Risale al 1977 la scoperta che gli inceneritori sono una importante fonte di diossine e furani, composti in grado di interferire con il nostro sistema ormonale a dosi estremamente basse.
Della famiglia chimica delle diossine e dei furani fanno parte un centinaio di diverse molecole, caratterizzate da diversa tossicità.
In questo post, il termine "diossine" fa sempre riferimento alla somma di diossine e furani.
Per mettere a confronto la tossicità complessiva di queste miscele, che hanno composizioni diverse a seconda della fonte da cui derivano, è stato introdotto il concetto di Tossicità Equivalente (Teq).
A partire da quegli anni, è una rincorsa tra la progettazione di sistemi di trattamento fumi, sempre più complessi e costosi, in grado di ridurre le emissioni di "diossine" in atmosfera da parte degli inceneritori e le dosi, giudicate tollerabili, a carico delle popolazioni esposte, come mostrano le Figure 1 e 2.
Fig. 1: Stima delle emissioni annuali di "diossine" da parte degli inceneritori italiani
(ISPRA)La Figura 1 mostra come, a partire dal 1990, la quantità di "diossine", stimata essere stata emessa annualmente da parte di tutti gli inceneritori attivi sul territorio nazionale, sia andata progressivamente calando.
Si è passati da 103 grammi Teq di "diossine", emessi nel 1990, agli 8 grammi Teq del 2005.
Da allora, fino al 2017, ultimo anno disponibile, la quantità di "diossine" che si suppone uscire dai nostri "termovalorizzatori", e' stabile, tra 7 e 8 grammi Teq.
Questa riduzione è stata ottenuta con modifiche del combustore e con un migliore controllo delle temperature nella caldaia e con sistemi di trattamento fumi, via via più complessi, che sono stati resi obbligatori per tutti gli impianti di incenerimento italiani, a partire dal 2001.
Questa strategia, ha ridotto le emissioni di "diossine" in atmosfera, ma ha trasferito la tossicità ai rifiuti solidi (polveri fini, carboni attivi...) derivanti dai trattamenti fumi e ovviamente classificabili come rifiuti tossici.
Nel corso degli stessi anni (Figura 2), la ricerca scientifica e diversi organismi sanitari internazionali ed europei hanno evidenziato che le "diossine", prevalentemente assunte tramite il cibo in cui si sono concentrate lungo la catena alimentare, hanno effetti sanitari gravi a dosi via via più basse, come mostra la Figura 2.
Figura 2: Dosi Tollerabili di "diossine" proposte in epoche diverse, espresse come picogrammi di diossine assunte giornalmente per chilogrammi di peso del soggetto esposto.
La Figura 2 mostra che, nel 1991, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in base alle evidenze scientifiche in quegli anni disponibili, avesse stabilito che ingerire, ogni giorno, 10 picogrammi di "diossine", per chilogrammo di peso corporeo, poteva essere considerato un fatto tollerabile, con riferimento al rischio sanitario connesso.
Poiché il picogrammo equivale ad un miliardesimo di milligrammo, dovrebbe essere evidente che "produrre" "diossine" e disperderle nell'ambiente, sia una pratica da evitare.
Dieci anni dopo, nel 2001, l'unione Europea, in base a nuove evidenze sperimentali, riduceva a 2 pico-grammi Teq, per chilo di peso, la nuova Dose Tollerabile.
L'ultimo aggiornamento è nel 2018, da parte dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, che riduce ancora la Dose Tollerabile Giornaliera di "diossine" a 0,28 picogrammi Teq per chilo.
Vediamo ora di capire cosa significa una Dose Tollerabile Giornaliera di tale entità.
Le Direttive europee e la normativa italiana che ha approvato queste Direttive, fissano a 100 picogrammi la quantità massima di "diossine" che può essere presente in un metro cubo di fumi emessi dal camino di un inceneritore di scarti urbani.
Nel 2014 è entrato in funzione uno degli ultimi inceneritori italiani: quello di Torino, in località Gerbido.
Il gestore di quest' impianto garantisce di poter sempre far funzionare l'impianto con una emissione di "diossine" non superiore a 50 picogrammi per metro cubo di fumi.
L'inceneritore di Gerbido è progettato per trattare fino a 421.000 tonnellate di scarti all'anno.
A questo scopo, l'inceneritore utilizza tre diverse linee di incenerimento, con le stesse caratteristiche, comprese i sistemi di trattamento fumi, che possono operare separatamente.
Ogni linea, funzionando per 24 ore, immette in atmosfera 3.048.000 metri cubi di fumi "depurati".
Come abbiamo visto, in ciascuno di questi metri cubi di fumi depurati, continuano ad essere presenti 50 picogrammi di "diossine".
Pertanto il funzionamento di una sola linea di incenerimento, ogni 24 ore, nel pieno rispetto delle attuali norme, immette in atmosfera 152,4 milioni di picogrammi di "diossine" che, inevitabilmente ricadranno al suolo, nelle zone sottovento all'impianto.
Poiché le "diossine" sono chimicamente molto stabili, giorno dopo giorno si accumuleranno progressivamente nel suolo e quindi nelle piante che crescono in questi terreni.
I successivi passaggi, lungo la catena alimentare (vegetali, erbivori, carnivori...) comporta un progressivo accumulo di "diossine", massimo negli utilizzatori finali: i neonati, a cui le mamme cedono, tramite il loro latte, quantità importanti delle "diossine"che nella loro vita hanno accumulato nei loro tessuti adiposi.
152,4 milioni di picogrammi Teq di "diossine" equivalgono alla Dose Tollerabile Giornaliera di oltre sette milioni di adulti, ognuno pesante 70 chili.
Ovviamente solo una minima parte delle "diossine" prodotte dall'incenerimento finisce nei nostri piatti e nelle tazze del latte, una evenienza che dovrebbe essere controllata regolarmente con tecniche analitiche disponibili.
L'enorme quantità di composti interferenti con i nostri sistemi endocrini, prodotta con le Migliori Tecnologie Disponibili , dall'incenerimento dei rifiuti merita una collettiva riflessione sulla opportunità di azzerare, letteralmente, questa contaminazione ambientale, niente affatto obbligata.
Un obiettivo possibile dando realmente la priorità a : Riduzione alla fonte, Riuso, Raccolta differenziata, Riciclo, Compostaggio.
E la frazione non riciclabile, in prevalenza plastiche miste, si può trattare in un modo più intelligente, stoccandola provvisoriamente in appositi depositi, dopo completa mineralizzazione con metodi biologici delle frazioni biodegradabili.
I volumi occupati potrebbero essere uguali a quelli necessari per stoccare all'infinito i residui tossici del trattamenti fumi, con l'ulteriore vantaggio che il carbonio fossile sarebbe segregato dall'atmosfera, fino al momento del recupero con trattamenti chimici reso economicamente possibile grazie alla ricerca.
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