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venerdì 23 maggio 2008

L'Avvocato del Diavolo

L'avvocato del diavolo
L'amico Gianni Mattioli si è messo a fare l'Avvocato del Diavolo e mi ha chiesto dieci buoni motivi per relegare gli inceneritori ad un ruolo marginale nella gestione dei materiali post consumo.

Ecco la mia risposta:



Caro Gianni

eccoti qualche ragione a supporto di scelte che giustificano un ricorso marginale all'incenerimento con recupero energetico ( 10-15%):



- E' il sistema di trattamento più costoso

- Ha tempi di ammortamento  degli investimenti eccessivamente lunghi (20 anni)

- Necessita di grandi economie di scala

- Si pone in oggettiva concorrenza con un riciclo poco più che dignitoso, 40-50% ( riciclo vero, non  quello che è un incenerimento mascherato come avviene per le plastiche miste raccolte in modo differenziato con il sistema a campane, di così bassa qualità che il loro incenerimento è garantito). Se il riciclo supera questa quota anche con le plastiche ( presenti nei rifiuti per il 15-20% in peso) non c'è più niente da bruciare

- E' un sistema rigido, incapace di assecondare i mutamenti in atto: aumento riciclo con il porta a porta, avvio di politiche di riduzione ( vuoto a rendere), introduzione di imballaggi biodegradabili, recuperi con sistemi di selezione meccanici

- Gli attuali incentivi a favore dell'elettricità prodotta con l'incenerimento creano una concorrenza sleale con tutti gli altri metodi di recupero

- Non elimina affatto la necessità di discariche, produce rifiuti solidi pari al 20-30% del materiale in ingresso

- L'ecotossicità delle ceneri è ancora oggetto di studio e i risultati segnalano che questo problema è stato ampiamente sottovalutato.

- Sono prevedibili ed auspicabili norme comunitarie più restrittive  per la gestione delle ceneri, norme che inevitabilmente aggraveranno costi e consumi energetici.

- Trasforma in composti tossici (fumi e ceneri) composti sostanzialmente innocui ( imballaggi) o igienizzabili con tecniche biologiche ( compostaggio e fermentazione anaerobica).

- Per i nostri climi il teleriscaldamento non giustifica l'investimento in queste tecnologie

- La realizzazione di impianti di incenerimento nei centri abitati per utilizzare il teleriscaldamento  aumenta imprudentemente  il numero degli esposti

- Le attuali normative  europee per i composti persistenti e i distruttori del sistema endocrino  emessi dagli inceneritori non tengono conto dei reali meccanismi di esposizione (accumulo nell'ambiente e lungo la catena alimentare e l'effetto cumulativo delle altre fonti di questi composti ).

- Norme giapponesi in cui si conteggiano le diossine presenti nei fumi e nelle ceneri non sarebbero rispettate da impianti italiani che vanno per la maggiore

- Un moderno inceneritore emette meno inquinanti in atmosfera per unità di volume di fumi, di uno della penultima generazione ma la sua capacità per l'economia di scala è enormemente aumentata( 600.000 -700.000 ton/anno), con immissione nell'ambiente di quantità  di composti persistenti non molto dissimile di quella prodotta dai vecchi impianti più piccoli ( 90-100.000 ton/anno).

- Gli studi epidemiologici ben fatti segnalano rischi sanitari per la popolazione esposta ai fumi degli inceneritori. Questo significa che i composti emessi da questi impianti hanno un effetto biologico dannoso per la salute. E' probabile che i rischi maggiori siano creati dai composti persistenti e bioaccumulabili che continuano ad essere prodotti ed emessi anche dai nuovi impianti

_ a confronto con il riciclo, in base a serie analisi di cicli di vita  è quest'ultimo che ha minor impatto ambientale, maggior risparmio energetico e minore emissioni di gas serra. E questo vale sia per la plastica che per la carta.

- Si mette in concorrenza  sleale con chi ricicla carta e legno, sottraendogli indispensabili materie seconde

- Non è una scelta obblgatoria: un giusto mix di riduzione, riciclo, compostaggio, fermentazione anaerobica con produzione di bio-metano e trattamenti meccanico biologici per la frazione indifferenziata e si può chiudere il cerchio, mettendo a stoccaggio una quantità di scarti inerti pari alle ceneri che, a parità di materiali trattati, il modello Brescia avrebbe prodotto.

