Ho inviato questa mail, alla Redazione di " Un Posto al Sole" RAI 3.
"Seguo "da sempre" la vostra telenovela napoletana e ho notato con piacere alcune vostre attenzioni, certamente non casuali, a far passare messaggi positivi per contribuire alla soluzione della crisi "monnezza" di Napoli.
Ad esempio, ho notato che ultimamente, i nostri personaggi utilizzano regolarmente sacchetti di carta per fare la spesa e qualche tempo fa Raffaele ha fatto un corso di raccolta differenziata ai suoi coinquilini.
Mi permetto di suggerire ulteriori scelte a riguardo:
- far usare borse della spesa di tela che si riutilizzano centinaia di volte
- Consigliare a Raffaele di organizzare nel giardino condominiale un'iniziativa di compostaggio domestico condominiale con una bella compostiera, dove gli ospiti di palazzo Palladini possono conferire i loro scarti di cucina che, trasformato in compost, sarà utilizzato per la coltivazione dei fiori.
I conseguenti risparmi in terriccio e concime, dovrebbero fare la felicità del signor Poggi :-)
Entrambe queste idee contribuiscono a ridurre la produzione di rifiuti ed, in particolare, il compostaggio domestico, ben gestito, elimina tutti i problemi derivanti dalla raccolta e smaltimento dell'umido.
Raffaele potrebbe anche fare una citazione dotta, citando la bella pagina di Goethe, nel suo Viaggio in Italia, dove il poeta tedesco descrive il popolino napoletano che ogni mattina (siamo alla fine del 1700) si attivava per raccogliere tutti gli scarti vegetali della città per trasformarli in compost, per far ricrescere rigogliose cipolle, lattughe e cavoli, contribuendo, in questo mod, a far di Napoli una delle più pulite città italiane del tempo."
Vi terrò al corrente sugli sviluppi.
giovedì 23 dicembre 2010
lunedì 13 dicembre 2010
Report e Sorrisi Imbarazzati
Se vi siete persi l'ultima puntata di Report andatela a vedere sul sito RAI perchè, a mio avviso, vale la pena: un ottimo esempio di buon giornalismo, su temi di cui poco si parla.
Se avete seguito la puntata fino alla fine, forse avete notato il mio sorriso imbarazzato quando, durante l' intervista, il giornalista mi ha chiesto conferma del fatto che, per un bambino che vive a Taranto, l'inquinamento dell'aria che respira annualmente, equivale a quello presente in un migliaio di sigarette.
Il mio imbarazzo derivava dal fatto che poco prima avevo confermato che la quantità di benzopirene (un potente cancerogeno) che un bambino tarantino inala ogni giorno, equivale a quello di cinque sigarette; evidentemente, fare il conto su di un anno (1500 e passa sigarette equivalenti) era per me una semplice equivalenza, ma, capivo che 1500 sigarette all'anno, fanno più effetto di 5 sigarette al giorno !
Comunque, per evidenti problemi di tempo, non è andata in onda la mia testimonianza di come a Genova, abbiamo risolto un analogo problema, prodotto da una cokeria a poche decine di metri dall'abitato del quartiere di Cornigliano.
In questo caso, il diretto passaggio di informazioni dal ricercatore ( il sottoscritto) che aveva misurato l'elevato inquinamento da benzopirene ed individuato con certezza la sua fonte, e la popolazione coinvolta, è servita affinchè questi ultimi (gli inquinati) facessero le debite pressioni sui politici, costringendoli alla chiusura dell'attività "fuorilegge" e alla garanzia dell'occupazione per chi, in quella fabbrica, lavorava.
In questo caso, il crollo dell'inquinamento, il giorno dopo la chiusura della cokeria, ha ridotto i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie degli abitanti esposti, contribuendo, ovviamente alla riduzione del PIL dei genovesi :-).
Se avete seguito la puntata fino alla fine, forse avete notato il mio sorriso imbarazzato quando, durante l' intervista, il giornalista mi ha chiesto conferma del fatto che, per un bambino che vive a Taranto, l'inquinamento dell'aria che respira annualmente, equivale a quello presente in un migliaio di sigarette.
Il mio imbarazzo derivava dal fatto che poco prima avevo confermato che la quantità di benzopirene (un potente cancerogeno) che un bambino tarantino inala ogni giorno, equivale a quello di cinque sigarette; evidentemente, fare il conto su di un anno (1500 e passa sigarette equivalenti) era per me una semplice equivalenza, ma, capivo che 1500 sigarette all'anno, fanno più effetto di 5 sigarette al giorno !
Comunque, per evidenti problemi di tempo, non è andata in onda la mia testimonianza di come a Genova, abbiamo risolto un analogo problema, prodotto da una cokeria a poche decine di metri dall'abitato del quartiere di Cornigliano.
In questo caso, il diretto passaggio di informazioni dal ricercatore ( il sottoscritto) che aveva misurato l'elevato inquinamento da benzopirene ed individuato con certezza la sua fonte, e la popolazione coinvolta, è servita affinchè questi ultimi (gli inquinati) facessero le debite pressioni sui politici, costringendoli alla chiusura dell'attività "fuorilegge" e alla garanzia dell'occupazione per chi, in quella fabbrica, lavorava.
In questo caso, il crollo dell'inquinamento, il giorno dopo la chiusura della cokeria, ha ridotto i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie degli abitanti esposti, contribuendo, ovviamente alla riduzione del PIL dei genovesi :-).
lunedì 6 dicembre 2010
Nano polveri: il Bio-Metano ci dà una mano
Lo studio del Politecnico di Milano sulla emissione di nano-polveri da impianti di combustione, presentato il 2 dicembre 2010, permette conclusioni diverse da quelle riportate dalla stampa, pur partendo dall'analisi degli stessi risultati.
Innanzitutto, lo studio ha confermato che nelle emissioni dei termovalorizzatori, come in tutti i processi di combustione, sono presenti nanopolveri, nonostante complessi e costosi sistemi di abbattimento fumi.
