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sabato 30 marzo 2013

Fracking: vale la pena raschiare il barile?


Dopo lo "spread", ci tocca imparare un altro neologismo: "fracking".

E' un termine talmente nuovo che non si trova nei vecchi vocabolari d'Inglese.

Potremmo tradurlo come  "frantumazione", meglio "frantumazione a pressione idraulica".

E' una tecnica per recuperare gas e petrolio imprigionati in rocce e sabbie compattate e, per questo, non estraibili con i metodi tradizionali, quali i pozzi verticali.

Con un pozzo verticale si arriva alla profondità in cui sono presenti strati gelogici ricchi di idrocarburi. Da qui, all'interno dello strato,  si scava un pozzo  orizzontale, lungo alcuni chilometri, all'interno del quale è inviato ad alta pressione un liquido composto da una emulsione in acqua di sabbia e ceramica in polvere, chiamato "proppant", il cui compito è di fessurare in profondità lo strato attraversato.

Successivamente, attraverso queste fratture, petrolio, metano e liquido fessurante sono pompati verso la superfice in corrispondenza del pozzo.

Il liquido fessurante è fatto per l' 80,5% di acqua, il 19% di "proppant"e il 0,5 di additivi chimici, utilizzati per inibire la crescita batterica, ridurre la frizione ed aumentare la viscosità.

La composizione di questi additivi è, per legge,  segreta, per lo meno negli USA, ma certamente contengono composti tossici e cancerogeni.

Applicata per la prima volta nel 1949, la fratturazione idraulica ha avuto un boom, a partire dagli ultimi ultimi dieci anni, in particolare negli Stati Uniti.

Attualmente, nel solo Nord Dakota, 8.000 pozzi utilizzano questa tecnica estrattiva, con la produzione giornaliera di 660.000 barili di petrolio ma, in considerazione  dell'estensione dello strato geologico che si sta sfruttando,  si stima di poter arrivare solo in questo Stato a 40.000 - 50.000 pozzi attivi.

Ref: Nat. Geographic march 2013
Nella figura a sinistra, ripresa da un articolo di National Geographic dedicato alle "speranze e ai rischi del fracking",  sono riportate le localizzazione degli attuali pozzi di petrolio scavati con la tecnica del fracking nelle vicinanze della cittadina di Williston (Nord Dakota)

Ogni pallino nero corrisponde ad un pozzo attivo!

Ogni riga che parte da ciascun pozzo identifica il percorso dei corrispondenti pozzi orizzontali lungo i quali avviene la frantumazione delle rocce ricche di idrocarburi.

Si stima che ognuno di questi pozzi, durante l'intero periodo di sfruttamento abbia bisogno di 7,6 milioni di litri d'acqua, di 15 milioni di fluido fratturante  e di 5.000 litri di addittivi.

Tutti questi materiali, dopo essere stati iniettati in pressione lungo il pozzo orizzontale, sono ripompati in superfice, insieme al petrolio estratto dalle rocce.

Una volta separati dal petrolio, questi fluidi che fine fanno?

Per l'80% sono messi "sotto al tappeto", iniettati in altri pozzi, fuori dal Nord Dakota, a qualche chilometro di profondità, teoricamente sotto la falda acquifera.

Ovviamente, come succede normalmente in questi casi, le assicurazioni dei tecnici sulla innocuità di questo smaltimento, sono già state smentite dai fatti e molti pozzi d'acqua dolce sono risultati contaminati da questi fluidi estrattivi.

Altrettanto ovviamente, a livello statale non è successo niente, in quanto, anche negli USA continuare a produrre e consumare val bene qualche pozzo contaminato.

Ma il rischio di contaminazione dei pozzi non è l'unico problema per chi, da secoli, abita queste pianure, dedicandosi alla produzione agricola.

Queste grandi pianure producono orzo, grano, semi di girasole, erba medica e ovviamente hanno bisogno di acqua, in concorrenza con l'uso di acqua per il "fracking" e, come abbiamo visto, a rischio di contaminazione per questa nuova attività estrattiva.

Ma c'è un nuovo problema: la piovosità di questi Stati da decenni si va riducendo, con lunghi periodi di siccittà.

Certamente questi sono gli effetti climatici indotti dal continuo e crescente consumo di combustibili fossili, quali quelli che, per una ventina di anni sarà possibile estrarre dalla Terra con queste nuove tecniche qui, negli USA, ma anche da noi, in Abruzzo e lungo le nostre coste.

Ne parleremo nei prossimi post, anche perchè pare proprio che il " fraching" non comporti solo un problema di inquinamento delle falde,  ma anche di terremoti, come si è dimostrato essere avvenuto nell' Oklahoma, un altro Stato trivellato di pozzi con fantumazione idraulica.

giovedì 28 marzo 2013

Muro contro muro


Dagli albori della nostra storia abbiamo costruito le nostre abitazioni come una seconda pelle, in grado di difenderci dalle avversità del mondo esterno.

Da diversi secoli le costruiamo in muratura.

Fino a pochi decenni or sono, la scelta dei materiali era prevalentemente condizionata dalla disponibilità (pietre o argille locali) e i loro spessori, nei muri, erano scelti in base a prevalenti criteri di staticità o di difesa, rispetto ad assalti di nemici esterni.

Nell'immediato dopoguerra nella costruzione degli edifici è dilagato l'uso del cemento armato per fondamenta, solette, strutture portanti e per i muri perimetrali si sono preferiti mattoni in laterizi intonacati con cui realizzare muri perimetrali leggeri, a cui era prevalentemente richiesto il costo più basso dei materiali e della manodopera

Solo da pochi anni, con la crescita dei costi dell'energia, si è scoperto che i materiali con cui sono stati costruiti i muri di casa e il loro spessore sono fattori determinanti per la bolletta energetica, quella che spendiamo per riscaldare o rinfrescare la nostra abitazione.

