e cibo che non si è riusciti a consumare. Continua ad essere considerata una richiesta poco elegante, nonostante che tutto quel ben di Dio, destinato alla discarica , è stato lautamente pagato.

Tra qualche tempo anche a Genova avremo la possibilità di evitare lo spreco e la vergogna, in quanto il comune si sta accordando con la ristorazione locale per offrire la possibilità, ai clienti, di portarsi a casa i loro avanzi in bei sacchetti di carta e cartone, rigorosamente riciclati, e già predisposti per quest'uso dal gestore del ristorante.

Proprio oggi, l'assessore Senesi ha annunciato questa inziativa che si aggiunge alle numerose altre che il Comune sta attivando per ridurre la produzione dei rifiuti

La disponibilità del servizio del  "sacchetto per il cane" (questa la traduzione dall'inglese DOGGY BAG che evidenzia come lo scuorno sia un sentimento transnazionale) sarà evidenziato da un logo all'ingresso del ristorante e il gestore del ristorante, oltre ad offrire un servizio certamente gradito ai clienti, potrà vedersi ridotta la Tassa per evitata produzione di rifiuti. Due scelte di sicuro interesse per i genovesi.

Non vedo l'ora di "ingignare" ( traduzione: usare per la prima volta, ancora scusa ai napoletani ) questa bella idea.

sabato 1 gennaio 2011

Povero Chicco!

Prima di mettermi a scrivere ho risentito in podcast l'intervista di ieri a Chicco Testa su Radio Tre scienze, per essere sicuro di aver capito bene.

Alla osservazione della giornalista che nel referendunm dell' 87 il popolo italiano si era già pronunciato bocciando in grande maggioranza la scelta nucleare, il Chicco risponde che questa maggioranza bulgara non c'era stata affatto in quanto,  sommando chi era favorevole e chi non era andato a votare, la percentuale di italiani contrari al nucleare era solo il 60%!

Ma che che tenero questo Chicco Testa!

Con lo stesso ragionamento, a maggior ragione, Emanuele Filiberto potrebbe chiedere lo scioglimento delle Camere e la sua inconorazione a re d'Italia.
Chicco in affanno
Mentre scrivo questo Post,  Chicco Testa è intervistato su radio 3 scienza sul suo mega spot a favore del nucleare e il Chicco mi sembra in difficoltà nelle risposte alla brava intervistatrice.

Per rispondere al giocatore che crede di avere la risposta giusta, quando tra 50 anni il petrolio sarà finito, allego un articolo del prof. Ugo Bardi, Presidente di AspoItalia, che delinea la situazione della risorsa uranio. Dove si dimostra che, malgrado l'abbondanza di uranio nella crosta terrestre e nei mari, abbondanza solo teoricamente disponibile, stiamo andando incontro ad un picco di estrazione di questo elemento, dopo il quale, la domanda sarà superiore all'offerta.

Uranio e petrolio. Picchi in parallelo?
di Ugo Bardi

Di fronte alla presa di coscienza dell'imminenza del picco del petrolio, la prima reazione emotiva è, spesso, "allora useremo l'uranio". In effetti, l'energia nucleare viene spesso presentata come il toccasana che risolve tutti i malanni e che ci permetterà di superare senza danni la crisi energetica ormai in corso da qualche anno. Ma, ahimé, le cose non sono così semplici e i fautori dell'energia nucleare spesso glissano elegantemente sulla questione della disponibilità di uranio; il quale è una risorsa minerale, limitata così come lo è il petrolio. Quanto uranio abbiamo, realmente? E' possibile che siamo vicini al "picco dell'uranio", allo stesso modo in cui ci stiamo avvicinando al picco del petrolio?
Il problema è complesso e difficile, ma qualche elemento di valutazione lo possiamo ottenere dai dati. Un primo elemento lo possiamo ottenere dall'andamento dei prezzi (da www.uxc.com). Vediamo che il prezzo dell'uranio si è quasi decuplicato dal 2001. E' oggi di quasi 50 dollari la libbra, mentre era circa 5 dollari la libbra nel 2001.



Uranio1



Si dice che il prezzo dell'uranio non è un parametro molto importante per l'industria nucleare; è il costo degli impianti che conta. Questo è stato vero per un lungo periodo della storia dell'industria nucleare, ma è perfettamente possibile che il prezzo dell'uranio aumenti a un livello tale da diventare un fattore importante o addirittura predominante. Alla fine dei conti, se la produzione di uranio non è sufficiente per soddisfare la domanda, non importa quanto costa: qualcuno rimarrà senza. E questo sembrerebbe essere quello che sta succedendo, come vediamo dal grafico seguente.



Uranio2



La linea rossa rappresenta l'uranio utilizzato dai reattori attualmente in esercizio mentre le "montagne" colorate rappresentano la produzione. Il primo picco di produzione dell'uranio corrisponde alla corsa agli armamenti nucleari degli anni '60, il secondo è correlato allo sviluppo delle centrali nucleari, che ha avuto il suo massimo negli anni 70-80. Come si vede, a partire dagli anni 80, le centrali nucleari consumano più uranio di quanto l'industria minerale non produca. Non è impossibile che lo stop alle nuove centrali, avvenuto circa in quel periodo, sia stato dovuto in buona parte alla scarsità di uranio e non, come si dice di solito, all'incidente di Chernobyl e alle manifestazioni di ambientalisti esagitati con capelli lunghi e zoccoli.

