Confesso che il mio livello di preoccupazione alla luce di quanto ha fatto il governo uscente e a quanto si appresta a fare quello entrante è in forte aumento.
La gestione della crisi napoletana sarà la cartina di tornasole di quanto ci attende nei prossimi anni.
Sarà difficile ma non è il caso di rassegnarsi, allego il documento della Assise di Napoli che illustra bene cosa sta succedendo.
Appello per il ripristino della legalità in Campania
per bloccare la strage del diritto e della Costituzione
Oggi in Campania i cittadini hanno perso i diritti garantiti dalla Costituzione e sono diventati schiavi. Una schiavitù provocata - contro i principi dello stato di diritto – dal protrarsi per 14 anni delle “procedure di emergenza” che consentono ai commissari straordinari, nominati dal Governo, di agire in deroga ad ogni legge dello Stato.
Tali procedure, infatti, se correttamente utilizzate, possono essere uno strumento utile per risolvere situazioni emergenziali. Ma che cosa significa “correttamente utilizzate”?
Quello che recita la legge 225/1992 sullo stato di emergenza in caso di calamità naturali: cioè, che con una Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (OPCM) un commissario straordinario può agire in deroga ad ogni disposizione vigente, ma sempre nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il che vuol dire:
- che l’“emergenza” deve essere limitata nel tempo e sul territorio;
- che ogni deroga richiede un’esauriente motivazione e deve essere puntuale (in quanto non è possibile derogare genericamente a un settore dell’ordinamento giuridico);
- che le competenze del commissario devono essere precisamente individuate per evitare che si creino sovrapposizioni tra la struttura commissariale – per sua natura temporanea – e le strutture delle amministrazioni locali, con l’inevitabile deresponsabilizzazione di queste ultime.
Ma queste indicazioni della legge sono state stravolte in Campania, dove l’abnorme durata della suddetta emergenza e l’incontenibile quantità di OPCM (alcune emesse addirittura con cadenza settimanale) hanno determinato un numero talmente imprecisato di “deroghe” e di “deroghe delle deroghe” da determinare oggi in Italia un doppio quadro dell’ordinamento giuridico: un ordinamento giuridico generale, fondato sul principio di legalità, ed un ordinamento giuridico parallelo, che è quasi una contraddizione chiamare “giuridico” perché è una sorta di porta aperta alla deregulation più totale.
Infatti, a partire dall’ordinanza 2425 del 1996 - che affidava al commissario straordinario la stesura del piano per la gestione dei rifiuti campani e la realizzazione delle opere necessarie - ai commissari per l’emergenza rifiuti è stato consentito in questi anni di operare in deroga:
· alla normativa sulle espropriazioni e sui vincoli idrogeologici e paesistici;
· alla normativa sulla partecipazione da parte dei cittadini;
· alla normativa sulla localizzazione delle opere pubbliche;
· alla normativa in materia di rifiuti e alla normativa tecnica in materia di discariche;
· alla normativa in materia di contrattualistica pubblica sia interna sia a livello comunitario;
· alla normativa sull’impatto ambientale;
· fino alla ordinanza del gennaio 2008, che addirittura non specifica più neanche le leggi alle quali il commissario può derogare, ma prevede addirittura una deroga generica.
E il risultato degli oltre 1000 milioni di euro spesi finora dall’elefantiaca struttura commissariale è la prova inequivocabile del fallimento di questo procedere: perché le scelte fatte da varii commissari, fuori da ogni regola, hanno provocato disastri peggiori di quelli cui si voleva rimediare, rendendo la Campania vittima di un disastro giuridico oltre che ambientale e sanitario.
Il regime commissariale non ha infatti permesso l’applicazione della direttiva comunitaria 31/1999, che obbliga gli stati membri ad elaborare strategie per la riduzione dei rifiuti e vieta lo smaltimento di quelli biodegradabili in discarica, nonché impegna a predisporre misure particolari per lo smaltimento dei rifiuti speciali. Inoltre, in questi 14 anni, il sistema emergenziale ha consentito che si violasse la normativa di attuazione delle direttive europee, relativa al recupero della materia, in base alla quale «i rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti, con particolare riferimento al reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata (D.Lgs. n. 22 1997 artt. 4 e 5)». Infine si è permesso che venisse predisposto un Piano di smaltimento dei rifiuti solidi urbani totalmente sbilanciato sull’impiantistica ed in particolare sull’incenerimento, in contraddizione con la normativa che prevede, per lo smaltimento, l’uso «delle tecnologie più perfezionate a disposizione […] al fine di […] c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica (D.Lgs. n. 22/1997 art. 5 lett. c)»: il che vuol dire, in base al principio di precauzione, d’obbligo, in un territorio martoriato come quello campano, promuovere, per la parte residuale del ciclo rifiuti, tecnologie di tipo meccanico-biologico, escludendo categoricamente l’incenerimento.
Deve essere chiaro, dunque, che l’opposizione dei cittadini campani agli inceneritori, alle tante mega-discariche e agli innumerevoli siti di stoccaggio varati in questi 14 anni è un rifiuto delle modalità antidemocratiche, arbitrarie, anticostituzionali ed incuranti dei diritti fondamentali dei cittadini.
Pertanto il Coordinamento Regionale Rifiuti della Campania chiede di porre fine all’illegittimo regime di emergenza servito solo a sperperare danaro pubblico, affinché le future scelte vengano prese nel rispetto delle normative vigenti, sia italiane che comunitarie: le uniche in grado di garantire la salute dei cittadini
Caro utente anonimo
l'accusa di essere quelli del no è semplicemente falsa.
Le soluzioni le abbiamo e le pratichiamo, nei fatti a livello personale e nelle scelte politiche che cerchiamo di far fare ai nosti governanti.
Ti invito a trovare nel mio blog i post che riguardano il Modello Genova e i consigli inascoltati che un anno fà ci siamo permessi di dare a Bertolaso (vedi Napoli).
Genova non ha inceneritori e se tutto va bene non ne avrà. Anche Savona, La Spezia ed Imperia non hanno inceneritori per scelta e no siamo e non saremo in emergenza rifiuti, in quanto questa scelta ci permette liberamente di puntare al massimo sulla riduzione e sul riciclo.
Abbiamo convinto i nostri nuovi governanti di genova ( di centro sinistra) a partire con la raccolta porta a porta, a trattare l'umido con sistemi biologici ad avviare una energica politica di riduzione alla fonte. A giorni una commissione tecnica dovrà dirci come chiudere il cerchio. Certamente non sarà con un inceneritore con recupero energetico in quanto quello che avanza alle scelte che ti ho prima descritto non giustifica un tale impianto che deve essere grande per permettere grandi guadagni.
In quanto all'eolico vai a leggerti l'ultimo numero ell'Espresso e vedrai come in questo benedetto paese si è riusciti a trasformare in un imbroglio anche le fonti di energia rinnovabile, imbroglio a danno di tutti i cittadini che si aggiunge all'imbroglio dei termovalorizzatori, del nucleare e del ponte di Messina.