A distanza di pochi anni (quattro), gli Stati Uniti sono colpiti da una nuova, ancor piu' pesante, siccita'che sta mettendo in ginocchio la produzione agricola del Midwest, il granaio del mondo; la più grave mancanza di pioggia dal 1956, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), l'ente nazionale preposto al monitoraggio climatico.
Il fenomeno sta interessando oltre la meta' del paese.
La devastazione delle colture ha portato a valori record il prezzo dei principali cereali, mais, frumento e soia, mentre i bovini, sottoposti a stress da caldo, hanno ridotto fortemente la produzione di latte.
I produttori di mais pur di salvare il salvabile raccolgono in anticipo il mais e questo fa prevedere che anche la produzione di carne subirà pesanti effetti negativi.
Nelle ultime 24 ore le quotazioni dei cereali hanno raggiunto cifre da record: il mais è salito del 57 per cento rispetto a giugno, toccando 8,08 dollari al bushel (l'unità di misura statunitense equivalente a circa 24 chilogrammi).
Il prezzo del frumento ha raggiunto il livello più alto dall'agosto 2008, raggiungendo 9,83 dollari a bushel e i i semi di hanno hanno toccato i 17,16 dollari.
Le conseguenze della siccità negli Stati Uniti, aggravate dal maltempo che sta colpendo la Russia, altro gigante nella produzione di cereali, si faranno sentire a livello globale: l'America è il secondo esportatore mondiale di mais, il primo di frumento e soia.
E anche il Nord Italia deve fronteggiare lo stesso problema con migliaia di ettari coltivati a mais senz'acqua.
Pertanto è facile prevedere che anche nel nostro Paese si sentiranno gli effetti dei cambiamenti climatici globali (la siccità e' uno di questi effetti, il più pericoloso): ai tagli del Governo si aggiungeranno gli aumenti di carne, pane e pasta.
Da sottolineare il fatto che la produzione di mais richiede grandi consumi di acqua e di energia fossile e che il mais è prevalentemente usato per una produzione di lusso quale quella della carne.
E anche la nuova lucrosa moda, incentivata con denaro pubblico, di usare il mais per produrre bio-carburanti, una scelta ancora peggiore, è messa in crisi.
E' anche il caso di ricordare che la siccità mette in crisi anche la produzione di energia elettrica, compresa quella nucleare, che ha bisogno di grandi quantità di acqua per la produzione e il raffreddamento del vapore.
Insomma, se fossimo stati lungimiranti, da tempo, avremmo dovuto tutti consumare meno carne, usare meno l'automobile, aumentare l'efficenza energetica dei nostri consumi e rinunciare a maggiori profitti.
Che sia questa la profezia Maia!
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giovedì 19 luglio 2012
giovedì 12 luglio 2012
Nuove ipotesi per l'isola di Pasqua
L'Isola di Pasqua è famosa per le grandi statue di pietra lavica che si trovano lungo la costa.
Si è ipotizzato che la gara degli isolani a chi faceva la statua più grande e la trasportava più lontano dalla cava, abbia innescato un modello di sviluppo insostenibile per un'isola senza altre risorse se non le sue palme giganti.
In base a recenti studi e' possibile che non sia stata la deforestazione, attuata per procurarsi il legno per alzare e muovere le statue, a causare la grave crisi ambientale dell'isola e dei suoi abitanti.
L'ultimo numero di National Geographic ha dedicato un articolo a questo argomento, a supporto della tesi, verificata sul campo, che una trentina di uomini robusti possano muovere un Moai (il nome delle statue), pesanti oltre 80 tonnellate, usando solo corde ed una grande abilità.
Avete mai provato a spostare, da soli, un pesante comodino?
Lo si piega leggermente su un lato, si ruota in avanti , quindi si piega dall'altro lato, si ruota e così via...
Il fatto che tutti i Moai abbiano una base un pò bombata, con una sezione a forma di D, ha suggerito che lo stesso movimento ondulatorio usato per il vostro comodino possa aver permesso a tre squadre di uomini, ben coordinati, di spostare i Moai per diverse miglia, fino alla piattaforma dove erano posizionati a guardare il mare da cui, su lunghe canoe, secoli prima,erano arrivati gli antenati.
E allora quali furono le cause della desertificazione di un' isola che, in base a studi di paleobotanica, era lussureggiante di palme quando i primi uomini sbarcarono sulle sue coste?
Studi archeologici hanno confermato che sulle canoe c'erano anche ratti, trasportati volutamente come fonte di cibo. Fuggiti dal controllo dell'uomo e senza nemici naturali, i ratti si sono riprodotti a dismisura facendo banchetto dei semi di palma e decretando la progressiva scomparsa di questi alberi.
Insomma se la storia dello sviluppo insostenibile degli abitanti di Pasqua deve essere riscritto, si conferma ancora una volta l'estrema fragilità degli ambienti confinati.
E anche il nostro Pianeta è un ambiente, per quanto grande, con molti limiti.
Si è ipotizzato che la gara degli isolani a chi faceva la statua più grande e la trasportava più lontano dalla cava, abbia innescato un modello di sviluppo insostenibile per un'isola senza altre risorse se non le sue palme giganti.
In base a recenti studi e' possibile che non sia stata la deforestazione, attuata per procurarsi il legno per alzare e muovere le statue, a causare la grave crisi ambientale dell'isola e dei suoi abitanti.
L'ultimo numero di National Geographic ha dedicato un articolo a questo argomento, a supporto della tesi, verificata sul campo, che una trentina di uomini robusti possano muovere un Moai (il nome delle statue), pesanti oltre 80 tonnellate, usando solo corde ed una grande abilità.
Avete mai provato a spostare, da soli, un pesante comodino?
Lo si piega leggermente su un lato, si ruota in avanti , quindi si piega dall'altro lato, si ruota e così via...
Il fatto che tutti i Moai abbiano una base un pò bombata, con una sezione a forma di D, ha suggerito che lo stesso movimento ondulatorio usato per il vostro comodino possa aver permesso a tre squadre di uomini, ben coordinati, di spostare i Moai per diverse miglia, fino alla piattaforma dove erano posizionati a guardare il mare da cui, su lunghe canoe, secoli prima,erano arrivati gli antenati.
E allora quali furono le cause della desertificazione di un' isola che, in base a studi di paleobotanica, era lussureggiante di palme quando i primi uomini sbarcarono sulle sue coste?
Studi archeologici hanno confermato che sulle canoe c'erano anche ratti, trasportati volutamente come fonte di cibo. Fuggiti dal controllo dell'uomo e senza nemici naturali, i ratti si sono riprodotti a dismisura facendo banchetto dei semi di palma e decretando la progressiva scomparsa di questi alberi.
