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mercoledì 30 dicembre 2015

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cambiamenti climatici 5

La temperatura globale della Terra è in aumento

Fig. 1. Rete stazioni meteo per la misura della temperatura globale

E' esperienza comune che la temperatura  dell'aria è molto variabile nel tempo  (giorno, notte, estate e inverno...) e nello spazio (altezza sul livello del mare, equatore, poli...).

La temperatura dipende anche dal paesaggio: le città sono sempre più calde delle campagne e dei boschi a loro intorno, sia per la presenza urbana di fonti di calore (automobili, riscaldamento...) sia per la diversa proprietà di assorbire le radiazioni solari dell'asfalto e delle piante.

A fronte di una così elevata variabilità della temperatura è comprensibile la perplessità di fronte alle affermazioni che la temperatura del pianeta Terra sia in aumento.

La risposta a queste perplessità è semplice: sappiamo che la temperatura media del nostro Pianeta sta aumentando in quanto questo è quello che ci dicono le misure, fatte con un vecchio ma affidabile strumento di misura quale è il termometro.

Ovviamente per conoscere la temperatura media del Pianeta, occorrono misure contemporanee effettuate in punti rappresentativi ed un organismo tecnico che le raccolga, le valuti e calcoli, con criteri condivisi, il valore medio, su base annuale, della temperatura terrestre.

La Figura 1 mostra l'attuale distribuzione delle stazioni meteo che forniscono i dati di temperatura utilizzati per calcolare la temperatura media globale.

Si tratta di diverse migliaia di stazioni meteorologiche, collocate a terra e su isole, e il loro colore nella Figura 1 fornisce informazioni sulla durata delle serie storiche di misure messa a disposizione di ognuna di esse.

Chi raccoglie e valuta questa enorme massa di dati sono la NASA  e la National Oceanic and Atmosheric Administration (NOAA).

Le misure sistematiche più antiche risalgono a 160 anni or sono e quindi il 1850 è l'anno dal quale ufficialmente parte il monitoraggio sperimentale del cambiamento della temperatura della Terra.

Poichè è noto che la temperatura della Terra subisce importanti variazioni per motivi non legati all'attività umana (variazione attività solare, eruzioni vulcaniche...) si è stabilito che la temperatura di riferimento sia la temperatura media globale registrata tre il 1961 e il 1990, corrispondente a 14 °C.

Questo valore di riferimento serve a stimare, anno dopo anno, eventuali anomalie ossia temperature medie annuali più basse e più alte della temperatura di riferimento.

La Figura 2 mostra l'andamento più aggiornato delle misure delle anomalie termiche annuali su scala globale, a partire dal 1880 a novembre 2015, con a sinistra la scala delle temperature in gradi centigradi (°C) e a destra in gradi Fahrenheit (°F)

Fig. 2 Anomalie termiche globali dal 1880 al 2015

La Figura 2 mostra come rispetto alla temperatura media del periodo di riferimento (1961-1990), corrispondente al valore zero, tra il 1880 e il 1940 si sono sempre registrati valori medi più bassi (in blu) con i valori più bassi intorno al 1910.

A partire dalla fine degli anni '70 tutte le anomalie ( in rosso) sono dovute a temperature più alte del valore di riferimento e in costante aumento.

Il 2015, il più caldo in assoluto fino ad oggi misurato, fa registrare una temperatura media globale che è circa un grado centigrado maggiore della temperatura media del pianeta del 1880, anni in cui l'Umanità avviava la sua rivoluzione industriale con la macchina a vapore, le ferrovie, le acciaierie alimentate da quantità crescenti di carbone (carbonio organico) estratto dalle viscere della terra, dopo milioni di anni di sequestro dall'atmosfera ad opera di antiche felci.

E visto che, a Parigi, COP 21 si è conclusa con l'auspicio che la temperatura globale non superi 1,5 °C, rispetto al periodo preindustriale (1850), questo grafico ci mostra che ci siamo già giocato un grado di aumento.

Ma la storia delle civiltà umane, da 10.000 anni a questa parte con quali temperature medie ha avuto a che fare?

La Figura 3, grazie all'analisi di particolari isotopi dell'ossigeno, intrappolati insieme alla CO2 nei ghiacci antartici, ci  fornisce una ragionevole risposta.

Rispetto ai 14 °C  dei 30 anni di riferimento (media 1961- 1990 ), le più antiche civiltà (Egizia, Minoica, Assiro-Babilonese) hanno goduto temperature medie relativamente miti, più elevate di circa 0,4 °C.