Oggi, più dell'altro ieri, i materiali con cui sono fatti i muri delle nostre case e i loro spessori, oltre che la staticità, devono garantire l'isolamento dai fattori fisici esterni: freddo, caldo, vento, insolazione, umidità, rumore.  

Come si fa a sapere se la nostra nuova casa, per la sua climatizzazione invernale ed estiva,  avrà bollette leggere o pesanti?

Un'idea ve la potreste fare conoscendo i materiali usati per costuire i muri esterni di casa vostra, i loro spessori ed imparando a leggere la seguente Tabella che riporta la trasmittanza termica di vari tipi di muri, frequenti nel patrimonio edilizio nazionale

TABELLA. Trasmittanza termica di muri di diversa composizione e spessore


Tipo di muro
Trasmittanza termica
(watt/m°C)

Spessore muri
30 cm
40 cm
60 cm
80 cm





Granito


1,95
1,45
Calcare

2,05
1,60
1,30
Tufo

2,20
1,75
1,45
Mattoni pieni


1,35

Matt. pieni + intercapedine+ matt. forati
 1,38



Matt. pieni+ isolante + matt. forati
 0,39



Blocchi forati
 0,86




La trasmittanza termica misura il flusso di calore che attraversa una determinata superfice (un metro quadrato) quando, tra superfice interna ed esterna, esiste una differenza di temperatura di un grado centigrado.

I valori di trasmittanza, riportati in tabella sono in watt per metro quadrato per grado centigrado
 (W/mq °C).

Ad esempio,  un muro di granito spesso 60 centimetri ha una trasmittanza di 1,95 W/mq °C.
Se lo spessore è di 80 centimetri, la trasmittanza si riduce a 1,45 W/mq °C

Questo significa che attraverso un metro quadrato di muro di questo tipo, quando tra la superfice esterna e quella interna c'è una differenza di temperatura di un grado centigrado, ogni ora, dalla superfice calda a quella fredda, passa energia termica in quantità pari a 1,95 Wattora in un caso, 1,45 Wattora nell'altro.

Se la differenza di temperatura è di 10 °C , la quantità di calore che, ogni ora, attraversa il metro quadrato di muro di 60 cm, sarà dieci volte maggiore (19,5 Wattora).

Se la stessa differenza di temperatura (10 gradi centigradi) interessa un muro di cento metri quadrati, questo sarà interessato da un flusso orario cento volte maggiore: 1.950 Wattora, equivalente a 1,95 kiloWattora (kWh).  Se questa differenza di temperatura dura più ore, il flusso di calore sarà proporzionale a questo numero di ore.

In un precedente post abbiamo visto che la mia abitazione, costruita nei primi anni del 1900 con pietre calcaree cavate nelle colline intorno,  ha muri spesso 40 cm, pertanto, in base alla Tabella, la loro trasmittanza termica è tra le più elevate: 2,05  W/mq °C.

A difesa dei costruttori, che certamente hanno lavorato in economia, c'è il fatto che il mite clima della riviera ligure (temperatura media del gennaio 2013: 8 °C) non giustificava grandi attenzioni all'isolamento termico.

A dire il vero, non erano molto meglio le case costruite in riviera durante il boom economico, con muri tirati su con una fila di mattoni pieni all'esterno, una intercapedine d'aria di 6-7 centimetri e una fila di mattoni forati all'interno, finiti con qualche centimetro di intonaco dentro e fuori.

Come si vede nella Tabella, un muro di questo tipo ha una  trasmittanza  termica di 1,38 W/ mq °C.

Se nello stesso muro, l'intercapedine si riempie di un materiale isolante (cellulosa, granuli di sughero...) la conduttività termica
si riduce a soli 0,39 W/ mq °C, cinque volte meno della trasmittanza del mio muro!

Insomma, avessi potuto scegliere, avrei scelto una casa ben isolata come questa.

Confesso che quello che, a suo tempo, che mi ha fatto decidere all'acquisto è stata la verandina con vista sul Monte di Portofino!

Caro mi costa il panorama, ma alla prossima puntata vedremo quali accorgimenti ho messo in atto per ridurre la mia impronta ecologica e la bolletta del gas.



Le precedenti puntate di Casa con Cappotto:

- Stare in mutande, quanto mi costa?
- Misuriamo gli sprechi evitabili
- Vasi "termici" comunicanti
- Sangue caliente
- Muffe e condense
- Punti freddi
- Barriere frangivento
- Via col vento
- Finestre solari 3
- Finestre solari 2
- Finestre solari 1
- Occhio ai cassonetti
- Riflettori sui caloriferi
- Liberiamo i caloriferi
- La Fisica che serve 3
- La Fisica che serve 2
- La Fisica che serve 1
- Casa con cappotto  


mercoledì 20 marzo 2013

Trattamenti Meccanico Biologici: la carta vincente nella strategia Rifiuti Zero


Trattamenti Meccanico Biologici (TMB): la carta vincente nella strategia Rifiuti Zero.


La proposta di Legge d’iniziativa popolare “Rifiuti Zero” si pone l’obiettivo, entro il 2020, di recuperare il 95% di materia, dai nostri scarti urbani. Sembra una “missione impossibile”, ma quest’obiettivo rientra nelle potenzialità di approcci metodologici innovativi già ampiamente collaudati, i Trattamenti Meccanico Biologici (TMB).