Insomma se la storia dello sviluppo insostenibile degli abitanti di Pasqua deve essere riscritto, si conferma ancora una volta l'estrema fragilità degli ambienti confinati.
E anche il nostro Pianeta è un ambiente, per quanto grande, con molti limiti.
lunedì 9 luglio 2012
Beer Bike Bar
In Italia potremmo chiamarlo " Bevi e Pedala". Di fatto è un bar mobile che va a "BioEtanolo"(quello della birra) che alimenta dieci motori umani. I nuovi "galeotti felici", pedalano allegramente e nel frattempo possono fare diverse cose, oltre a consumare fresche birre alla spina: chiacchierare con il pedalatore vicino, ammirare la città, leggere il giornale al fresco, farsi due belle risate in compagnia...
Ovviamente c'è un guidatore, rigorosamente astemio e a prova di palloncino.
L'inventore del Bar Mobile sta facendo soldi a palate e il suo automezzo ad impatto zero sta girando in tante città sparse per il mondo.
Ce lo vedrei bene girare per la nostra Genova, alimentato a Vermentino, ovviamente.
Farei solo una variante: celle fotiovoltaiche sull'ampio tetto e un bel motorino elettrico ad assistere la pedalata dei dieci galeotti felici. E che nessuno marmelli, facendo finta di pedalare!
Ovviamente c'è un guidatore, rigorosamente astemio e a prova di palloncino.
L'inventore del Bar Mobile sta facendo soldi a palate e il suo automezzo ad impatto zero sta girando in tante città sparse per il mondo.
Ce lo vedrei bene girare per la nostra Genova, alimentato a Vermentino, ovviamente.
Farei solo una variante: celle fotiovoltaiche sull'ampio tetto e un bel motorino elettrico ad assistere la pedalata dei dieci galeotti felici. E che nessuno marmelli, facendo finta di pedalare!
domenica 8 luglio 2012
Dannata particella
Se la vostra sensibilità di credente e' stata turbata dalla conferma che il
bosone di Higgs esiste, state tranquilli.
La definizione di "particella di Dio" e' una cinica scelta giornalistica a cui anche il più ateo dei fisici teorici non da credito.
Tutto e' nato da un libro dedicato a questa particella a cui l'autore aveva dato il titolo "God-damned particle" (dannata particella).
L'editore ha pensato bene di togliere il "damned" e vuala', la particella maledetta da Dio e' diventata "divina".
La definizione di "particella di Dio" e' una cinica scelta giornalistica a cui anche il più ateo dei fisici teorici non da credito.
Tutto e' nato da un libro dedicato a questa particella a cui l'autore aveva dato il titolo "God-damned particle" (dannata particella).
L'editore ha pensato bene di togliere il "damned" e vuala', la particella maledetta da Dio e' diventata "divina".
venerdì 6 luglio 2012
La Cassazione conferma le condanne di chi comandò il massacro della scuola Diaz
5 luglio 2012
Undici anni dopo, la Cassazione conferma le condanne a chi comandò il massacro alla scuola Diaz, durante il G8 di Genova.
G8 di Genova, dieci anni dopo
fotografia di Silvestro Reimondo
24 luglio 2011
Io c’ero! Non potevo
rinunciare alla mia testimonianza. Il 20 luglio 2001 ero a piazza Manin,
insieme agli ambientalisti, alle mani bianche di Lilliput, armato con
palloncini colorati.
Solo un caso ha evitato che
fossi tra i tanti, in quella piazza, presi ferocemente a manganellate, senza
nessuna ragione, se non la volontà di mettere a tacere
il dissenso pacifista ed ecologista alle politiche degli otto grandi.
Ma il caso mi ha dato anche
la possibilità di documentare, senza alcun dubbio, che
una scelta precisa delle forze dell’ordine, quantomeno, ha lasciato che i black-blok, senza nessun freno, distruggessero la Città e
la reputazione dell’intero movimento.
In occasione del decennale di
quei fatti le ricostruzioni che si stanno facendo (consiglio di andare a
cercare la registrazione dell’indagine di Lucarelli su RAI-3) quello che avevo
intuito è stato ampiamente confermato.
Ho ritenuto opportuno
riprodurre e mettere in rete la mia testimonianza di allora e la ricostruzione
di quei fatti.
ps: sono passati dieci anni, ma
non me la sono ancora sentito di ritornare a piazza Manin
3 Settembre 2001
La cronaca della prima
giornata di Genova, in circa un mese è arrivata alla terza versione.
Attorno alla mia prima
testimonianza, con il tempo ho avuto modo di raccoglierne altre, tratte da quotidiani, instant book, internet, contatti personali.
Pertanto, quella che segue è
la raccolta di diverse
testimonianze che tenta di dare una logica agli avvenimenti
genovesi.
Si tratta di una
ricostruzione ancora in divenire, anche se riteniamo di aver
raggiunto una sufficiente
completezza per poter serenamente giudicare i fatti, secondo verità.
Tuttavia ,
per completare il quadro, per aiutarci a capire meglio che cosa è successo, per
confermare le possibili logiche che
hanno guidato gli avvenimenti, sono graditi ulteriori contributi dei tanti che hanno
condiviso quei drammatici momenti. In particolare siamo interessati a ricevere
immagini, a supporto degli episodi narrati.
Leggendo queste cronache vi
meraviglierete, come me, della perfetta corrispondenza dei fatti che tante persone diverse, la
maggior parte delle quali neppure si conosceva, hanno raccontato. Dietro a questo
fatto c' è una semplice verità: tutti sono testimoni veritieri degli
stessi accadimenti.
Questa mia piccola fatica è stata innanzi tutto il tentativo
personale di capire che cosa era successo quel pomeriggio, i
In seconda battuta questo è il mio
contributo per aiutare a far
chiarezza a chi non era a Genova nei giorni drammatici del G8. Un contributo
giudicato da subito
indispensabile, in quanto era evidente per chi invece c' era
stato, che le cronache
televisive e giornalistiche stavano
dando una visione parziale ed in
molti casi distorta della realtà. E
le polemiche tra le forze politiche e le strumentalizzazioni non contribuivano
certo a
far chiarezza.
Oggi ,
rispetto alla prima ora, è possibile che un maggior numero di Italiani abbia cominciato ad avere dei dubbi su chi siano stati i veri violenti in quei giorni. Riteniamo
utile, per la democrazia di questo paese, che il loro numero possa aumentare,
anche grazie alla
vostra opera di diffusione di questi documenti che, comunque sono già stati
ufficialmente consegnati alla Procura di Genova .
