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domenica 18 dicembre 2016
Un Sindaco per Genova che realizzi "Economia Circolare"il Modello Genova
La lunga crisi globale ci sta traghettando verso una nuova epoca in cui i valori di riferimento non sono più la crescita, il PIL, i mercati.
Chi non se ne è ancora accorto è perduto e quindi sarà opportuno che i genovesi, alla prossima tornata elettorale, scelgano bene a chi affidare il timone del vascello comunale che ci dovrà traghettare verso i nuovi e anche misteriosi lidi.
Uno dei fari a cui dovremo rivolgerci è quello della "economia circolare", rotta che l´attuale dirigenza AMIU ha tracciato ma che la Giunta Doria, palesemente, non vuole affrontare.
Con l´economia circolare si avvia la scelta ineludibile di una società che bandisce l´usa e getta , che non produce più rifiuti, e che in ogni oggetto scartato vede utili materiali valorizzati da precedenti lavorazioni che possono essere inseriti in nuovi cicli produttivi.
Questa visione, insieme alla realizzazione di un sistema di raccolta differenziata "porta a porta" e alla "tariffazione puntuale" è il Modello Genova che potrebbe vedere il capoluogo ligure all´avanguardia, a livello internazionale.
Intraprendere questa nuova rotta, con un "armamento" interamente pubblico, in quanto pubblici devono essere i ritorni economici, occupazionali, ambientali, significa qualificare l´attuale personale
AMIU, creare nuove ed innovative opportunità di lavoro, acquisire competenze altamente qualificate da mettere a disposizione di altri Comuni, anche fuori Regione.
E una regia pubblica nella gestione dei materiali valorizzati di scarto non ostacola l´altro obiettivo fondamentale, quello della riduzione alla fonte dei rifiuti.
Prima della partenza, tra un anno, di un nuovo consiglio comunale, il sindaco Doria e la sua Giunta vorrebbero imbarcare un privato, nella fattispecie IREN, che vuole il comando di AMIU (il 51% delle quote societarie) e in cambio contribuirebbe all´impresa mettendoci i suoi impianti (un digestore anaerobico, qualche inceneritore e un impianto di trattamento meccanico biologico) peccato che siano eredità di un modello di crescita ormai bello che andato, in gran parte frutto di tecnologie antiche, di fatto monumenti di archeologia industriale.
Se è vero che la rotta verso un´economia circolare non sia facile e richieda un forte investimento di cervelli e capacità imprenditoriale non sarà certo IREN a permetterci di raggiungere i nuovi lidi: l´
esperienza di IREN in economia circolare, raccolta differenziata di qualità, recupero e riuso di materia, gestione integrata di depurazione delle acque, gestione fanghi e produzione commercializzazione di biometano è pressocchè nulla.
Il "vascello" comunale adibito ad offrire servizi alla comunità, affidata alla guida di IREN ci riporterà ai vecchi lidi, quelli di una raccolta differenziata di bassa qualità, della termovalorizzazione dei rifiuti, della riduzione del personale, delle scelte più costose, senza ritorni economici per la comunità,
la quale sarà costretta a pagare gli utili di impresa del privato e sarà costretta a continuare a produrre rifiuti per alimentare gli impianti e produrre utili.
IREN ha condizionato il suo ingresso maggioritario in AMIU con il conferimento dei nostri scarti umidi nell´impianto di digestione anaerobica di Tortona.
Quest´ offerta, apparentemente allettante, è la classica "mela avvelenata".
Apparentemente IREN ci fa un favore, in quanto Genova non deve più individuare un´area sul suo territorio dove realizzare l´impianto, ma l´obbligo di esportare le nostre preziose frazioni umide a Tortona, vuol dire che Genova non potrà usare il biometano prodotto con i suoi scarti e quindi non potrà realizzare il progetto di metanizzare, con questa fonte di energia rinnovabile e a basso impatto, la flotta di automezzi AMIU e AMT che questa scelta tecnologica, realizzata in "casa", renderebbe possibile.
E la metanizzazione degli autobus AMT e dei mezzi di trasporto leggeri e pesanti di AMIU ridurrebbe significativamente un´importante fonte urbana di ossidi di azoto e polveri sottili, una di
quelle sfide che saranno "impossibili" affidando ai privati i ricchi servizi pubblici, come pretende l´imperante e morente neo-liberismo renziano che di tutelare la salute dell´ambiente e dei cittadini se
ne "strabatte ", in quanto queste variabili non rientrano nell´"asset aziendale".