Un altro obiettivo strategico previsto dalla Legge, è quello della riduzione alla fonte: se nel 2000 ogni italiano produceva 491 chili dirifiuti, nel 2020, dovrà produrne il 20 % in meno (- 98 chili) e quindi scendere a 393 chili a testa. Anche questa non è una missione impossibile, perché l’obiettivo fissato dalla Legge non molto è lontano dall’attuale (2010) produzione pro-capite del Veneto: 488 chili/abitante.

I TMB sono definiti come trattamenti a “freddo” poiché evitano la combustione diretta degli scarti. In particolare, questi impianti utilizzano sistemi meccanici e fisici per separare e purificare diverse frazioni quali: carta e cartone, alluminio, ferro e acciaio, plastiche miste. Trattamenti meccanici più evoluti, con sensori a raggi infrarossi, sono in grado di separare gli imballaggi in plastica in base al tipo di polimero utilizzato (PET, PVC, PE, PS…).

Queste separazioni possono essere fatta a valle delle raccolte differenziate, per migliorarne la qualità e spuntare prezzi migliori sul mercato del riciclo, ma possono essere utilizzate  anche sulla frazione residuale non differenziata.

Nel 2010, a livello nazionale, abbiamo differenziato solo il 35,3%  dei nostri scarti. Poiché in questi scarti, oltre l’85% è riciclabile (in massima parte imballaggi e scarti di cucina) abbiamo buttato in discarica e negli inceneritori circa il 65% dei nostri materiali post consumo.

Poiché una tonnellata di cartone vale 93 euro nel mercato del riciclo e la plastica di qualità vale ben 276 euro a tonnellata, con le scelte attuali buttiamo via, letteralmente qualcosa come mezzo miliardo di euro all’anno.

I Trattamenti Meccanici permettono di recuperare gran parte di questa materia (inerti, vetro, metalli, cellulosa, polimeri plastici) e il loro valore monetario, da reimmettere in nuovi cicli produttivi.

Parliamo ora dei Trattamenti Biologici. In sintesi, con questi trattamenti che precedono quelli fisici, facciamo lavorare per noi batteri e microorganismi che, mangiando letteralmente i nostri scarti biodegradabili, li trasformano in innocui vapore acqueo e anidride  carbonica, con il compostaggio ed in anidride carbonica e metano (biogas) con la digestione anaerobica.

Il metano, adeguatamente purificato è indistinguibile dal metano russo o libico e può essere immesso nella rete di distribuzione del gas e nelle bombole delle autovetture a metano.

Il compost che si produce in entrambi i processi biologici è un terriccio con un alto contenuto di carbonio organico che, come ammendante, deve essere usato in agricoltura per produrre nuovo cibo e contribuire al recupero della fertilità dei nostri terreni agricoli che, dopo decenni di trattamenti chimici si stanno avviando, specialmente nell’Italia meridionale, verso la desertificazione.

Con questi trattamenti biologici si riutilizza o s’inertizza gran parte della materia organica biodegrabile presente nei nostri scarti che, sommando scarti di cucina e della preparazione di cibo, sfalci e potature, carta e cartone per usi alimentari, materia organica presente in pannolini e pannoloni, rappresentano circa il 60% dei nostri scarti urbani.

A questo punto, qualcuno potrebbe dire “ Ma perché queste scelte non le abbiano ancora fatte? Come può essere possibile evitare le emergenze rifiuti, tipo Napoli, senza l’aiuto dei termovalorizzatori?”.
La nostra risposta è che la rivoluzione “Rifiuti Zero” è possibile, poiché approvando questa Legge di Iniziativa Popolare, il Parlamento fa le scelte giuste a favore degli Italiani ed elimina una vera e propria truffa a loro danno, cominciata nel 1999.

Con il Decreto n. 79/1999, noto anche con «primo decreto Bersani», con il recepimento di normative europee a favore delle Energie Rinnovabili, è stato introdotto un nuovo sistema d’incentivazione di mercato, basato sui “Certificati Verdi” che ha sostituito il vecchio sistema d’incentivazione a sussidio, legato al Programma CIP 6/92.

In sintesi, con denaro preso dalle bollette della luce di tutti gli Italiani, una nuova tassa del 7% applicata sui chilowattore consumati, s’incentiva la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, pagandola circa tre volte di più, rispetto al valore di mercato. Scelta condivisibile per fotovoltaico, eolico, idraulico, geotermico, fonti realmente rinnovabili e con basso impatto ambientale, se gestite con buon senso.

Peccato che, al momento dell’approvazione del Parlamento, una mano ignota abbia introdotto nella normativa europea che stavamo approvando, un codicillo, tutto italiano,  che faceva diventare, per assimilazione, i rifiuti urbani una fonte d’energia rinnovabile.

In questo modo, termo-valorizzando i rifiuti diventati combustibili “rinnovabili” si fanno grandi affari garantiti; ad esempio, nel 2004, a favore degli inceneritori, operativi nel nostro paese, sono stati erogati Certificati Verdi per 2,4 miliardi di euro.

Firmato il decreto 79/1999, gli amici degli inceneritori si sono potuti scatenare, con l’obiettivo dichiarato di realizzare un inceneritore in ogni provincia.

Poiché nessun incentivo è previsto per riciclo, compostaggio e meno che meno per politiche di riduzione forse, ora vi dovrebbero essere più chiare le vere cause delle emergenze rifiuti che, dal 1999, affliggono questo Paese.

La Legge d’Iniziativa Popolare “Rifiuti Zero” taglia alla radice questo scandaloso furto a danno degli Italiani: abolisce gli incentivi agli inceneritori e ai cementifici che usano i rifiuti come combustibili e tassa gli inceneritori, come fanno da anni, Austria, Danimarca, Svezia, per favorire il riciclo.