La differenza fra produzione e consumo di uranio è stata coperta dal 1980 a oggi smantellando vecchie testate nucleari. Di per se, questa di trasformare "spade in aratri" è un'idea encomiabile, ma la quantità di materiale fissile che se ne può ricavare è limitata. Basta guardare il diagramma per vedere che stiamo utilizzando per i reattori l'uranio estratto negli anni '50 e '60 che era stato immagazzinato nelle bombe. Questo uranio non potra durare ancora a lungo, anche ammesso che i paesi che hanno armi nucleari vogliano liberarsene totalmente.


Cosa sta succedendo? Perché non si riesce a produrre uranio dalle miniere in quantità tali da soddisfare la domanda? E' possibile che siamo vicini alla "fine dell'uranio"? Dal punto di vista puramente fisico, sembrerebbe di no, L'uranio, a differenza del petrolio, è un minerale relativamente abbondante nella crosta terrestre; il problema è che è raro trovarlo sufficientemente concentrato da poter essere considerato "estraibile". L'andamento dei prezzi e della produzione suggerisce che i giacimenti di uranio concentrato siano stati in gran parte sfruttati e che ora sia necessario estrarre da giacimenti piu' diluiti. Questo richiede forti investimenti, il che spiega l'andamento dei prezzi, sui quali i maggiori costi di estrazione si riflettono.

Vediamo quindi per l'uranio lo stesso andamento che stiamo vedendo con il petrolio, dove i costi di estrazione sempre maggiori causano quello che viene chiamato il "picco del petrolio". Sembrerebbe che anche l'uranio sia vicino, o abbia già passato, il proprio picco di estrazione ("picco dell'Uranio") anche se l'andamento irregolare della produzione non ci permette di dirlo con certezza.

Di fronte a questa situazione, le prospettive dell'industria nucleare sono incerte. Al momento c'è un evidente tentativo di ripartire con la costruzione di nuove centrali, ma il rilancio del nucleare non può esimersi dal considerare la scarsità di uranio minerale. Il problema si potrebbe fronteggiare investendo ancora di più nell'estrazione di uranio oppure investendo in tecnologie nucleari più efficienti, ovvero che usino meno uranio. Entrambe le strategie richiedono costi di investimento immensi, nonché tempi molto lunghi. A lungo andare, comunque, non sarebbero che dei palliativi di fronte al progressivo esaurimento delle risorse minerali.

E' ancora possibile produrre abbastanza uranio per mantenere attivi i reattori esistenti, che possono supplire in parte al declino dei combustibili fossili. Tuttavia, mantenere la produzione, o anche espanderla con nuove centrali, è destinato a costare sempre più caro. Ne consegue che l'energia nucleare non potrà mantenere la promessa che aveva fatto negli anni '50 e '60, ovvero produrre energia talmente abbondante e a buon mercato che "non sarebbe valsa nemmeno la pena di farla pagare agli utenti". Tanto vale prenderne atto e non farsi troppe illusioni che il nucleare per magia ci risolva tutti i problemi.
Controforumnucleare
Cominciamo ad analizzare nei dettagli lo spot del Forum nucleare.
La prima scelta dei creativi che lo hanno realizzato è quella di apparire di non essere di parte: solo alla fine dello spot si vedono i volti dei giocatori contrapposti e si scopre, con sorpresa,  che sono la stessa persona, due maschi prima ( non credo sia un caso), due donne poi, in seguito, una grande sala di sosia che si confrontano, il popolo italiano.



Il messaggio è che su questo tema non esistono fazioni contrapposte e che ognuno di noi deve scegliere, facendo prevalere la parte razionale (maschile) su quella emotiva (prevalentemente femminile).



Questa scelta, di apparente non schieramento, ha una spiegazione semplice:per raggiungere l'obiettivo ( far digerire agli Italiani il ritorno del nucleare)  non è utile dividere tra chi è pro e chi è  contro.



Con un referendum, la maggioranza degli Italiani ha già deciso di essere favorevole a rinunciare all'energia nucleare e anche i sondaggi più recenti confermano che i contrari alla scelta nucleare sono la maggioranza.



Quindi non è utile  contrastare un avversario esterno niente affatto minoritario ad esempio bollandolo come affetto dalla sindrome NIMBY, o ridicolizzandolo come contrario al progreso scientifico e allo sviluppo, ma occorre convincere la parte razionale degli italiani a fare le scelte giuste.



Quale sia la parte giusta non è esplicitato con chiarezza nello spot, ma "naturalmente" come afferma la Morte, nella famosa scena della sfida a scacchi tra Morte e Cavaliere, nel Settimo Sigillo di Bergman, è la Morte che, come lo sfidante emotivo dello spot,  sceglie gli scacchi neri.

E proprio a questa scena del Settimo Sigillo si rifà un bel anti spot  contro la scelta nucleare che vi invito a vedere e a diffondere in rete.

L'unica mia critica sono le immagini finali di bambini deformi che eliminerei, in quanto elementi razionali per dire NO al nucleare, bastano ed avanzano, basta conoscerli.