E´ troppo chiedere al sindaco Doria di fare un regalo alla città, prima di lasciare Tursi, sospendendo la delibera sulla privatizzazione di AMIU?
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venerdì 16 dicembre 2016
Chi inquina le nostre città? NOx
Nelle città italiane, l'aspettativa di vita sana dei loro abitanti si riduce a causa di numerose sostanze tossiche presente nell'aria che respirano.
Insieme alla polveri sottili si trovano sempre gli ossidi di azoto (NOx- NO2) e anche questi composti, spesso, superano i limiti di legge.
Dati alla mano, si può dire che, fin da quando sono cominciate misure sistematiche di ossidi di azoto, si è sempre superata la media annuale di 40 microgrammi per metro cubo a Brescia, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Novara, Palermo, Roma, Torino, Trento, Trieste, Verona.
E non stanno meglio gran parte delle altre città italiane e questa situazione ci costa molto cara: oltre alla multa miliardaria dell'Unione Europea per infrazione delle norme comunitarie, ogni anno, a causa degli ossidi di azoto respirati, perdiamo prematuramente alcune migliaia di connazionali: 3.300 nel 2012.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, la notizia positiva è che la situazione è in lento miglioramento, come mostra la Fig 1 che riporta la stima delle emissioni annuale di NOx dalle principali fonti di emissione.
Fig 1. Andamento delle emissioni annuali di NOx in Italia e contributo delle principali fonti |
Le 600.000 tonnellate che mancano all'appello sono attribuibili a più efficaci sistemi di abbattimento nelle emissioni industriali e all'effetto delle marmitte catalittiche obligatorie, dai primi anni '90, su tutte le nuove autovetture.
Come si è accennato, questa riduzione, in parte teorica in quanto basata su stime con inevitabili incertezze, non è servita a rispettare gli obiettivi di qualità degli ossidi di azoto in moltissime città italiane
La Figura 2 ci mostra, in maggiore dettaglio, lo specifico contributo all'inquinamento di NOx nel 2013 in Italia.
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Fig 2 Contributo (%) delle fonti che nel 2013 hanno emesso NOx in Italia |
In questo caso il trasporto stradale è la fonte prevalente, responsabile del 42,5% del totale di emissioni di NOx stimate essere prodotte in Italia nel 2013.
L
Segue il trasporto marittimo (17,7%), in particolare le emissioni delle navi attraccate ai moli dei nostri porti. Come abbiamo esaminato in altri post, questa è la fonte prevalente di NOx in una città portuale come Genova dove i motori diesel, che le navi tengono accesi per alimentare i servizi di bordo, emettono in atmosfera quantità di ossidi di azoto nettamente superiore a quello del traffico cittadino.
Il motivo per cui i trasporti sono la principale fonte di NOx dipende da un motivo tecnico, ossia il fatto che questi composti si formano quando l'azoto atmosferico reagisce con l'ossigeno dell'aria a temperature e pressioni elevate, quali quelle che caratterizzano i motori a combustione interna a benzina e gasolio.
In particolare, a parità di cilindrata, le emissioni di NOx di una autovettura diesel sono maggiori di una vettura alimentata a benzina, come mostra la Fig. 3.
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Fig 3. Grammi NOx emessi per km percorso da auto a benzina e diesel |
In base alle stime riportate in Figura 3, nel mondo reale, una autovettura diesel EURO 6 emette dieci volte di più ossidi di azoto di una autovettura a benzina di pari classe EURO.
A fronte di queste informazioni quale scelte ha fatto il governo italiano per fronteggiare un problema quale quello delle elevate concentrazione di ossidi di azoto nelle città italiane?
Ovviamente le scelte governative non hanno assolutamente teneuto in conto la salute dei propri concittadini: invece di tassare maggiormente il combustibile più inquinante (il gasolio) lo hanno caricato di tasse ed accise minori della benzina (Fig 4).
Fig 4 Prezzo benzina e gasolio a confronto |
Di conseguenza, il consumatore italiano si è spostato sempre più su auto diesel e nel 2013, nel nostro paese, per muovere merci e persone si sono consumati 22,3 milioni di tonnellate di gasolio a fronte di 7,9 milioni di tonnellate di benzina.
