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martedì 24 dicembre 2013

La qualità dell'aria. Bene comune disponibile alle leggi del mercato dei bio combustibili?


  

In Italia, di pari passo con lo sviluppo industriale e l'abbandono delle tradizionali attività agricole, forestali e artigianali, si sono ridotte le aree del Paese in cui la qualità dell' aria potrebbe definirsi buona, in base ai criteri stabiliti dalle Leggi nazionali. 

Il Decreto legislativo 155 del 2010, individua i composti tossici pericolosi per la salute, la cui presenza nell'aria deve essere regolarmente controllata per verificare che le loro concentrazioni medie siano inferiori a specifici valori,definiti come obbiettivi di qualità dell'aria.

Ad esempio l'obiettivo di qualità per le polveri sottili, in particolare per quelle il cui diametro è  inferiore a 10 micron (10 millesimi di millimetro) e definite PM10 è stato stabilito pari a 40 microgrammi (milionesimo di grammo) per metro cubo d'aria, come media annuale.

Questo significa che, se 365 misure giornaliere di PM10, realizzate regolarmente nell'arco di un anno, fanno registrare un valore medio superiore a 40 ug/m3 (ad esempio 41 ug/m3), il territorio controllato dalla centralina e' fuori legge,  in quanto la qualità della sua aria è peggiore a quella che la Legge, oggi giudica accettabile per la salute di chi quell'aria respira.

In questo caso, il Decreto impone alle Regioni interessate l'attivazione d'interventi finalizzati a migliorare la qualità dell'aria e a portarla a valori, almeno pari all'obiettivo di qualità, in questo esempio 40 ug/m3.

Per raggiungere quest’obiettivo e' necessario individuare la fonte che produce la maggiore quantità di polveri sottili e adottare tutte gli accorgimenti utili per ridurre le sue emissioni in atmosfera.

I monitoraggi effettuati dopo gli interventi di risanamento faranno fede sull’efficacia degli interventi adottati: anno dopo anno la concentrazione media di PM10 deve essere inferiore a 40 ug/m3 e più bassi saranno i valori riscontrati, meglio sarà.

Quest’ obiettivo si può raggiungere adottando trattamenti fumi più efficienti (filtri a maniche, marmitte catalitiche), utilizzando combustibili più "puliti (metano al posto del carbone e del gasolio), aumentando l'efficienza energetica degli impianti e delle abitazioni.

Oggi, in Italia, la rete di monitoraggio segnala che gran parte delle aree industriali e delle aree urbane del nostro Paese non rispettano gli obiettivo di qualità per il PM10.
In particolare e' "fuorilegge" gran parte della Pianura Padana, dove si concentrano le centraline che nel 2011 hanno registrato almeno 35 giorni con concentrazioni di PM10 superiori a 50 microgrammi per metro cubo (ug/m3).

Questo dato negativo è stato registrato presso 212 centraline di monitoraggio, il 48% di tutte le centraline di monitoraggio operative in Italia nel 2011.

La Tabella 1 riporta, in dettaglio,  le misure dell’inquinamento da PM10 registrate nelle zone trafficate di alcune città e i valori contemporaneamente registrati in alcune aree rurali del nostro Paese. Nella Tabella sono riportati in grassetto i valori superiori ai limiti di legge definiti dal Decreto Legislativo n.155 del 2010.

TABELLA 1  Concentrazioni di PM10 e  numero di giorni con superamenti di 50 ug/m3  nel 2011

Media annuale
microgrammi/m3
n. giorni  con valori di PM10 superiori a 50 microgrammi/m3
Aree urbane trafficate
Torino
50
133
Brescia
42
105
Milano
50
131
Parma
42
93
Verona
48
128
Padova
42
93
Firenze
38
59
Terni
36
69
Aree rurali
Renon (Bolzano)
9
0
Piana rotaliana (Trento)
25
19
Cavaso del Tomba (Treviso)
19
19
Denice Costa (Alessandria)
17
9
Donnas (Aosta)
22
39
Febbio / Reggio E.
9
0
Casa Stabbi (Arezzo)
13
0
Brufa (Perugia)
20
14


Qualità dell'aria in zone rurali e montane

Le aree rurali del nostro Paese sono state individuate come zone di controllo dell'inquinamento atmosferico prodotto dai cosiddetti inquinanti primari, quelli direttamente prodotti dalle attività umane: traffico, riscaldamento domestico, attività produttive.

