La Jatropha è un arbusto originario del centro america con semi oleosi da cui si può ricavare biodiesel.
Rispetto ad altri biocombustibili derivanti da piante commestibili ( mais, grano, palma da olio) la Jatropho ha l'indubbio vantaggio derivante dal fatto i suoi frutti sono tossici. Pertanto la sua coltivazione e l'uso energetico non si mette in concorrenza con la produzione di alimenti.
Un altro vantaggio, come possibile fonte di biocombustibili, è la sua rusticità: la Jatropha può essere coltivata ( almeno così dicono i suoi sostenitori) su terreni marginali non adatti all'agricoltura convenzionale e richiede poca acqua.
E' possibile che rispetto al mais queste caratteristiche rendano la Jatropha più parca di consumi ma anche questa pianta richiede cure, acqua, fertlizzanti, erbicidi e trattamenti chimici contro possibili malattie.
E' anche necessario che qualcuno ( a mano?) raccolga i frutti e estragga l'olio per spremitura. E da qui possono cominciare i problemi per il Paese che ospita le coltivazioni, in quanto i residui della spremitura, come la sansa di ulivo, sono un problema ambientale non da poco.
La soluzione è il compostaggio di queste biomasse, ma chi pensa di fare un favore ai Brasiliani acquistando il loro olio di Jatropha per utilizzarlo nel porto di Genova per produrre elettricità, dovrebbe fare queste verifiche, a partire da quanto sono pagati i campesignos impegnati nella coltivazione e nella raccolta dei frutti.
L'olio che si produce con la spremitura non è idoneo, tal quale, per alimentare motori diesel. Bisogna sottoporre l'olio ad un processo chimico che utilizza il metanolo la cui tossicità per i lavoratori e l'ambiente circostante merita per lo meno qualche verifica. E se nel motore si brucia biodisel di Jatropha invece di diesel da fonte fossile, quali sono le differenze?
Un vantaggio sicuro è l'assenza di anidride solforosa nei fumi, in quanto il biodisel non contiene zolfo.
Ma tutti gli altri inquinanti presenti nelle emissioni di un diesel convenzionale (ossido di carbonio, ossidi di azoto, polveri fini e ultrafini, policiclici aromatici ) ci sono tutti anche se, esclusi gli ossidi di azoto, con fattori di emisioni più bassi. Chi abita sul fronte del porta si accontenterebbe?
L'analisi del ciclo di vita fatta dai Cinesi, nelle condizioni presenti nel loro paese, hanno evidenziato che non esiste ancora una convenenienza economica per questo biodiesel. Non abbiamo trovato analoghi studi realizzati tenendo conto delle realtà brasiliane.
Venendo all'ipotesi di usare Biodiesel di Jatropha in motori marini per produrre elettricità da utilizzare nelle navi in attracco, si pone il problema dell'efficenza di questo sistema ed in particolare è indispensabile avere notizie affidabili sulle emissioni di questi motori le cui caratteristiche, diverse dai diesel per autotrazione, potrebbero riservare qualche sorpresa. E se davvero il biodiesel di Jatropha è meno inquinante del gasolio marino, viene spontanea una domanda. Ma perchè non alimentare direttamente con questo bidiesel le navi in porto invece di realizzare una centrale su un'isola galleggiante?
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venerdì 23 settembre 2011
giovedì 22 settembre 2011
Un fil di fumo...Jatropa 2
Una nave moderna è una centrale elettrica galleggiante. Il motore che fa girare le eliche è elettrico e l'elettricità che serve a bordo per l'illuminazione, la refrigerazione, il condizionamento dell'aria è prodotta a bordo.
A far girare le dinamo ci pensano motori diesel di potenza adeguata alle necessità e le potenze elettriche complessivamente installate sono di alcune decine di Megawatt. Il combustibile è, ovviamente, gasolio e, per contenere i costi di trasporto, non certo quello di qualità migliore.
A causa dell'aumento della stazza delle navi e dell'aumento dei traffici marittimi, i fumi che escono dalle comignoli, non annunciano più arrivi che ci si augura benvenuti, ma cominciano a diventare una delle principali fonti di inquinamento a livello mondiale.