Ma questa è solo l'ultima delle scelte sbagliate dei governi italiani.
Ce ne sono altre più gravi, quelle che hanno portate al singolare risultato mostrato dalla Fig 5.
A livello mondiale, l'Italia è il quarto paese come numero di autovetture per abitante.
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Fig 5 Classifica mondiale di numero di automobili per 1000 abitante (2005) |
lunedì 12 dicembre 2016
Chi inquina le nostre città? PM10
Foto satellitare 17 marzo 2016 |
Torino, Alessandria, Milano, Padova, Venezia, Frosinone, Roma e Napoli hanno superato i limiti di legge per le polveri sottili (PM10 e PM2,5) e i loro sindaci cercano di correre ai ripari limitando la circolazione alle autovetture più vecchie, ma c'è da scommetterci: queste misure non abbasseranno l'inquinamento e l'emergenza la risolverà, ancora una volta, solo il ritorno della bassa pressione e del maltempo.
In ogni caso, ancora una volta, il nostro Paese non sarà riuscito a rispettare le proprie leggi a tutela della qualità dell'aria e della salute dei propri cittadini e giustamente dovremo pagare all'Unione Europea la multa miliardaria (sic) per mancato rispetto delle norme comunitarie.
Non usciremo da questa situazione senza la presa d'atto che oggi, in Italia, la principale fonte di polveri sottili non è più il traffico ma l'uso di legna per il riscaldamento domestico.
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Fig 1 Andamento delle emissioni di PM2,5 da trasporto stradale e da impianti di riscaldamento (1990-2012) |
Il grafico si basa sulla stima delle emissioni fatta da Ispra ambiente e mostra come, a fronte di una progressiva riduzione delle emissioni veicolari, grazie a marmitte catalittiche sempre più efficaci, a partire da 2003, le emissioni di polveri derivanti dal riscaldamento domestico, hanno superato quelle veicolari e sono in costante aumento.
Questo dato dipende dal fatto che circa quindici anni or sono, gli italiani hanno scoperto le stufe a pellet di legno e il costo relativamente basso di questo combustibile e per questi motivi molte famiglie sono passate dal metano al pellet.
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Fig 2 Andamento del consumo di pellet di legno (tonnellate/anno) in Italia 2000-2011 |
La Figura 2 illustra la crescita esponenziale della vendita di pellet di legno nel nostro paese che, nel 2012, ha superato i due milioni di tonnellate.
Il problema è che se il metano costa di più del pellet, la combustione del metano emette quantità molto inferiori di polveri sottili rispetto a quelle prodotte bruciando legna.
la Tabella che segue riporta i Fattori di Emissione di impianti di riscaldamento, alimentati con combustibili a legna e a metano, in altre parole quanti grammi di polveri emettono diversi impianti di riscaldamento domestico, a parità di calore prodotto.
In questo caso la quantita' di calore di riferimento è un giga Joule, il calore prodotto dalla combustione di circa 25 metri cubi di metano
grammi/gigaJoule
- Caminetto aperto 700
- Stufa tradizionale 500
- Caminetto chiuso 300
- Stufa moderna 150
- Stufa a pellet 50
- Caldaia a metano 0,2
Anche per impianti industriali il passaggio da metano a combustibili "alternativi" quali biomasse legnose e rifiuti urbani, a parità di energia termica prodotta peggiora le emissioni in atmosfera
grammi/gigaJoule
- Termovalorizzatore rifiuti 9,5
- Centrali biomasse 3,5
- Centrali a metano 0,2
E ovviamente la scelta governativa di dare il via a otto nuovi termovalorizzatori e a mantenere gli incentivi a chi produce energia bruciando biomasse non aiuta certamente a rispettare gli obiettivi di qualità dell'aria e altrettanto dicasi per il via libera alla combustione di ramaglie, potature e legna spiaggiata dole le alluvioni.
In base agli specifici fattori di emissione di processi di combustione in uso nelnostro paese ISPRA ha stimato che le polveri sottili PM10 emessi annualmente nell'atmosfera del nostro paese siano ripartite come mostra la Figura 3.
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Fig 3 Contributo delle principali fonti emissive di PM10 in Italia nel 2013 |
In valore assoluto, in base alle stime ISPRA, nel 2011 gli impianti di riscaldamento domestici alimentati a biomasse hanno emesso 53.500 tonnellate di PM10, quelli a metano 136 tonnellate.