La Tabella 1 mostra che queste aree, e i loro abitanti, nel 2011 hanno goduto di un’ottima qualità dell’aria con valori medi annuali delle PM10 nettamente inferiori agli attuali  limiti di legge.

Anche il numero di giorni con elevato inquinamento (PM10 superiore a 50 microgrammi/m3) è molto basso.

Nei casi riportati nella Tabella1 solo il sito di Donnas, in Val d’Aosta fa registrare un lieve superamento del limite massimo di 35 giorni all’anno.

Quest’invidiabile caratteristica, che si accompagna ad altre rare qualità di queste zone del nostro Paese (scarso traffico veicolare, bassa densità abitativa, bassi livelli di rumore, bel paesaggio, clima mite, buona cucina, ottima accoglienza, produzioni agro-alimentari di qualità) ricercate da turisti e villeggianti, da qualche tempo è sotto attacco a causa del proliferare di progetti e costruzioni di centrali termoelettriche alimentate a biomasse legnose.

Questa novità interessa in particolare le zone collinari e montane del nostro paese, dove la “pulizia” di grandi boschi è diventata la scusa per realizzare facili guadagni usando la legna per produrre energia elettrica, pratica che gode d’interessanti incentivi pubblici, garantiti dal Gestore dell’Energia per almeno 15 anni.

Poiché non tutti lo sanno, è utile ricordare che questi soldi vengono da una tassa sulla bolletta della luce (denominata A3), introdotta nel 1999 per incentivare le fonti di energia rinnovabile e che, mediamente, pesa nel bilancio famigliare con 83 euro all’anno, usati per alimentare il mercato dei “Certificati Verdi”.

Grazie ai Certificati Verdi chi produce elettricità da fonti rinnovabili, riceve dal Gestore della Rete un compenso, per ogni chilowattore immesso in rete, circa tre volte maggiore di quello pagato all’elettricità da fonte fossile (carbone, metano).

 Quanto pesa una centrale a biomasse sul territorio che le ospita 

La normativa a tutela dell’ambiente e della salute richiede alle Regioni di redigere piani di risanamento dell’aria.

Tra gli strumenti tecnici utili per redigere il piano di risanamento è prevista la stima delle emissioni d’inquinanti prodotti annualmente dalle principali fonti civili ed industriali presenti sul territorio di ciascun comune.

In questo modo si valuta la pressione ambientale che queste attività esercitano sul territorio e si possono facilmente individuare le priorità d’intervento.

Questa stima si realizza tramite un censimento di tutte le fonti emissive e il successivo calcolo dell’inquinamento prodotto annualmente da ciascuna fonte a cui si applicano specifici fattori di emissione, elaborati a livello europeo

In questo capitolo prenderemo due centrali a biomassa, che denomineremo Centrale A e Centrale B, recentemente proposte nel centro Italia.

I Comuni che dovrebbero ospitarle si trovano in aree collinari, con importanti superfici boscate, in un contesto a prevalente attività agricola e turistica.

La popolazione dei Comuni che dovrebbero ospitare le due centrali è, rispettivamente di 7.500 e 1.500 abitanti.

In entrambi i Comuni, gli standard di qualità dell’aria degl’inquinanti primari sono ampiamente e costantemente rispettati.

Le due centrali, hanno una potenza elettrica installata, inferiore a 1 Mega watt (1000 Kilo watt) e utilizzano biomasse legnose (centrale A 18.000 ton/anno; centrale B: 11.400 ton/anno).

Per produrre elettricità le centrali utilizzano due diverse tecnologie: forno a griglia nella Centrale A; piro-gassificazione della biomassa e uso del gas prodotto (syngas: miscela di ossido di carbonio e metano) per alimentare motori a combustione interna abbinati ad alternatori, nella Centrale B.

Entrambe le centrali prevedono moderne linee di trattamento fumi: catalizzatori per ridurre gli ossidi di azoto e filtri a maniche per le polveri sottili

Le due centrali producono prevalentemente elettricità che è immessa nella rete elettrica e, in entrambi i progetti, non si prevedono significativi recuperi di calore per il tele-riscaldamento degli edifici e abitazioni.