E, in base alla nuova Legge, gli introiti di questa tassa e di quella già in vigore per le discariche, saranno integralmente usati per finanziare gli impianti finalizzati al riuso, al riciclaggio, al compostaggio e alla digestione anaerobica. Incentivi saranno erogati anche per attivare in tutti i Comuni, sistemi di raccolta differenziata domiciliare, con tariffazione puntuale che ridurrà le spese di famiglie e aziende che differenziano i propri scarti e producono pochi rifiuti.

Finanziamenti pubblici andranno anche ai Centri di Ricerca che si specializzeranno per studiare metodi per il recupero spinto della materia. In questo modo, ad esempio, sarà possibile accelerare i tempi per rendere competitive tecniche, già note, per trasformare scarti ricchi di cellulosa (carta e cartone) e di plastiche miste, in nuove materie ad alto contenuto energetico, rispettivamente in etanolo e in gasolio, entrambi utilizzabili per l’autotrazione.

In attesa che queste tecnologie diventino mature, le frazioni separate dai TMB, ricche di cellulosa e quelle composte prevalentemente da plastiche miste non riciclabili, , potranno essere collocate, senza particolari impatti ambientali, in aree di stoccaggio temporanee che, tra qualche anno, diventeranno vere e proprie miniere di Materie Seconde ad alto valore aggiunto.

Federico Valerio
Chimico Ambientale
Comitato Tecnico-Scientifico LIP Rifiuti Zero

venerdì 15 marzo 2013

Stare in mutande: quanto mi costa?

Se volessi girare in mutande per casa, in pieno inverno, quanto mi costerebbe?

Nel precedente post ho calcolato la quantità di calore che, in una giornata d'inverno, passa ogni ora, dall'interno all'esterno, attraverso un metro quadrato dei miei muri in pietra.

L'unità di misura utilizzata in questo calcolo era il wattora (Wh), la millesima parte del chiloWattora (kWh).

Poichè il kWh è più famigliare, da ora useremo questa unità di misura.

Il calcolo, come ricordate, è stato fatto ipotizzando due diverse temperature interne (18 e 23 gradi centigradi) e questi sono stati i risultati:


-  0,0246  kWh per ora e per metro quadrato, con la casa a 18 °C
-  0,0348  kWh per ora e per metro quadrato, con la casa a  23 °C

La superfice dei muri esterni della mia abitazione (60 metri quadrati di superfice) è di 77 metri quadrati.
Se ora moltiplico la quantità oraria di calore disperso da un metro quadrato di muro per l'intera superfice esterna (77 metri quadrati) per le 24 ore giornaliere e  per i 31 giorni di gennaio, ottengo i seguenti consumi di calore, stimati per tutto il mese di gennaio, dalle mie parti, a due passi da Genova:

- 1409,284 kWh con le stanze a 18 °C

- 1993,622 kWh con le stanze a 23 °C

Pertanto, se voglio tenere la mia casa ad una temperatura maggiore  di cinque gradi rispetto al valore consigliato (18 °C), in un mese di riscaldamento butterei, letteralmente, all'aria 584,338 kWh di calore in più .

In tutti i casi, per mantenere alle temperature prefissate le stanze del mio appartamento, la calderina a metano deve produrre, nello stesso intervallo di tempo, la stessa quantità calore che, attraverso i muri, si è disperso nell'ambiente esterno (vi ricordate i vasi "termici" comunicanti ?).

Una calderina ben mantenuta, bruciando un metro cubo di metano, produce 9,59 kWh di calore.

Pertando, il sottile piacere di tenere la casa a 23 °C e poter, in questo modo, girare in mutande richiede  60,93 metri cubi di metano in più:

584,338 : 9,59 = 60,93

Poichè, un metro cubo di metano attualmente costa 1,121 € (tasse, accise, IVA comprese) questo sfizio mi costerebbe 68,30 € al mese.

Voi fate quello che vi pare, io preferisco stare in casa a 18 °C, al calduccio, con maglione e felpa.


Tutte le puntate di Casa con Cappotto:

- Che classe energetica sei?
- Stare in mutande: quanto mi costa?
- Misuriamo gli sprechi evitabili
- Vasi "termici" comunicanti
- Sangue caliente 
- Muffe e condense
- Punti freddi
- Barriere frangivento
- Via col vento
- Finestre solari 3
- Finestre solari 2
- Finestre solari 1
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- Riflettori sui caloriferi
- Liberiamo i caloriferi
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- Casa con cappotto

martedì 12 marzo 2013

Casa con cappotto: misuriamo gli sprechi evitabili


La mia casa è stata costruita nei primi anni del 1900 e i muri esterni, spessi 40 centimetri, sono in pietra, rigorosamente cavate a "chilometro zero", dai monti alle spalle del paese.

Con questo tipo di muri, quando la temperatura interna è maggiore di un grado centigrado rispetto alla temperatura esterna, la quantità di calore che, durante un' ora, passa dall'interno delle mie stanze all'esterno,  è stimata pari a 2,05 wattora per ogni metro quadrato di muro (Wh mq °C).

Questa grandezza è definita come conduttività termica.

Nell'esempio dei vasi "termici" comunicanti fatto nel precedente post, la  conduttività termica di una parete, un soffitto, un pavimento, corrisponde alla sezione del tubo che unisce i due vasi: maggiore è la conduttività termica, maggiore è la sezione del tubo, maggiore è la quantità di calore che, ogni ora, passa dall'ambiente caldo a quello più freddo, a parità di differenza di altezza dell'acqua (temperatura) nei due vasi "termici" comunicanti.

Le prestazioni termiche di casa mia non sono granchè, ma 120 anni fa, così si faceva, lavorando in economia.

