la ringrazio per le risposte che ha dato alle mie domande che le sono state lette durante la sua conferenza tenuta a Napoli il 15 gennaio.
La prima domanda, letta in modo corretto , chiedeva il suo parere sui risultati di studi scientifici indipendenti che affermano che il riciclo comporta minori impatti ambientali e maggior risparmio energetico rispetto all’incenerimento con recupero di energia.
Dalla sua risposta, ho avuto l’impressione che non sia a conoscenza di questi studi.
Se lo gradisce, sarà mia cura inviarle la bibliografia e copia di alcuni di questi lavori. Comunque, per sua conoscenza, uno di questi studi è stato commissionato dal CEWEP
( Confederation of European Waste-to Energy Plants, Confederazione Europea gestori di impianti per il recupero energetico dai rifiuti) che ha messo a confronto gli studi sugli impatti ambientali derivanti dal riciclo e dalla termovalorizzazione di carta e plastica e le conclusioni sono, alla lettera:
“Il riciclaggio di materiali raccolti alla fonte con una buona differenziazione provoca un minor impatto ambientale rispetto all’incenerimento con recupero energetico”.
Certo non si può riciclare il 100 per cento della carta post consumo, come lei ha correttamente affermato, e concordo anche con la sua affermazione che la carta non si può riciclare più di alcune volte.
Tuttavia con sistemi di raccolta innovativi , che dal suo intervento mi sembra non le siano famigliari e che, in Italia chiamiamo “Porta a Porta “ e negli Stati Uniti “Curb Side Recycling”, nel nostro Paese, compresa la Campania, riusciamo a raccogliere in modo differenziato oltre il 70% dei nostri scarti. E la capacità delle nostre famiglie di riconoscere di quale materiale sono fatti i nostri scarti (carta, vetro, plastiche, metalli…) garantiscono separazioni di alta qualità, idonee per un loro successivo riciclo, scelta che ci fa risparmiare più energia di quella che si riesce a recuperare con l’incenerimento.
Per quanto riguarda l’uso finale delle fibre di cellulosa, troppo corte per essere riciclate, mi permetto di ricordarle che, vista la loro biodegradabilità, possono essere compostate e ancor meglio utilizzate in impianti di fermentazione anaerobica che, come lei forse sa, permettono interessanti recuperi energetici , in quanto il carbonio presente negli scarti, è trasformato in metano, grazie all’attività metabolica di microorganismi anaerobi.
Anche in questo caso lo studio commissionato dalla CEWEP è stato costretto a constatare che la fermentazione anaerobica ha un impatto ambientale inferiore a quelli dell’incenerimento con recupero energetico.
La sua opinione che sia preferibile incenerire la plastica che contiene cadmio mi lascia, invece, molto perplesso. Questa mia perplessità è certamente condivisa da tutti coloro che si occupano di chimica e tossicologia ambientale, ma ancor più dai gestori di impianti di incenerimento. Come lei afferma, oggi il cadmio è usato come stabilizzante del PVC (Poli Vinil Cloruro). In questa matrice polimerica, il cadmio non è ceduto all’ambiente e quindi non produce problemi di tossicità ambientale, anche perché la sua forma chimica lo rende poco solubile in acqua, caratteristica che garantisce un rischio tossicologico molto basso. Se il PVC è incenerito, il primo problema riguarda la sicurezza dell’impianto di incenerimento, a causa dell’acido cloridrico che inevitabilmente si produce e del suo effetto corrosivo sull’impianto; il secondo problema è che il cadmio insolubile ( atossico) si trasforma in cloruro di cadmio altamente solubile in acqua e altamente volatile, caratteristiche che aumentano a dismisura la tossicità di questo metallo.
Certamente i moderni e costosi impianti di trattamento dei fumi dei nuovi inceneritori evitano che gran parte del cadmio volatilizzato vada in atmosfera, ma chi è più prudente di lei preferisce evitare che il PVC finisca tra i rifiuti da termovalorizzare. Mi riferisco ai gestori dei rifiuti di Copenhagen che si guardano bene di incenerire gli scarti in PVC che, raccolti in modo differenziato, sono stoccati in uno specifico settore della discarica a servizio della città. Per sua informazione le posso assicurare che la chimica è già in grado di riciclare integralmente il PVC post consumo, senza i problemi indotti dall’incenerimento.
Per quanto riguarda la seconda domanda, mi scuso con lei , ma il giornalista che l’ha letta l’ha sintetizzata a suo modo e dubito che anche gli italiani presenti abbiano capito.
Le riscrivo il testo integrale di questa domanda:
I paesi europei tassano, anche pesantemente, l'incenerimento dei rifiuti urbani, anche se effettuato con impianti che recuperano la loro energia termica con la produzione di energia elettrica e calore.
L'entità di queste tasse (valori riferiti al 2000),per ogni
tonnellata di rifiuto incenerita è di 14-71 € in Austria, 3,7-22,3€ in Belgio, 38-44€ in Danimarca, 9 € in Svezia.
Ci può spiegare le motivazioni alla base di questa scelta? Che ne pensa della scelta italiana di assimilare i rifiuti urbani a fonte di energia rinnovabile e quindi poter accedere al mercato dei Certificati Verdi grazie ai quali una tonnellata di rifiuti italiani inceneriti riceve incentivi per 25-50 €?