Per entrambi le centrali sono state calcolate le quantità d’inquinanti che immetteranno nell’ambiente durante il loro funzionamento che è previsto continuo per 24 ore su 24, con le sole interruzioni programmate per la manutenzione degli impianti, stimati pari a una trentina di giorni all’anno.

Il calcolo delle emissioni annuali è stato fatto in base alle concentrazioni medie degli inquinanti presenti nei fumi, valori dichiarati dai proponenti, e alla portata dei camini. In tutti i due casi le concentrazioni di inquinanti, in uscita dai camini, sono ampiamente inferiori ai limiti di legge.

Le Tabelle 2 e 3 riportano i valori delle emissioni annuali delle Centrali A e B e le stime delle emissioni annuali provenienti da tutte le fonti inquinanti presenti nei rispettivi territori comunali (traffico, riscaldamento domestico, agricoltura…).

TABELLA 2: Centrale A: stima della quantità d’inquinanti emessi da tutte le attuali fonti presenti sul territorio comunale e delle emissioni annuali della centrale

Inquinante
Emissioni totali territorio comunale

tonnellate/anno
Emissioni
centrale A

tonnellate/anno
Variazione


%
Polveri totali
57 ^
1,3
+  2,3
Anidride solforosa
9
6,6
+ 73,3
Ossidi di azoto
123
26,3
+ 21,4
Monossido di carbonio
804
6,6
 +  0,6
^ PM10

TABELLA 3. Centrale B: stima della quantità d’inquinanti emessi da tutte le attuali fonti presenti sul territorio comunale e delle emissioni annuali della centrale

Inquinante
Emissioni totali
territorio comunale

tonnellate/anno
Emissioni
centrale B

tonnellate/anno 
Variazione


%
Polveri totali
16,1 ^
      0,82 ^
+ 5,1
Anidride solforosa
1,1
12,3
+ 1.118
Ossidi di azoto
14,5
            16,1
+ 111
Monossido di carbonio
124,7
            16,4
+ 13,1
^ PM10

Le Tabelle 2 e 3  mostrano come la pressione ambientale  esercitata da ognuna delle centrali a biomasse sul territorio ospitante potrebbe essere  tutt’altro che trascurabile.

Per entrambi i Comuni, la pressione maggiore deriverebbe dall’immissione in atmosfera di anidride solforosa e di ossidi di azoto.

Più contenute, ma non trascurabili le quantità di polveri che le centrali a biomasse potrebbero aggiungere all’aria dei territori che dovrebbero ospitarle.

In termini relativi, la centrale B sarebbe quella che eserciterebbe la pressione maggiore sul territorio ospitante.

La Tabella 3 mostra che, nel Comune B, con l’entrata in funzione della centrale a biomasse raddoppierebbero le emissioni di ossidi di azoto mentre la quantità di ossidi zolfo aumenterebbe di ben 11 volte.

Tutto questo ha una semplice spiegazione.

Il Comune B ha una popolazione di un migliaio di abitanti, non ospita attività industriali e il suo unico inquinamento di una certa importanza è quello del riscaldamento invernale, peraltro non particolarmente elevato, in quanto il paese è servito dalla rete di distribuzione del gas naturale.

Non a caso, il turismo estivo e le attività a esso correlato sono la principale fonte di reddito dei residenti del Comune B.


Con le centrali a biomasse come cambia la qualità dell’aria?

Ovviamente l’immissione in atmosfera di diverse tonnellate di’inquinanti peggiorerà la qualità dell’aria dei territori sottovento agli impianti.

Gli stessi proponenti confermano che le concentrazioni medie al suolo aumenteranno, ma poiché la somma dell’attuale inquinamento e di quello nuovo prodotto dalle centrali comporterà valori inferiori ai limiti di Legge, questo peggioramento è considerato accettabile.

Le Aziende Locali Sanitarie (ASL), a cui è delegato il parere sanitario sugli impianti, hanno fatto proprie queste affermazioni e di fatto autorizzato l’inquinamento.

