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domenica 12 marzo 2017

Il compostaggio perduto

Impianto di compostaggio chiuso, cartello stradale ancora  affisso

Google Map ci informa che lungo via Carpenara, al n° 71, in val Varenna alle spalle di Pegli, c'è ancora il cartello di AMIU che segnala la presenza dell' impianto di compostaggio di sua proprietà, oggi un impianto fantasma, chiuso nel 2010.



Fig. 1 Immagine satellitare del sito che ospitava l'impianto di compostaggio AMIU

Le immagini satellitari, scattate nel 2017, mostrano che nel sito, abbandonato nel 2010 per pericoli di frane messe in moto da uno dei primi nubifragi che ha colpito la città, ci sono ancora i capannoni che ospitavano le quattro bio-celle dove, per insufflazione di aria, avveniva il compostaggio di circa 9.000 tonnellate/anno di frazioni organiche e davanti alle bio-celle ci sono  i quattro capannoni in cui si maturava il compost fresco che, prove agronomiche avevano dimostrato essere di ottima qualità.

Per questo motivo le 5.000 tonnellate di compost che ogni anno l'impianto produceva avrebbero potuto trovare acquirenti interessati a ritirarlo e a pagarlo.

Nella parte alta della Figura 1  si vede il capannone che ospitava il biofiltro e la conduttura che qui riceveva l'aria carica di sostanze odorigene, prodotte dal compostaggio.  Nel bio filtro una adeguata popolazione di batteri, fatta crescere su un letto di cippato di legno, provvedeva a ridurre significativamente il carico organico presente nell'aria immessa nuovamente nell'ambiente.

Nella parte bassa della immagine satellitare si vede anche il capannone utilizzato in questo sito per valorizzare lo "zetto", le macerie  prodotte da restauri edilizi che, raccolte in modo indifferenziato, opportune macine trasformano in  sabbia e ghiaia riutilizzabile per produrre manufatti in cemento.

Seguono alcune immagini riprese nel 2008, quando l'impianto era ancora in funzione.

Fig. 2 Le biocelle dove scarti organici mescolati a cippato di legno sono trasformati in compost

Fig. 3 Cumuli di compost maturo pronto per l'uso

Fig. 4 Visione d'insieme dell'impianto (giugno 2008)
La domanda che viene spontanea è che, vista l'emergenza Scarpino che ci costringe ad esportare fuori regione a caro prezzo ( 100 €/tonnellata) la frazione organica raccolta in città, perchè non si pensa di recuperare le strutture e i macchinari ancora funzionanti e trasferire in luogo più comodo e sicuro l'impianto?

L'immagine satellitare mostra che bisognerebbe trovare poco più di un ettaro di superficie  (circa 13.000 metri quadrati ) per riattivare un impianto come questo, un rettangolo di 100 x 130 metri, più o meno quelli necessari per un campo di calcio.

Sembra strano, ma nessuno e' stato capace di  trovare nel territorio comunale o provinciale questo ettaro di terreno che, con case distanti 200-300 metri, in totale sicurezza e usando solo competenze AMIU,  potrebbe permetterci di risolvere una parte del problema e di risparmiare un bel pò di soldi.

Tanto per dare un'idea, l'attuale progetto pilota di raccolta Porta a Porta attivato a Quarto Alto e Colle degli Ometti, con il suo 85% di raccolta differenziata, intercetta annualmente circa 250 tonnellate di un'ottima frazione organica che non aspetta altro che di essere compostata in un impianto come quello della Val Varenna.

Novemila tonnellate di frazione organica, corrispondono alla produzione annuale di circa 130.000 genovesi, guarda caso proprio il numero di persone che entro la fine del 2017 il progetto di raccolta differenziata elaborato dal Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI)  avrebbe coinvolto nella raccolta Porta a Porta che, nonostante i tanti "gufi",  a Quarto sta funzionando alla grande con una percentuale di raccolta differenziata superiore all' 80%.

Che si aspetta?
Chi mette i bastoni tra le ruote?
Quali sono i motivi per cui non si fanno scelte semplici e di interesse per la città?

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