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mercoledì 16 marzo 2016

Trivelle per tutti: il raschia-barile dello "sblocca Italia".


Siamo ad un mese dall'appuntamento referendario in cui, il 17 aprile 2016,  gli Italiani potranno esprimere il proprio parere sulle scelte energetiche del Paese ed in particolare sul via libera ad ulteriori trivellazioni petrolifere.

La volata a questa scelta l'ha data Monti nel 2013, con l'approvazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN).

L' "assist" e' stato fornito da Prodi, che ci ha ricordato tutto il petrolio che giace sotto ai nostri piedi  e Renzi, il vecchio che avanza, ha concluso l'opera, con l'approvazione del decreto "Sblocca Italia".

Con questo atto, in barba ai tanti "comitatini", Renzi ha regalato, ha dato in concessione, il nostro Paese alle multinazionali le quali, grazie a questo decreto, potranno liberamente, ancor più di quanto non stiano già facendo,  trivellare il Paese e i suoi fondali, alla ricerca dell'ultimo petrolio: i fondi del barile.

Alle multinazionali rimarrà una barcata di soldi (15 miliardi di euro sono gli investimenti previsti, ovviamente ampiamente coperti dalla vendita di petrolio e gas ),  per  noi ci sara solo  un'elemosina sotto forma di "royalties" (333,6 milioni di € nel 2012, 5,4 euro per ogni italiano), qualche posto di lavoro precario e certamente l'inquinamento, nei limiti di legge, della terra, del mare, del suolo.

L'obiettivo di questa svendita è quello di trovare ed estrarre, per qualche decina di anni, l'ultimo gas e l'ultimo petrolio presente in Italia: in tutto, le riserve di gas e petrolio  accertate nel 2012 ammontano a 131 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP), quelle probabili sono 153 milioni di TEP.

Quindi se va bene (riserve accertate + probabili ) disponiamo  di gas e petrolio di produzione nazionale  per 284 milioni di TEP .

Tanto per essere chiari, il nostro attuale consumo annuale di combustibili fossili ( carbone, petrolio, gas) è di 135 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.

Pertanto, tutto il petrolio e tutto il gas che sicuramente sta sotto ai nostri piedi ci basterebbe per coprire, si e no, due anni di consumi.  E poi?

Eppure in Italia c'è una "miniera" inesauribile che si potrebbe ben conciliare con le altre vocazioni del nostro Paese: la produzione di cibo buono, il bel paesaggio, la cultura.

Questa miniera "verde" è rappresentata dagli scarti agricoli, i reflui zootecnici, gli scarti di cucina che, saggiamente gestiti, con l'aiuto di batteri si degradano a metano (biometano) che, opportunamente raffinato può essere immeso nella rete di distribuzioneì del gas ed utilizzato al posto del metano fossile che oggi compriamo dalla Russia, dalla Libia, dai paesi del Mare del Nord.

Una stima dell'ENEA ha valutato che queste potrebbero essere le produzioni annuali di biometano in Italia, a partire da una serie di scarti che il Paese gia produce e da specifiche coltivazioni agricole non commestibili:

                                                   milioni di metri cubi di biometano/anno
  • Reflui zootecnici                                1.005
  • Scarti di macellazione                            24
  • Frazione organica rifiuti urbani             732
  • Scarti agricoli                                      1.760
  • Coltivazioni non commestibili            1.034
                                           TOTALE             4.555

I 4,5 miliardi di metri cubi di biometano che il nostro Paese potrebbe produrre dai propri scarti, con un impatto ambientale nettamente inferiore a quello delle trivellazioni, trasporto e raffinazione del greggio e del gas naturale, sono circa la metà del volume di gas naturale che, complessivamente (mare e terra), è stato estratto in Italia nel 2012: 8,5 miliardi di metri cubi.

E il piano del governo Renzi prevede che le nuove trivellazioni potrebbero aumentare al massimo del 14% la nostra produzione nazionale di idrocarburi, per un totale di 9,7 miliardi di metri cubi.

Peccato che questa produzione aggiuntiva sia destinata ad esaurirsi in pochi decenni, due o tre al massimo, a seconda delle scelte della velocità  pompaggio delle compagnie petrolifere, le quali sono interessate a far durare il più a lungo possibile il pompaggio di greggio e gas, in quanto gli regaliamo (non facciamo pagare le royalties) 50.000 tonnellate di greggio all'anno.