Nello steso anno, le centrali elettriche alimentate a biomasse e gli inceneritori di rifiuti hanno prodotto rispettivamente 254 e 627 tonnellate di polveri.
Certamente sfugge alla percezione collettiva, ma l'inalazione di queste polveri, anche quelle prodotte bruciando legna ha un pesante effetto sulla salute delle popolazioni esposte
L'agenzia europea per l'ambiente ha stimato che, a causa dell'esposizione a polveri sottili (PM2,5) in Italia, nel 2012, ci sono state 59.300 morti precoci .
Sono morti evitabili con incisive politiche di riduzione delle emissioni, politiche fin'ora assenti.
Se voi foste al governo di questo Paese, alla luce di questi dati, quali scelte fareste per ridurre l'inquinamento dell'aria e quindi tutelare la salute degli italiani?
Dubito che decidereste di ridurre l'IVA sui pellet.
Ebbene è proprio quello che il governo Renzi si proponeva di fare con la legge di stabilità del 2016: ridurre l' IVA sui pellet dal 22 al 10%, ipotesi per fortuna rientrata, forse anche grazie al bicameralismo perfetto.
Resta il fatto che il metano, nonostante gli indubbi vantaggi ambientali, subisca un carico fiscale (IVA e accise varie) pari al 25%.
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domenica 6 novembre 2016
Decarbonizziamoci
Con la ratifica degli accordi sul clima di Parigi, avvenuta ai primi di novembre 2016 l’Italia ha reso noto al resto del mondo le sue intenzioni di riduzione di gas climalteranti (INDC- Intended Nationally Determined Cotributions).
Insieme agli Stati membri dell’Unione Europea, il
nostro INDC è di ridurre le emissioni
italiane di gas serra del 40%, rispetto alle emissioni del 1990. E questo obiettivo
deve essere raggiunto nel 2030.
In
rete è disponibile una banca dati sull’emissioni di anidride carbonica che
ci permette di capire quanta anidride carbonica abbiamo annualmente immesso in
atmosfera dal 1969 al 2011, in base ai nostri stili di vita.
Nel 2011 ogni italiano, con i suoi consumi, ha immesso in
atmosfera 6,7 tonnellate di anidride
carbonica equivalente.
E’ un valore in calo, responsabile la crisi economica,
rispetto al valore massimo di 8,22 tonnellate pro capite del 2004
Nel 1990 eravamo a 7,36 tonnellate di CO2 .
In base all’accordo ratificato dobbiamo ridurre del 40% le
emissioni del 1990.
Questo significa che, entro il 2030, la nostra emissione
individuale di gas clima alteranti che oggi, come abbiamo visto è di 6,7
tonnellate, deve essere di 4,42 tonnellate pro capite.
Scorrendo il
grafico dell’andamento delle nostre emissioni si scopre che questa è la stessa emissione di gas clima alteranti che avevamo nel 1967.
Per chi in quegli anni non c’era ancora, ricordiamo che nel
1967 il prof. Barnard fece il primo trapianto di cuore, l’Unione Sovietica
mandava la prima sonda su Venere, a Genova partiva il piano di metanizzazione dell’ìntera
città, pochi anni prima si inaugurava l’Autostrada del Sole e nel nostro paese circolavano 4,6 milioni di
automobili.
Erano gli anni in cui il latte si vendeva ancora in bottiglie di vetro che, vuote e ben lavate si riportavano alla latteria sotto casa e i ragazzini a scuola ci andavano a piedi o prendendo l’autobus.
Erano gli anni in cui il latte si vendeva ancora in bottiglie di vetro che, vuote e ben lavate si riportavano alla latteria sotto casa e i ragazzini a scuola ci andavano a piedi o prendendo l’autobus.
Oggi le auto immatricolate in Italia sono 37, 3 milioni,
impera il "vuoto a perdere" e l’usa e getta e può apparire difficile che gli
italiani rinuncino ad andare a comprare le bottiglie d’acqua nei centri
commerciali senza la propria automobile.