In due dei tre termovalorizzatori studiati, quelli di Brescia e Milano, il numero di nanopolveri presenti nei fumi sono circa la metà delle nanopolveri in ingresso ai rispettivi impianti, ovvero le nanopolveri "normalmente" presenti nell'aria che si respira a Brescia ( 13.500 particelle per centimetro cubo) e a Milano (32.000 particelle per centimetro cubo). Si tratta di un interessante risultato, ma nei fumi del terzo termovalorizzatore studiato, quello di Bologna, la quantità di nanopolveri è da due a tre volte superiore al numero di nanopolveri presenti nell'aria di questa città.
Questa differenza potrebbe essere dovuta al diverso trattamento fumi (a umido nell'impianto di Bologna), ma comunque, in tutti i tre casi, questi trattamenti rappresentano il meglio della tecnologia oggi disponibile.
In base a questo risultato, è lecito affermare che il 33% degli impianti esaminati sta contribuendo ad un significativo aumento delle nanopolveri presenti in atmosfera, nelle rispettive aree di impatto ( la pianura Padana !). Se questo rapporto fosse lo stesso del parco inceneritori italiano (50 impianti operativi nel 2009) oggi, 16-17 termovalorizzatori stanno inquinando, con le nanopolveri da loro prodotte, il territorio sottovento ai loro camini.
Lo studio del Politecnico di Milano ha evidenziato un altro importante dato: i termovalorizzatori emettono nanopolveri, la cui composizione chimica è significativamente diversa da quella dalle nanopolveri che entrano nell'impianto. In particolare, nelle nanopolveri in uscita dai termovalorizzatori si trovano molti più metalli di quelli che si trovano nelle nanopolveri presenti nell'aria in ingresso. Questo risultato non è inaspettato, in quanto è la combustione, in particolare le alte temperature, che fa passare allo stato di vapore e di aereosol i metalli più volatili, presenti in forma solida nel combustibile.
E' possibile che questa differente composizione comporti un diverso effetto tossico e la presenza, nelle nanopolveri da termovalorizzatori, di metalli quali zinco, piombo, nichel, ferro, cromo, manganese, cobalto, vanadio non promette niente di buono per i possibili effetti sulla salute di chi respirasse queste particelle, certamente poco biocompatibili.
Infine, il risulto più interessante.
Lo studio del Politecnico di Milano ha confermato, anche per le nanopolveri, quanto la letteratura scientifica sta evidenziando con numerosi studi: tra le tecniche di trattamento dei rifiuti urbani la termovalorizzazione è quella con il più elevato impatto ambientale.
Tra i combustibili studiati (legna, gasolio, rifiuti, metano) quello che, in assoluto, ha emesso la quantità minore di nanopolveri è risultato essere il metano.
In un centimetro cubo di fumi da " termovalorizzazione " dei rifiuti , dopo trattamento, si trovano da 3.900 a 70.000 nanoparticelle; in un centimetro cubo di fumi di una caldaia alimentata a metano, e senza alcun trattamento fumi, le nanoparticelle trovate sono state 4.500, nettamente inferiori alle nanopolveri presenti nell'aria ambiente (15.000-28.000).
Pertanto, ci si può aspettare che trattamenti anaerobici delle frazioni biodegradabili ( 60% dei rifiuti urbani) e uso energetico del bio-metano così prodotto, possa produrre un impatto ambientale altrettanto trascurabile e ovviamente ancora più basso, se, come avviene negli impianti industriali alimentati a metano, i fumi, prima di essere immessi in atmosfera sono trattati con filtri a maniche.
Innanzitutto, lo studio ha confermato che nelle emissioni dei termovalorizzatori, come in tutti i processi di combustione, sono presenti nanopolveri, nonostante complessi e costosi sistemi di abbattimento fumi.
In due dei tre termovalorizzatori studiati, quelli di Brescia e Milano, il numero di nanopolveri presenti nei fumi sono circa la metà delle nanopolveri in ingresso ai rispettivi impianti, ovvero le nanopolveri "normalmente" presenti nell'aria che si respira a Brescia ( 13.500 particelle per centimetro cubo) e a Milano (32.000 particelle per centimetro cubo). Si tratta di un interessante risultato, ma nei fumi del terzo termovalorizzatore studiato, quello di Bologna, la quantità di nanopolveri è da due a tre volte superiore al numero di nanopolveri presenti nell'aria di questa città.
Questa differenza potrebbe essere dovuta al diverso trattamento fumi (a umido nell'impianto di Bologna), ma comunque, in tutti i tre casi, questi trattamenti rappresentano il meglio della tecnologia oggi disponibile.
In base a questo risultato, è lecito affermare che il 33% degli impianti esaminati sta contribuendo ad un significativo aumento delle nanopolveri presenti in atmosfera, nelle rispettive aree di impatto ( la pianura Padana !). Se questo rapporto fosse lo stesso del parco inceneritori italiano (50 impianti operativi nel 2009) oggi, 16-17 termovalorizzatori stanno inquinando, con le nanopolveri da loro prodotte, il territorio sottovento ai loro camini.
Lo studio del Politecnico di Milano ha evidenziato un altro importante dato: i termovalorizzatori emettono nanopolveri, la cui composizione chimica è significativamente diversa da quella dalle nanopolveri che entrano nell'impianto. In particolare, nelle nanopolveri in uscita dai termovalorizzatori si trovano molti più metalli di quelli che si trovano nelle nanopolveri presenti nell'aria in ingresso. Questo risultato non è inaspettato, in quanto è la combustione, in particolare le alte temperature, che fa passare allo stato di vapore e di aereosol i metalli più volatili, presenti in forma solida nel combustibile.
E' possibile che questa differente composizione comporti un diverso effetto tossico e la presenza, nelle nanopolveri da termovalorizzatori, di metalli quali zinco, piombo, nichel, ferro, cromo, manganese, cobalto, vanadio non promette niente di buono per i possibili effetti sulla salute di chi respirasse queste particelle, certamente poco biocompatibili.