LA PRIMA GIORNATA DI GENOVA ( v.3-1)
di
Federico Valerio
Cronache ,
testimonianze ed immagini dei fatti accaduti in piazza Manin e dintorni il 20
Luglio 2001.
Venerdì 20 Luglio, a Piazza
Manin, sono stato testimone (e ho in parte documentato fotograficamente) degli
effetti degli
ordini ricevuti dalla polizia per tutelare l'ordine pubblico e la
sicurezza dei cittadini genovesi. I fatti che descriverò, con l'aiuto di
numerose altre testimonianze
di chi era in quella piazza, hanno una loro logica spiegazione solo se alla
loro origine ci sono i
seguenti ordini impartiti alle forze di polizia: lasciare liberi i Black Block di distruggere indisturbati quello che vogliono,
usare questi gruppi per disperdere i manifestanti pacifisti.
A Piazza Manin, era regolarmente autorizzato il raduno d'ambientalisti,
scout, gruppi femministi, Lilliput, Mercato Equo e Solidale. Nessun Black Block era presente. La manifestazione era assolutamente
pacifica e senza tensioni.
Le "armi "del
dissenso erano palloncini colorati e mutandoni giganti, accompagnati da canti e
musica.
Figura 1
La manifestazione in Via Assarotti, pochi minuti
prima dell'arrivo dei Black Block
Don Gallo, con Franca Rame,
era riuscito a mediare con il colonnello responsabile delle forze dell'ordine,
schierate a 40 metri dalle cancellate, in fondo a Via Assarotti, la possibilità di poterci avvicinare in fila
indiana alle cancellate stesse e di affiggere cartelli e striscioni, cosa che è
stata fatta, in un clima relativamente calmo.
Analoga situazione nella
vicina Piazza Marsala dove, dopo qualche momento di tensione, si è assistito anche ad episodi di fraternizzazione tra polizia e
dimostranti.
Ecco come quest'episodio è
narrato da Davide Ferrario ( dal Manifesto del 2
Agosto) :
"Venerdì 20 luglio ore
15,30 circa, Genova, Piazza Marsala. Il corteo dei pacifisti sta assediando la
zona rossa. C'è stato qualche momento di tensione ed
una carica della polizia con lancio di lacrimogeni. Ma la folla non si è
dispersa ed i manifestanti cominciano a riaffacciarsi
sulla piazza. I poliziotti si sono
attestati un centinaio di metri indietro. Il megafono gracchia l'annuncio
regolamentare (l'unico che mi ricordi di aver sentito in 48
ore di scontri): "Sgombrate la piazza". C'è un momento di
perplessità, poi qualcuno avanza a mani alzate. Con gran coraggio, un paio dei
leader pacifisti vanno verso i poliziotti e sfilano davanti a loro con le
braccia ben sollevate. Gli altri, qualche centinaio, si siedono a terra. Una
donna si sdraia davanti ad una camionetta. Altri, molti altri, seguono il loro
esempio.
Parte un unico coro, non
minaccioso: "Via il casco, via il casco". I
poliziotti sono visibilmente presi in contropiede. Sembrano quasi essere
contenti quando sono oggetto del lancio di una bottiglia piena d'acqua, ma il
lanciatore è subito neutralizzato dai suoi compagni. Si sente fisicamente la
tensione smontare di fronte alla reazione pacifica della piazza. Quando il
primo poliziotto si toglie il casco, scrollando la testa
rassegnato, è un'ovazione. Presto anche gli altri lo imitano.
Segue una scena che avevo
visto solo in qualche film sugli scioperi delle mondine, quando i soldati si
rifiutano di sparare sui manifestanti. I poliziotti - che senza la mascheratura
del casco sono tornati ad essere
uomini,
spesso molto giovani - sono coperti d'abbracci e d'offerte d'acqua e focaccia. "Perché ci picchiate? Siamo dalla
vostra parte!" dicono i ragazzi. Il graduato comincia a lamentarsi
del costo della vita.
"Sapete quanto costa una
confezione di latte in polvere?", protesta, chiudendo inconsapevolmente e
paradossalmente il circolo vizioso sulla
globalizzazione iniziato con il boicottaggio della Nestlè...
Mezz'ora dopo arriveranno i
Black Block e ricominceranno a parlare,
indiscriminatamente, i manganelli."
Anche se l'arrivo dei Black Block vanifica la surreale atmosfera
della "fraternizzazione" tra manifestanti e polizia, piazza Marsala,
quel pomeriggio, è stata anche testimone di un altro episodio, incredibile se
si va a rileggere la cronaca di quei giorni, ma vero ed il cui difetto è stato
quello d'essere poco mass-mediatico e fuori linea rispetto al facile schema
"dimostranti violenti contro polizia" : i dimostranti fermano i Black
Block e si interpongono tra questi e la polizia,
evitando lo scontro.
Ecco il racconto di Michele Citoni :
"
Abbiamo visto diverse decine di Black cominciare a sfilare sulla scalinata che
scende fino alla cima di Via Palestro. Arrivati sulla strada, i
Black hanno cominciato ad incendiare e distruggere
procedendo in discesa lungo Via Palestro, mentre il fumo nero si alzava
segnando il loro passaggio.
La polizia si è schierata in
fila in Piazza Marsala, pronta al peggio, e quel luogo che sentivamo ormai
"nostro", in cui si era espressa la forza simbolica della non
violenza, stava per essere consegnato ai bastoni e ai lacrimogeni. Noi eravamo
pochi, tanti quanto i poliziotti o forse meno. Ci siamo guardati e parlati
brevemente e abbiamo detto che dovevamo andarcene oppure fare qualcosa per
difendere il piccolo spazio di democrazia che
avevamo
contribuito a creare insieme a tanti altri. Ci siamo messi in ginocchio, in
fila all'inizio di Via Palestro: dietro di noi la polizia, di nuovo con i
caschi e i fucili, e di fronte i Black in avvicinamento, che cominciavano a
tirare pietre e bottiglie sopra le nostre teste. Uno di noi è salito a parlare
con i B.B. ed è riuscito, in poche parole concitate, a
rappresentare le nostre ragioni. Alla fine, dopo avere lanciato in discesa i
cassonetti incendiati e avere ricevuto qualche lacrimogeno, il gruppo di B.B. ha deciso di ripiegare alla sua destra, infilandosi in
una traversa per poi risalire verso la circonvallazione.
La tensione in Piazza Marsala
si è di nuovo abbassata e abbiamo ripreso a parlare con i poliziotti. Il
graduato ci ha persino espresso gratitudine.
