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lunedì 19 gennaio 2015

Legno amico. Ricerca ed informazione migliorano l'aria e riducono il fumo

Nel 2007 e nel 2008, con la mia direzione, il Laboratorio di Chimica Ambientale, dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul cancro di Genova, ha condotto nell'Appennino Ligure uno studio pilota sull'inquinamento prodotto dall'uso della legna, usata come combustibile per il riscaldamento domestico.

Nel 2014, lo studio, con il titolo " Indoor pollution and burning practises in wood stove management"  è stato pubblicato dalla rivista "Journal of the air and waste management association"

Quello che segue il riassunto del lavoro, scritto in inglese

Riassunto
Questo studio, realizzato in un’area rurale italiana, ha valutato gli effetti sull’inquinamento dell’aria delle buone pratiche nella accensione, nella corretta installazione e nella  gestione di impianti di riscaldamento a legna.
Lo stesso studio ha verificato il ruolo dell’educazione e della informazione sulla riduzione dell’inquinamento da fumo di legna.
Nell’agosto 2007 e negli inverni 2007 e 2008, in un piccolo villaggio degli Appennini Liguri (Italia) le concentrazioni interne ed esterne di benzene, toluene, etilbenzene e xilene ( (BTEX) sono stati misurati in nove abitazioni riscaldate con legna.
Durante il primo monitoraggio in tutte le abitazioni furono trovati diversi errori effettuati nella realizzazione e nella gestione degli impianti di riscaldamento.
Un basso rapporto toluene/benzene trovato nelle misure invernali era in accordo con lìipotesi che il fumo di legna fosse la principale fonte di inquinamento all’interno e all’esterno delle abitazioni. Altre fonte di BTEX identificate sono stati l’uso di solventi e vernici e di incenso. I risultati ottenuti nel 2007 sono stati presentati e discussi con le famiglie interessate. A seguito di questo primo intervento e della conseguente informazione fornita, nel secondo campionamento invernale tutte le misure indoor mostravano concentrazioni di BTEX più basse, nonostante temperature esterne più fredde.
Lo studio ha dimostrato come le informazioni fornite alle famiglie siano state importanti per  indurre l’adozione delle buone pratiche, necessarie per la gestione delle stufe e del fuoco. Questi risultati sottolineano l’importanza dell’educazione supportata da adeguati dati sull’inquinamento dell’aria, come un sistema efficace per ridurre l’esposizione a fumo di legna.

L'articolo originale può essere scaricato a questo indirizzo.

Chi non avesse dimestichezza con  l'inglese,  può trovare, a questo indirizzo, la relazione in  italiano, pubblicata nel 2011 dalla rivista Acqua & Aria

Buona lettura.

venerdì 16 gennaio 2015

Non è la "sfiga" a causare il cancro. Il parere della IARC e dell'OMS.

Nei giorni scorsi è stato dato ampio risalto ad uno studio che avrebbe dimostrato come lo sviluppo di un tumore sia principalmente dovuto al caso, alla "sfiga".
Titolo dello studio "La variabilità del rischio di cancro dei diversi tessuti può essere spiegato dal numero di divisioni delle cellule staminali".
Quello che segue è l'autorevole parere di due qualificati centri di ricerca che ridimensionano l'enfasi giornalistica data a questo studio e alle sue troppo affrettate conclusioni.



                                            COMUNICATO STAMPA                                    13 gennaio 2015

L'agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e l'Organizzazione Mondiale dela Sanità (OMS) sono in forte disaccordo con le conclusioni dello studio scientifico sulle cause del cancro nell'uomo, pubblicato sulla rivista Science, il 2 gennaio 2015, a firma di C. Tomasetti e B. Vogelstein.

Lo studio, che è stato ampiamente commentato dai media, confronta il diverso numero di divisioni delle cellule staminali presenti nei diversi tessuti  (fegato, polmone, cervello...) con il rischio di cancro e suggerisce che mutazioni casuali (o "sfortuna") siano  "il maggior contributo al cancro, spesso più importante di fattori ereditari e ambientali".

Di conseguenza, per molti tipi di cancro, gli autori deducono che sia molto più importante l'identificazione precoce della malattia, piuttosto che la sua prevenzione ottenuta evitando o riducendo l'esposizione a cancerogeni.

Se male interpretata, questa posizione potrebbe avere serie conseguenze negative sia sulla ricerca che sulla salute pubblica.

Gli esperti dela IARC sottolineano seri limiti dello studio.

" Già sapevamo che per un singolo individuo il caso possa avere un ruolo nello sviluppo di un cancro, tuttavia, questo ha poco a che fare con il livello di rischio di cancro di una numerosa popolazione " spiega il direttore dello IARC Christopher Wild. "Concudere che la "sfortuna" sia la maggiore causa di cancro sarebbe fuorviante e potrebbe diminuire gli sforzi in atto, finalizzati ad identificare le cause di questa malattia e conseguentemente prevenirla con efficacia."

Cinquanta anni di ricerca epidemiologica internazionale hanno mostrato che molti tipi di cancro che sono frequenti in una popolazione sono relativamente rari in altre popolazioni e inoltre queste differenze variano con il tempo. Ad esempio, il cancro all'esofago è comune nei maschi dell'africa orientale ma raro in quelli dell'africa occidentale. Il cancro del colon, un tempo raro in Giappone è aumentato di quattro volte in solo 20 anni. Osservazioni di questo tipo caratterizzano molti tipi di cancri e sono spiegabili con un importante contributo di esposizioni a cancerogeni dovuti all'ambiente e allo stile di vita, piuttosto che a variazioni genetiche o a "sfortuna".

Tra i principali limiti che gli esperti IARC hanno indiviato nello studio di Tomasetti e Vogelstein c'è quello di non aver valutato forme di cancro molto frequenti  come quelli di stomaco, cervice e mammella che si sa essere associati ad infezioni, stili di vita e fattori ambientali. Inoltre lo studio si è limitato alla popolazione degli USA. Risultati differenti si sarebbero potuti ottenete inserendo nello studio anche altre differenti popolazioni.

Sebbene sia da tempo chiaro che il numero di divisioni cellulari aumenti il rischio di mutazione e pertanto la probabilità di  cancro, un gran numero dei tumori più frequenti sono fortemente correlati con esposizioni di tipo ambientale ( inquinamento ambientale e professionale) o derivanti da particolari stili di vita ( fumo di sigarette) . Pertanto, tutti questi cancri sono prevenibili eliminando o riducendo l'esposizione a cancerogeni; in base alle attuali conoscenze, circa la metà dei tumori che si registrano a livello mondiale sono prevenibili.
Questa affermazione è supportata da rigorose evidenze scientifiche che mostrano una diminuzione dell'incidenza di tumori dopo interventi preventivi finalizzati a diminuire l'esposizione.

 Importanti esempi includono il crollo dei tumori polmonari e di altro tumori correlati al tabacco, dopo la riduzione dei consumi di sigarette la diminuzione del rischio di cancro al fegato tra le persone vaccinate contro il virus della epatite B.

" Quello che dobbiamo ancora capire sulle cause del cancro, non dovrebbe essere attribuito alla "cattiva sorte"" dice il dr Wild. " La ricerca sulle cause del caancro deve continuare e contemporaneamente occorre investire in misure di prevenzioneper quelle forme di canro di cui si conoscono i fattori di rischio. Questo è particolarmente importante in molte area del mondo a basso reddito e con limitati servizi sanitari,  in cui si sta verificando un aumento della frequenza di tumori."