Infine, il risulto più interessante.
Lo studio del Politecnico di Milano ha confermato, anche per le nanopolveri, quanto la letteratura scientifica sta evidenziando con numerosi studi: tra le tecniche di trattamento dei rifiuti urbani la termovalorizzazione è quella con il più elevato impatto ambientale.
Tra i combustibili studiati (legna, gasolio, rifiuti, metano) quello che, in assoluto, ha emesso la quantità minore di nanopolveri è risultato essere il metano.
In un centimetro cubo di fumi da " termovalorizzazione " dei rifiuti , dopo trattamento, si trovano da 3.900 a 70.000 nanoparticelle; in un centimetro cubo di fumi di una caldaia alimentata a metano, e senza alcun trattamento fumi, le nanoparticelle trovate sono state 4.500, nettamente inferiori alle nanopolveri presenti nell'aria ambiente (15.000-28.000).
Pertanto, ci si può aspettare che trattamenti anaerobici delle frazioni biodegradabili ( 60% dei rifiuti urbani) e uso energetico del bio-metano così prodotto, possa produrre un impatto ambientale altrettanto trascurabile e ovviamente ancora più basso, se, come avviene negli impianti industriali alimentati a metano, i fumi, prima di essere immessi in atmosfera sono trattati con filtri a maniche.
sabato 20 novembre 2010
La Carica dei Compostatori
La prossima è la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti.
In questa occasione il Comune di Genova avvierà il progetto "30.000 compostatori in città" .
Per raggiungere questo obiettivo, il 27 novembre, dichiarato "Compost Day", sarà presentato uno strumento innovativo: la quinta edizione del "Corso di Compostaggio in Campagna e in Città", a cura di Italia Nostra, con la collaborazione della Scuola Agraria di Monza.
Il Corso di Compostaggio in Campagna e in Città" è il primo Quaderno del costituendo Museo genovese della "Rumenta"; questo Quaderno fornisce tutte le istruzioni per costruire e gestire compostiere da "poggiolo", per permettere di fare compostaggio in città a tutti coloro che dispongono di poggioli e terrazzi fioriti.
Quando 30.000 famiglie genovesi avranno imparato a trasformare i loro scarti di cucina in compost da usare nei propri vasi da fiore, la produzione di rifiuti di Genova diminuirà di 3.400 tonnellate all'anno, pari all' un per cento dei rifiuti attualmente prodotti in città.
Già oggi, grazie ai corsi di compostaggio organizzati da Italia Nostra, 2000 famiglie genovesi hanno fatto richiesta della riduzione sulla Tariffa Rifiuti (15 euro all'anno), previsti dal Comune di Genova, a favore di chi fa compostaggio domestico.
La quarta edizione del Corso di Compostaggio domestico si può scaricare al seguente indirizzo
https://files.me.com/federico.valerio/qg5jnv
In questa occasione il Comune di Genova avvierà il progetto "30.000 compostatori in città" .
Per raggiungere questo obiettivo, il 27 novembre, dichiarato "Compost Day", sarà presentato uno strumento innovativo: la quinta edizione del "Corso di Compostaggio in Campagna e in Città", a cura di Italia Nostra, con la collaborazione della Scuola Agraria di Monza.
Il Corso di Compostaggio in Campagna e in Città" è il primo Quaderno del costituendo Museo genovese della "Rumenta"; questo Quaderno fornisce tutte le istruzioni per costruire e gestire compostiere da "poggiolo", per permettere di fare compostaggio in città a tutti coloro che dispongono di poggioli e terrazzi fioriti.
Quando 30.000 famiglie genovesi avranno imparato a trasformare i loro scarti di cucina in compost da usare nei propri vasi da fiore, la produzione di rifiuti di Genova diminuirà di 3.400 tonnellate all'anno, pari all' un per cento dei rifiuti attualmente prodotti in città.
Già oggi, grazie ai corsi di compostaggio organizzati da Italia Nostra, 2000 famiglie genovesi hanno fatto richiesta della riduzione sulla Tariffa Rifiuti (15 euro all'anno), previsti dal Comune di Genova, a favore di chi fa compostaggio domestico.
La quarta edizione del Corso di Compostaggio domestico si può scaricare al seguente indirizzo
https://files.me.com/federico.valerio/qg5jnv
venerdì 19 novembre 2010
Fuori Uno
Ieri, di passaggio a Reggio Emilia, mentre sorseggiavo un caffe in attesa del treno, dai giornali locali ho scoperto che la centrale a biomasse di Toano (vedi blog del 1 novembre 2010) non si fa più.
Penso sia merito del sindaco che si è opposto con fermezza a questo progetto e del comitato cittadino che è riuscito a porre attenzione al caso.
Sembra che ai grillini locali che hanno proposto, in alternativa, un impianto fotovoltaico e un impianto di compostaggio, sia stato risposto che questo non si può fare in quanto i finanziamenti andavano alle energie rinnovabile e non alla gestione dei rifiuti.
Una produzione di compost associata alla produzione di biometano da fermentazione anaerobica di scarti agricoli e di allevamento, in quale categoria di finanziamento dovrebbe andare?
Mi viene da proporre seri esami di cultura generale a tutti coloro che pensano di fare carriera politica.
Per lo meno, renderei obbligatorio seguire i corsi di aggiornamento via internet che sta realizzando l'Università di Reggio che, poi era il motivo della mia presenza in questa città.
Se vi interessa, ho registrato la mia presentazione più gettonata, quella in cui metto a confronto gli impatti ambientali delle diverse metodologie di trattamento dei materiali post consumo, dimostrando che riciclo e trattamenti biologici sono quelli che garantiscono il minor impatto ambientale.
Penso sia merito del sindaco che si è opposto con fermezza a questo progetto e del comitato cittadino che è riuscito a porre attenzione al caso.