L'episodio ha avuto eco solo
in una breve nota dell'Ansa:
ZCZC0458/SXA
YGE50098
R CRO R0A S41 S91 QBXW
G8: PROTESTE; A VIA PALESTRO POLIZIOTTI SALVATI DA PACIFISTI
(ANSA) -
GENOVA, 20 LUG - "Devo ringraziare quei quindici che si sono messi in
ginocchio e ci hanno salvato "
Chi si è trovato nella vicina
Piazza Portello , più o meno contemporaneamente ai
fatti narrati , ha vissuto un'altra singolare esperienza, per molti versi
simile a quanto avvenuto in altri
luoghi occupati dal GSF, ma con la particolarità che qui, anche grazie a
strategie non violente applicate con scrupolo, non ci sono stati scontri.. Ecco
la testimonianza di Franco Mori.
"Venerdi
20 luglio, in piazza Portello, insieme a circa 250 aderenti ai diversi Gruppi
di Affinita' (GdA) abbiamo dato vita ad un'azione diretta non-violenta - ben
riuscita senza incidenti e senza grandi tensioni - realizzando un blocco totale
dell'ingresso alla "zona rossa".
In precedenza, ci siamo
trovati in piazza Manin, insieme ai gruppi della Rete di Lilliput, di
Legambiente, del WWF e di altri Gruppi di Affinita' di altre citta' (Bergamo, Milano,
ecc.). Qui ci siamo divisi, perché i GdA dovevano
presidiare l'ingresso di Piazza Portello.
Raggiunta via Caffaro, che sbocca su questa piazza, ci siamo fermati e
allineati in fila per gruppi di
affinità
,osservando uno scrupoloso silenzio: eravamo vicino a Piazza Portello
presidiata dalla polizia. Il portavoce, con l'incarico di parlare con la
polizia, si allontana per comunicare al responsabile di PS le
nostre
intenzioni: presidio della piazza e azione di blocco non-violento
dell'ingresso. Concordato il tipo di azione che escludeva l'intenzione nostra
di operare degli sfondamenti, ci siamo avviati con le mani alzate
prendendo posto nella piazza, sedendoci per terra, proprio vicinissimi
all'ingresso sbarrato dalla cancellata in ferro.
Le ore trascorrevano nella
determinazione di compiere questo nostro gesto, cantando, giocando con un
pallone/mappamondo, alternando silenzio e comunicazioni varie.
Siamo riusciti a superare lo
schieramento dei
poliziotti e ad avere il contatto diretto lungo tutta l'inferriata che ci
separava dalla "zona rossa". Intanto giungevano le notizie dei
disordini dall'altra parte della citta' e degli
scontri in piazza Manin. Vedevamo l'agitarsi della polizia che si metteva i caschi e si infilava le maschere antigas: erano in
arrivo, da Via Caffaro, i "Black"; la polizia si schierava all'uscita
della via bloccando l'accesso e sparava contro i B.B. alcuni lacrimogeni che li
respingeva e li disperdeva.
Alle 18
abbiamo lasciato la nostra posizione (c'era l'invito di ritrovarsi tutti entro
le 19 in piazzale Kennedy) decorando con striscioni, magliette e mutandine l'alta inferriata."
Mentre a Portello ,la disobbedienza civile, insieme al buon senso e alla
tolleranza dava i suoi frutti,
verso le ore 14, alcune decine di Black Blocks,
una parte dei quali abbiamo già visto in azione in Via Palestro, arrivavamo,
improvvisamente in Piazza Manin, provenienti da via Montaldo.
"Venivano dall'assalto
del carcere di Marassi, effettuato nella tarda
mattinata, con bombe molotov, un attacco durato almeno 15 minuti sotto gli
occhi di numerosi cittadini della Val Bisagno ma
anche dei carabinieri alla guida
di tre blindati e due jeep, fermi a distanza di sicurezza. I Black Block
(una cinquantina) sono poi saliti indisturbati per una scalinata, raggiungendo
via Montaldo. In questa via,
all'ora di pranzo, hanno tranquillamente bivaccato, mangiando focaccette
farcite e bevendo birra, regolarmente acquistate e pagate (sic) all'unico
ristorante rimasto aperto. Riposati
e rinfocillati, dopo aver fatto razzia della benzina
delle moto parcheggiate, sono ripartiti alla volta di piazza Manin. (Testimonianze di un genovese della Val Bisagno
e del gestore del ristorante).
Appena i primi B.B. (15-20 persone) arrivano in Piazza Manin, diverse
decine d'esponenti di Lilliput , alzando le mani dipinte di bianco facevano
barriera per impedire loro di dirigersi verso la zona rossa, alla fine di Via Assarotti. Questa situazione avrebbe messo in grave
pericolo i dimostranti ancora presenti lungo questa via che, senza scampo, sarebbero rimasti schiacciati tra Black Blocks
e polizia. I ragazzi con i bastoni si guardano in giro un po' smarriti, poi
decidono di imboccare Corso Armellini. Per pochi attimi la situazione resta
tranquilla, ma sopraggiunge un gruppo più nutrito di B.B.,
seguito a breve distanza dalla polizia, preannunciata dal lancio di
lacrimogeni.
"Poi,
in pochi attimi, la devastazione. Ho visto del fumo in fondo
alla piazza, poi sono arrivati una quantità enorme di
lacrimogeni. I B.B., che sembravano pochi, si sono
moltiplicati, fino a sembrare essere 100-200, sono filtrati agevolmente tra le
nostre mani bianche alzate, le nostre menti stordite. In una frazione di
secondo, quindi, i lacrimogeni, il loro passaggio e, tra il fumo, la visione
dei celerini che ci caricavano a manganellate! Noi, ragazze e ragazzi, signore,
signori, tutte persone con le mani alzate, pitturate
di bianco, noi! Non hanno seguito i B.B.. Si sono
accaniti su di noi." Testimonianza di Sasa Raichevic .
"
Arrivano poco dopo, vestiti di nero, volti coperti, armati di spranghe (pali di
cartelli stradali, pezzi di panchine, il tutto sfasciato poco prima); arrivano
in gruppo, con qualche bandiera; qualcuno rimane sulla strada che attraversa la
piazza, altri si mischiano a noi.
Li guardiamo negli occhi,
sono ragazzini, anche meno di vent'anni. La polizia che li seguiva da un po'
senza infastidirli (mentre loro sfasciavano la città) si ferma poco prima della
piazza e sta a guardare. Una trentina di pacifisti
cerca di impedire alle tute nere di andare a disturbare il sit-in, mettendosi
all'imbocco della via con le mani bianche alzate; noi siamo molto tesi, loro
sembrano indifferenti.