Al contrario, la produzione nazionale di biometano è di fatto inesauribile, in quanto rinnovabile di anno in anno, non richiede grandi finanziamenti, non obbliga a deleghe alle multinazionali, non contribuisce al cambiamento climatico, è compatibile con il turismo e la produzione agricola di qualità, consuma meno territorio, riduce la nostra bolletta energetica, crea stabile e qualificata occupazione, lascia a casa tutto il suo valore economico, risolve i problemi legati allo smaltimento di questi scarti.

Infine, la produzione di biometano ha un effetto collaterale positivo che l'estrazione di petrolio non ha: la produzione di compost di qualità da usare come ammendante agricolo.
E la mancata necessità di ricorrere a fertilizzanti di sintesi sarebbe un'altra voce positiva al bilancio economico ed ambientale del Paese.

Spetta ora al popolo dei "comitatini" aprirsi al cambiamento in grado di garantire uno sviluppo che duri nel tempo, chiudere al più presto l'era dei berlusca e dei renzi e riappropriarsi della propria sovranità.

Un passo decisivo si farà il 17 aprile, andando in massa a votare, il 50% piu uno, degli aventi diritto al voto e ovviamente facendo trionfare, il SI, la mia scelta.

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giovedì 4 febbraio 2016

Genova, per respirare, ha bisogno di una rivoluzione ecologica


È inevitabile che i nodi vengano al pettine e che facciamo male, anche molto male, se si continua a tirare i capelli senza scioglierli.

Per il Comune di Genova i nodi sono una perdurante sottovalutazione, da parte dei decisori locali, dei costi dell'inquinamento dell'aria, da decenni superiori agli obiettivi di qualità dell'aria, il cui rispetto è diventato Legge dello Stato nel 2010.

Le inadempienze di Legge mettono in condizione d’infrazione il nostro Paese, nei confronti della UE e il Governo ha minacciato il Comune di Genova di rivalersi sulle sue casse, del costo milionario delle multe comminate.

Ma questo sarebbe il dolore di minore entità; quello immensamente maggiore è il dolore delle migliaia di morti precoci (circa 100 all’anno) e di un maggiore numero di ricoveri ospedalieri prodotti dall’inquinamento nella popolazione genovese, sia quella anziana che quella infantile; costi umani e finanziari che, politiche attente al rispetto delle leggi e degli interessi della collettività avrebbero potuto evitare.

Il problema ambientale e sanitario di maggiore rilevanza per Genova oggi è rappresentato dagli ossidi di azoto che si formano inevitabilmente in tutti i processi di combustione: da quelli utilizzati per il riscaldamento domestico, alla movimentazione di persone e merci, ai processi industriali.

L’eccesso di ossidi di azoto in aria, insieme a quello di idrocarburi, si accompagna con elevate concentrazioni di ozono, prodotto da complesse reazioni fotochimiche, di cui gli ossidi di azoto sono precursori, e l’ozono è un altro problema cronico che affligge Genova e i suoi abitanti.

Figura 1. Andamento delle concentrazioni di biossido di azoto a Genova (2008-2012)
 

Dal 1993 al 2009, la maggior parte delle otto centraline predisposte al monitoraggio della qualità dell'aria ha segnalato costanti e sostanziali sforamenti degli obiettivi di qualità degli ossidi di azoto, fissati a 40 microgrammi per metro cubo d’ aria (40 ug/m3), con corso Europa  mediamente a 95 ug/m3, ma anche con valori massimi annuali a 105 ug/m3.

La Figura 1 e l’annessa tabella, riportano le concentrazioni medie annuale di NO2 in epoche più recenti, misurate, dal 2008 al 2012, nelle otto centraline che controllano la qualità dell’aria di Genova: escluse corso Firenze e parco Acquasola, in tutte le altre sei stazioni di monitoraggio non è stato rispettato l’obiettivo di qualità di 40 ug/m3, con le concentrazioni più elevate in via Buozzi (87 ug/m3).

Segue corso Europa che, mediamente, ha fatto registrare 65 ug/m3, il 32% in meno, rispetto agli anni precedenti.