Ovviamente i problemi più gravi per la salute si hanno nei porti, in quanto non solo c'è l'inquinamento prodotto dal via-vai delle nave con la potenza al massimo, ma i maggiori pericoli si creano quando le navi attraccano ai moli e si trovano ad alcune centinai di metri dalle abitazioni della città che le ospita. Sono proprio queste abitazioni quelle che si trovano sottovento ai fumi che i diesel di servizio emettono in continuazione, giorno e notte.
D'estate, in tutte le citta di mare ,si registra un regime di brezze, prodotte dalla diversa temperatura giornaliera di terra e di mare.
Quindi, per definizione, le città di mare, dalla tarda mattinata alla sera, sono interessate da brezze che dal mare vanno verso la città, proprio nelle ore in cui, ad esempio a Genova, i traghetti da e per la Corsica e la Sardegna, stanno attraccati ai moli, tutti insieme ammucchiati al terminal traghetti della città.
Se la città in questione, come Genova, si sviluppa in collina a partire da poche decine di metri dalle banchine, ecco qui che a diverse migliaia di genovesi che abitano o lavorano negli edifici che si affacciano sul porto, tocca respirare anidride solforosa, ossidi azoto, polveri fini ed ultrafini, benzene e policiclici aromatici. L'entità di questo inquinamento non è ancora noto, anche se oggetto di attenzione da parte di Capitaneria e Ente Porto.
Per darvi un'idea, dove le misure sono state fatte, nel porto di Santa Cruz di Tenerife ( isole Canarie), le nanoparticelle da traffico veicolare sono 15.000-30.000 per centimetro cubo, mentre le nanoparticelle provenienti dai comignoli delle navi da crociera vanno da 35.000 a 50.000 per centimetro cubo d'aria.
Per affrontare questo problema da alcuni anni i paesi Baltici e del nord europa si sono mossi obbligando le loro navi ad usare gasolio meno inquinante e le normative internazionali chiedono che le nuove navi siano dotate di un doppio serbatoio: quello per il gasolio di bassa qualità da usare in crociera e quello di alta qualità da usare quando la nave è attraccata ai moli.
In Italia, a quanto mi risulta, nulla di questo esiste e a Genova, come già accennato, si pensa di cominciare a ridurre il problema, attaccando "alla spina" alcune navi, a cominciare da quelle in riparazione e quindi senza equipaggio da tenere a temperature confortevoli.
L'idea è come quella che sia attua normalmente nei porticcioli turisticii, in cui le barche, subito dopo l'attracco si collegano alla rete elettrica accessibile sulla banchina e,in questo modo, possono spegnere i motori che hanno anche caricato le batterie lungo il viaggio in mare. Nel caso di un porto come quello di Genova, le potenze elettriche di tutte le navi attraccate, sono ben altre e forse non basterebbe neppure la vecchia centrale a carbone presente nel porto per fornire tutta l'elettricità necessaria.
ps: i fumi delle navi non subiscono alcun trattamento. Quello che le Direttive al momento prevedono è che l'anidride solforosa presente nei fumi sia ridotta, lavando i fumi con acqua di mare (sic) . Il plancton ringrazia...
A far girare le dinamo ci pensano motori diesel di potenza adeguata alle necessità e le potenze elettriche complessivamente installate sono di alcune decine di Megawatt. Il combustibile è, ovviamente, gasolio e, per contenere i costi di trasporto, non certo quello di qualità migliore.
A causa dell'aumento della stazza delle navi e dell'aumento dei traffici marittimi, i fumi che escono dalle comignoli, non annunciano più arrivi che ci si augura benvenuti, ma cominciano a diventare una delle principali fonti di inquinamento a livello mondiale.
Ovviamente i problemi più gravi per la salute si hanno nei porti, in quanto non solo c'è l'inquinamento prodotto dal via-vai delle nave con la potenza al massimo, ma i maggiori pericoli si creano quando le navi attraccano ai moli e si trovano ad alcune centinai di metri dalle abitazioni della città che le ospita. Sono proprio queste abitazioni quelle che si trovano sottovento ai fumi che i diesel di servizio emettono in continuazione, giorno e notte.