Stupisce che l’autorizzazione delle ASL  all’entrata in funzione delle centrali a biomasse non abbia tenuto conto delle recentissime raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, alla luce di studi epidemiologici condotti in Europa, ha riconosciuto che rischi sanitari gravi sono stati riscontrati anche  a concentrazioni di PM2,5 inferiori a 10 ug/m3, ossia inferiori ai limiti che la nostra Legislazione prevede di introdurre nel 2020.

Riteniamo anche discutibile che le ASL non abbiano tenuto conto della possibile presenza di aree sensibili, nelle immediate vicinanze delle centrali, quali scuole e impianti sportivi.

In questi casi, quanto meno, riteniamo che sarebbe stato doveroso, da parte delle ASL, invocare il Principio di Precauzione a tutela della salute della popolazione più giovane.

Le stesse ASL, conseguentemente, avrebbe dovuto esprimere un proprio giudizio negativo rispetto al fatto che l’attività delle centrali non preveda efficaci interventi di teleriscaldamento.

L’utilizzo del calore a bassa temperatura (pari a circa l’80% del potere calorifico del cippato utilizzato), con un adeguato dimensionamento dell’impianto, durante il periodo invernale, avrebbe potuto permettere lo spegnimento di numerosi impianti termici utilizzati nei due Comuni, in particolare quelli alimentati a legna.

Certamente impianti domestici alimentati a legna di vecchia generazione (camini aperti, stufe), a parità di calore prodotto, emettono in atmosfera una maggiore quantità d’inquinanti rispetto a quelli emessi dalle centrali a biomasse.

Una progettazione delle centrali che fosse partita dall’analisi dei bisogni energetici del territorio ospitante gli impianti, con una cogenerazione a misura delle esigenze locali, avrebbe potuto ottemperare agli obiettivi del D.lgs 155/2010, addirittura migliorando ulteriormente la qualità dell’aria del Comune ospitante, qualora le emissioni spente avessero un carico inquinante superiore a quello della centrale.

Sullo stesso argomento:
- Polveri sottili e caminetti in Baviera e Lombardia.
- La legna peggiora la qualità dell'aria: IPA
- La legna peggiora la qualità dell'aria: polveri sottili
- Centrali a biomasse: tutte illegali



















8 commenti:

  1. C'è una contraddizione evidente nella tesi che su questo blog si cerca di portare avanti. Nelle zone rurali si brucia, storicamente molta legna, a volte (spesso) con tipo di combustione tutt'altro che buona. Nonostante questo, come si evince anche dalle tabelle in questo post, la qualità dell'aria è molto migliore rispetto ai centri cittadini. Ma se nelle zone rurali si brucia tanta, (ma tanta!!!) legna per reperibilità della materia prima ma anche per fattore storico e culturale, come mai l'aria è molto migliore rispetto alle città dove non se ne brucia quasi per nulla? Non ho mai visto in giro per il centro di Milano, Verona, ma anche Trento zona più alpina, frotte di boscaioli portare tonnellate di legna da bruciare nelle stufe dei condomini. Gli impianti termici delle grandi città sono ormai METANIZZATI quasi al 100% Eppure nei centri abitati la PM e lì'inquinamento sono alle stelle. Nonostante il santo Metano, panacea di tutti i mali!!! Il lettore rifletta su questo. Rifletta con spirito critico senza farsi ingannare.
    Solo a uno sciocco può sfuggire l'evidenza che è principalmente il traffico , sempre più invadente e intenso, a determinare le emissioni che rendono l'aria un'autentico schifo. Si guardi sempre questo blog la mappa della densità di inquinamento, e si osservi quale è la situazione dell'aria in AUSTRIA, paese con il maggior sfruttamento della parte rinnovabile dei boschi (70%) per produzione di legna combustibile.
    Si osservi anche che in corrispondenza delle grandi città ci sono le colorazioni che indicano inquinamento. E lo ripeto ancora : in città legna non se ne brucia! Si usa ormai solo metano.
    Io in montagna , nelle zone rurali, ci vivo per molti giorni all'anno (mia madre vive in un maso a 1000 metri di quota) in un paesino dove praticamente tutti hanno la stufa a legna.
    Ora mi spoglio dai panni di tecnico e parlo da uomo della strada, per meglio dire da appassionato di corsa ed escursionismo montano. Anche correndo o camminando nei paesi respirando l'aria, hai la netta sensazione che sia pulita, buona, sana. Se invece capita (per necessità di trasferimento in zona migliori) di dover correre a fianco di una strada trafficata, la percezione di quello che stai respirando è devastante. Io riesco a sentire che l'aria è inquinata, rimane nella bocca la sensazione di smog. Inoltre il traffico veicolare rimette in circolo le polveri che si sono depositate sul terreno.
    Ma al di la delle impressione di un ambientalista-naturalista incallito come il sottoscritto, resta il dato di fatto dei numeri. E allora? Allora smettiamola con queste campagne del tutto ideologiche , generalizzate, che non servono a nulla. Già il fatto di usare sempre il termine BIOMASSA, indica un approccio mirato perchè si vuol far credere che si producano inceneritori. Biomassa vuol dire tante cose , e occorre scendere nello specifico se si vuole caricarsi di divulgare messaggio scientifico.
    Le cause principali della pessima qualità dell'aria sono il TRAFFICO e l'INDUSTRIA. No ci sono dubbi su questo, chi lo nega ignora la verità per mancata conoscenza, o è in malafede. La combustione della legna è un fattore del tutto marginale che forse (è difficile affermarlo con esattezza, anche se a volte leggo di improbabili calcoli di chi si arrampica sugli specchi per arrivare alle conclusioni che si sono già decise) arriva all'ordine di qualche punto percentuale.
    Questo non toglie che anche in questo ambito si possano apportare dei miglioramenti tecnologici interessanti. Per le stufe domestiche credo siamo vicini alla tecnologia dei filtri da applicare, a cui la provincia di Trento sta lavorando da tempo. Invece le moderne caldaie hanno ormai raggiunto prestazione che solo chi cavalca l'onda della paura della gente, può ignorare. (continua)