Nel 2015, i livelli di NO2 mostrano un’ulteriore generale tendenza alla diminuzione, ma sei centraline continuano a superare l'obiettivo di qualità di 40 microgrammi di biossido di azoto per metro cubo di aria (ug/m3): via Pastorino- Bolzaneto (58,8 ug/m3), via Ronchi-Multedo (56,8 ug/m3), corso Europa (53,3 ug/m3 ), via Buozzi-Caricamento (50,5 ug/m3), corso Buenos Aires (46,7 ug/m3), corso Firenze (42,5 ug/m3).

La notizia positiva è che, tra i primi anni ’90 e il 2015, i livelli di NO2 riscontrati lungo corso Europa mostrano una progressiva e significativa riduzione, pari a - 44%.

La riduzione del 44% dell’inquinamento registrato lungo corso Europa è confrontabile con la riduzione delle emissioni di NOx dagli autoveicoli circolanti in ambito urbano, in un simile arco di tempo (1995-2011) e che l’inventario regionale delle emissioni stima pari a - 57%, come riportato nella Tabella I.

Poiché il numero di veicoli  a quattro e due ruote circolanti a Genova è rimasto sostanzialmente costante tra il 1994 al 2003 (circa 430.000 veicoli immatricolati) questa differenza è certamente da attribuire all’effetto delle marmitte catalitiche e di tutti gli accorgimenti tecnici resi obbligatorie per i nuovi veicoli (a quattro e due ruote) immatricolati dopo il 1992, finalizzati a ridurre le loro emissioni inquinanti, a parità di chilometri percorsi.

 

TABELLA I. Confronto emissioni annuali di ossidi di azoto (NOx) a Genova

1995
2011


Tonnellate annuali
Differenza %
Emissione totale NOx (città + porto)
28.518
12.859
- 51
NOx su area urbana

7.892





Principali fonti emissive
impattanti su area urbana



Attività porto *
4.187
3.176
- 24
Autobus
1.443
877
- 39
Autoveicoli
1.466
634
- 57
Motocicli
17
41
+ 141
Riscaldamento domestico
494
427
-14
Centrale elettrica*
82
95
+16
Aeroporto*
9
40
+ 344


* * * * * *emissioni annuali con venti di mare e la città sottovento alle emissioni portuali, a quelle aereoportuali e alla centrale a carbone sotto la Lanterna (40% delle emissioni annuali  prodotte da ciascuna di queste fonti)


Le misure più recenti di NO2 (2015) mostrano che per avere buone possibilità di restare costantemente sotto i 40 ug/m3, occorra ridurre le emissioni di questo inquinante per almeno un ulteriore 32%, corrispondente alla differenza percentuale tra valori medi della concentrazione di NOx misurati nel 2015, presso le centraline di monitoraggio, e il valore limite per gli ossidi di azoto.

Questo significa ridurre a 2.525 tonnellate/anno, le attuali emissioni che ricadono in ambito urbano, pari a 7.892 ton/anno, corrispondenti a tutte le emissioni  di NOx che, nel 2011, sono avvenute direttamente sul territorio comunale e quelle prodotte, durante lo stesso anno, da tutte le attività operanti in aree portuali (Genova e Voltri ) ed aeroportuale (Sestri), quando la città si trova sottovento a tutte queste emissioni.

E’ un obiettivo difficile ma possibile. Certamente è un obiettivo impossibile da raggiungere ricorrendo a scelte improvvisate come la recente ordinanza del Sindaco di Genova che limita la circolazione nel centro città ai veicoli Euro 0, Euro 1 e ai motocicli a due tempi, un intervento che riguarda al massimo 25.000 veicoli, su oltre 440.000 che le statistiche del Automobil Club stimano essere presenti nel parco veicolare circolante a Genova.


Un quadro più completo della situazione genovese è fornito dalla Tabella I che riporta le tonnellate di ossidi di azoto (NOx) prodotte annualmente dalle principali fonti attive sul territorio comunale nel 1995 e nel 2011, in base alle stime dell’Inventario Regionale delle emissioni.


La Tabella I mostra chiaramente come, anche vietando la circolazione a tutti i motoveicoli, si ridurrebbero le emissioni di NOx di solo 41 tonnellate, rispetto alle 2.525 tonnellate che bisognerebbe togliere dall'aria genovese per raggiungere l’obiettivo.