- Stanno entrando sul mercato tecniche di separazione e trattamenti chimici e biochimici delle frazioni miste di cellulosa e plastiche ( quello che residua da trattamenti meccanico biologici) in grado di offrire ulteriori recuperi di materia e la produzione di combustibili liquidi ( gasolio)



- Gli inceneritori austriaci immettono in atmosfera 44 nanogrammi di diossine equivalenti ogni 1000 chili di rifiuti inceneriti, alcuni dei migliori inceneritori italiani viaggiano sui 170 ng/ ton.



- Se si sommano le diossine emesse nei fumi con quelle presenti nelle ceneri , nella maggior parte dei casi questa quantità  (10400 ng/ton ) è maggiore di quella presente nei rifiuti (2700 ng/ton nel 1999  e in ulteriore diminuzione in corrispondenza ad una minore contaminazione dei nostri cibi con l'eccezzione della mozzarella di bufala nostrana



- Le concentrazione di metalli tossici, idrocarburi policiclici aromatici, diossine che si trovano nelle ceneri sono spesso maggiori di quelle presenti nei rifiuti inceneriti.



Può bastare?

Postato da: federico46 a 22:12 | link | commenti (5)
ambiente e salute, materiali post consumo


Commenti:

#1  22 Maggio 2008 - 12:58
Grande dottor Valerio!
Per la parte dei poli-accoppiati cellulosa-alluminio come il Tetrapak, in Italia dovrebbero già esserci degli impianti per il suo recupero. Questo stando a quanto il sito del Tetrapak comunica. Speriamo che il ministro Mattioli prenda seriamente in considerazione ciò che lei gli ha riferito.

Grazie per il suo lavoro!
Elia
utente anonimo

#2  22 Maggio 2008 - 14:28
Ottime considerazioni.
L'unico obiettivo serio e concreto di qualsiasi amministrazione pubblica dovrebbe essere quello di puntare ad una % di incenerimento = 0, ovvero alla tutela della salute dei cittadini.
Se non sbaglio, l'amico cui fa riferimento il prof. Valerio non è il ministro Matteoli ma un ex parlamentare dei Verdi.

Occorre insistere con gli attuali politici e sfinire i nuovi ministri con questi e altri articoli, invitandoli a visitare i luoghi dove la strategia "rifiuti zero" è una realtà!

Altrimenti tra qualche mese ci troveremo di fronte a schiere di super-esperti pro-cancrovalorizzatori stipendiati dal politicante di turno che con 5-10 interventi in trasmissioni TV, radio, giornali, propugneranno il solito elogio del recupero energetico ....
utente anonimo

#3  23 Maggio 2008 - 12:58
il tetrapak va riprogettato
non riciclato, non smaltito:
RIprogettato.

è troppo energivono nella produzione/assorbimento di materie prime
è troppo energivoro post consumo.

Rifiuti zero è questo:
gestione ottimale e riduzione di quanto possibile (più dell'80% del totale OGGI)
riprogettazione industriale di materiali problematici.

Aggiungo il centro di Vedelago per completare il cerchio ben espresso dal Professor Valerio, e arrivare al 99% di riutilizzo complessivo, anche del malamente definito "secco non riciclabile":

http://it.youtube.com/watch?v=VJ7ZWkSPqOM

Comune di Capannori, 45mila abitanti:
(porta a porta)

Sul sito si trova anche una scheda sull'esperienza di Capannori sulla raccolta differenziata ed il percorso verso rifiuti zero:
www.comune.capannori.lu.it

Un cordiale saluto, Roberto Pirani
www.buonsenso.info
utente anonimo

#4  23 Maggio 2008 - 13:01
le virgolette....

"Il risparmio di conferimento è stato per l’anno 2007 di 2.348.000 euro
Con queste risorse abbiamo potuto autofinanziare il passaggio al nuovo sistema" (porta a porta)

Comune di Capannori comunicazione ufficiale

(le chiacchiere da bar le lasciamo ai fantasisti bipartisan a media unificati)
utente anonimo

#5  23 Maggio 2008 - 21:42
Grande Valerio!

No, non può bastare, ne vorranno sempre di più, dato che basta un veronesi che dice "zero" in TV per annullare le montagne di dati a sfavore.

Aggiungerei che l'utilizzo degli inceneritori toglie qualsiasi necessità di investimento verso politiche di riduzione, pertanto così come accade ad esempio a Brescia, più capacità di incenerimento si correla con un aumento spaventoso di rifiuto procapite prodotto nella stessa zona di pertinenza.

Aggiungiamo anche che l'energia recuperata è circa quattro volte inferiore rispetto a quella risparmiata riciclando.

Per ultimo aggiungerei la svalutazione degli immobili che si ritrovano ad essere circostanti alla zona di ubicazione dell'impianto..

Devo continuare anche io ?
utente anonimo

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