Sembra che ai grillini locali che hanno proposto, in alternativa, un impianto fotovoltaico e un impianto di compostaggio, sia stato risposto che questo non si può fare in quanto i finanziamenti andavano alle energie rinnovabile e non alla gestione dei rifiuti.
Una produzione di compost associata alla produzione di biometano da fermentazione anaerobica di scarti agricoli e di allevamento, in quale categoria di finanziamento dovrebbe andare?
Mi viene da proporre seri esami di cultura generale a tutti coloro che pensano di fare carriera politica.
Per lo meno, renderei obbligatorio seguire i corsi di aggiornamento via internet che sta realizzando l'Università di Reggio che, poi era il motivo della mia presenza in questa città.
Se vi interessa, ho registrato la mia presentazione più gettonata, quella in cui metto a confronto gli impatti ambientali delle diverse metodologie di trattamento dei materiali post consumo, dimostrando che riciclo e trattamenti biologici sono quelli che garantiscono il minor impatto ambientale.
lunedì 15 novembre 2010
La Storia delle Cose
Se non l'avete ancora visto non potete perdervi "La storia delle cose"
Si tratta di un filmato molto efficace per capire in quale "casino" ci siamo messi ( ci hanno messo) e come possiamo uscirne..
La traduzione in italiano ne permette un'ampia diffusione, approfittatene.
Si tratta di un filmato molto efficace per capire in quale "casino" ci siamo messi ( ci hanno messo) e come possiamo uscirne..
La traduzione in italiano ne permette un'ampia diffusione, approfittatene.
mercoledì 3 novembre 2010
Aggiornamento Biomasse
E' disponibile una versione aggiornata della rassegna bibliografica dell'impatto ambientale e sanitario derivante dall'uso energetico di biomasse legnose.
Il testo è per addetti ai lavori, ma dovrebbe essere utile anche a chi vuole aggiornarsi su un argomento che sta coinvolgendo molte comunità italiane.
IMPATTI AMBIENTALI E SANITARI DEI BIO-COMBUSTIBILI LIGNO-CELLULOSICI.
F. VALERIO
Istituto Nazionale Ricerca Cancro
S.S Chimica Ambientale. largo R. Benzi 10
16132 Genova
Italy
Riassunto: Nella letteratura scientifica si osserva un crescente interesse all’inquinamento indotto dall’uso energetico delle biomasse, in particolare del legno. La maggior parte degli studi riguarda i problemi d’inquinamento interno indotti dall’uso domestico delle biomasse nei paesi in via di sviluppo. Più recentemente l’attenzione dei ricercatori si è spostata sull’esposizione domestica nei paesi sviluppati, in cui l’uso della legna per il riscaldamento domestico è in rapido aumento a causa dei prezzi più convenienti. Nei fumi che si producono con la combustione del legno sono state riscontrate numerose sostanze tossiche quali benzene, idrocarburi policiclici aromatici, diossine, polveri fini ed ultrafini. Tutti gli studi confermano come la combustione di biomasse produca un deterioramento della qualità dell’aria, all’interno e all’esterno delle abitazioni, in particolare a causa della emissione di polveri fini. Importanti miglioramenti della qualità delle emissioni si sono ottenuti con l’uso di impianti domestici più efficienti, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Numerosi studi hanno valutato i possibili effetti per la salute di chi è esposto a questi fumi, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Un’ampia rassegna, realizzata da Naeher (Naeher et al. 2007) ha concluso che gli studi fino ad oggi effettuati forniscono sufficiente evidenza che l’esposizione al fumo di legna, anche nei paesi sviluppati, possa avere effetti negativi sulla salute umana. Recentemente lo IARC ha classificato il fumo di legna come possibile cancerogeno per l’uomo. In Europa la produzione d’energia elettrica dalla combustione di biomasse è in costante aumento grazie agli incentivi statali previsti per assecondare le scelte della Unione Europea a favore della riduzione delle emissioni di gas serra e dell’uso di fonti di energia fossile. Ad oggi mancano studi adeguati a valutare gli effetti ambientali e sanitari di questa scelta. Sull’opportunità d’incentivare usi energetici delle biomasse, in quanto caratterizzate da un bilancio neutro sulla concentrazione d’anidride carbonica nell’atmosfera, si comincia ad avere dei dubbi, in particolare per le coltivazioni ad alto consumo d’energia e per la produzione boschiva a ciclo pluri-decennale.
Il testo è per addetti ai lavori, ma dovrebbe essere utile anche a chi vuole aggiornarsi su un argomento che sta coinvolgendo molte comunità italiane.
IMPATTI AMBIENTALI E SANITARI DEI BIO-COMBUSTIBILI LIGNO-CELLULOSICI.
F. VALERIO
Istituto Nazionale Ricerca Cancro
S.S Chimica Ambientale. largo R. Benzi 10
16132 Genova
Italy
Riassunto: Nella letteratura scientifica si osserva un crescente interesse all’inquinamento indotto dall’uso energetico delle biomasse, in particolare del legno. La maggior parte degli studi riguarda i problemi d’inquinamento interno indotti dall’uso domestico delle biomasse nei paesi in via di sviluppo. Più recentemente l’attenzione dei ricercatori si è spostata sull’esposizione domestica nei paesi sviluppati, in cui l’uso della legna per il riscaldamento domestico è in rapido aumento a causa dei prezzi più convenienti. Nei fumi che si producono con la combustione del legno sono state riscontrate numerose sostanze tossiche quali benzene, idrocarburi policiclici aromatici, diossine, polveri fini ed ultrafini. Tutti gli studi confermano come la combustione di biomasse produca un deterioramento della qualità dell’aria, all’interno e all’esterno delle abitazioni, in particolare a causa della emissione di polveri fini. Importanti miglioramenti della qualità delle emissioni si sono ottenuti con l’uso di impianti domestici più efficienti, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Numerosi studi hanno valutato i possibili effetti per la salute di chi è esposto a questi fumi, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Un’ampia rassegna, realizzata da Naeher (Naeher et al. 2007) ha concluso che gli studi fino ad oggi effettuati forniscono sufficiente evidenza che l’esposizione al fumo di legna, anche nei paesi sviluppati, possa avere effetti negativi sulla salute umana. Recentemente lo IARC ha classificato il fumo di legna come possibile cancerogeno per l’uomo. In Europa la produzione d’energia elettrica dalla combustione di biomasse è in costante aumento grazie agli incentivi statali previsti per assecondare le scelte della Unione Europea a favore della riduzione delle emissioni di gas serra e dell’uso di fonti di energia fossile. Ad oggi mancano studi adeguati a valutare gli effetti ambientali e sanitari di questa scelta. Sull’opportunità d’incentivare usi energetici delle biomasse, in quanto caratterizzate da un bilancio neutro sulla concentrazione d’anidride carbonica nell’atmosfera, si comincia ad avere dei dubbi, in particolare per le coltivazioni ad alto consumo d’energia e per la produzione boschiva a ciclo pluri-decennale.