A partire da 5.000 anni fa ( 3.000 AC) le temperature si sono lentamente abbassate, fino a risultare inferiori al valore di riferimento.

L'Alto medievo ha sperimentato un aumento della temperatura, seguito da un raffreddamento relativamente veloce, culminato nella piccola glaciazione verso la fine del 1600 e poi, come abbiamo visto e misurato direttamente, con la rivoluzione industriale la temperatura media globale del Pianeta si innalza velocemente e oggi (fine 2015) fa registrare valori che le civiltà che ci hanno preceduto non hanno mai sperimentato.


Fig 3 Stima della temperatura globale e margini di incertezza da 10.000 anni or sono ad oggi.

Per chi vuol studiare in maggiore dettaglio l'andamento delle anaomalie della temperatura globale, rinvio alla visione della Figura 4 che mostra in rosso le misure sperimentali riportate nella Fig 2 e le stime delle temperature globali nell'emisfero nord, effettuate da diversi autori.

I grafici mostrano in maggior dettaglio la lunga  "primavera" registrata dopo il 1000 dC , la piccola glaciazione alla fine del 1500 e il lungo "inverno"alla fine del 1800, a seguito della catastrofica eruzione del vulcano Krakatoa, nel 1883.

Tutti questi studi confermano che, da 1.000 anni ad oggi, la temperatura globale del pianeta non è stata mai così alta.

Fig. 4 Andamento delle anomalie della temperatura nell'emisfero Nord dall'anno 200 dC al 2000 dC. Nella figura in basso un maggiore dettaglio dall'anno 1000 dc al 2000  dC


Se avete ancora qualche dubbio che l'aumento di CO2 in atmosfera possa avere un ruolo determinante sulle anomali termiche del nostro Pianeta, saranno certamente fugati dalla Figura 5
che mostra l'andamento, sovrapponibile, della concentrazione di CO2 in atmosfera e le anomalie termiche dal 1900 dC ai giorni nostri, parametri che, come abbiamo visto, derivano da misure sperimentali.
 

Fig. 5 Andamento delle concentrazioni di CO2 e delle anomalie della temperatura globale (1900-2008)

Quanto abbiamo illustrato in questi cinque capitoli può essere così sintetizzato:
la storia dell'umanità non ha mai sperimentato concentrazioni in atmosfera di anidride carbonica e temperature medie globali come quelle attuali, parametri in inevitabile crescita se non si adottano subito e su scala globale nuovi modelli di sviluppo meno consumistici e non più basati su fonti di energia fossile.

In base a questi dati, la Conferenza di Parigi di CO21 ha mandato un messaggio forte e chiaro:
"POPOLO DELLA TERRA, ABBIAMO UN PROBLEMA!"

Nessuna persona responsabile ha dubbi a riguardo, ma a giudicare dalle scelte politiche dei governanti del mondo, temo che da Parigi sia arrivato anche un' altro messaggio:
"E ORA ARRAGGIATEVI !"

E nel prossimo ed ultimo capitolo vedremo cosa, ognuno dei sette milardi di umani che oggi popola la Terra, potrebbe e dovrebbe fare!

Sullo stesso argomento:

- Anidride carbonica e effetto serra

- Da dove viene l'anidride carbonica?

- Non c'è più l'anidride carbonica di una volta

- Anidride carbonica e civiltà del passato 

- Il Decreto "Sblocca Italia" è un attacco al clima, ma Renzi non lo sa

martedì 29 dicembre 2015

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cambiamenti climatici 4


Anidride carbonica e effetto serra.

Fig 1. Flussi globali di calore sulla superfice terrestre.

Nell'aria che stiamo respirando in questo momento l'anidride carbonica rappresenta solo lo 0,04 per cento, a fronte del 78% dell'azoto e il 21% di ossigeno.

Nonostante la sua piccola quantità, la presenza di anidride carbonica è di vitale importanza per noi e per tutti gli esseri viventi con i quali condividiamo il pianeta Terra.

L'anidride carbonica ha la caratteristica di essere trasparente alle radiazioni solari, mentre assorbe le radiazioni infrarosse emesse dai corpi caldi, in questo caso terre emerse e mari riscaldati dal Sole.

A seguito dell'assorbimento di radiazioni infrarosse, l'atmosfera che contiene anidride carbonica si riscalda e, a sua volta, emette radiazioni infrarosse che in parte sono disperse nello spazio, in parte riflesse verso la Terra.