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  2. A questo va aggiunto che , per limiti di capacità combustibile, non ci potrà mai essere in Italia uno sviluppo che porterà a percentuali significative del fabbisogno di energia primaria termica , derivato dalla legna.
    Ed è giusto così, perchè la soluzione al problema energetico in Italia è il MIX. Ogni integralismo propagandistico non serve a nulla. Nel dettaglio dovremo usare metano ( riscaldamento e centrali elettriche a ciclo combinato) per la gran parte del fabbisogno, idroelettrico (ancora molti margini nel "mini"), solare fotovoltaico (da sviluppare ancora moltissimo sui tetti con scopo di autoconsumo NON incentivati), impianti a legna di tecnologia avanzata, solare termico, anche eolico dove esistono i presupposti.
    Ricordo anche in questa sede , la mia battaglia per la quale vorrei OGNI edificio coibentato con 10 cm di materiale isolate per ogni superficie verso l'esterno, in modo che calcoli alla mano non supereremo mai i 60-80 kWh / (m2*anno), contro i 200 e rotti dell'attuale parco edile nazionale che ha per il 90% più di 30 anni.
    E iniziamo a parlare di traffico, di come diminuirlo. Perchè questa battaglia non la si vuole portare avanti? Perchè adesso la moda è demonizzare genericamente , senza entrare nello specifico di cosa di parla caso per caso, la BIOMASSA il più delle volte facendo intendere che magari è incenerimento rifiuti o altre cose.
    Semplice : perchè la gente vuole andare in macchina anche dal giornalaio a 200 metri da casa. E se ti scagli conto a questa cosa, consenso non ne raccogli.
    Spero in conclusione che gli estremismi siamo abbandonati e si inizi a parlare di energia ed efficienza energetica in modo serio e non propagandistico.

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  3. Andrea ha perfettamente ragione. Smettiamola di demonizzare impianti che ci permetteranno di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e che emetteranno si e no come 15-20 camini domestici. Tutto questo pandemonio verrebbe sollevato se venisse fatta una lottizzazione con 15-20 case/appartamenti in più? Quello che dobbiamo impedire non è la realizzazione di questi impianti, ma il nostro modo di vivere. Uno studio fatto dall'Università di Venezia dimostra come, dagli anni '80, l'inquinamento in laguna sia ormai diventato la città di Venezia e non più il polo chimico di Marghera. Inoltre, nelle città metanizzate le polveri non vengono certo dalle caldaie a pellet visto che chi abita in città non ha lo spazio neppure per l'auto figuriamoci per tenere quintali di pellet, ma dall'aumento di auto diesel rispetto alle benzina. La manutenzione dei boschi non è una scusa, qualcuno ha mai parlato con i sindaci delle comunità montane? Sono disperati perché i soldi non arrivano più e le poche migliaia di presenze turistiche non sono sufficienti alla manutenzione del territorio (non sono mica tutte come Cortina o Canazei!). E concludo, ma come è possibile che una centrale a gassificazione possa produrre più monossido di carbonio e sopratutto più anidride solforosa? La gassificazione e l'utilizzo del syngas è più efficiente della combustione da sempre. Inoltre la centrale B usa meno legna d emette più anidride solforosa? Ma la legge della conservazione della materia è nota?