lunedì 1 novembre 2010
Biomass Buster
Ieri sera grande serata (il Resto del Carlino parla di 300 presenze) a Toano (Reggio Emilia), con la cittadinanza mobilitata contro l'ipotesi di una locale centrale a biomasse.
Questa volta è un sindaco PD ad avere forti perplessità sull'opportunità di realizzare una centrale a biomase sul suo territorio. Il Sindaco di Toano ha detto no e ha ha chiesto il mio appoggio alla sua difficile scelta. Come risposta a quasta scelta, Provincia e Comunità Montana hanno minacciato di escludere il Sindaco dall'iter autorizzativo dell'impianto!
Nella ex rossa Emilia Romagna, mi aspettavo atteggiamenti più aperti al confronto democratico.
Nel mio intervento ho anticipato quanto comunicherò al Simposio Internazionale " Venice 2010" (8-10 novembre) sugli studi internazionali sull'impatto ambientale della combustione di biomasse.
In sintesi, mi sembra tra i ricercatori nessuno abbia dubbi: la biomassa è un pessimo combustibile per l'ambiente e per la salute.
Nel corso della serata, qualche preoccupazione nel pubblico sull'uso dei propri caminetti, dopo aver sentito le notizie da me riportate sui rischi del fumo di legna, ma anche una maggiore ed unanime consapevolezza che le centrali a biomassa, non sono di alcuna utilità collettiva. E dagli interventi emerge il timore che oggi si comincia con legna vergine e domani si finisca con combustibile da rifiuto.
L'incontro si è protratto con la cena (a Toano c'era la festa del cinghiale) fino a tarda notte e questo mi ha fatto perdere un servizio di Report, proprio sullo stesso argomento.
Per chi si fosse perso il servizio Biomasse di Massa, da RAI 3 può scaricare il pezzo: merita di essere visto e fatto vedere, per capire cosa sta succedendo nel nostro bel paese.
La prossima BiomassBuster session dovrebbe essere a Sinalunga, un'altra regione ex rossa. Li, a quanto pare, per boicottare il comitato, è entrato in agitazione il personale che doveva tenere aperta la sala :-).
Questa volta è un sindaco PD ad avere forti perplessità sull'opportunità di realizzare una centrale a biomase sul suo territorio. Il Sindaco di Toano ha detto no e ha ha chiesto il mio appoggio alla sua difficile scelta. Come risposta a quasta scelta, Provincia e Comunità Montana hanno minacciato di escludere il Sindaco dall'iter autorizzativo dell'impianto!
Nella ex rossa Emilia Romagna, mi aspettavo atteggiamenti più aperti al confronto democratico.
Nel mio intervento ho anticipato quanto comunicherò al Simposio Internazionale " Venice 2010" (8-10 novembre) sugli studi internazionali sull'impatto ambientale della combustione di biomasse.
In sintesi, mi sembra tra i ricercatori nessuno abbia dubbi: la biomassa è un pessimo combustibile per l'ambiente e per la salute.
Nel corso della serata, qualche preoccupazione nel pubblico sull'uso dei propri caminetti, dopo aver sentito le notizie da me riportate sui rischi del fumo di legna, ma anche una maggiore ed unanime consapevolezza che le centrali a biomassa, non sono di alcuna utilità collettiva. E dagli interventi emerge il timore che oggi si comincia con legna vergine e domani si finisca con combustibile da rifiuto.
L'incontro si è protratto con la cena (a Toano c'era la festa del cinghiale) fino a tarda notte e questo mi ha fatto perdere un servizio di Report, proprio sullo stesso argomento.
Per chi si fosse perso il servizio Biomasse di Massa, da RAI 3 può scaricare il pezzo: merita di essere visto e fatto vedere, per capire cosa sta succedendo nel nostro bel paese.
La prossima BiomassBuster session dovrebbe essere a Sinalunga, un'altra regione ex rossa. Li, a quanto pare, per boicottare il comitato, è entrato in agitazione il personale che doveva tenere aperta la sala :-).
venerdì 29 ottobre 2010
Bertolaso sulla via di Damasco
La nuova emergenza "monnezza" di Napoli è un vecchio e noioso film visto e rivisto, con le stesse comparse e lo stesso copione. Mi dispiace per i miei compaesani ma non riesco più nemmeno ad indignarmi.
Tutto è stato già scritto. Chi si è perduto questo documento che ormai è storico, si vada a rileggere, a ritroso, i post inseriti nel capitolo (tag) "Vedi Napoli" di questo Blog.
Vi suggerisco la rilettura del post del 3 settembre 2007, una lettera aperta a Bertolaso, al quale mi permettevo di dare alcuni suggerimenti che, se realizzati almeno in parte, ci avrebbero evitato questa nuova telenovela e questo strazio.
Ma ieri sera, ad Anno Zero, dedicato alla crisi Campana e con Bertolaso tra gli ospiti, si è verificato un piccolo miracolo.
