Lettera aperta a Emilio Riva, titolare della più importante azienda nazionale per la produzione e la lavorazione del ferro.
Egregio signor Riva
apprendiamo dalle cronache locali che ha deciso di utilizzare olio di palma come combustibile per la centrale elettrica di Genova Cornigliano che fornirà energia al suo nuovo impianto per lavorazione a freddo dell’acciaio; le stesse cronache ci informano che il Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, è favorevole a questo sua scelta.
I motivi che la spingono a questa scelta ci sono chiari: un barile di olio di palma costa 54 dollari, mentre oggi un barile di petrolio è quotato a 78 dollari; inoltre producendo elettricità da una biomassa quale è l’olio di palma, la sua azienda potrà ricevere le agevolazioni economiche previste dal Decreto 387 del 2003, sotto forma di certificati verdi.
In soldoni, questo vorrà dire che, per ogni chilowattore prodotto dalla sua centrale a olio di palma, la sua Azienda riceverà dal Gestore della Rete circa 15 centesimi di euro, ben di più dei 3 centesimi di euro pagati per il chilowattore prodotto da fonti energetiche non rinnovabili (olio combustibile, metano).
Per doverosa informazione dei lettori, con cui lei condivide questa missiva, ricordiamo che gli incentivi che la sua Azienda riceverà, grazie a questa scelta, sono letteralmente prelevati dalle bollette elettriche di tutte le famiglie italiane, per un valore pari a circa il 7% del costo di ogni singola bolletta. Ovviamente si tratta di un prelievo assolutamente legale, deliberato dal governo italiano proprio per incentivare il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili.
Ci è meno chiaro il motivo per cui il Presidente della Regione caldeggia questa sua scelta, in quanto il suo principale interesse, oltre a quello di garantire l’occupazione, dovrebbe essere quello di tutelare la salute dei propri concittadini e, a riguardo, abbiamo forti dubbi che bruciare olio di palma, invece che metano, produca un minore inquinamento. E’ molto probabile che sia vero proprio il contrario.
Comunque, è probabile che sia lei che il Presidente Burlando, siate favorevoli all’olio di palma in quanto presunto combustibile ecologico, vista la sua origine vegetale, teoricamente utile per contrastare l’aumento dei gas serra nell’atmosfera del pianeta.
Purtroppo per noi e per lei, le cose non stanno proprio cosi.
Come lei ben sa l’olio di palma è prodotto in Indonesia, ma nelle foreste pluviali indonesiane non c’è traccia di palma da olio, le cui origini sono africane.
Questo significa che per produrre olio di palma, si spiana letteralmente l’originaria foresta, uno degli ultimi serbatoi di biodiversità del pianeta, e al suo posto, dopo aver dato fuoco al sottobosco, si piantano nuove piantagioni di palme da olio.
Nel 2004, gli ettari di foresta pluviale indonesiana trasformati in palmeti erano 5,3 milioni e questa trasformazione non è indolore. A fronte di 11 milioni di tonnellate di olio prodotti ogni anno dai palmeti indonesiani, in gran parte esportati, nel paese restano i rifiuti altamente inquinanti prodotti della lavorazione dei datteri: 32 milioni di tonnellate, tra scarti solidi e acqua contaminata.
E questa non è l’unica nota negativa. Se tutto andrà avanti così, tra 15 anni, il 98% della foresta pluviale indonesiana sarà sparita e con essa tutta la ricca flora e fauna che questa foresta ha ospitato ancor prima dell’apparire della nostra specie sulla faccia del pianeta.
Non sappiamo quale emozioni le susciti l’idea che tutto questo significa che l’unico modo che i suoi nipoti avranno per vedere un orang-utang sarà quello di andare al Museo di Storia Naturale, dove ci sono alcuni esemplari imbalsamati e montati in suggestivi diorami, ma purtroppo per lei e per noi c’è un’altra brutta notizia: contrariamente a quello che si crede, l’uso dell’oliodi palma contribuisce ad un pesante aumento della concentrazione di gas serra.
Tutte queste notizie, se per caso le fossero sfuggite, sono state riportate dalle edizioni on-line del “The New York Times”, della “Associated Press” e del “Guardian”, rispettivamente del 31 gennaio, 27 marzo e 11 aprile del 2007.
E ora, come preannunciato, i dettagli della notizia peggiore: uno studio effettuato da “Wetland International”, pubblicato a novembre dell’anno scorso e giudicato credibile da diversi Istituti di ricerca internazionali, ha stimato che l’uso come combustibile dell’olio prodotto annualmente da un ettaro di palmeto permette di risparmiare circa 10 tonnellate di gas serra. Tuttavia i gas serra che lo stesso ettaro di terreno emette in atmosfera a causa della deforestazione e della progressiva mineralizzazione della sostanza organica accumulatasi nel terreno, sono pari a 70-100 tonnellate all’anno.
Questo significa che, per ogni ettaro di palmeto, i metodi di produzione di olio di palma usati dai governi della Malesia e dell’Indonesia, provocano un aumento netto di almeno 60 tonnellate di gas serra all’anno; pertanto questo bio-carburante non è eco-compatibile e eco-sostenibile e di conseguenza è molto probabile che nel prossimo futuro l’olio di palma non godrà delle generose agevolazioni previste dai certificati verdi.
Al momento, gli organi di stampa citati segnalano che il governo olandese sta seriamente valutando questa opportunità.
E le stesse agenzie hanno comunicato che, in base ai risultati dello studio della “Wetland International”, fin dallo scorso dicembre, la compagnia olandese Essent ha annunciato di rinunciare all’uso dell’olio di palma nelle sue centrali, condividendo tale decisione con la RWE Power, una delle maggiori società elettriche inglesi.
Ci sembra che ci siano tutti gli elementi per consigliare prudenza nell’imbarcarsi in questo affare, dote che certamente non le manca.
In attesa di un suo riscontro, accolga i miei più cordiali saluti
Federico Valerio
Buon giorno,
RispondiEliminaho letto che la lettera aperta è datata "Genova, agosto 2007". La vicenda ha avuto sviluppi?