Proviamo ora a calcolare quanto calore deve produrre  la mia calderina a metano se volessi tenere a 23 °C il termostato di casa, invece dei 18 °C a cui, ora, e fissato.

Dalle nostre parti, vicino a Genova, a gennaio, il mese più freddo, la temperatura media dell'aria esterna è intorno a 6 °C.

Pertanto, durante questo mese, con le mie stanze a 18 °C, la differenza tra  temperatura interna ed temperatura esterna è, mediamente di 12 gradi.

Di conseguenza,  la quantità di calore (Q1) che, in un'ora, disperde un metro quadrato delle mie pareti esterne  sarà:

Q1 = 2,05 Wh x 12 = 24,6 Wh

Se volessi tenere il termostato a 23 °C,  la differenza di temperatura tra interno ed esterno sarebbe di 17 gradi e, in questo caso la quantità di calore dispersa ogni ora nell'aria esterna (Q2) sarebbe:

Q2 = 2,05 Wh x 17 = 34,8 Wh

Pertanto, aumentare di sei gradi la temperatura del termostato, comporterebbe un aumento della dispersione di calore e, quindi della bolletta del gas, pari al 41,4%.

Un aumento di circa il 7%,  per ogni grado centigrado in più, rispetto alla temperatura confort di 18 °C.

E questo incremento dei consumi e dei costi per il riscaldamento, vale qualunque sia il tipo di muro che vi separa dall'ambiente esterno

Nel prossimo post calcoleremo, quanto mi  (vi) costerebbe lo "sfizio" di girare in casa in mutande  ( a + 23 °C) in pieno inverno.

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domenica 10 marzo 2013

Casa con cappotto: vasi "termici" comunicanti

 Se ci sono voluti secoli prima che l'umanità comprendesse le leggi fisiche che regolano la produzione e gli scambi di calore, non mi meraviglierebbe se, arrivati a questo punto del Corso di ECOnomia domestica, non vi sia ancora chiaro per quale motivo è opportuno tenere la temperatura del vostro appartamento il più basso possibile, come abbiamo visto tra 18 e 20 °C.
In questo caso ci può aiutare il ricorso ad una esperienza di più facile comprensione: i vasi comunicanti.

Vasi "termici" comunicati alla stessa temperatura (5°C). Non c'è flusso di calore tra B e A
 
Nella figura, il vaso B rappresenta la vostra casa e il vaso A il vasto ambiente esterno. 

Immaginate che i due vasi siano in comunicazione tra di loro.

Se aggiungete dell'acqua in uno di questi vasi, dopo un pò, inevitabilmente, l'acqua si distribuirà in ciascuno dei due vasi comunicanti, raggiungendo sempre la stessa altezza. Il tempo necessario affinchè i livelli di acqua raggiungano l'equilibrio dipende dalla sezione del tubo che mette in comunicazione i due vasi.

Più piccola è la sezione di questo tubo, maggiore sarà il tempo necessario affinchè le due colonne d'acqua raggiungano lo stesso livello.

In questo esempio, l'acqua equivale all' energia termica presente nei due ambienti e l'altezza dell'acqua rappresenta la temperatura dell'aria di questi ambienti, l'energia media delle molecole d'aria.

Il tubo rappresenta i muri e le finestre che mettono in comunicazione termica l'interno della vostra casa con l'esterno e la sezione di questo tubo è la rappresentazione della resistenza al passaggio di calore dei materiali con cui sono fatti muri e finestre e dal loro spessore.

Dal punto di vista fisico i flussi di acqua e di calore seguono leggi assolutamente simili.

Quando la temperature esterna è uguale a quella interna (5 ° C, in questo esempio) non c’è flusso di calore tra le pareti della casa e l’aria esterna, anche se A e B sono comunicanti attraverso i muri e le finestre, in quanto l'energia cinetica delle molecole in A è mediamente simile a quella delle molecole in B.
Analogamente, colonne d'acqua di simile altezza, qualunque sia la forma e il volume dei vasi che li contengono, esercitano la stessa pressione sul tubo che li unisce e quindi, in questo caso, non ci sono flussi d'acqua da un vaso all'altro.

Il calore a temperatura maggiore nel vaso B fluisce verso il vaso A più freddo
   
Quando la temperatura interna (B) è maggiore di quella esterna (A) il calore fluisce, come l'acqua,  da B ad A.

La quantità di calore in transito, dipende dalla differenza di temperatura tra i due locali e dalle dimensioni del “tubo” che collega A e B .

Maggiore è la differenza di temperatura tra B e A, maggiore sarà la "pressione" esercitata dalle molecole calde presenti nel tubo B e quindi maggiore sarà la quantità di energia termica (calore) che fluisce, nello stesso tempo, da B a A.
  
In questo caso, per mantenere costante la temperatura di B, occorre fornire costantemente calore al tubo B (rubinetto aperto)  in proporzione a questo flusso.
 
Ovviamente non possiamo fare granch'è per modificare la temperatura esterna e dobbiamo prenderci il tempo che Giove Pluvio ci offre,  ma la temperatura a cui impostare il termostato della calderina è una nostra scelta.

E ora dovrebbe essere più chiaro per quale motivo è un'inutile spreco tenere in casa temperature più alte di 18-20 °C, valori che anche gli umani piu freddolosi, purchè adequatamente coperti, percepiscono come confortevoli.

E nel prossimo post faremo qualche conto di quanti euri ci potrebbe costare lo sfizio di girare in casa in mutande in pieno inverno.