Il buon Bertolaso, dopo aver risposto con avvilente scortesia al commissario UE ( peraltro pessimamente tradotto in simultanea) che gli ricordava come oggi il governo italiano è stato messo in mora per la fallimentare gestione del ciclo di rifiuti campano, ha ammesso che è da imitare l'esempio del comune di Capannori, che con il porta a porta, ha raggiunto l'80% di raccolta differenziata e ha aderito all'obiettivo "Rifiui Zero".
Alleluia!
Quanti anni dovremo ancora aspettare perchè la nostra classe politica capisca che la termovalorizzazione assistita è un grande imbroglio nazionale e che, riduzione, riciclo, compostaggio, trattamenti meccanico biologici, recupero di materia sono le scelti intelligenti che la commissaria europea, ieri sera, ha ricordato ma che nessuno ha capito per l'incapacità di una traduttrice che la RAI farebbe meglio a radiare dal suo Albo.
E tornando ad ieri sera, un altro che vorrei fosse illuminato sulla via di Damasco è De Luca, il sindaco di Salerno, che nonostante una raccolta Porta a Porta a Salerno al 60% e nonostante la realizzazione nella provincia di Salerno, dell'unico impianto di compostaggio campano (30.000 tonnellate), aspira ad ospitare il secondo "termovalorizzatore" della regione.
Ma per bruciare che? Se solo DeLuca, incetivasse il riciclo delle bottiglie di plastica nei supermercati della sua città e abolisse la consegna gratuita dei sacchetti di plastica, a Salerno, il combustibile da rifiuto residuo non giustificherebbe nessun inceneritore, nemmeno "mini".
E nessuno ancora che ci dice che fine fanno le ceneri dell'inceneritore di Acerra!
Tutto è stato già scritto. Chi si è perduto questo documento che ormai è storico, si vada a rileggere, a ritroso, i post inseriti nel capitolo (tag) "Vedi Napoli" di questo Blog.
Vi suggerisco la rilettura del post del 3 settembre 2007, una lettera aperta a Bertolaso, al quale mi permettevo di dare alcuni suggerimenti che, se realizzati almeno in parte, ci avrebbero evitato questa nuova telenovela e questo strazio.
Ma ieri sera, ad Anno Zero, dedicato alla crisi Campana e con Bertolaso tra gli ospiti, si è verificato un piccolo miracolo.
Il buon Bertolaso, dopo aver risposto con avvilente scortesia al commissario UE ( peraltro pessimamente tradotto in simultanea) che gli ricordava come oggi il governo italiano è stato messo in mora per la fallimentare gestione del ciclo di rifiuti campano, ha ammesso che è da imitare l'esempio del comune di Capannori, che con il porta a porta, ha raggiunto l'80% di raccolta differenziata e ha aderito all'obiettivo "Rifiui Zero".
Alleluia!
Quanti anni dovremo ancora aspettare perchè la nostra classe politica capisca che la termovalorizzazione assistita è un grande imbroglio nazionale e che, riduzione, riciclo, compostaggio, trattamenti meccanico biologici, recupero di materia sono le scelti intelligenti che la commissaria europea, ieri sera, ha ricordato ma che nessuno ha capito per l'incapacità di una traduttrice che la RAI farebbe meglio a radiare dal suo Albo.
E tornando ad ieri sera, un altro che vorrei fosse illuminato sulla via di Damasco è De Luca, il sindaco di Salerno, che nonostante una raccolta Porta a Porta a Salerno al 60% e nonostante la realizzazione nella provincia di Salerno, dell'unico impianto di compostaggio campano (30.000 tonnellate), aspira ad ospitare il secondo "termovalorizzatore" della regione.
Ma per bruciare che? Se solo DeLuca, incetivasse il riciclo delle bottiglie di plastica nei supermercati della sua città e abolisse la consegna gratuita dei sacchetti di plastica, a Salerno, il combustibile da rifiuto residuo non giustificherebbe nessun inceneritore, nemmeno "mini".
E nessuno ancora che ci dice che fine fanno le ceneri dell'inceneritore di Acerra!
lunedì 25 ottobre 2010
Le Colpe dei Padri
Le figlie di un padre grasso hanno un maggior rischio di diabete rispetto alle figlie di padri magri.
Queste le conclusioni di uno studio pubblicato in uno degli ultimi numeri di Nature, la più prestigiosa rivista scientifica su cui tutti i ricercatori vorrebbero poter pubblicare.
Prima di andare avanti, chiariamo subito che questi risultati sono stati ottenuti con dei topi, ma è molto probabile che la cosa possa riguardare anche noi umani.
L'interesse per questo studio è che per la prima volta si è dimostrato che squilibri alimentari dei padri possono avere conseguenze sulla salute dei loro figli,
In precedenza, si riteneva che solo la dieta delle donne incinte potesse avere effetti sui figli.
Tuttavia, il dato più importante ch emerge da questo studio è che, almeno per i topi, uno squilibrio alimentare che non modifica il DNA degli spermatozoi paterni, possa provocare un effetto negativo sulla sua prole e, in questo caso, favorisca lo sviluppo del diabete.
Insomma, le colpe dei padri e delle madri ricadono sui figli, a prescindere dalle abitudini alimentari di quest'ultimi.
Questo fenomeno ha a che fare con un nuova disciplina scientifica emergente, l'epi-genetica.
Memorizzate questo termine, ne sentiremo certamente parlare nei prossimi anni.
Esistono forti sospetti che fenomeni analoghi riguardino anche la specie umana,
Se il modo in cui il nostro corpo si forma e si trasforma e i modi in cui risponde alle modifiche dell'ambiente esterno e, ad esempio, si ammala, dipende anche da che cosa hanno mangiato o a che cosa sono stati esposti i nostri genitori, capite bene che tutto quello che abbiamo elaborato in termini di prevenzione delle malattie è messo in discussione.
L'argomento non è facile, anche per me, ma penso valga la pena di ritornare sul tema. Forse stiamo assistendo ad una nuova rivoluzione scientifica, dopo quella della genetica e del darwinismo.