La quantità delle emissioni di NOx derivanti dall’attività portuale e aeroportuale, riportate in Tabella I, corrispondono  al 40% delle emissioni totali  stimati per questa specifica fonte, ovvero corrispondenti alla quantità di emissioni portuali che, con elevata probabilità, ricadono sulla citta di Genova, quando questa, a causa dei venti dominanti, si trova sottovento al porto e alle sue emissioni inquinanti, evento che, su base annuale, si verifica per il 40% del tempo.



La Tabella I mostra dati molto interessanti sull’evoluzione delle emissioni di NOx, in sedici anni della storia della città (dal 1995 al 2011):

-        
-       La fonte emissiva che si è ridotta maggiormente (- 57%) è il traffico urbano auto veicolare
-      
Tutte le fonti di emissioni esaminate si sono ridotte, tranne quelle della centrale a carbone (+ 16%), l’aeroporto (+ 344%)  per l’aumento dei voli e le emissioni attribuibili ai motocicli che sono aumentate di circa 2,5 volte (+ 141%) in modo proporzionale alla loro maggiore presenza nel parco veicolare genovese (66.000 motocicli nel 1994, 112.000 nel 2003)
-      
Nonostante l’incremento delle emissioni, il peso in assoluto dei motocicli sull’inquinamento complessivo di NOx presente in città è modesto (0,5%)
-      
Il parco autobus circolante in città oggi pesa di più del parco auto veicolare
-      
Il peso del riscaldamento domestico è sostanzialmente costante e confrontabile con quello degli autoveicoli, specialmente tenendo conto della durata della loro accensione, limitata al periodo invernale
-      
La centrale a carbone in porto impatta tanto quanto tutti i motocicli
-      
Le emissioni portuali, con venti da sud, sono la principale fonte di ossidi di azoto che impattano sulla città, con un peso che è più del doppio di quello di tutta la mobilità pubblica e privata in ambito urbano.


Un elemento fondamentale, per attivare strategie in grado di portare le concentrazioni medie annuali di NO2 a livelli sistematicamente inferiori agli attuali obbiettivi di qualità, è di prendere atto che la principale fonte inquinante in città è quella delle attività portuali, principalmente quella dovuta alle emissioni dei generatori diesel che le navi attraccate  ai moli sono costrette a tenere accesi 24 ore su 24, per alimentare i servizi di bordo.

Per nostra fortuna, sia i fumi delle navi che quelli della centrale a carbone , come pure  degli aerei in fase di decollo ed atterraggio, per  circa il 60% del tempo (in prevalenza durante i mesi invernali) sono trasportati al largo, verso il mare, dai venti provenienti dal quadrante di nord est.

Ma il restante 40% del tempo, in primavera ed estate, i venti portano l'inquinamento del porto verso la città e studi dedicati (progetto APICE, promosso dalla UE) hanno dimostrato che l'effetto “porto” si estende fino a Bolzaneto, a sette chilometri di distanza  e oltre.

È evidente che la riduzione delle emissioni portuali, con la già prevista elettrificazione delle banchine dei terminali VTE e traghetti è obbligatoria, per garantire il rispetto dei limiti da parte delle centraline più vicine ai terminal (via Buozzi a Caricamento e via Ronchi a Multedo). Ovviamente a beneficiarne, oltre alle centraline, sarebbero anche i quartieri e la loro numerosa popolazione.

l progetto APICE stima che con questa elettrificazione, anche se parziale, si potrebbero ridurre del 38% le attuali emissioni di NO2 delle navi in attracco.

  E' anche obbligatorio anticipare la dismissione della centrale Enel in porto, azzerarne tutte le emissioni e garantire, in questo modo, il rispetto degli standard di qualità  dell’aria da parte della stazione di monitoraggio di Corso Firenze che si trova all’altezza dei fumi della centrale, spesso sottovento a quest’impianto. Anche in questo caso a beneficiarne sarebbe tutta la popolazione che abita nella fascia collinare della città nelle zone più frequentemente sottovento alla centrale.

Senza questi due interventi strutturali non esiste possibilità di rientrare nei limiti, ma probabilmente anch’essi saranno  insufficienti.