Tutte le puntate di Casa con Cappotto:

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- Sangue caliente 
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Compostaggio nel carcere di Napoli

  • In Commissione Ambiente il progetto di un impianto di compostaggio all’interno del Centro penitenziario di Secondigliano
Se a Napoli il compost si fa in carcere 
(Rinnovabili.it) – Potrebbe essere il carcere di Secondigliano a dare una mano al riciclo della differenziata organica di Napoli. Sul tavolo della Commissione ambiente del Comune è arrivata la delibera di proposta al Consiglio sull’adesione alla realizzazione di un impianto di compostaggio all’interno del centro penitenziario.
Il progetto, come spiegato da Danilo Risi dell’assessorato all’Ambiente, prevedrebbe l’istallazione di un impianto di trattamento aerobico che permetta di trasformare i rifiuti organici non pericolosi prodotti sia dagli stessi detenuti che provenienti dalla raccolta differenziata realizzata a Scampia.

“Il tutto, – si legge nella nota stampa del Comune di Napoli – abbattendo di almeno il 50% i costi di trattamento dell’umido, ai quali andrà aggiunto il risparmio, ancora da quantificare, sui costi di raccolta per l’ASIA”. Accanto alla valenza spiccatamente ambientale, l’iniziativa mira portare a casa anche un risultato sociale come sottolineato dal presidente della Commissione Marco Russo. A regime, infatti, l’impianto richiederebbe l’impiego di almeno dieci detenuti a cui verrebbe data l’opportunità di acquisire una competenza specializzata da utilizzare una volta terminato il periodo di detenzione. “Almeno altri trenta detenuti, – ha aggiunto il direttore del Centro penitenziario, Liberato Cimmino – potrebbero essere stabilmente impiegati se fosse utilizzato a pieno regime anche l’altro impianto realizzato all’interno dell’area del carcere dalla Secondigliano Recuperi, quello per il recupero dei rifiuti da imballaggio”.

sabato 9 marzo 2013

Casa con cappotto: sangue caliente


Non so se si insegna ancora, ma una delle cose che ho imparato a scuola quando ero ragazzino, è che i mammiferi sono animali a sangue caldo e che noi umani siamo dei mammiferi. Quindi noi umani siamo a sangue caldo.
Ma non è solo il nostro sangue ad essere caldo, ma tutto il nostro corpo, nel mio caso 75 chili di carne, ciccia, ossa, cervello e coratelle varie.
Sappiamo anche che la temperatura interna di tutti gli umani, qualunque sia la loro età, il loro peso, il colore della loro pelle, è costantemente a 37° centigradi, salvo malattie e congelamenti.
A questa temperatura, tutte le complesse reazioni biochimiche che avvengono nelle nostre cellule (100.000 miliardi) e che ci fanno vivere, si svolgono al meglio delle loro possibilità.
Il combustibile per mantenere a questa temperatura le decine di chili delle nostre biomasse viventi e per fare tutte le cose più o meno piacevoli che facciamo quando siamo svegli,  è il nostro cibo quotidiano che, insieme a tutti i viventi, passati, presenti e futuri abbiamo imparato a "bruciare" a bassa temperatura, appunto, nel nostro caso, a 37°C.
Insomma, siamo a tutti gli effetti delle stufette ad energia rinnovabile, con una potenza installata ridicola, si e no una ottantina di watt, quando si fanno lavori sedentari, come il mio.
Quindi consumiamo, più o meno, come una vecchia lampadina ad incandescenza, ovviamente che non si spegne mai, finché siamo in vita.
Tanto per fare un confronto, la calderina di casa mia ha una potenza di 26.000 watt.
Questo vuol dire che potrei riscaldare casa, a gratis, invitando 325 amici e sfruttando il loro calore umano.
E' noto a tutti che, a confronto di tutti gli altri mammiferi, madre natura ha pensato bene di non dotarci di pelliccia, forse perché i nostri antenati bighellonavano nelle calde savane africane con il cibo a portata di mano.
Poi deve essere successo qualche cosa, abbiamo lasciato l'originario paradiso, qualcuno dice per colpa della nostra madre ancestrale, e ci siamo messi a vagabondare in lungo e in
largo per le terre emerse e quando ci è arrivata addosso la glaciazione ci siamo attrezzati scoprendo il fuoco e inventando il "cappotto" fatto con  pelle e pelliccia tolta ai nostri compagni di viaggio più pelosi.
Con la pelliccia, abbiamo anche scoperto il risparmio energetico, ma negli ultimi tempi pare che ci siamo scordati di questa bella invenzione.
Vediamo di recuperare.
Mentre sto scrivendo, il termometro  sul tavolino segna 19,7  °C, fuori ci sono 12 °C e la differenza di temperatura è dovuta al calore immesso nella casa (60 metri quadrati)  dalla calderina a metano che, in giornate come queste consuma circa 4 metri cubi di gas.
Se devo giudicare il mio attuale confort termico, direi che è ottimo.
Proviamo a trovare una spiegazione.
Con il mio termometrino a raggi infrarossi ho fatto queste misure sulle rispettive superfici:

Pelle del torace (villoso): 32,6 °C
Canottiera di lana:            30,4 °C
Camicia di cotone:           26,6 °C
Maglia di  lana:                23,6  °C