Dopo
pochi minuti, d'improvviso, cominciano a correre e la polizia carica, il blocco
dei lillipuziani si scioglie, le tute nere scompaiono in un attimo, la polizia
non rincorre loro ma ci accerchia da tutti i lati; i manganelli e i lacrimogeni
volano e non sappiamo da che parte scappare; i più fortunati trovano una via di
fuga in Via Assarotti o in una scalinata vicina, ma
sulla piazza la polizia sfascia le bancarelle e manganella tutti, compreso chi
ha le mani alzate, le ragazze a terra, chi urla "Io non c'entro".
La polizia prende il
controllo della piazza mentre noi ci raccogliamo nelle vie attorno; solo nella nostra zona contiamo quattro ragazzi
sanguinanti dalla testa, altri tre ammaccati, una ragazza con una mano rotta;
alcuni hanno vomitato per i lacrimogeni; una ragazza del nostro gruppo è stata
colpita sulla schiena, sull'orecchio e sul collo." Testimonianza
Cooperativa Chico Mendes.
"Mentre la polizia
aggredisce i pacifisti , i Black Blocks
percorrono tranquillamente Corso Armellini erigendo barricate con i cassonetti
dei rifiuti e sfasciando i vetri delle macchine in sosta.
All'
altezza di piazza S. Bartolomeo degli Armeni, i B.B.
creano una nuova barricata e, raccolte le bottiglie rovesciate da una campana
per la raccolta differenziata del vetro, una decina di loro si attarda, per
aspettare la polizia.
A questo punto i B.B. erano chiaramente separati dai manifestanti che si
erano dati alla fuga e, all' approssimarsi della polizia iniziava, da parte dei
B.B., un nutrito lancio di bottiglie verso la pattuglia che rispondeva con il
lancio di lacrimogeni.
Figura 2. I Black Block , in Corso Armellini, all'altezza di piazza S. Bartolomeo, lanciano bottiglie contro la polizia che avanza lungo la via
Figura 3. I B.B.
abbandonano la barricata sotto il lancio dei lacrimogeni e proseguono lungo via Solferino ben in
vista alla squadra di poliziotti
I poliziotti, lanciando
lacrimogeni, avanzavano
in gruppo compatto ed ordinato verso la barricata. Giunti a una ventina di
metri di distanza, tutti i B.B lasciavano la
posizione, dirigendosi, senza fretta, lungo Corso Solferino.
A questo punto, contro ogni apparente logica, i poliziotti, invece di inseguire i
Black Blocks, chiaramente individuabili nelle loro
azioni violente ed ostili e ormai rimasti gli unici occupanti del Corso, giunti
nei pressi della barricata, su comando del caposquadra, si fermavano e deviavano compatti
sulla loro sinistra, verso l' adiacente piazza di San Bartolomeo dove aveva
trovato rifugio, oltre al sottoscritto, un gruppo di pacifisti, in maggior
parte donne e ragazze, assolutamente inermi e senza vie di fuga ." Testimonianza
e fotografie di Federico Valerio
"Sono
stata tra i primi a vedere i poliziotti arrivare e non avendo vie di fuga ho
provato a nascondermi sotto una macchina, ma ne sono uscita vedendo una
manifestante impietrita dalla paura, contro il muro del palazzo e ho cercato di
scuoterla. Vicino a lei c'erano due signore molto anziane che
si trovavano a passare di lì, per caso. I poliziotti, entrando nella piazzetta,
procedevano molto lentamente, come chi vuole accertare chi ha di fronte. Ad un certo punto, il responsabile del gruppo, usando il
manganello, ha fatto un gesto deciso alle due signore, affinché passassero
rapidamente. Essendomi accorta di quel gesto, ne ho approfittato e ho spinto
addosso alle due vecchiette anche l'altra manifestante, riuscendo a passare
entrambe assieme a loro ed evitando la carica che hanno
iniziato subito dopo il nostro passaggio.
Questo per dire che, a fronte del macello che i Black stavano compiendo
a pochi metri di distanza, l'unica preoccupazione che hanno avuto i poliziotti
è stata quella di essere nelle condizioni di
manganellare esclusivamente i manifestanti." Testimonianza di
Elisabetta Zucchi.
Una delle ragazze,
pesantemente picchiata, era strappata con forza dal
gruppo delle sue amiche e portata via.
Figura 4. I poliziotti, abbandonato l'inseguimento dei B.B. , attraversano Piazza S. Bartolomeo e ridiscendono in via Assarotti, colpendo i pacifisti (cerchio rosso sulla destra) che in questa piazza avevano trovato rifugio. Il personaggio sulla moto ha guidato la squadra su tutto il loro tragitto.
La polizia scendeva quindi verso Via Assarotti, dove altre testimonianze raccontano di ulteriori aggressioni ai manifestanti presenti, nonostante,
lo ricordiamo, fossero autorizzati ad occupare quella strada ed avessero
atteggiamenti assolutamente pacifici, anche verbalmente.
A questo punto è chiaro che
le forze dell’ordine, a Manin, hanno messo in atto una ben orchestrata e
preordinata manovra a “tenaglia” per isolare i manifestanti tra piazza Manin e
la parte di via Assarotti a cui
la squadra ha avuto accesso attraverso la scalinata che collega piazza S.
Bartolomeo con via Assarotti.
" Sono una delle persone
massacrate venerdì dalla polizia in Piazza Manin. I poliziotti hanno fatto
irruzione, ci hanno bloccato le vie di fuga coi
lacrimogeni e poi, invece di andare verso i Blacks,
hanno puntato dritto verso di noi: poiché tenevo le mani alzate, mi hanno
fratturato la destra e poi, quando sono caduta a terra, hanno continuato a
pestarmi con violenza incrinandomi la spalla. Vicino a me c'erano molte teste
sanguinanti. Poi si sono fermati, soddisfatti; i Black nel frattempo si erano
allontanati indisturbati; le ambulanze sono arrivate dopo un'ora buona e non mi
hanno voluto caricare, non ero abbastanza grave; sono stata accompagnata in
ospedale da un giornalista, anche lui pestato, e immediatamente operata; qui ho
evitato la denuncia o il fermo solo grazie alla solidarietà di medici e
impiegati dell'ospedale. Testimonianza di Simona."
"I Black Block passano, senza considerarci degni della loro
attenzione, hanno altri progetti, andare in giro a sfasciare tutto. Ma quali progetti ha la polizia? Li seguirà senza muovere un
dito, fino a quando? Fino al loro quartier generale? Magari rimboccheranno loro
le coperte? No, la polizia ha altri piani. Esco dal vicolo, mi faccio vedere
dai poliziotti per dire loro che ci sono donne e bambini terrorizzati, che
vogliamo uscire e tornare sani e salvi nella piazza, se non ci sono più i neri.