Aspetto fiducioso una sua risposta a queste specifiche domande.
Da quanto lei stesso affermato, è evidente che recuperare energia dai rifiuti è poco efficente e costoso e che quindi non è questo il principale motivo per cui si è scelta questa tecnologia.
Non sono a corrente dei motivi per cui il suo paese (Austria) tassa il recupero energetico dai rifiuti, posso tuttavia segnalarle i motivi del governo danese, a commento della legge che nel 1986 istituiva la tassa all’incenerimento:
“Ridurre la quantità di rifiuti che vanno all'incenerimento o alla discarica. La tassa promuoverà il riciclo e spingerà le imprese ad applicare tecnologie con una bassa produzione di rifiuti"
E per concludere mi permetto di dissentire dalla sua affermazione che lo scopo primario dell’incenerimento sia quello di trasformare I rifiuti da forme rischiose per la salute a forme innocue.
E’ vero proprio il contrario.
Nei rifiuti urbani non sono presenti ossidi di azoto e polveri sottili che si formano durante la combustione e metalli quali piombo, mercurio, nei rifiuti sono presenti in forma non biodisponibile e quindi a basso rischio tossicologico.
L’unico vero problema igienico-sanitario dei rifiuti urbani (e nell’emergenza Campana) è data dalla presenza di scarti putrescibili (in prevalenza scarti di cibo) che trattamenti meccanico-biologici (ben gestiti) sono in grado di eliminare dopo circa venti giorni di trattamento. I sottoprodotti sono anidride carbonica, acqua, compost biologicamente inerte e composti organici volatili di bassa tossicità, questi ultimi perfettamente controllati da filtri biologici. Il calore sviluppato dall’attività metabolica dei microorganismi che provvedono alla bio-ossidazione (60-70°C) elimina la carica batterica pericolosa per la salute umana (Salmonelle, Escherichia coli) e ovviamente non induce le reazioni chimiche indesiderate che avvengono durante l’incenerimento.
E un corretto confronto tra le emissioni di questi impianti di trattamento meccanico biologico e quello degli inceneritori con recupero energetico, permette di verificare I netti vantaggi ambientali dei primi. E, a quanto mi dicono gli esperti del settore, anche i costi e i tempi di realizzazione dei sistemi meccanico biologici sono nettamente minori dei costi e dei tempi di realizzazione dei cosidetti termovalorizzatori.
Mi farebbe piacere approfondire con lei questi argomenti, se ce ne sarà l’occasione.
Per il momento le invio I miei più cordiali saluti
Dr. Federico Valerio
Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro
Servizio Chimica Ambientale. Genova
Postato da: federico46 a 09:57 | link | commenti (5)
ambiente e salute, vedi napoli, materiali post consumo
Commenti:
Caro Federico Valerio,
Oltre allo studio di Denison sui bilanci energetici, ho trovato un altro studio analogo svedese di "Goran Finnveden" che ripropone indipendentemente gli stessi risultati.
Si chiama "Life Cycle Assessments of Energy from Solid Waste"
Se mi scrive posso inviarle il PDF, oppure quì:
www.infra.kth.se/fms/pdf/LCAofenergyfromsolidwaste.pdf
Oltre allo studio di Denison sui bilanci energetici, ho trovato un altro studio analogo svedese di "Goran Finnveden" che ripropone indipendentemente gli stessi risultati.
Si chiama "Life Cycle Assessments of Energy from Solid Waste"
Se mi scrive posso inviarle il PDF, oppure quì:
www.infra.kth.se/fms/pdf/LCAofenergyfromsolidwaste.pdf
Grande Federico!
Ma la lettera l'hai fatta anche in inglese? Se sì, la pubblichi? Se no, ci posso pensare io a tradurla. Dimmi tu.
Fabio
Ma la lettera l'hai fatta anche in inglese? Se sì, la pubblichi? Se no, ci posso pensare io a tradurla. Dimmi tu.
Fabio
utente anonimo |
Caro Fabio
fai pure la traduzione. Io cercherò l'indirizzo di Brunner e poi vediamo.
Se nel frattempo cercate di fare uscire la mia lettera in qualche giornale napoletano...
fai pure la traduzione. Io cercherò l'indirizzo di Brunner e poi vediamo.
Se nel frattempo cercate di fare uscire la mia lettera in qualche giornale napoletano...
Egr. Professore, la prego promuova e sostenga il progetto Virobori della Fondazione Poieo
www.fondazionepoieo.it
Forse non ci crederà ma la Poieo ha prodotto e sta testando quella che pare possa essere la CURA per i tumori.
Il suo aiuto è prezioso!
www.fondazionepoieo.it
Forse non ci crederà ma la Poieo ha prodotto e sta testando quella che pare possa essere la CURA per i tumori.
Il suo aiuto è prezioso!
ma perchè ci facciamo amministrare sempre dagli ignoranti?
Professò, lavorate con De Gennaro, per non dire al posto suo.
Professò, lavorate con De Gennaro, per non dire al posto suo.
sacchett |