E' il cosidetto "effetto serra", dal nome delle strutture in vetro utilizzate per coltivazioni calde, in ambienti protetti.

Un fenomeno che è facile sperimentare quando si entra in un'automobile che d'inverno è stata parcheggiata per qualche tempo sotto il Sole.
In questa situazione, anche con rigide temperature esterne, l'abitacolo è sempre più caldo, grazie ai raggi solari che sono penetrati nell'abitacolo attraverso parabrezza e finestrini, trasparenti alla luce, ma opachi nei confronti delle radiazioni infrarosse emesse dagli oggetti riscaldati  all'interno dell'abitacolo.
In questo caso è la lastra di vetro che provoca l'effetto serra.

Pertanto un'atmosfera che contiene anidride carbonica, a parità di esposizione a radiazioni solari, risulta essere più calda di una atmosfera senza questo gas.

La proprietà di assorbire radiazioni infrarosse è posseduta anche dall'acqua, sotto forma di vapore e da altri gas presenti in atmosfera a concentrazione minore quali il metano e l'ozono tutti  classificati come gas clima alteranti.

Tra i gas clima alteranti, l'anidride carbonica è quella che ci preoccupa di più in quanto, una volta entrata nell'atmosfera, ci resta molto a lungo, in quanto chimicamente è molto stabile.

Questo significa che le attuali alterazioni nella composizione chimica dell'atmosfera sono destinate a rimanere a lungo anche dopo che avremo smesso di emettere anidride carbonica fossile in atmosfera.

Questa caratteristica dei gas clima alteranti, denominato effetto serra, riduce la dispersione del calore nello spazio e fa si che la temperatura della Terra sia mediamente intorno a 15 gradi centigradi.

Senza i gas con effetto serra la temperatura media della Terra scenderebbe sotto zero e con l'acqua in forma di ghiaccio la vita sulla Terra non sarebbe più possibile.

Per chi vuole approfondire l'argomento rinviamo la lettura (in inglese) di questo sito da cui è tratta la Figura 1 che schematizza i flussi di energia che la superfice e l'atmosfera  terrestre scambiano  tra il Sole e lo spazio.

A sinistra, in giallo, sono rappresentati i flussi dell'energia solare: dei 342 watt di potenza che mediamente piovono su un metro quadrato di superfice, la Terra ne assorbe 165 watt/m2.

Questo flusso di energia riscalda la terra, l'aria e i mari ed è alla base dei fenomeni climatici (vento,  correnti marine, evaporazione acqua, nuvole, pioggia...)   

Sul lato destro della Figura 1, in rosa i flussi di energia sotto forma di radiazioni infrarosse: un metro quadrato di superfice calda emette 390 watt che, assorbiti dai gas con effetto serra, sono in gran parte ( 334 watt/m2)  riflessi verso la Terra e riassorbiti.

L'effetto medio di questi scambi energetici, grazie ai gas serra è il fatto che la Terra sia, come abbiamo già detto, sostanzialmente un pianeta caldo, ma non troppo.

Il problema è che, come abbiamo visto, da 150 anni a questa parte, la  concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera è in continuo e costante aumento e questo significa che è aumentata, in proporzione la quantità di radiazioni infrarosse che l'anidride carbonica riflette verso la Terra.

Questo fenomeno è stato ampiamente documentato .

In sintesi: test di laboratorio hanno mostrato che la CO2 assorbe le radiazioni infrarosse, misure satellitari confermano che con il passare del tempo meno radiazioni infrarosse si disperdono dalla Terra verso lo spazio, misure effettuate a terra evidenziano un aumento delle radiazioni infrarosse riflesse verso la Terra in corrispondenza delle lunghezze d'onda delle radiazioni infrarosse emesse dalla CO2.

E ovviamente tutto questo ha provocato l'accumulo di calore degli ultimi 40 anni negli oceani, nell'atmosfera e del suolo, come mostrato dalla Figura 2.

Fig 2. Quantità di calore accumulato, a partire dal 1950, negli oceani, nel suolo, nell'atmosfera.

Inevitabile conseguenza di tutto questo l'aumento della temperatura media del nostro Pianeta.


Sullo stesso argomento:

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martedì 22 dicembre 2015

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cambiamenti climatici 3


Da dove viene l'anidride carbonica?

Carbon Tracker

La prima parte di questo post ci ha mostrato, in base a misure sperimentali, come è cambiata la concentrazione di anidride carbonica negli ultimi 10.000 anni e come, negli ultimi decenni, si sia registrato un suo rapido aumento.