D'estate, in tutte le citta di mare ,si registra un regime di brezze, prodotte dalla diversa temperatura giornaliera di terra e di mare.
Quindi, per definizione, le città di mare, dalla tarda mattinata alla sera, sono interessate da brezze che dal mare vanno verso la città, proprio nelle ore in cui, ad esempio a Genova, i traghetti da e per la Corsica e la Sardegna, stanno attraccati ai moli, tutti insieme ammucchiati al terminal traghetti della città.
Se la città in questione, come Genova, si sviluppa in collina a partire da poche decine di metri dalle banchine, ecco qui che a diverse migliaia di genovesi che abitano o lavorano negli edifici che si affacciano sul porto, tocca respirare anidride solforosa, ossidi azoto, polveri fini ed ultrafini, benzene e policiclici aromatici. L'entità di questo inquinamento non è ancora noto, anche se oggetto di attenzione da parte di Capitaneria e Ente Porto.
Per darvi un'idea, dove le misure sono state fatte, nel porto di Santa Cruz di Tenerife ( isole Canarie), le nanoparticelle da traffico veicolare sono 15.000-30.000 per centimetro cubo, mentre le nanoparticelle provenienti dai comignoli delle navi da crociera vanno da 35.000 a 50.000 per centimetro cubo d'aria.
Per affrontare questo problema da alcuni anni i paesi Baltici e del nord europa si sono mossi obbligando le loro navi ad usare gasolio meno inquinante e le normative internazionali chiedono che le nuove navi siano dotate di un doppio serbatoio: quello per il gasolio di bassa qualità da usare in crociera e quello di alta qualità da usare quando la nave è attraccata ai moli.
In Italia, a quanto mi risulta, nulla di questo esiste e a Genova, come già accennato, si pensa di cominciare a ridurre il problema, attaccando "alla spina" alcune navi, a cominciare da quelle in riparazione e quindi senza equipaggio da tenere a temperature confortevoli.
L'idea è come quella che sia attua normalmente nei porticcioli turisticii, in cui le barche, subito dopo l'attracco si collegano alla rete elettrica accessibile sulla banchina e,in questo modo, possono spegnere i motori che hanno anche caricato le batterie lungo il viaggio in mare. Nel caso di un porto come quello di Genova, le potenze elettriche di tutte le navi attraccate, sono ben altre e forse non basterebbe neppure la vecchia centrale a carbone presente nel porto per fornire tutta l'elettricità necessaria.
ps: i fumi delle navi non subiscono alcun trattamento. Quello che le Direttive al momento prevedono è che l'anidride solforosa presente nei fumi sia ridotta, lavando i fumi con acqua di mare (sic) . Il plancton ringrazia...
martedì 20 settembre 2011
Jatropa a Genova
La stampa locale ha diffuso la singolare notizia di un progetto per il porto di Genova in base al quale, su una piattaforma galleggiante di 3000 metri quadrati sarà piazzato un generatore diesel alimentato con olio vegetale e la elettricità prodotta servirà ad alimentare alcune delle navi attraccate nel porto di Genova, che in questo modo potranno spegnere i loro generatori diesel utilizzati per fornire energia elettrica ai servizi di bordo.
Il comunicato sottolinea la "naturalità" di questo combustibile, prodotto a partire dai semi di un albero, la Jatropha curcas.
Del progetto si sottolinea anche la valenza sociale, in quanto la coltivazione di questa pianta potrebbe avere un ritorno economico per i paesi sottosviluppati che possono coltivarla, in questo caso il Brasile. La garanzia della bontà di questa operazione viene fornita dalla Fondazione Kepha, una onlus a cui fa capo il Centro di Formazione Cardinale Siri e a Genova solo il nome del Cardinale è una garanzia.
Per capire se questa è veramente un'iniziativa socio-ecologica, occorre inquadrala bene e visto che l'argomento è di una certa complessità la distribuirò su più post di cui, al momento, vi dò la scaletta:
- Inquinamento prodotto dalle navi attraccate ai porti e soluzioni internazionali al problema
- Bilanci economici, ambientali ed energetici nella produzione di biodiesel da semi di Jatropha
- Vantaggi per Genova nella sostituzione di olio diesel bruciato sulla nave con biodiesel bruciato nella centrale galleggiante. Possibili soluzioni alternative.