La differenza di temperatura tra una superfice e l'altra vi da una idea della resistenza al flusso di calore  (isolamento termico) esercitato da pochi millimetri di spessore di tessuti naturali e dalle microcelle d'aria ferma che si formano tra le fibre di questi tessuti.
In base a queste misure, così vestito, la mia superfice esterna è più calda di circa 4 gradi, rispetto all'ambiente circostante.
Come abbiamo visto, questo vuol dire che sto riscaldando, per irraggiamento, l'ambiente esterno intorno a me, più freddo, ma la quantità di energia termica che, in queste condizioni, immetto nell'ambiente è assolutamente compatibile con la potenza della mia calderina endogena.
Vediamo cosa succederebbe se decidessi di andare in giro per casa coperto, per decenza, dalle sole mutande.
In questo caso, la differenza di temperatura tra la mia pelle e l'ambiente sarebbe di 13 gradi e questo vuol dire che, spogliato, devo produrre tre volte più calore di quando ero vestito, se voglio che il mio corpo continui a stare a 37 °C.
Appena spogliato, per un pò non succederebbe niente; lo strato di aria calda che mi porto addosso per qualche minuto mi terrebbe isolato, ma presto i miei sensori cutanei mi avvertirebbero che sto perdendo troppo calore, rispetto alla potenza installata: il mio corpo si sta raffreddando, sto cedendo all'ambiente esterno, più freddo di me, più calore di quello che riesco a produrre.
Subito partirebbero i sistemi automatici per diminuire la perdita di calore. Mi si rizzerebbe il pelo per aumentare lo spessore isolante della pelle e comincerei a tremare, in modo da produrre più calore, con l'aumentata attività muscolare indotta dai brividi.
Ovviamente questo non basta e ho tre alternative: mi rivesto, mi metto a pedalare come un forsennato sulla ciclette, alzo il termostato a 28 gradi.
Chi non è saggio e fa la prima scelta, di solito opta per la terza alternativa, aumenta la temperatura della casa ( grado più, grado meno) e , in questo modo butta, stupidamente, all'aria un bel pò di soldi.
Il prossimo post proveremo a fare i conti e a capire meglio cosa succede se, quando è freddo, non mettiamo il cappotto sulle nostre spalle e intorno alla nostra casa.

Tutte le puntate di Casa con Cappotto:

- Che classe energetica sei?
- Stare in mutande: quanto mi costa?
- Misuriamo gli sprechi evitabili
- Vasi "termici" comunicanti
- Sangue caliente 
- Muffe e condense
- Punti freddi
- Barriere frangivento
- Via col vento
- Finestre solari 3
- Finestre solari 2
- Finestre solari 1
- Occhio ai cassonetti
- Riflettori sui caloriferi
- Liberiamo i caloriferi
- La Fisica che serve 3
- La Fisica che serve 2
- La Fisica che serve 1
- Casa con cappotto

venerdì 8 marzo 2013

Rifiuti Zero al Parlamento Europeo

Si é svolta per la prima volta al Parlamento Europeo la conferenza sui Rifiuti Zero, organizzata da Zero Waste Europe. Segue la cronaca dell'evento a cura di Patrizia Lo Sciuti