Quali sono le cause di questo fenomeno, in particolari quali sono le fonti che immettono CO2 in atmosfera?

Sappiamo che l'anidride carbonica è presente nelle emissioni vulcaniche, è un metabolita di tutti gli organismi viventi che respirano ossigeno (batteri compresi) e che si libera in atmosfera a seguito della biodegradazione di biomasse vegetali ed animali.

Infine, l'anidride carbonica si forma in ogni tipo di combustione,

Infatti tutti i combustibili (legno, vegetali, oli, carbon fossile, petrolio, gas naturale, benzina, gasolio, biogas...) sono caratterizzati da molecole che contengono carbonio che, ad alte temperature, reagisce con l'ossigeno e si trasforma in anidride carbonica (CO2), con la produzione di elevate quantita di calore.

La Figura 1, che riporta l'andamento dei consumi energetici dell'umanitaà e della popolazione mondiale da metà del 1500 dc al 2000 dc,  mostra come, a partire dalla metà del 1800, i consumi energetici mondiali si siano impennati, insieme al numero di abitanti del Pianeta.

Da notare come la crescita dei consumi di energia sia stata più rapida della popolazione mondiale indice del fatto che una parte della popolazione mondiale ha consumi individuali nettamente maggiore della restante parte. 
A tal riguardo la Figura 1 mostra che anche l'andamento dei consumi energetici procapite evidenzia un  aumento nel corso dell'ultimo secolo, ma da alcuni decenni questo valore è stabile, con una tendenza alla diminuzione negli ultimi anni.

A titolo di esempio, questi sono i consumi pro-capite di petrolio, nel 2012, di alcuni paesi, espressi come barili di petrolio consumati giornalmente  da 1.000 abitanti:
 Arabia 100,  USA 61, Italia  25, Cina 7, Bangladesh  1.



Fig. 1. Andamento della popolazione mondiale (blu), dei consumi totali di energia (rosso) e dell'energia procapite (verde)

L'aumento vertiginoso dei consumi energetici (Figura 2), iniziato nell'immediato dopoguerra, si è basato prevalentemente su combustibili fossili: carbone, petrolio, gas naturale.

Seguono le biomasse, fonte prevalente dei paesi sottosviluppati, utilizzata globalmente, in quantità maggiore dell'energia idroelettrica e di quella nucleare

Fig 2.  Andamento dei consumi energetici mondiali e corrispondenti fonti (1820-2010)

Il rapporto causa effetto, tra crescita di consumi energetici dei combustibili fossili e delle biomasse e crescita della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è evidente, logico e non dovrebbe essere necessario aprire dibattiti sull'argomento ( Fig 3).


Fig.3. Andamento nel tempo (1000 dc-2000 dc) della quantità di CO2 nell' atmosfera ed emessa da attività umane

Per concludere, la Figura 4, sintetizza i flussi annuali di anidride carbonica ( in Giga tonnellate) da fonti naturali e da attività umane nella attuale era industriale.

La Figura 4 evidenzia come i flussi naturali  (in verde) siano molto più grandi di quelli prodotti dall'attività umana, ma esiste una importante differenza: i flussi naturali sono in sostanziale equilibrio tra loro, grazie all'assorbimento delle piante e degli oceani,  mentre i flussi antropogenici, in particolare la combustione di combustibili fossili, sono prevalentemente unidirezionali , con un continuo accumulo in atmosfera, circa 15 giga tonnellate all'anno.

E questo è il problema e la causa dell'aumento della temperatura media globale del nostro Pianeta.

Fig. 4. Flussi di anidride carbonica (Giga tonnellate) nell'era pre industriale (verde) e ai giorni nostri (rosso) .




Sullo stesso argomento:

- Non c'è più l'anidride carbonica di una volta

- Anidride carbonica e civiltà del passato 

- Il Decreto "Sblocca Italia" è un attacco al clima, ma Renzi non lo sa


mercoledì 16 dicembre 2015

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cambiamenti climatici. 2

 Civiltà del passato e concentrazione di anidride carbonica

A Parigi, le scelte sull'accordo per il clima sono il frutto del compromesso della politica, ma alla loro  base esiste una robusta evidenza scientifica, frutto di un vivace dibattito tra esperti in diverse discipline.

A chi desidera approfondire questo argomento e conosce bene l'inglese,  consiglio questo sito che mette a confronto i miti di chi nega il riscaldamento globale e i dati forniti da studi scientifici che  confermano come queste fenomeno sia reale e diretta conseguenza delle nostre recenti scelte di crescita esponenziale dei consumi mondiali.

