L'altro giorno ho letto a mia mamma, oggi 92 anni e napoletana verace, il brano dal "Viaggio in Italia" in cui Goethe descrive l'attività di raccolta differenziata dell'umido, realizzata "ante litteram" dal popolo napoletano alla fine del 1700.
Nei suoi ricordi, molto più recenti, c'è quella di un singolare figura di ambulante che lei ricorda come il "saponaro".
La mamma ricorda che l' attività di questo personaggio era quella di girare nei paesi e nelle città, per raccogliere stracci, con un interessante forma di baratto.
In cambio degli stracci, il saponaro offriva oggetti a scelta, messi in mostra sul suo carretto, ma anche sapone, da cui il suo nome.
La qualità di una caraffa in vetro, che mia mamma ricorda essere frutto di questi baratti e che ancora oggi fa bella mostra di se nel suo salotto, testimonia il fatto che questo tipo di commercio fosse tutt'altro che povero.
Insomma, grazie all'attività del saponaro, oggetti frutto di svendite o fallimenti trovavano un nuovo padrone; gli stracci (dopo un probabile onorevole uso per vestire tutti i figli, passando dal primogenito ai fratelli minori) diventavano dell'ottima carta e il saponaro da tutto questo giro, guadagnava onestamente la sua giornata.
Il tutto a rifiuti zero, compreso il trasporto del carretto che avveniva o a mano o con l'aiuto di un asinello.
E una ricerca in rete mi ha permesso di aggiornare i ricordi di mia madre.
"Il saponaro (in napoletano sapunaro) è un antica professione presente a Napoli, risalente alla prima metà del XX secolo. Queste figure erano solite passare di casa in casa per raccogliere oggetti di cui la gente voleva disfarsi o vecchia mobilia. In cambio il saponaro rendeva invece di soldi, pezzi di sapone.
Questo detergente era prodotto dai monaci olivetani che erano ospiti del Monastero accanto alla Chiesa di Santa Maria di Oliveto, oggi nota con il nome di Sant’Anna dei Lombardi.
Sant'anna dei Lombardi, Napoli |
Questo mestiere era praticato da chi non era capace di esercitare alcuna arte. Il saponaro, infatti, era solito accettare di tutto, in particolare mappine, vestiti consumati e malandati, scarpe vecchie e oggetti di vario utilizzo.
Da qui nasce il proverbio “ccà ‘e pezze e ‘ccà ‘o sapone” riferito all’equità dello scambio.
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