Un folto pubblico ha assistito il 7 marzo scorso alla conferenza Towards to Zero Waste svoltasi al Parlamento Europeo. Hanno partecipato più di trecento persone tra attivisti, rappresentanti di numerose associazioni no profit provenienti da diversi paesi d'Europa e parlamentari europei.
Nella sessione del mattino Joan Marc Simon, responsabile di Zero Waste Europe, ha presentato il progetto Rifiuti Zero affermando che non si tratta di un'utopia; in diverse aree d'Europa esistono infatti comunità che si stanno impegnando concretamente in questa sfida. Simon ha sottolineato l'importanza della rete Rifiuti Zero costituita da attivisti ed enti locali che si impegna a ridurre la produzione dei rifiuti ed applicare le buone pratiche. Attualmente in Europa il 60 per cento dei rifiuti va a smaltimento - ha sottolineato Simon - di cui il 37 per cento in discarica e il 23 per cento in impianti di incenerimento. L'Europa ha l'obiettivo di ridurre i rifiuti del 20 per cento entro il 2020, ma gli strumenti oggi non sono sufficienti. Il riciclo non viene supportato e gli incentivi economici vanno in gran parte agli impianti di incenerimento.
In seguito l'intervento di Enzo Favoino, esperto e ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza, ha dimostrato, dati alla mano, che Rifiuti Zero non é una visione del futuro ma qualcosa di concreto nel presente. Città come Amburgo, Torino, Milano e Salerno hanno raggiunto grandi obiettivi. Occorre affrontare il viaggio verso Rifiuti Zero con metodologia ed impegno. Abbiamo vari punti di riferimento nelle normative europee come ad esempio la direttiva imballaggi. Bisogna puntare - ha sottolineato Favoino - sull'efficacia del sistema per arrivare al 70% di RD, ridurre l'impronta ecologica con la stabilizzazione biologica e recuperare ulteriormente materia riciclabile presente nella parte residuale. In questo modo possiamo ottenere importanti risultati.
Significativa la testimonianza del sindaco di Capannori, Giorgio Del Ghingaro, primo Comune in Italia ad avere adottato il protocollo Rifiuti Zero. Il sindaco, davanti ad una platea attenta, ha descritto i passi verso Rifiuti Zero intrapresi dal Comune dal 2008. Facciamo cose normali e concrete - ha affermato Del Ghingaro - dall'eliminazione delle bottiglie di plastica nelle mense scolastiche all'auto-compostaggio, dall'incentivo per l'uso dei pannolini lavabili ai distributori di latte alla spina, dal Centro di Ricerca Rifiuti Zero per l'analisi del rifiuto residuo, al Centro di riparazione e riuso.
Dopo Capannori, dal 2008 ad oggi, 123 comuni italiani hanno adottato la delibera Rifiuti Zero, circa 3.300.000 abitanti.
Un altro caso di buone pratiche nell'obiettivo Rifiuti Zero é presentato al Parlamento Europeo da Iñaki Errazkin, ministro dell'Ambiente della provincia di Gipuzkoa nei Paesi Baschi. Errazkin ha parlato del grande successo ottenuto dopo soli tre anni. Oggi 710.000 abitanti sono coperti dal servizio di raccolta differenziata porta a porta, con una differenziazione al 70 per cento. Per ottenere ottimi risultati - ha affermato Errazkin - occorre coinvolgere i cittadini e renderli protagonisti nel processo di cambiamento.
Subito dopo c'é stato l'atteso intervento del Commissario per l'Ambiente, Janez Potocnik, il quale ha riconosciuto, dopo aver ascoltato con interesse i risultati eccellenti provenienti dal sud Europa, che l'obiettivo Rifiuti Zero é la strada giusta da seguire. Oggi con l'attuale legislazione europea si possono creare complessivamente 400.000 posti di lavoro nel settore del riciclo, riparazione e riutilizzo; un elemento positivo visto l'attuale momento di crisi. Occorre incoraggiare al massimo il riciclo e il compostaggio - ha dichiarato Potocnik - in modo che la parte residuale sia ridotta ulteriormente.
Il Commissario però non si é pronunciato su come gestire il rifiuto residuo. Non condanna e non incoraggia la costruzione di inceneritori, ma neanche sostiene che andrebbero chiusi. Una posizione ambigua per l'Europa se si vuole seguire un percorso sostenibile.
Potocnik ha anche parlato del Libro Verde "Una strategia europea sui rifiuti di plastica nell'ambiente". La plastica crea sfide specifiche, se vogliamo Rifiuti Zero - dichiara Potocnik - occorre eliminare la plastica "usa e getta" e tutelare le risorse.
A seguire l'europarlamentare Andrea Zanoni (ALDE) ha sottolineato che i nemici della RD sono gli inceneritori. É più vantaggioso recuperare e riemettere la materia nel mercato piuttosto che bruciare.
L'intensa mattinata, ricca di spunti, si é conclusa con gli interventi di Roy Vercoulen, vicepresidente dell'Istituto Cradle to Cradle e di Ariadna Rodrigo di Friends of the Earth Europe.
Durante la sessione pomeridiana presentata dall'europarlamentare Nikos Chrysogelos (Greens/EFA) sono stati presentati esempi di buone pratiche Rifiuti Zero nel settore commerciale e aziendale, come l'ufficio belga di Greenovate, il negozio italiano di Effecorta, la casa di moda Upcycling Design in Estonia, la famiglia inglese di Karen Cannard, il centro di riparazione e riuso di Göteborg e per finire l'azienda italiana DIsmeco.
La lunga ed interessante giornata si é conclusa con la proiezione del film Trashed della regista Candida Brady prodotto ed interpretato da Jeremy Irons. L'attore inglese ha presentato il film denuncia sulle discariche e gli inceneritori davanti ad un folto pubblico sottolinenando quanto sia importante educare e coinvolgere più persone e a più livelli, dai bambini ai politici, dagli industriali ai cittadini.
Un meeting riuscitissimo che genera grandi riflessioni per tutti i partecipanti, libera con grande entusiasmo il messaggio positivo di Rifiuti Zero dando forza, energia e speranza da trasmettere alle generazioni future.
Ci auguriamo che l'onda Rifiuti Zero coinvolga anche i decisori del Parlamento Europeo in modo da abbandonare quei percorsi ricchi di fumo e cenere per intraprendere con fermezza e convinzione la via luminosa e sostenibile che conduce verso Rifiuti Zero.

Patrizia Lo Sciuto. Zero Waste



domenica 3 marzo 2013

Rivoluzione solare





In ballo c'è il potere della gestione delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare quella solare. 

Dal 2009 al 2012, in Germania  la potenza installata di  impianti fotovoltaici è stata di 26 Giga Watt, una crescita importante che comincia ad incidere significativamente sulla produzione complessiva di elettricità.

Tanto per chiarirci le idee, questi numeri significano che, nelle ore di maggiore insolazione gli impianti fotovoltaici tedeschi producono la stessa elettricità di 26 centrali tradizionali da 1000 megawatt ciascuna.

Come si può vedere dal diagramma nella parte bassa della figura, nel 2012, da maggio ad agosto gli impianti fotovoltaici installati in Germenia, hanno coperto oltre l'8% della domanda di elettricità tedesca.

Oggi, in Germania, l'auto produzione di energia elettrica fotovoltaica e' per il 39 % in mano ai privati e per il 21% in quelle degli agricoltori. Le 4 grandi corporazioni dell'energia fossile(carbone, petrolio, gas) e nucleare, gestiscono solo lo 0,2% del fotovoltaico tedesco.

E come si legge sulla figura allegata: "immaginate chi non è contento della rapida perdita di mercati?"
 
Questa stessa rivoluzione e' in atto anche in Italia, in forte ritardo rispetto alla Germania, ma favorita da una maggiore disponibilità di energia solare.
 
Anche Monti, chi sa perchè,  ci ha provato a frenare l'auto produzione di energia fotovoltaica.

Compito del nuovo Governo dovrebbe essere quello di accompagnare il raggiungimento della parità dei costi della produzione di elettricità con energia solare rispetto ai costi da energie fossili, senza tante complicazioni burocratiche, ad esempio con generose detrazioni dalle tasse a chi installa sul proprio tetto impianti solari.

In questo caso lo Stato "incasserebbe" gli extracosti di evitato inquinamento, evitato consumo di suolo, evitate malattie da inquinamento, evitata importazione di combustibili fossili...

Senza contare le nuove opportunità di lavoro per la progettazionem l'installazione, la manutenzione.

E alla fine, siatene certi,  sarebbe lo Stato, tutti noi, a guadagnarci.

Prima lo capiamo, meglio sarà.