Una domanda che mi sono posto riguarda le condizioni ambientali, in particolare la concentrazione di CO2, che hanno accompagnato, fin dai suoi albori, lo sviluppo delle grandi civiltà alla base della nostra storia, a cominciare da quella egizia, quella più antica.

Fig 1. Il trasporto della statua in alabastro del dignitario Djehutihotep, XII dinastia (1932-1842 AC)
La figura 1 mostra come circa 4.000 anni fa i nostri ingegnosi antenati trasportavano una grande statua di alabastro, alta sette metri e pesante 70 tonnellate.

Bastavano centosettantadue operai, distribuiti in gruppi di quarantatre,  distribuiti in coppia lungo quattro funi, e una slitta. Poi un operaio, addetto a versare acqua davanti alla slitta, riduceva l'attrito sulla sabbia di oltre il 50% e la movimentazione era assicurata.

Un buon risultato, ottenuto solo grazie a fonti di energia rinnovabile, quella dei 172 operai (stipendiati dal Faraone) e a tanta ingegnosità.

Un esempio di ingegnosità da tenere presente per affrontare la prossima fine dei combustibili fossili e che, è il caso di ricordare, senza carbone, petrolio e gas, ha permesso la realizzazione di tutti i grandi e meravigliosi monumenti che ancora oggi vediamo ed usiamo, dal David di Michelangelo al duomo di Milano e alla basilica di San Pietro in Vaticano.

La storia dell'antico Egitto e del suo impero risale al 3.500 avanti Cristo, circa 5.500 anni or sono e si conclude con Cleopatra, 2.045 anni fa.

Durante questo lunghissimo periodo, sull'intero pianeta si sono succedute le grandi civiltà che hanno plasmato l'ambiente secondo le loro esigenze: egiziani, assiro babilonesi, micenei, greci, romani, cinesi, maja...

La mia curiosità è di sapere quanta CO2 hanno respirato il primo faraone d' Egitto (3.500 AC) e la bella Cleopatra con il suo Antonio, nel corso dei 3.470 anni di questa lunga storia.

La Figura 2, che riporta le misure  della concentrazione di CO2 negli ultimi 10.000 anni, i piu recenti misurati sulla cima del Mauna Loa e quelli più antichi misurati nei ghiacci antartici, mi permette di soddisfare questa curiosità

Fig 2. La concentrazione di C02 negli ultimi 10.000 anni (8.000 AC -2.000 DC)
Nel 3.500 AC il primo faraone respirava circa 272 ppm di CO2.
Tremilaquattrocento anni dopo, Cleopatra, con il suo ultimo respiro inalava,  più o meno, 278 ppm di CO2.
Pertanto si può affermare che nei primi 5.000 anni della propria storia, l'umanità ha vissuto con una composizione chimica della atmosfera sostanzialmente stabile.

Dal 6.000 AC al 1.000 DC si nota un leggero progressivo aumento della concentrazione di CO2, da 260 ppm a 285 ppm.

E' possibile che questo aumento (25 ppm) possa essere attribuito al disboscamento che tutte le civiltà, tranne quella egizia, hanno esercitato sui propri territori per far spazio alle città, ma ancor più a pascoli e coltivazioni.

Niente a che fare con quello che stiamo vivendo che, a partire dalla  fine del 1.700, con circa 280 ppm di CO2,  ci vede sfondare, in questi giorni, quota 400 ppm.

Un aumento di 120 ppm, in soli 265 anni, e non è ancora finita.

E la causa di questo aumento è sicura: la scoperta e l'uso del carbone e poi del petrolio e del gas naturale.

Il tutto accompagnato dalla crescita esponenziale della popolazione e, per una piccola parte di essa, dei suoi consumi.

Nel prossimo post, vedremo le conseguenze di tutto ciò.

Fig 3. Carota di ghiaccio antartico che contiene bolle d'aria  vecchie di 800.000 anni



lunedì 14 dicembre 2015

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cambiamenti climatici 1



 Non c'è piu l'anidride carbonica di una volta

Occorre leggere con calma e meditare le 32 pagine del documento conclusivo di COP21  per valutarne la portata e l'importanza.

Nel frattempo può essere utile ricapitolare i fatti alla base di questo accordo, in quanto chi ha interesse a negare il riscaldamento globale ha già avviato la sua pericolosa contro-offensiva mediatica.