Queste le conclusioni di uno studio pubblicato in uno degli ultimi numeri di Nature, la più prestigiosa rivista scientifica su cui tutti i ricercatori vorrebbero poter pubblicare.
Prima di andare avanti, chiariamo subito che questi risultati sono stati ottenuti con dei topi, ma è molto probabile che la cosa possa riguardare anche noi umani.
L'interesse per questo studio è che per la prima volta si è dimostrato che squilibri alimentari dei padri possono avere conseguenze sulla salute dei loro figli,
In precedenza, si riteneva che solo la dieta delle donne incinte potesse avere effetti sui figli.
Tuttavia, il dato più importante ch emerge da questo studio è che, almeno per i topi, uno squilibrio alimentare che non modifica il DNA degli spermatozoi paterni, possa provocare un effetto negativo sulla sua prole e, in questo caso, favorisca lo sviluppo del diabete.
Insomma, le colpe dei padri e delle madri ricadono sui figli, a prescindere dalle abitudini alimentari di quest'ultimi.
Questo fenomeno ha a che fare con un nuova disciplina scientifica emergente, l'epi-genetica.
Memorizzate questo termine, ne sentiremo certamente parlare nei prossimi anni.
Esistono forti sospetti che fenomeni analoghi riguardino anche la specie umana,
Se il modo in cui il nostro corpo si forma e si trasforma e i modi in cui risponde alle modifiche dell'ambiente esterno e, ad esempio, si ammala, dipende anche da che cosa hanno mangiato o a che cosa sono stati esposti i nostri genitori, capite bene che tutto quello che abbiamo elaborato in termini di prevenzione delle malattie è messo in discussione.
L'argomento non è facile, anche per me, ma penso valga la pena di ritornare sul tema. Forse stiamo assistendo ad una nuova rivoluzione scientifica, dopo quella della genetica e del darwinismo.
giovedì 14 ottobre 2010
Contrordine Compagni
E' possibile per un paese dell'Unione Europea adottare norme ambientali europee peggiorative delle proprie norme nazionali?
E' possibile! E lo diciamo perchè questo è avvenuto e questo strano Paese è l'Italia.
Prima un'informazione e poi i fatti.
L'informazione riguarda un composto presente nell'aria che respiriamo. Si chiama benzopirene, si forma ogni volta che qualche cosa brucia (tabacco, legna, carbone...) ed è un potente cancereogeno.
Ed ecco i fatti.
Nel lontano 1994, con il Decreto MInisteriale del 25 novembre, l'Italia diventa il primo paese europeo e probabilmente il primo al mondo, a stabilire norme tecniche per misurare questo composto e a fissarne una concentrazione limite ( da non superare); dal 1996 al 1998 la concentrazione massima accettabile di benzopirene è 2,5 nanogrammi per metro cubo. Dal 1999 il valore limite si riduce a 1 nanogrammo per metro cubo.
In sintesi, le attività inquinanti hanno cinque anni per mettersi in regola.
A questo Decreto ho dato un mio piccolo contributo per la definizione del metodo analitico e per le misure fatte a La Spezia e Genova negli anni '80.
Il Decreto prevede che nelle città con oltre 150.000 abitanti si avvi il monitoraggio del benzopirene, tra queste Genova e Taranto, sede di due grandi acciaierie e di cokerie, note per emettere grandi quantità di benzopirene.
Nel 1994, a Genova si realizza una complessa rete per il monitoraggio del benzopirene, finalizzata a verificare il rispetto della legge da parte della cokeria e il mio laboratorio, da allora, in collaborazione con la Provincia di genova, sta effettuando le analisi richieste. A Taranto, tutto tace e per anni in questa città non c'è un campionatore in funzione.
Le misure a Genova confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che la cokeria è responsabile di un elevato inquinamento da benzopirene che fa superare di molto il valore limite, in corrispondenza dell'abitato,fino a 3-5 nanogrammi per metro cubo.
Interviene il pubblico ministero che forte del superamento dei limiti previsti nel decreto del 1994 ottiene la chiusura della cokeria, avvenuta nel 2002. Il giorno dopo la chiusura di quest'impianto, nel quartiere a ridosso dell'acciaieria, Cornigliano, il benzopirene si abbassa a valori nettamente inferiore ai limiti ( 0,3-0,5 nanogrammi per metro cubo) e il nostro istituto documenta una riduzione dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie in chi abitava sottovento all'impianto.
Nel 2004 l'Unione Europea approva una direttiva (direttiva 2004/107/CE) che fa proprie le conclusioni dei ricercatori italiani nei riguardi del benzopirene e stabilisce un valore obiettivo per questo cancerogeno, pari a quello in vigore in Italia dal 1999: 1 nanogrammo per metro cubo.
Nel Decreto UE si fissa il 2012 come data entro la quale tutti i Paesi membri devono raggiungere questo valore. In altre parole, l'Unione Europea, ai sui membri che non hanno ancora fatto nulla, concede otto anni di tempo per fare le misure, individuare le attività più inquinanti e ridurre le loro emissioni al fine di rientrare nei limiti fissati.
E che fa l'Italia, quando nel 2007 (Decreto n 152 ) recepisce la Direttiva Europea del 2004? Annulla il Decreto del 1994 e come se niente fosse, rinvia,pari pari, al 2012 il rispetto del limite del benzopirene che da noi era in vigore fin dal 1999.
Insomma chi si è messo in regola, peggio per lui; gli altri sono autorizzati ad inquinare per altri tre anni, poi si vedrà...
E tanto per essere sicuri, questo concetto (rinvio alla fine del 2012 dell'obbligo di rispettare il limiti del benzopirene) viene ribadito dal governo italiano nel Decreto n 156 del 13 agosto 2010, e la cosa bizzarra e che questo Decreto, teoricamente, dovrebbe recepire una norma Europea in cui non si parla per niente del benzopirene.