Comunque, a parte che negli anni sessanta non si viveva
tanto male, dal punto di vista energetico abbiamo introdotto diverse novità: le
auto e gli elettrodomestici consumano di meno (ma durano meno), il 40%
dell’elettricità che usiamo viene da fonti rinnovabili, molte abitazioni hanno
aumentato il loro isolamento termico, la raccolta differenziata e il riciclo
dei materiali post consumo sono in progressivo aumento, il compostaggio domestico non è più una novità, forme innovative di
trasporto collettivo come il BlaBlacar, si vanno diffondendo, mangiamo meno
carne e si comprano sempre più ortaggi prodotti vicino a cas…
In conclusione, se vogliamo, proseguendo con decisione lungo la strada giusta, è possibile ridurre
sensibilmente le nostre emissioni di gas serra e rispettare gli impegni presi
senza “tornare al lume di candela”,
anzi…
E se avete la curiosità di quanto state contribuendo alle
emissioni di gas clima-alteranti e quanto siete personalmente distanti dagli
obiettivi di Parigi, vi invito ad utilizzare il calcolatore dell’impronta di carbonio, messa a punto dal
WWF.
Se vi può interessare io sono a 5,1 tonnellate di CO2, non
molto superiore all’obiettivo del 2030, di 4,42 tonnellate.
Se riesco a convincere mia moglie a non tenere aperte le finestre per ore, in pieno inverno per arieggiare le stanze, forse ce la faccio, entro l’anno prossimo, a rietrare negli obiettivi di Parigi.
Se riesco a convincere mia moglie a non tenere aperte le finestre per ore, in pieno inverno per arieggiare le stanze, forse ce la faccio, entro l’anno prossimo, a rietrare negli obiettivi di Parigi.
venerdì 4 novembre 2016
Di Caprio: Prima del Diluvio
In una società dove è l'immagine quello che conta è certo che Leonardo Dicaprio, messaggero di Pace delle Nazioni Unite con delega al clima, potrà riuscire nell'impresa disperata di evitare all'intera umanità gli effetti disastrosi di un nuovo "Diluvio Universale" prodotto dall'aumento della temperatura del Pianeta.
Se i messaggi di allarme di ricercatori, divulgatori scientifici, politici, autorità religiose non riescono a "bucare" e mettere in moto una scelta collettiva di profondo cambiamento, l'ultima speranza, la salvezza dell'umanità dalla catastrofe climatica è affidata a Dicaprio, al carisma dell'attore che ha commosso le platee del mondo affondando con il Titanic, dopo aver salvato la ragazza amata.
Le analogie con il dramma dell'equipaggio a bordo dell'innaffondabile transataltico, ci sono tutte: la sopravalutazione della tecnologia, la mancata percezione del pericolo, gli egoismi personali.
Grazie alla potenza mediatica di National Geographic, da 21 ottobre tutto il mondo sta seguendo gratuitamente l'ultimo film prodotto dallo stesso Dicaprio, "Prima del diluvio" , gia disponibile in versione italiana.
E' un lungo viaggio, durato due anni, alla ricerca dei segnali degli effetti del cambiamento climatico: il cacciatore di foche Inuit che nel polo artico ha visto sparire il ghiaccio blu della sua infanzia, gli abitanti delle isole del Pacifico che con sacchi di sabbia cercano di contrastare l'innalzamento del livello del mare, il climatologo allarmato dai dati che gli strumenti gli comunicano ridicolizzato dalle lobby dei fossili, l'ambientalista indonesiano che mette a rischio la sua vita per contrastare la deforestazione del suo paese per produrre olio di palma e lo stesso Dicaprio che per girare il suo ultimo film, ambientato nel Canada dei cacciatori di pellicce, deve andare in Patagonia per trovare la neve prevista dalla sceneggiatura.
E infine ci sono gli incontri con i governanti.
Illuminante l'incontro con Obama che candidamente dichiara che il Pentagono è seriamente preoccupato dei cambiamenti climatici, in quanto le crisi migratorie che la siccità e la fame stanno provocando, a cominciare dalla Siria, mettono a rischio la sicurezza USA.
Il messaggio forte di Dicaprio è che non abbiamo più tempo, non servono più i "tappulli" come quello di sostituire le lampadine ad incandescenza con quelle a LED, occorrono drastici cambiamenti di rotta dell'intera umanità, a cominciare dalle nazioni più opulente e energivore che devono lasciare sotto terra i fossili e puntare su consumi sobri e fonti rinnovabili
Nei titoli di coda arrivano gli ultimi messaggi su cosa dobbiamo fare per evitare il Diluvio o quantomeno limitarne i danni: consumare tutti in modo consapevole e responsabile ma, principalmente votare per chi vuole eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili, bloccare le trivellazioni alla ricerca di gas e petrolio, incentivare le fonti di energia rinnovabile, introdurre la tassazione sulle emissioni di anidride carbonica.