Per ridurre rapidamente l’attuale inquinamento da traffico, in misura pari ai divieti previsti dall’ordinanza del Sindaco, occorrerebbe che gli oltre 12.000 genovesi che, negli ultimi tre anni sono stati costretti a disertare il servizio di trasporto pubblico e utilizzare mezzi di trasporto privati, scelta che complessivamente ha aumentato l’inquinamento, ritornino subito sui mezzi AMT i quali, a loro volta devono e possono ridurre il loro peso sulla qualità dell’aria, sia avendo a disposizione un maggior numero di corsie riservate sia passando dal gasolio al metano, passaggio che garantisce, a parità di chilometri percorsi, una riduzione dal 30 al 50% delle emissioni di ossidi di azoto.

Occorre anche attaccare di petto il problema della mobilità urbana e abbandonare l'idea che debba essere prevalentemente risolta da veicoli a motore.

Nessun parcheggio in struttura, come quello in piazza Dante, deve essere più autorizzato nel centro città e la stessa drastica scelta vale per nuovi centri commerciali  che creano surrettiziamente l’obbligo all’uso di veicoli privati.

Tutti i piani di mobilità urbana, alternativi al trasporto privato, elaborati negli anni dal Comune di Genova e, di fatto ancora lettera morta devono essere prontamente attuati: parcheggi d’interstambio lontani dal centro, integrazione tariffaria treno+bus, piste ciclabili…

Il trasporto pubblico deve ritornare a essere l'asso portante della mobilità cittadina e il definitivo ritorno al tram, che azzererebbe le 900 tonnellate annue di ossidi di azoto degli attuali autobus, deve passare per la metanizzazione dei mezzi a servizio di AMIU e AMT, meglio ancora se il combustibile sarà biometano prodotto con gli scarti “umidi” della città.

Anche Incisive misure per ridurre i consumi energetici degli edifici, a cominciare da quelli pubblici, con adeguate misure d’isolamento termico per passare dalla classe energetica G, la più inefficente e la più diffusa nel patrimonio immobiliare genovese, a classe B o C, possono dimezzare le attuali emissioni invernali.

Infine, per sottrarre all’aria l’inquinamento residuale (alcune centinaia di tonnellate di NOx all’anno) non può più essere rinviata una costante opera per ampliare le aree pedonali, accompagnata da importanti “rimboschimenti”in città e nei suoi d'intorni per utilizzare l’importante effetto, scientificamente dimostrato,  di assorbimento e neutralizzazione di gran parte degli inquinanti presenti nell’aria ( ossidi di azoto, PM10, metalli pesanti, policiclici aromatici, ossido di carbonio...) da parte della vegetazione.


E per concludere, ribadiamo  che le scelte che si dovranno attuare a Genova per far rientrare nei limiti di Legge gli ossidi di azoto, comporteranno simultaneamente anche la riduzione di altri pericolosi inquinanti (polveri sottili e ultrasottili, ozono, benzene, idrocarburi, anidride solforosa…) prodotti dalle combustioni e dagli effetti fotochimici sugli inquinanti primari prodotti dalle combustioni.



In questo modo ne guadagnerà certamente la salute dei genovesi, con una minore mortalità ( qualche centinaio di morti in meno all'anno) e un allungamento della loro aspettativa di vita sana e diminuiranno certamente anche le spese per le evitate cure mediche e ricoveri ospedalieri in particolare quelli di bambini con attacchi asmatici acuti.



Con lo spegnimento dei motori anche il rumore in città e lungo il porto si ridurrà e un taglio importante sarà anche dato all’anidride carbonica prodotta dalla combustione di benzina, gasolio, metano e ai suoi effetti in grado di alterare il clima del Pianeta.



Solo allora Genova potrà diventare veramente una Città Intelligente (Smart) e questi risultati si potranno verificare rapidamente, non appena si saranno attuate le misure consigliate e quando tutte le centraline ci segnaleranno costantemente il pieno rispetto dei limiti di Legge per gli ossidi di azoto e l’ozono, come già oggi avviene, a causa di scelte altrettanto intelligenti, per il piombo, l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio, il benzene, il benzopirene …


E controlli sui ricoveri ospedalieri, altrettanto rapidamente, ci segnaleranno una loro significativa diminuzione e  allora dovremmo chiederci : “ Ma perché non lo abbiamo fatto prima?”