Genova e in particolare Cornigliano, dal 2002, con la chiusura della cokeria, seguita, nel 2005, dall’abbattimento degli altiforni, ha posto fine alla sciagurata idea, nata nel dopoguerra, di produrre acciaio in mezzo alle case di un quartiere densamente popolato.
Durante i 52 anni di pesante inquinamento dell’aria, dentro e fuori la fabbrica, con polveri, ossidi di azoto, anidride solforosa, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, diossine…, i lavoratori dell’Italsider e la popolazione di Cornigliano hanno pagato un caro prezzo, sotto forma di gravi danni alla propria salute e minore aspettativa di vita.
La chiusura delle aree a caldo ha rapidamente prodotto un netto e costante miglioramento dell’aria del quartiere.
Con la cokeria in funzione, presso le abitazioni distanti 500 metri dagli impianti, si registravano, mediamente, circa 5 nanogrammi di benzopirene, un potente cancerogeno, per metro cubo d’aria.
Il 7 febbraio del 2002, il giorno dopo la chiusura della cokeria, come previsto, il benzopirene scendeva costantemente a 0,3 nanogrammi per metro cubo, un valore nettamente inferiore al limite annuale di 1 nanogrammo per metro cubo, ancora oggi in vigore.
E, come ci si aspettava, respirare aria più pulita ha subito fatto bene a ragazzi e ragazze, da 0 a 14 anni.
Uno studio, effettuato nel 2005 dall’Istituto Nazionale Ricerca Tumori di Genova, ha evidenziato come, con l’acciaieria in funzione, il tasso di ricoveri ospedalieri per problemi respiratori dei giovani di Cornigliano fosse costantemente più elevato dei ragazzi residenti in altri quartieri della città: da 10 a 25 ricoveri in più, all’anno.
Chiusa la parte a caldo dell’acciaieria, quella più inquinante, questa differenza è sparita!
Quindi gli abitanti di Cornigliano hanno abbondantemente già dato allo sviluppo e all’occupazione della città ma, inaspettatamente, continuano a “dare”: ancora oggi, nel quartiere di Cornigliano, anno dopo anno, si continua a registrare il maggiore tasso di mortalità maschile e femminile, rispetto a tutti gli altri quartieri genovesi.
Una possibile spiegazione di questo singolare fatto, riscontrato anche in altre aree pesantemente inquinate, potrebbero essere i danni epigenetici indotti da due inquinanti emessi in grandi quantità nella produzione dell’acciaio: gli idrocarburi policiclici aromatici e le diossine.
Si tratta di particolari danni al DNA che, senza modificarlo, ne altera l’espressione, favorendo tumori e malattie.
Alterazione che si trasmette, con gli stessi effetti, di generazione in generazione!
Un’ampia letteratura scientifica dimostra che nelle emissioni in atmosfera di forni elettrici, anche quelli definiti “green”, sono presenti idrocarburi policiclici aromatici e diossine, in quantità tutt’altro che trascurabile.
Evidentemente il disprezzo della conoscenza, l’ignoranza delle esperienze, il mito della crescita infinita, continua a generare mostri.
Dr. Federico Valerio
Chimico Ambientale