Il pericolo, in questo caso, è che mettendo in discussione il fenomeno stesso e le sue cause si continui a perdere tempo.

E continuare tutti a consumare e sperperare risorse finite è proprio quello che vuole chi, a suo uso e consumo, predica il mantra della crescita infinita dei nostri bisogni e dei nostri desideri.

Cominciamo a chiarire che, con i cambiamenti climatici,  in pericolo non è, come crede il nostro primo ministro, il Pianeta e la Madre Terra.

In pericolo è l'Umanità intera, in particolare i popoli dei paesi più ricchi, intrinsecamente inadatti ad affrontare gli effetti diretti ed indiretti dei cambiamenti climatici: nubifragi, dissesti geologici, desertificazione, guerre, migrazioni di massa...

E, come vedremo, non è un problema di cui si dovranno occupare generazioni di un vago lontano futuro.

Purtroppo è un problema tutto nostro, delle generazioni già presenti: mio, vostro, dei nostri figli e nipoti.

Di tutto questo, la Terra, il Pianeta Vivente, se ne fa un baffo.

Da quando la vita è comparsa, qualche miliardo di anni fa, il Pianeta Vivente ne ha visto di tutti i colori ma la Vita, grazie alla meravigliosa capacità di adattamento della biodiversità, è sempre sopravvisuta.

Chi oggi ha qualche problema, da lui stesso provocato, è proprio l'Homo Sapiens: la nostra specie.

E l'abbiamo fatta veramente grossa.
Da due secoli a questa parte, a nostra insaputa, abbiamo drasticamente modificato la composizione chimica dell'atmosfera del Pianeta, un risultato che i vegetali, una volta comparsi sulla faccia della Terra, assorbendo anidride carbonica ed emettendo ossigeno, hanno realizzato in qualche milione di anni.

E questa non è un'opinione, ma un fatto reale, ben documentato, a partire dalla fine degli anni '60, con l'unica incertezza della precisione (molto elevata) delle misure.

             Fig 1. Andamento della concentrazione di anidride carbonica (1958 - 2011) a Mauna Loa

La Figura 1 mostra l'andamento delle concentrazioni di anidride carbonica misurata, a partire dal 1960, presso l'osservatorio di Mauna Loa, a 4.000 metri di altezza, sulla cima di un vulcano spento nell'arcipelago delle Haway, nel bel mezzo dell'oceano Pacifico.

La linea ondulata in rosso rappresenta l'andamento mensile della concentrazione di anidride carbonica, la linea nera rappresenta l'andamento delle medie annuali.

L'unità di misura della concentrazione di anidride carbonica è riportata come parti per milione, in altre parole quanti centimetri cubi di anidride carbonica si trovano in un volume di un metro cubo di aria.

La figura 1 mostra che alla fine degli anni anni 50 nell'aria si trovavano circa 310 parti per milione di anidride carbonica e che questa concentrazione, anno dopo anno è aumentata.

La figura 2 che ci mostra le misure più recenti ( dal 2011 al dicembre 2015), registrate sempre sulla vetta del Mauna Loa ci permette di chiarire meglio il fenomeno.
Fig. 2 Medie mensili e annuali di CO2 a Mauna Loa(2011-2015)
La figura 2 mostra in maggiore dettaglio l'andamento mensile delle concentrazioni (in rosso).
Con regolarità, nel corso di ogni anno, si registra, ogni 6 mesi circa, l'alternanza di valori alti e valori bassi, con una differenza di circa 6 parti per milione (ppm).

La spiegazione di questo andamento è l'effetto delle stagioni sulla vegetazione dell'emisfero nord: l'aumento di anidride carbonica si registra tra l'autunno e l'inverno e corrisponde alla caduta delle foglie e alla morte delle piante erbacee con conseguente emissione di anidride carbonica prodotta dalla biodegradazione batterica.

A partire da maggio, fino a settembre la concentrazione di anidride carbonica diminuisce in quanto assorbita dalle piante con il loro risveglio primaverile.

Pertanto il ciclo vitale di tutti i boschi dell' America del nord, dell'Europa e della Russia è responsabile a livello planetario di una variazione annuale di circa 6 ppm.

Ma le figure 1 e 2 ci mostrano anche che, a fronte di questa variazione stagionale, anno dopo anno, la concentrazione media annuale aumenta e dai 310 ppm della fine degli anni 50', siamo arrivati agli attuali 400 ppm.