Il poliziotto ci vede, chiama tutti gli altri, nessuno si preoccupa più dei
Black Block che se ne vanno indisturbati (eravamo la
terza piazza visitata da loro, quindi gli ultimi) e circa quindici poliziotti
vengono verso di noi. Quando capisco che non hanno intenzione
di "scortarci", grido ancora la mia richiesta d' aiutare
le donne e i bambini dietro di me, alzando le mani in alto. Tutti alziamo le
mani in alto, tutti si prendono le manganellate. Ho guardato quello che
sembrava il più anziano negli occhi, dietro il vetro dell'elmetto, dicendogli
ancora un volta che c'erano con me donne e bambini;
non ha avuto il coraggio di colpirmi alla testa guardandomi in faccia, mi ha
girato e poi colpito sulla spalla. Gli altri hanno avuto il compito più facile,
semplicemente lasciarsi andare, colpendo alla testa una ragazzina, colpendo con
i manganelli e con i calci quelli che avevano scelto di rannicchiarsi per terra,
bastonando la telecamera di un operatore che poi è stato colpito alla testa
anche lui."
Testimonianza di Davide
Nel frattempo, i Black Blocks continuavano indisturbati la loro opera di
distruzione lungo Corso Solferino e Via Palestro.
"In
piazza Manin ho visto i manifestanti pacifici terrorizzati e sconvolti, la
polizia schierata in posizione e in Corso Armellini (verso ponente) una scia di
fumo e devastazione... segno del passaggio del Black Block.
Mi aspettavo che la polizia partisse all'inseguimento dei Blacks,
invece niente, hanno girato e se ne sono andati....probabilmente
a picchiare qualche altro manifestante pacifico.
Io ho seguito i B.B. e, all'altezza di Largo Pacifici, li ho superati. Erano
fermi ai giardinetti, intorno alla fontanella: alcuni bevevano, altri si
riposavano, nessuna sentinella, erano tranquillissimi, per niente in allarme.
Evidentemente sapevano che
non dovevano temere nulla dalla polizia." Una Testimonianza
" I "neri"
sono apparsi in cima alla salita di Via Palestro, hanno dato fuoco ad una Mercedes, hanno danneggiato altre macchine, hanno
levato i freni ai cassonetti che sono arrivati, in discesa, sul fronte compatto
dei poliziotti, sempre in Piazza Marsala. Intanto il 99 per cento dei
manifestanti pacifici era andato via.
La polizia si è mantenuta
sempre in Piazza Marsala, compatta dietro gli scudi, e si è limitata a sparare alcuni lacrimogeni. Non è stato fatto nessun tentativo di
fermare i danneggiamenti, né d' inseguire od
identificare i "neri". Ritiratisi i "neri" in
circonvallazione, sono salito in cima a Via Palestro
per osservare. Essendo la situazione ormai "tranquilla" sono salito
in corso Magenta. Decine di "neri" giravano
indisturbati, tranquilli. Giovanissimi, molti centro-nord europei, alcuni con
bastoni. Diversi tondini di ferro, neanche nascosti, ma semplicemente
appoggiati nelle aiuole. Nessun
poliziotto in giro. Questo fino a tutto Corso Paganini."
Testimonianza di Alessandro
Paganini, privato cittadino di Genova.
Ed ecco, come uno dei Black Block in questione ha visto gli episodi che abbiano appena
narrato, confermando a pieno le testimonianza dei
pacifisti:
"Dopo
Piazza Da Novi, il gruppo di Tute nere ha attraversato Brignole
e Marassi fino a Piazza Manin, dove sostavano i pacifisti.
Li, ci siamo fermati per una decina di minuti. E' arrivata la polizia di corsa
e noi siamo scappati verso Piazza Corvetto, dove sono uscito dal gruppo. La
polizia però, non ci ha seguito: si è fermata a manganellare i pacifisti che
stavano lì fermi, con le mani alzate. Paradossale, da non crederci. Certo, noi
eravamo molto rapidi nei movimenti, creavamo barricate in un batter d'occhio,
ma fino a quando sono rimasto con i neri (alla fine, alle 18,
saranno stati meno di un centinaio), nessuno ci ha bloccato." Testimonianza di Mattia, uno dei Black Block,
raccolta da Alberto Burba di Clarence.
Eppure sarebbe
bastata la presenza di un'altra squadra di forze dell' ordine a metà di Corso
Solferino e pochi uomini
posti a presidiare salita San Rocchino e le altre stradine laterali, per
bloccarli in modo definitivo, soluzione realizzabile senza difficoltà se solo
si fossero voluti spostare, lungo Via Bertola e Via Palestro, parte degli
uomini schierati a difesa della zona Rossa, alla fine di via Assarotti e nella vicina piazza Marsala. Questa
operazione sicuramente si sarebbe potuta realizzare anche in accordo e con la
collaborazione dei dimostranti che, preoccupati dal preannunciato arrivo dei
Black Blocks, avevano già sgombrato la parte
bassa di via Assarotti, temendo di rimanere chiusi
tra la polizia e i B.B..
In base alle testimonianze
riportate siamo certi che la polizia schierata in
piazza Marsala era a conoscenza dell' arrivo dei «Neri», in quanto ha
collaborato al rapido sgombero dei dimostranti presenti in questa zona, anch'
essi preoccupati dell' arrivo dei Black Blocks.
Tuttavia, durante le devastazioni in Corso Solferino, nessun
poliziotto ha lasciato la sua
posizione a difesa della zona rossa.
Questa incredibile verità
lascia perplessi tutti, compreso un poliziotto intervistato da Michele Varì, della Gazzetta del Lunedì:
"E' inspiegabile. Di
certo potevamo isolarli dopo poche ore, ma non è stato fatto. In piazza
Corvetto, per esempio, avremmo potuto accerchiarli con facilità, ma non è stato
fatto. E dire che erano riconoscibilissimi".
Peraltro, sul finire della
prima giornata di Genova, anche la singolare
parentesi di collaborazione tra manifestanti e polizia, nata in Piazza
Corvetto, svanisce, insieme ai fumi degli incendi e dei lacrimogeni:
"Era finito l'assalto
dei Black Blocks ai poliziotti in fondo a via Assarotti verso la zona
rossa e noi manifestanti pacifici, che avevamo cercato di difenderli ( i
poliziotti, N.d.R.) dall'attacco dei Black Blocks,
mostrando le mani bianche, discutevamo con i poliziotti con cui, oramai, si era
allentata la tensione. Stiamo per andarcene ed alcuni
di loro iniziano a togliere i nostri striscioni pacifici attaccati alle
cancellate della strada. Mi rivolgo ai poliziotti per dire di lasciare stare le
nostre bandiere, i nostri colori, le nostre frasi che sintetizzano la voglia di
giustizia e di un nuovo mondo possibile. Uno di loro subito mi minaccia, mi
offende, mi spintona e scalciona.