- Con la centrale galleggiante chi è che ci guadagna veramente e chi probabilmente ci perde.
Il comunicato sottolinea la "naturalità" di questo combustibile, prodotto a partire dai semi di un albero, la Jatropha curcas.
Del progetto si sottolinea anche la valenza sociale, in quanto la coltivazione di questa pianta potrebbe avere un ritorno economico per i paesi sottosviluppati che possono coltivarla, in questo caso il Brasile. La garanzia della bontà di questa operazione viene fornita dalla Fondazione Kepha, una onlus a cui fa capo il Centro di Formazione Cardinale Siri e a Genova solo il nome del Cardinale è una garanzia.
Per capire se questa è veramente un'iniziativa socio-ecologica, occorre inquadrala bene e visto che l'argomento è di una certa complessità la distribuirò su più post di cui, al momento, vi dò la scaletta:
- Inquinamento prodotto dalle navi attraccate ai porti e soluzioni internazionali al problema
- Bilanci economici, ambientali ed energetici nella produzione di biodiesel da semi di Jatropha
- Vantaggi per Genova nella sostituzione di olio diesel bruciato sulla nave con biodiesel bruciato nella centrale galleggiante. Possibili soluzioni alternative.
- Con la centrale galleggiante chi è che ci guadagna veramente e chi probabilmente ci perde.
domenica 4 settembre 2011
Centrali a metano a Genova
Condivido la scelta del Comune di Genova della chiusura definitiva della centrale a carbone in porto e dell'esclusivo ricorso a metano per la centrale elettrica che dovrà alimentare i laminatoi Riva, a Genova Cornigliano.
Quindi, a Genova niente più carbone e niente olio di palma.
Invece l'annunciata chiusura dell'impianto di cogenerazione a metano di Genova Sampierdarena, come minimo, richiede una esauriente spiegazione.
A mio avviso, devono essere esplicitate e rese pubbliche altre precisazioni su queste scelte: la nuova centrale a metano deve essere rigorosamente a cogenerazione e deve poter fornire calorie e frigorie agli edifici vicini, in primo luogo il nuovo polo tecnologico degli Erzelli e se possibile il centro commerciale di Fiumara che è un gigantesco colabrodo energetico. Questo permetterebbe di spegnere le sua attuali caldaie e di azzerarne i consumi di elettricità per il condizionamento.
Occorre che tutti non dimentichiamo che ENEL (con la centrale a carbone) e Riva con cokerie e altoforno, hanno contratto un pesante debito con i genovesi che abitavano e abitano sottovento ai loro impianti.
Una forma di risarcimento potrebbe venire da Riva con la scelta doverosa di mettere a disposizione del Comune la grande superficie dei tetti dei suoi reparti per realizzare un'altrettanto grande centrale fotovoltaica, la cui elettricità potrà essere ceduta al Comune e utilizzata per usi pubblici.
Ovviamente sarebbe utile ed opportuno che i pannelli fotovoltaici utilizzati da questo mega impianto, uno dei più grandi in Europa, possano essere prodotti dalla Ferrania Solis, azienda che opera nel savonese, in Val Bormida a tutela dell'occupazione ligure.
Ci aspettiamo che IREN, Riva e ENEL studino anche la possibilità che la centrale Riva, possa essere in parte alimentata con bio-metano ottenuto depurando il biogas prodotto a Scarpino dai rifiuti dei genovesi e così depurato immesso nella rete di distribuzione del gas cittadino.
Questa scelta permetterebbe di aumentare enormemente l'efficenza energetica del polo di trattamento rifiuti di Scarpino, di fatto realizzando un impianto di teleriscaldamento a biometano, a favore di tutta la città.