La figura 3 ci fa fare un salto a ritroso nel tempo e ci mostra l'andamento della concentrazione di CO2 dai giorni nostri ( 2000 dc) fino all' anno 1000 dopo Cristo, in pieno alto medioevo.
Fig. 3 Concentrazione di anidride carbonica nell' aria intrappolata nei carotaggi dei ghiacci antartici
Queste misure sono state possibili grazie a carotaggi in profondità effettuati in tre siti diversi dell' Antartide 
.Nell' inverno antartico nella neve che si deposita sui ghiacci restano intrappolate bolle d'aria che,
l'anno successivo saranno ricoperte da nuova neve.

Poichè, fino ad ora, l'Antartide è ricoperta da ghiacci perenni, i carotaggi fino ad ora effettuati hanno permesso di riportare in superficie la neve ghiacciata depositata negli ultimi 800.000 anni e, con il ghiaccio, l'aria in esso intrappalata fin da epoche cosi remote e rimasta intatta nella sua composizione originale.

La Figura 3 fornisce importanti informazioni sul clima e sulla composizione chimica dell'atmosfera del passato.  Dall'anno 1.000 fino al 1.500 la concentrazione di anidride carbonica si mantiene costante intorno a 280 ppm.
Intorno ai primi decenni del 1.600  la CO2 fa registrare una netta e rapida diminuzione di una decina di ppm.
Questo evento coincide con la cosidetta "piccola glaciazione" con un netto calo delle temperature del nord Europa, che provocarono anche la frequente formazione di ghiaccio nella laguna veneta.

Ma a partire dal 1750 la concentrazione di CO2 nei ghiacci, pari a circa 280 ppm aumenta progressivamente fino ad 340 ppm nella neve caduta in Antartite alla fine degli anni ' 90, un valore molto simile ( Fig 1) a quello trovato nell'aria di Mauna Loa negli stessi anni.

Ed è nel 1764 che James Watt brevetta la sua macchina a vapore alimentata a carbone, icona della rivoluzione industriale che prende l'avvio in quegli anni

E la concomitanza tra rivoluzione industriale, abbandono della legna a favore di combustibili fossili, crescita dei consumi e della popolazione mondiale e la crescita della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera del Pianeta non è un evento accidentale, ma un ben preciso rapporto tra causa ed effetto.

E' l'inizio dei problemi che dopo soli 250 anni di continua crescita ci tocca riconoscere, affrontare e speriamo, risolvere in tempo utile. 









sabato 5 dicembre 2015

Boschi in cenere o usi più intelligenti di questa risorsa?


La superfice della Liguria è stimata pari a 542.024 ettari e nel 1880 i boschi liguri coprivano 230.000 ettari della regione.

Dopo il pesante disboscamento avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale, per produrre carbone di legna a scopo industriale e legna da ardere per uso domestico, il bosco ha cominciato a rioccupare il territorio.

Nel 2015, in base all'inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC),  la superfice boscata ligure è passata a 397.170 ettari, un aumento del 41% nel corso degli ultimi 70 anni e superiore al valore di 135 anni or sono.

Nell'ultimo decennio, nonostante i frequenti incendi, il bosco ligure è avanzato: 2.270 ettari all'anno, corrispondenti a circa un milione e mezzo di metri cubi di biomassa legnosa, il cui peso (umido) può essere stimato pari ad 1,6 milioni di tonnellate.

Pertanto oggi, con oltre il 71% di territorio coperto da boschi, la Liguria è la regione più verde d'Italia, rispetto alla propria superfice.

Ma questa non è una buona notizia.

L'espansione del bosco ligure è avvenuta spontaneamente e a scapito di aree agricole e di pascolo, abbandonate a causa dell'esodo delle popolazioni verso la costa.

E l'abbandono ha riguardato anche la fitta rete di "bei" per la regimentazione delle acque e le migliaia di chilometri di terrazzamenti, la cui costante manutenzione, nel corso di diversi secoli,  ha garantito la stabilità geologica di questi territori.

Il rinato interesse al paesaggio ligure, compreso quello dell'entroterra, la creazione di parchi regionali e la necessità di contrastare i danni del dissesto idrogeologico, sta riportanto l'attenzione sulla risorsa boschi e sempre più frequentemente si sente parlare di una sua "valorizzazione".

Oggi i boscaioli liguri (387 imprese forestali nel 2012) tagliano annualmente circa 100.000 tonnellate di alberi, con tagliate che interessano mediamente un migliaio di ettari (max: 1.317 ettari nel 2010).