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    1. Mi resta difficile pensare che l'inquinamento di Venezia sia da attribuire alle auto diesel.

      Probabilmente responsabili della bassa qualità dell'aria di Venezia sono i vaporetti e in particolare le grandi navi da crociera che vengono a fare l'inchino davanti a San Marco.

      Dopo aver affrontato e risolto i gravi problemi del polo industriale di Marghera, ora emergono i problemi delle città che devono essere, a loro volta, conosciuti, affrontati e risolti.

      La speculazione in atto, con centinaia di centrali a biomasse proposte in tutte le aree rurali e montane del nostro Paese, sta creando un nuovo problema di inquinamento in zone che potevano offrire aria buona ai loro villeggianti che, proprio questo cercano per i loro figli e genitori anziani.

      Il deprezzamento delle abitazioni e la fuga dei turisti è un effetto di questa speculazione.

      Le stime sulle emissioni annuali delle due centrali si basano sui dati forniti dalle aziende proponenti e sui limiti alle emissioni imposti dalla rispettive Conferenze dei Servizi.

      La centrale A è dotata di una linea fumi con uno specifico trattamento dei vapori acidi non previsto nella centrale B.

      Il syngas con cui si alimentano i motori della centrale B, per il 17% è composto da monossido di carbonio, quindi non sorprende che questo composto sia uno dei principali inquinanti presenti nei suoi fumi.

      Gli abitanti dei due Comuni, tenuti totalmente all'oscuro della realizzazione delle centrali, si sono mobilitati contro la loro realizzazione.

      Grazie a questa mobilitazione informata della cittadinanza, Il progetto della centrale A è stato ritirato. Per la centrale B è stato fatto ricorso al TAR.
      In Italia si registrano decine di casi analoghi con la nascita di comitati contrari alla realizzazione di questi "corpi estranei" e favorevoli ad una corretta manutenzione dei boschi.

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    2. 1) Chiaramente l'inquinamento della laguna riguarda l'acqua della stessa e non l'aria (che comunque ha avuto un andamento simile).
      2) Sono proprio quelle grandi navi a portare molti turisti in laguna, oltre all'aeroporto, le auto ed infine la stazione ferroviaria.
      3) Le "marmitte catalitiche" dopo un motore, tipiche per le centrali a syngas, abbattono il monossido di carbonio molto di meglio di una centrale a combustione (i dati che hanno fornito non tornano).
      4) Il deprezzamento e la fuga dei turisti è ancora tutta da dimostrare (ci sono dati in merito?), non si tratta di centrali termoelettriche ben visibili, ma di oggetti dentro capannoni industriali.... dubito che possano influire sul turismo.
      5) Le persone vivono perennemente nell'indifferenza e si svegliano solo ogni tanto ed i comitati nascono contro l'eolico, l'idroelettrico, la geotermia, la discoteca, la piadineria sotto casa, il barbone che chiede l'elemosina nella via del centro, ecc. Perchè non ci sono comitati contro l'uso dell'auto? Perché non ci sono comitati a favore del blocco del traffico, visto che le auto sono la maggiore causa di inquinamento? Perché non ci sono comitati contro i camini domestici, che, come lei ha detto in più occasioni, producono più inquinamento di molte centrali?
      Facile sparare contro l'ultimo arrivato!
      Ma proporre delle soluzioni oltre che sparare a zero su certe tecnologie?