Io non reagisco, mi giro, vedo una donna che, fino a poco fa
li difendeva dagli attacchi dei Black, ed ora era circondata da 5-6 poliziotti
che l' insultavano e la colpivano. Alcuni le gridavano che volevano arrestarla.
Lei, impulsivamente, reagisce. Mi avvicino per portarla via, per dirle di non
reagire, per difenderla. Uno dei poliziotti, con violenza inaudita mi prende da
dietro, mi straccia la maglietta, mi da' un calcio e mi sbatte lontano. Io
ancora non reagisco, cerco di mantenere la calma, mi allontano, impotente di
fronte alla carica e alla violenza gratuita." Testimonianza
di Filippo Ivardi Ganapini.
Padova.
Tutte le testimonianze
raccolte concordano che in Piazza Manin, piazza Marsala, Piazza Portello, la
presenza dei manifestanti del GSF è stata assolutamente pacifica e aveva
addirittura attivato forme di dialogo con le forze dell' ordine
poste a presidio delle rispettive zone rosse. In tutti questi casi, la
violazione delle cancellate è stata sempre e solo simbolica e sempre concordata
sul momento.
Crediamo che non ci siano difficoltà a trovare conferma di questi fatti da parte
dei responsabile dei reparti posti a guardia di queste zone.
Solo in piazza Dante c'è
stato un tentativo "violento" di sfondamento delle cancellate, ma le
riprese in diretta di Primocanale possono confermare
che lo scontro si è limitato a urla ed al lancio di
qualche bottiglia di plastica da una parte ed all'uso blando di un idrante
dall'altra, ed anche la difesa della linea rossa non è sembrata fosse
predisposta per l'assoluta inviolabilità. Tutti hanno visto una ragazza ed un vecchietto infilarsi in un varco lasciato stranamente
aperto, violare la zona rossa di alcuni metri e fermarsi subito. Pare che il
vecchietto, subito dopo, abbia addirittura chiesto alla polizia se poteva
tornare indietro! Non sabbiamo come questo episodio sia andato a finire, certo
è che, quando è arrivata la richiesta del sindaco Pericu
al GSF di abbandonare questa zona per lasciare libere le forze dell' ordine per tentare di bloccare le azioni vandaliche
che stavano avvenendo altrove, lo sgombero è stato subito attuato anche se
"disturbato" da cariche di polizia.
Ma anche il corteo delle Tute
Bianche, quello che in via Tolemaide ha visto gli
unici scontri fisici tra polizia e manifestanti, con questi
ultimi apparentemente con
atteggiamenti aggressivi, ha una storia che occorre raccontare, in quanto i
suoi inizi non facevano assolutamente prevedere la tragedia ( la morte di Carlo
Giuliani) che sarebbe avvenuta da lì a poco.
Questa è la testimonianza di
una "tuta bianca" , confermata dalle
immagini riprese da Italia 1 ed andate in rete pochi giorni dopo:
"LA
PARTENZA
Il corteo dei
«disobbedienti», che si era formato dallo stadio Carlini, era composto da 10\15mila persone, era molto ordinato, disposto sul viale
( Corso europa, Nd.R.) che
conduceva verso il centro. Alla testa c’era il gruppo di contatto composto da alcuni parlamentari, dai portavoce delle tute bianche e
dagli altri esponenti delle associazioni che partecipavano alla manifestazione.
Insieme a loro decine di giornalisti. Il corteo vero e proprio era guidato dagli
«strumenti di offesa», gli unici che aveva: 8 enormi
teste di maiale fatte di gomma piuma, gente che indossava pettorine gialle e
verdi di carta velina con una «D», che stava per disobbedienti, ritagliata sul
petto. Al loro fianco mostri transgenici, sempre di gomma
piuma: una grande carota modificata geneticamente e una locusta colorata.
Offesa dunque, ma non certo fisica. Subito dietro, grandi scudi di plastica,
quattro metri per due, montati sulle rotelline dei carrelli da supermercato,
erano spinti da quattro o cinque persone. Avrebbero dovuti
servire per proteggere la testa del corteo nel suo avvicinamento alla zona
rossa. Dietro di loro gli scudi
più
piccoli, portati a mano dalla gente bardata di gomma piuma, di bottiglie di
plastica vuote, scotch, casco, ginocchiere e protezioni di questo genere.
L’assalto pacifico alla «zona
rossa» partiva così, come una squinternata armata brancaleone,
senza nessuno strumento di violenza fisica (gli appelli a non portare niente di
pericoloso si erano ripetuti per tutta la mattina),
ma
tutti avevano in tasca una «arma segreta» che sarebbe servita a violare la
cittadella dei potenti. L’atmosfera alla partenza era di allegra confusione,
non c’era nessuna tensione e soprattutto nessun
presagio di
morte....
LA TENSIONE
Arrivati in corso Gastaldi arrivano le prime notizie dei disordini,
corre voce che i cosiddetti «black block» abbiano assaltato il centro congressi di piazzale
Kennedy, sede del GSF.
Ma la
zona è lontana e il corteo non si scompone, continuano i cori e la marcia.
Poche centinaia di metri più avanti, all’incrocio con una via laterale ( probabilmente via Montevideo N.d.R.) , si cominciano a
vedere i segni di devastazione appena compiuti ( dai Black Blocks,
N.d.R.): auto rovesciate e negozi distrutti. Parlo con un ragazzo toscano
finito nella zona per caso, è molto risentito per quello che ha visto, mi dice
che i B.B. erano una quarantina, la maggior parte
tedeschi e inglesi, molto determinati e con grande abilità nel distruggere. La
polizia gli stava semplicemente dietro senza intervenire, spesso la loro azione
contro una banca durava molti minuti, durante i quali nessuno li disturbava."
Il corteo arriva in via Tolemaide, una strada stretta, chiusa completamente da un
lato dall' alta massicciata della ferrovia. Qui,
all'altezza di Corso Torino, ancora lontano dalle barriere della zona rossa,
dalle poche strade laterali, parte, senza preavviso, una furiosa carica delle
forze dell' ordine. I manifestanti non hanno via di
scampo.
"GLI
SCONTRI
Oltre l’incrocio
lo scontro diventa terribile. Ed è qui che è cominciata la fine.