Pertanto questi interventi utilizzano circa il 6% della nuova biomassa e non incidono significamente sull'aumento annuale del carbonio organico stoccato nella vegetazione ligure.

La biomassa legnosa derivante dal disboscamento, nel 70% è utilizzato come legna da ardere, in gran parte per il riscaldamento invernale delle abitazioni dell'entroterra ligure. Segue il legname da triturazione per pannelli in legno (18%) e la produzione di travi e pali (7%).

Ma lo scenario potrebbe presto cambiare.

Il crescente interesse per le fonti di energia rinnovabile, ma ancor di più i generosi incentivi pubblici (Certificati Verdi) regalati all'elettricità prodotta con fonti rinnovabili, sono alla base di un numero crescente di impianti termici (calore e elettricità) alimentati con biomasse legnose.

Ad esempio caldaie a cippato di legno utilizzate per il tele riscaldamento sono già operative a Campoligure (700 kWtermici), Rossiglione (1.100 kWt), Rezzoaglio (150 kWt).

Altri undici impianti alimentati a biomasse legnose risultano operative in Liguria (Rovegno, Arenzano, Saremo, Rocchetta di Vara, Mallare, Calcare, Quigliano, Celle Ligure, Dego, Albenga).

Più problematiche, come abbiamo illustrato in questo blog, sono le centrali termoelettriche alimentate a legna.

A riguardo, in Liguria esiste un progetto che vorrebbe realizzare a Ferrania (SV) una centrale termoelettrica da 11,5  megaWatt elettrici che dovrebbe essere alimentata con 110.000 tonnellate all'anno di cippato di legno ricavato dai boschi intorno all'impianto, ovvero l'attuale, intera produzione di legname realizzata in Liguria.

Dovrebbe bastare questo dato per far nascere sospetti sulla reale sostenibilità ambientale di scelte di questo tipo, anche in considerazione delle oggettive difficoltà di accesso ai boschi liguri.

E la difficoltà di approvviggionamento di legname per coprire il fabbisogno annuale di 35.200 tonnellate di cippato di legno deve essere la causa della chiusura della centrale di Bevera (2,9 megaWatt elettrici), nei pressi di Ventimiglia, motivata da traffico illecito di rifiuti.

Visto quello che sta succedendo in Toscana, in Umbria, nel Trentino Alto Adige, possiamo con facilità prevedere che, in nome della manutenzione dei boschi e delle procedure autorizzative semplificate, anche in Liguria arriveranno decine di richieste di attivare impianti termoelettrici alimentati a legna, di potenza elettrica inferiore ad un megawatt elettrico.

Un impianto da un megawatt (1.000 chilowatt) richiede 10.000 tonnellate/anno di cippato di legno.

La stessa quantità di cippato (10.000 tonnellate) è richiesta, come strutturante, da un impianto di compostaggio per il trattamento di 30.000 tonnellate di scarti organici di origine urbana (scarti da cucina) oppure da un impianto per la digestione anaerobica  di 60.000 tonnellate di frazione organica, con  produzione di biometano e compost.

Una eventuale scelta tra produzione di elettricità oppure di  compost e biometano deve considerare il fatto che, a norma di legge, ognuno di questi tre impianti, annualmente  immette in atmosfera le seguenti quantità di polveri sottili (PM10)
  • 11    tonnellate  PM10  da centrale a biomasse 1 megawatt
  • 0,12 tonnellate  PM10  da combustione 3,6 milioni m3 biometano  
  • nessuna emissione di PM10 da compostaggio 
E' evidente come sia meglio usare la pulizia dei boschi per produrre compost e biometano, tendendo presente che l'inquinamento di quest'ultimo, in ogni caso molto basso, è simile a quello di un pari volume di metano fossile il cui consumo si potrebbe evitare grazie alla digestione anaerobica dei nostri scarti di cucina e all'immissione del biometano nella rete del gas.

Nel 2010 i Liguri e i loro ospiti hanno prodotto 280.000 tonnellate di scarti organici.

Per un loro corretto compostaggio, da effettuare in una decina di impianti di compostaggio distribuiti sul territorio, avremmo bisogno ogni anno di 84.000 tonnellate di cippato.

La regolare pulizia degli alvei dei torrenti e dei versanti dei principali bacini imbriferi liguri potrebbe fornirci queste quantità di legname senza intaccare il patrimonio boschivo che è opportuno che cresca sano anche per aiutarci a contenere le emissioni di gas serra.

Di questo importante ruolo dei nostri boschi parleremo nei prossimi post.