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  4. Alcune domande sorgono spontanee:
    - perché se questi impianti sono così pericolosi nel registro previsto da DM 6 luglio 2012 nel 2013 sono stati iscritti e quindi autorizzati 400 impianti? ARPA, USL, Comuni, Province si sono tutti bevuti il cervello?
    - perché, se questi impianti sono così pericolosi, non c'è una levata di scudi da parte di Università, Centri di ricerca, CNR, ecc., come hanno fatto per il nucleare? Tutti incoscienti?
    - perché lei è praticamente l'unico a dire certe cose? In ogni paese dove c'è un impianto a biomasse il suo nome sembra l'unico ad apparire sempre?
    - Non è che lei tra il blog e i suoi interventi nei paesi lei ha creato un remunerativo lavoro?
    - Permette che ci sia il dubbio che lei non sarebbe il primo a fare i soldi o carriere politiche gridando mezze verità?

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  5. Non sono il solo ad essere preoccupato per la crescita esponenziale di centrali alimentate a biomasse.
    Nel 2010 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha inserito il fumo di legna nell'elenco dei possibili cancerogeni per l'uomo e un notevole numero di studi condotti in tutto il mondo, dalla Svezia agli Stati Uniti, conferma l'impatto ambientale e sanitario prodotto dalla combustione della legna.
    Siamo in attesa di studi che verifichino i reali impatti delle tante centrale a biomasse che si stanno realizzando grazie ai generosi incentivi pubblici e allora vedremo.
    Sono storie che abbiamo già visuuto per l'amianto, il benzene, i policiclici aromatici, il cromo, le diossine che, fino a pochi anni fa nessuno controllava e tutti ne autorizzavano uso ed emissioni.
    Oggi anche qualche ARPA si sta accorgendo del problema biomasse e pubblica dati simili ai miei.
    E anche l'Unione Europea comicia ad avere dubbi.
    Nel "Environmental Indicator Report 2013" si riconosce che "la combustione di biomasse comporta l'emissione di gas serra e di inquinanti. In assenza di adeguate protezioni, alcune forme di biomasse possono offrire pochi benefici ambientali rispetto ai combustibili fossili".
    Tutti gl impianti da me esaminati (una decina) potevano essere inquadrati in questa categoria, in quanto non progettati per il recupero di calore per il teleriscaldamento. In queste condizioni questi impianti peggioravano la qualità dell'aria dei territori che li ospitavano, senza benefici per i residenti.
    In accordo con le Leggi vigenti, questi impianti non dovevano essere autorizzati, come peraltro prevede la normativa che si è data la Regione Emilia Romagna (anche in questo caso sono in buona compagnia).

    Se tutti gli altri 390 impianti a biomasse autorizzati prevedono il teleriscaldamento e in questo modo, con lo spegnimento di impianti convenzionali, migliorano la qualità dell'aria dei territori che li ospitano la loro autorizzazione è corretta.
    Sono alcuni anni che, come ricercatore presso l'Istituto per la Ricerca sul cancro di Genova, mi sono occupato del problema, conducendo studi sull'inquinamento domestico in abitazioni riscaldate con la legna, presentati a convegni e pubblicati. Nelle mie pubblicazioni, come richiesto, ho dichiarato di non avere conflitti di interesse (tanto per capirci, non ricevevo e non ricevo finanziamenti dalle multinazioni del petrolio o simili). Può affermare altrettanto?
    Avendo acquisito questa esperienza e avendo capito che è un problema serio, ben volentieri la metto a disposizione dei comitati che me la chiedono.
    E' un modo per continuare a praticare, anche in pensione, la prevenzione primaria dei tumori di origine ambientale che ho praticato per tutta la mia attività lavorativa.
    Se oggi i genovesi respirano molto meno cancerogeni di quanto ne respiravano 30 anni fa e si ammalano di meno per tumore polmonare questo è anche merito della mia ricerca e di quella di tanti colleghi con cui condividiamo questo obiettivo.
    E mi creda, in questo modo non mi arricchisco. Visto che i miei committenti sono sempre comitati squattrinati, le mie parcelle sono quasi simboliche.
    Per mia fortuna sono riuscito a sfuggire alla riforma Fornero e godo di una buona pensione che mi permette di divertirmi gestendo questo Blog e girando l'Italia a tenere conferenze, per le quali, non ci crederà, ma chiedo solo il rimborso delle spese di viaggio e l'ospitalità.





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