Comunque è assolutamente obbligatorio, anche in nome del "sano" sviluppo di Genova, che la quantità di polveri sottili e ossidi di azoto emessi dalla centrale a metano di Riva e dal futuro gassificatore di rifiuti di Scarpino, sia nettamente inferiore a quanto oggi emettono la centrale a carbone, l'impianto di cogenerazione di Sampierdarena, gli impianti di condizionamento del centro Commerciale di Fiumara e alcuni dei traghetti attraccati in porto.
In quanto ai costi, cogenerazione, biometano, fotovoltaico, potrebbero usufruire di tutti gli incentivi che questo governo ha ancora lasciato.
E nella colonna, "ricavi" di questa scelta epocale, mi piacerebbe che qualcuno calcolasse e inserisse i mancati costi, negli anni a venire, per l' evitata cura di asme infantili e di malattie croniche di anziani, derivanti dalla prevista riduzione dell'inquinamento.
Valutazioni su quanto si potrebbe ridurre il bilancio regionale per la sanità, con l'evitato inquinamento, potrebbero venire da uno studio sullo stato di salute dei Corniglianesi, dopo la chiusura, dieci anni fa, di cokerie e acciaierie. E per fare questi conti Genova ha una risorsa che, in nome dei contenimenti dei costi la città rischia di perdere, il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell'IST di Genova, a cui sarebbe bello affidare lo studio, visto che, oltre alle competenze, i dati fondamentali sono già in possesso dei suoi ricercatori.
Ritengo opportuno precisare che, pur essendo un dipendente IST, nel fare questa proposta non ho nessun conflitto di interesse, in quanto il prossimo gennaio andrò in pensione ( che lo crediate o no, ho superato i 65 anni :-)).
Quindi, a Genova niente più carbone e niente olio di palma.
Invece l'annunciata chiusura dell'impianto di cogenerazione a metano di Genova Sampierdarena, come minimo, richiede una esauriente spiegazione.
A mio avviso, devono essere esplicitate e rese pubbliche altre precisazioni su queste scelte: la nuova centrale a metano deve essere rigorosamente a cogenerazione e deve poter fornire calorie e frigorie agli edifici vicini, in primo luogo il nuovo polo tecnologico degli Erzelli e se possibile il centro commerciale di Fiumara che è un gigantesco colabrodo energetico. Questo permetterebbe di spegnere le sua attuali caldaie e di azzerarne i consumi di elettricità per il condizionamento.
Occorre che tutti non dimentichiamo che ENEL (con la centrale a carbone) e Riva con cokerie e altoforno, hanno contratto un pesante debito con i genovesi che abitavano e abitano sottovento ai loro impianti.
Una forma di risarcimento potrebbe venire da Riva con la scelta doverosa di mettere a disposizione del Comune la grande superficie dei tetti dei suoi reparti per realizzare un'altrettanto grande centrale fotovoltaica, la cui elettricità potrà essere ceduta al Comune e utilizzata per usi pubblici.
Ovviamente sarebbe utile ed opportuno che i pannelli fotovoltaici utilizzati da questo mega impianto, uno dei più grandi in Europa, possano essere prodotti dalla Ferrania Solis, azienda che opera nel savonese, in Val Bormida a tutela dell'occupazione ligure.
Ci aspettiamo che IREN, Riva e ENEL studino anche la possibilità che la centrale Riva, possa essere in parte alimentata con bio-metano ottenuto depurando il biogas prodotto a Scarpino dai rifiuti dei genovesi e così depurato immesso nella rete di distribuzione del gas cittadino.
Questa scelta permetterebbe di aumentare enormemente l'efficenza energetica del polo di trattamento rifiuti di Scarpino, di fatto realizzando un impianto di teleriscaldamento a biometano, a favore di tutta la città.
Comunque è assolutamente obbligatorio, anche in nome del "sano" sviluppo di Genova, che la quantità di polveri sottili e ossidi di azoto emessi dalla centrale a metano di Riva e dal futuro gassificatore di rifiuti di Scarpino, sia nettamente inferiore a quanto oggi emettono la centrale a carbone, l'impianto di cogenerazione di Sampierdarena, gli impianti di condizionamento del centro Commerciale di Fiumara e alcuni dei traghetti attraccati in porto.