Il corteo sbanda, arretra, il
fuggi fuggi generale, con la
strada così stretta e come unica via di fuga la retromarcia, per poco non si
trasforma in un massacro. La carica è violentissima. Arrivano migliaia di
agenti e soprattutto decine di autoblindo e jeep che si mettono a compiere
pericolosissime evoluzioni cercando di ricacciare indietro il corteo.
Alla testa del corteo
qualcuno cerca di resistere, gli scudi di plastica diventano un tetto, l’unica
protezione alla pioggia di lacrimogeni, ma la polizia se ne accorge e comincia
a spararli anche rasoterra. Il corteo continua ad arretrare è di nuovo quasi
tutto fuori dall’imbuto di via Tolemaide.
Sono convinto che, se a
questo punto la carica si fosse attenuata o fosse finita, il peggio si sarebbe evitato. Quasi tutte le persone erano tornate
indietro, uscite dalla strettoia, stavano raggiungendo l’ampio corso Gastaldi. Si sarebbero fermate li. Il corteo si
sarebbe ricompattato e come in altre manifestazioni si sarebbe potuta
raggiungere un intesa. Poteva anche rimanere fermo
dov’era, o arrivare qualche centinaio di metri più avanti, scandire qualche
coro e ritornare alla base.
Invece le cariche, se
possibile, diventano più veementi proprio quando la
situazione poteva essere gestita. Invece no! E a questo punto si scatena la
battaglia. Io, e l’80% del corteo che è rimasto fermo in corso
Gastaldi, pur sentendo profondamente ingiusto, sbagliato e folle quello che sta
succedendo, non partecipiamo allo scontro. La sensazione è che un corteo
pacifico e festoso che voleva solo arrivare a 500 metri dalla zona rossa,
magari
prendersi pure qualche manganellata, per poi fermarsi e usare la sua «arma
segreta» per violare la zona rossa, era stato aggredito con una ferocia
spropositata."
Ma quale
era questa terribile "arma segreta" ? Non certamente le fionde di
tipo Falcon, o i palloncini riempiti di sangue
infetto, n'è tantomeno deltaplani per violare la zona
rossa, come riportano i Servizi Segreti nella nota del 19 Giugno 2001. Di tutto
questo armamentario fantasioso, nessuna delle numerose
perquisizioni fatte alle Tute Bianche, prima della manifestazione, ha mai
trovato traccia.
Eppure l' arma
segreta c'era, si è anche vista in qualche immagine ripresa durante i
disordini, ma nessun giornale, nessuna televisione ne ha mai parlato, perché ?
"
L’ARMA SEGRETA
Torniamo allo stadio, la
notizia che hanno ucciso un ragazzo è stata
confermata, molti piangono, altri discutono. Le discussioni dureranno tutta la notte, penso
che continuino ancora adesso e siano destinate a durare per
mesi e
a cambiare questo movimento per sempre. Con la tristezza della morte sommata
all’inutilità, sono riposte in uno scatolone le «armi segrete» dei disobbedienti.
Sono piccoli specchietti, come
quelli usati da Archimede nell’assedio di Siracusa nel 213
avanti cristo. Solo che a Genova non c’erano navi romane da dare alle
fiamme, solo le oscure e fitte grate issate dal G8 da violare con un raggio di
sole."
Si conclude
così, con rancore, rabbia, violenza, intolleranza ( e, purtroppo, con la morte
di un ragazzo, Carlo Giuliani) la prima delle giornate di Genova che,
insieme agli amici di Legambiente,
era cominciata gonfiando tanti
allegri palloncini gialli, insieme a ragazzi e ragazze venuti a Genova da tutto
il mondo.
Tutte le testimonianze
raccolte, di fonte diverse, da parte di persone che
non si conoscono, sono concordi.
Quel giorno, a Manin, in
piazza Marsala, in via Tolemaide si è ripetuto lo stesso canovaccio: con
la scusa di isolare le bande dei
teppisti, lasciati liberi di distruggere la città, sono stati assaliti pesantemente e
dispersi i dimostranti disarmati del GSF che, nella maggior parte dei casi,
hanno subito passivamente le
violenze loro inflitte. E questo stesso copione si ripeterà, con ancora più
violenza nei confronti dei dimostranti, il giorno dopo.
Troppe coincidenze, per non
pensare che ci
sia stata un'abile ed accorta regia.
Una possibile spiegazione di
tutto ciò si può trovare nella dichiarazioni del neo
questore di Genova che ha
affermato che i vertici della
difesa del G8 ritenevano che le
manovre dei Black Block fossero dei diversivi per
allontanare le difese della zona rossa e permettere la sua violazione da parte
del GSF. E questo spiega l'inerzia delle forze dell'ordine nei confronti delle distruzioni operate dai Black Block.
Ma nulla fa pensare che questo fosse veramente il piano del GSF e delle Tute
Bianche.
Tuttavia, necessita di una spiegazione anche l'
eccessivo contrasto tra i numerosi
episodi di tolleranza avvenuti
localmente tra forze dell'ordine e
manifestanti, troppo numerosi per essere casuali, e i pesanti attacchi subiti successivamente da quest'ultimi, ad opera di altri reparti.
Gli episodi di
"fraternizzazione" che qui abbiamo riportato confermano le dichiarazioni dell' ex questore di Genova Colucci, in merito ad accordi "segreti" con i manifestanti , ovvero allestire
una "sceneggiata" ai
confini della zona rossa, con bassi livelli di violenza da entrambi le parti e
salvando l' "onore" reciproco.
Se questo
accordo c'è stato ( ed è ragionevole
e per nulla disdicevole che ciò possa essere avvenuto ) o una parte
delle forze dell'ordine non ne era al corrente ( eventualità estremamente
probabile, visto quello che è successo nell' irruzione alla scuola Diaz) o qualcuno, da parte delle stesse
forze dell' ordine, non ha voluto deliberatamente rispettare
questi accordi.
Il perché di questo atteggiamento merita una risposta.
Provo ad abbozzarne una:
ve l'
immaginate una manifestazione anti G8 di quelle dimensioni finita senza gravi
incidenti, una manifestazione anti
global che smentisce clamorosamente le tragiche previsioni della destra, che copre di ridicolo tutti coloro che, grazie
allo spropositato apparato difensivo, avevano costretto i Genovesi a lasciare
la città per paura d' incidenti,
con i grandi che non avevano
concluso nulla ed, in mancanza di
altre notizie, i media costretti a parlare dei temi della contestazione e delle
proposte dei manifestanti pacifici
contro gli strapoteri delle multinazionali e del libero mercato?
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