E' un messaggio rivolto principalmente al pubblico americano, dove è ancora diffuso il negazionismo climatico, basato su una grande ignoranza ma anche su abili campagne di disinformazione e che tra qualche giorno deve scegliere il nuovo Presidente.
In chiave nazionale potrebbe anche essere visto come un chiaro invito a mandare a casa Renzi e il suo governo.
Comunque la pensiate credetemi, vale la pena vederlo.
Prendetevi un'ora e mezza del vostro tempo, vedete il film insieme con i vostri figli e nipoti e poi parlatene, decidete cosa potete fare per ridurre il vostro carico ambientale.
Sta a tutti noi decidere il futuro del Pianeta e di tutti gli esseri viventi, sta a noi decidere se vogliamo mantenere il paradiso in terra o distruggere tutto come bene ha illustrato Hieronymus Bosch nel trittico " Il Giardino delle Delizie terrestri" che Dicaprio bambino teneva nella sua camera da letto.
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venerdì 16 settembre 2016
Termodistruttori: un nome più appropriato.
Usereste biglietti da 5 euro per alimentare una caldaia?
Se siete sani di mente dubito che lo fareste.
Senza essere degli economisti la vostra chiara percezione è che qualunque carta-moneta in corso, anche se di piccolo taglio, vale molto di più dell'energia termica che si produce bruciandola.
E certamente non vi convincerà chi vi ricorda che la carta moneta è una fonte di energia rinnovabile e la sua termovalorizzazione un modo per contrastare la dipendenza dal petrolio e i cambiamenti climatici.
Bruciare i vostri avanzi ( i rifiuti) è esattamente la stessa scelta "folle": quella che, in nome di un po' di calore, "termodistrugge" materiali preziosi, che hanno un valore economico commerciale e un valore intrinseco, dato dalla complessità della loro struttura chimica: carta e cartone a base di cellulosa e altri zuccheri complessi, scarti biodegradabili a base di proteine, zuccheri, amidi, grassi e polimeri di sintesi (le plastiche) la cui specifica conformazione corrisponde a particolari caratteristiche chimico-fisiche.
La moda indotta dell'usa e getta oscura le nostre menti e non ci fa più vedere il valore che hanno gli
oggetti che non ci servono più.
E non si tratta di valutazioni di tipo sentimentale: una tonnellata di oggetti di plastica usati, ben differenziati, nel mercato dell'usato, vale alcune centinaia di euro, molto di più del calore che si può produrre bruciandole.
La stessa cosa per carta e cartone che valgono una novantina di euro per tonnellata.
Se avete dei dubbi andate a vedere il valore del carbone di prima qualità: una tonnellata di antracite la portate a casa con un centinaio di euro.
E anche con la legna, non porterete a casa granché: di qualità e perfettamente essiccata ve la portano a casa già tagliata per un centinaio di euro per tonnellata.
E infine vi rendete conto della gigantesca truffa a vostro danno con questa storia dei termovalorizzatori di quarta o quinta generazione?
Fino a prova contraria voi siete i proprietari dei vostri scarti, li avete pagati, come imballaggi delle vostre merci, con i vostri soldi.
Poi arriva qualcuno, vi fa credere che in tutto il mondo avanzato si faccia così, fa diventare di sua proprietà i vostri scarti, vi fa pagare caro il loro smaltimento, facendovi credere che vuol ricavarne energia e si guarda bene di darvi almeno in cambio quel po di calorie che riesce a produrre: vi fa pagare l'incenerimento, gli incentivi all'incenerimento, il calore che vi porta a casa con il teleriscaldamento, e staccandovi dalla rete del gas vi fa dipendere dal suo "termovalorizzatore", negli anni a venire, fino alla rottamazione di questo impianto.
E vi costringe a comprare nuovi oggetti, prodotti a caro prezzo a partire da materie prime sempre più rare, al posto di quelli che ha termodistrutti.
Oggetti che devono rapidamente diventare rifiuto per alimentare a pieno carico i termovalorizzatori, fino a quando non siano ammortizzati gli elevati investimenti che si sono dovuti fare per la loro costruzione.