In quanto ai costi, cogenerazione, biometano, fotovoltaico, potrebbero usufruire di tutti gli incentivi che questo governo ha ancora lasciato.
E nella colonna, "ricavi" di questa scelta epocale, mi piacerebbe che qualcuno calcolasse e inserisse i mancati costi, negli anni a venire, per l' evitata cura di asme infantili e di malattie croniche di anziani, derivanti dalla prevista riduzione dell'inquinamento.
Valutazioni su quanto si potrebbe ridurre il bilancio regionale per la sanità, con l'evitato inquinamento, potrebbero venire da uno studio sullo stato di salute dei Corniglianesi, dopo la chiusura, dieci anni fa, di cokerie e acciaierie. E per fare questi conti Genova ha una risorsa che, in nome dei contenimenti dei costi la città rischia di perdere, il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell'IST di Genova, a cui sarebbe bello affidare lo studio, visto che, oltre alle competenze, i dati fondamentali sono già in possesso dei suoi ricercatori.
Ritengo opportuno precisare che, pur essendo un dipendente IST, nel fare questa proposta non ho nessun conflitto di interesse, in quanto il prossimo gennaio andrò in pensione ( che lo crediate o no, ho superato i 65 anni :-)).
sabato 3 settembre 2011
Marmitte in città
E' uscito, fresco di stampa il mio articolo che aggiorna il ruolo delle marmitte catalittiche , in ambito urbano (Genova e non solo), per ridurre l'inquinamento da idrocarburi policiclici aromatici.
Lo potete scaricare al seguente indirizzo
http://www.intechopen.com/articles/show/title/catalytic-converters-and-pah-pollution-in-urban-areas
Mi scuso per chi non ha famigliarità con l'inglese :-)
In sintesi a Genova, come nel resto d'Europa e negli USA, dal 1994 al 2000, lungo due strade di grande traffico, la concentrazione di Idrocarburi Policiclici aromatici ( IPA, una classe di cancerogeni) e le concentrazioni di Ossido di Carbonio, un inquinante ottimo tracciante delle emissioni veicolari, sono calate regolarmente, in sintonia con la sostituzione progressiova delle vetture euro0, non catalizzate, con auto a benzina catalizzate e con auto diesel con emissioni più contenute.
Dal 2001 al 2010 la situazione a Genova è stazionaria e ampiamente negli obiettivi di qualità dell'IPA più pericoloso, il benzopirene.
Ora il problema è che il numero di vetture circolanti in città non aumemnti e che le vecchie marmitte meno efficenti siano regolarmente sostituite.
Ovviamente da evitare che la manovra finanziaria non decreti la morte del trasporto urbano. Si risparmierebbe su questo fronte, ma inevitabilmente aumenterebbero i costi sanitari prodotti dall'inquinamento che potrebbe riprendere a mordere.
Lo potete scaricare al seguente indirizzo
http://www.intechopen.com/articles/show/title/catalytic-converters-and-pah-pollution-in-urban-areas
Mi scuso per chi non ha famigliarità con l'inglese :-)
In sintesi a Genova, come nel resto d'Europa e negli USA, dal 1994 al 2000, lungo due strade di grande traffico, la concentrazione di Idrocarburi Policiclici aromatici ( IPA, una classe di cancerogeni) e le concentrazioni di Ossido di Carbonio, un inquinante ottimo tracciante delle emissioni veicolari, sono calate regolarmente, in sintonia con la sostituzione progressiova delle vetture euro0, non catalizzate, con auto a benzina catalizzate e con auto diesel con emissioni più contenute.
Dal 2001 al 2010 la situazione a Genova è stazionaria e ampiamente negli obiettivi di qualità dell'IPA più pericoloso, il benzopirene.
Ora il problema è che il numero di vetture circolanti in città non aumemnti e che le vecchie marmitte meno efficenti siano regolarmente sostituite.
Ovviamente da evitare che la manovra finanziaria non decreti la morte del trasporto urbano. Si risparmierebbe su questo fronte, ma inevitabilmente aumenterebbero i costi sanitari prodotti dall'inquinamento che potrebbe riprendere a mordere.
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