Ragionate un po su quanto vi ho raccontato e vedete voi se non sarebbe il caso di ritornare alla denominazione antecedente al " lavaggio verde" degli inceneritori: TERMODISTRUTTORI di risorse .
Sullo stesso argomento:
- Termodistruttori: un nome più appropriato
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- Vecchio stupidario per nuovi inceneritori: i caminetti inquinano di più
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martedì 13 settembre 2016
La strategia dei nuovi termovalorizzatori
E' evidente che in Italia si è aperta una campagna promozionale a favore dei termovalorizzatori.
Da alcuni mesi, le testate più importanti, ospitano articoli che tessono le lodi di questi impianti. L'ultimo è di questi giorni, sulla Stampa, dove si celebrano gli utili dell'inceneritore di Brescia.
E la cancellazione, in questi stessi giorni, dai programmi della terza rete di trasmissioni scomode per gli amanti della crescita, come "Scala Mercalli" e "Ambiente Italia", potrebbe far parte di questa stessa strategia.
In ballo c'è una torta molto sostanziosa: undici nuovi termovalorizzatori a cui il Decreto Sblocca Italia, spiana un veloce percorso in discesa, con la semplice aggiunta dell'aggettivo "strategico": è strategico che l'Italia produca energia bruciando rifiuti e quindi questi impianti si devono fare anche se gli enti locali direttamente interessati e le popolazioni che rappresentano fossero contrari.
Il fatto è che il piatto è molto ricco: visti i costi di uno degli ultimi inceneritori realizzati in Italia, quello di Torino-Gerbido, pari a 250 milioni di di euro, la costruzione degli undici impianti imposti dal governo Renzi, vale qualcosa come 3 miliardi di euro, miliardi che gli Italiani delle dieci regioni interessate saranno "felici" di pagare con la TARI per i prossimi venti anni, tanti quanti ce ne vogliono per ammortizzare questi investimenti.
I nuovi inceneritori con recupero energetico saranno anche meno inquinanti di quelli di qualche anno fa, ma è anche vero che la termovalorizzazione è il sistema di trattamento rifiuti che costa di più, circa 150 euro a tonnellata.
In una società dove vige il libero mercato, questo dovrebbe essere un problema per gli investitori, ma non è così in Italia, in quanto con le nuove leggi (la TARI), tutti costi della gestione dei rifiuti sono a carico degli utenti!
Ma tutti gli Italiani non sanno che sarà a loro carico anche la sovvenzione di questi impianti come è a loro totale carico il costo degli incentivi regalati con generosità, unica al mondo, ai gestori dei quarantotto termovalorizzatori nostrani già in funzione.
E già, non troverete questa notizia su nessun giornale nostrano, ma sappiate che l'Italia è l'unico paese al mondo che incentiva con denaro pubblico la termovalorizzazione dei rifiuti.
E sulla stampa nazionale non leggerete mai la notizia che la Svezia ha deciso di tassare la termovalorizzazione dei rifiuti per incentivare il loro riciclo.
Fatti diventare, per legge, fonte di energia rinnovabile il 50% dei rifiuti urbani (la frazione biodegradabile), in Italia l'elettricità prodotta dalla loro combustione riceve un generoso incentivo da parte del Gestore della Rete che, ogni anno, regala alle Multiutility proprietarie di questi impianti 390 milioni di euro (dati del 2012).
Questi 390 milioni di euro sono letteralmente pagati da tutte le famiglie e da tutte le aziende italiane, tramite la tassa introdotta nelle bollette della luce a sostegno delle fonti di energia rinnovabile.
Questo incentivo ammonta a 126 euro per ogni tonnellata di rifiuti "termovalorizzati".
Pertanto, il costo vero della termovalorizzazione, a totale carico dell'utente, per ogni tonnellata di rifiuto trattato è di 276 €, a fronte di 80 € che è il costo medio del compostaggio di una tonnellata di scarto organico ben differenziato, trattamento che non riceve nessun incentivo, nonostante gli indubbi vantaggi ambientali ed economici di questa pratica.
E' troppo ingenuo chiedersi per quale motivo il governo Renzi non abbia ritenuto strategica la raccolta differenziata, il riciclo e compostaggio dei 2,4 milioni di tonnellate di scarti urbani che lo Sblocca Italia preferisce ridurre in cenere?
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