Come sapete, a pensare male si fa peccato ma....,. Il problema è che, nel frattempo, è avvenuta una cosa importante; la Puglia e i Tarantini si sono svegliati e hanno scoperto che anche la cokeria di Taranto è la respondsabile del superamento di 1 nanogrammoper metro cubo di benzopirene nel quartiere di Tamburi, spesso sotto i fumi della cokeria.
Stai a vedere che in Italia abbiamo inventato anche le Leggi "ad aziendam".
E' possibile! E lo diciamo perchè questo è avvenuto e questo strano Paese è l'Italia.
Prima un'informazione e poi i fatti.
L'informazione riguarda un composto presente nell'aria che respiriamo. Si chiama benzopirene, si forma ogni volta che qualche cosa brucia (tabacco, legna, carbone...) ed è un potente cancereogeno.
Ed ecco i fatti.
Nel lontano 1994, con il Decreto MInisteriale del 25 novembre, l'Italia diventa il primo paese europeo e probabilmente il primo al mondo, a stabilire norme tecniche per misurare questo composto e a fissarne una concentrazione limite ( da non superare); dal 1996 al 1998 la concentrazione massima accettabile di benzopirene è 2,5 nanogrammi per metro cubo. Dal 1999 il valore limite si riduce a 1 nanogrammo per metro cubo.
In sintesi, le attività inquinanti hanno cinque anni per mettersi in regola.
A questo Decreto ho dato un mio piccolo contributo per la definizione del metodo analitico e per le misure fatte a La Spezia e Genova negli anni '80.
Il Decreto prevede che nelle città con oltre 150.000 abitanti si avvi il monitoraggio del benzopirene, tra queste Genova e Taranto, sede di due grandi acciaierie e di cokerie, note per emettere grandi quantità di benzopirene.
Nel 1994, a Genova si realizza una complessa rete per il monitoraggio del benzopirene, finalizzata a verificare il rispetto della legge da parte della cokeria e il mio laboratorio, da allora, in collaborazione con la Provincia di genova, sta effettuando le analisi richieste. A Taranto, tutto tace e per anni in questa città non c'è un campionatore in funzione.
Le misure a Genova confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che la cokeria è responsabile di un elevato inquinamento da benzopirene che fa superare di molto il valore limite, in corrispondenza dell'abitato,fino a 3-5 nanogrammi per metro cubo.
Interviene il pubblico ministero che forte del superamento dei limiti previsti nel decreto del 1994 ottiene la chiusura della cokeria, avvenuta nel 2002. Il giorno dopo la chiusura di quest'impianto, nel quartiere a ridosso dell'acciaieria, Cornigliano, il benzopirene si abbassa a valori nettamente inferiore ai limiti ( 0,3-0,5 nanogrammi per metro cubo) e il nostro istituto documenta una riduzione dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie in chi abitava sottovento all'impianto.
Nel 2004 l'Unione Europea approva una direttiva (direttiva 2004/107/CE) che fa proprie le conclusioni dei ricercatori italiani nei riguardi del benzopirene e stabilisce un valore obiettivo per questo cancerogeno, pari a quello in vigore in Italia dal 1999: 1 nanogrammo per metro cubo.
Nel Decreto UE si fissa il 2012 come data entro la quale tutti i Paesi membri devono raggiungere questo valore. In altre parole, l'Unione Europea, ai sui membri che non hanno ancora fatto nulla, concede otto anni di tempo per fare le misure, individuare le attività più inquinanti e ridurre le loro emissioni al fine di rientrare nei limiti fissati.
E che fa l'Italia, quando nel 2007 (Decreto n 152 ) recepisce la Direttiva Europea del 2004? Annulla il Decreto del 1994 e come se niente fosse, rinvia,pari pari, al 2012 il rispetto del limite del benzopirene che da noi era in vigore fin dal 1999.
Insomma chi si è messo in regola, peggio per lui; gli altri sono autorizzati ad inquinare per altri tre anni, poi si vedrà...
E tanto per essere sicuri, questo concetto (rinvio alla fine del 2012 dell'obbligo di rispettare il limiti del benzopirene) viene ribadito dal governo italiano nel Decreto n 156 del 13 agosto 2010, e la cosa bizzarra e che questo Decreto, teoricamente, dovrebbe recepire una norma Europea in cui non si parla per niente del benzopirene.
Come sapete, a pensare male si fa peccato ma....,. Il problema è che, nel frattempo, è avvenuta una cosa importante; la Puglia e i Tarantini si sono svegliati e hanno scoperto che anche la cokeria di Taranto è la respondsabile del superamento di 1 nanogrammoper metro cubo di benzopirene nel quartiere di Tamburi, spesso sotto i fumi della cokeria.
Stai a vedere che in Italia abbiamo inventato anche le Leggi "ad aziendam".
domenica 10 ottobre 2010
Contrordine Compagni 2
L'amico Marescotti, di Taranto, mi ha fatto notare una imprecisione nel post di ieri in cui erroneamente ho affermato che che nel decreto 152 del 2007, le norme del DM 25/11/1994 in cui si normava l'inquinamento da benzopirene erano state abolite.
Ecco la sua nota:
Il decreto legislativo 3 agosto 2007, n. 152, faceva salve le suddette norme del DM 25/11/94 per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti (art. 3 comma 5) per le quali pertanto veniva confermato l’obbligo di rispetto dell’obiettivo di qualità a partire dal 1° gennaio 1999.
Il dlgs 152/2007, richiamando il DM 25/11/94, rendeva quindi cogente il rispetto di tale obiettivo di qualità dal 1° gennaio 1999 (cfr.allegato IV del DM 25/11/94).
Questa nota è importante, in quanto nel 2007 l'ARPA Puglia contestava alle acciaierie di Taranto il superamento del Benzopirene, ancora in vigore.
Resta il fatto della anomalia del decreto 2007 che, con un'operazione taglia e incolla, inserisce nella nostra normativa il termine della fine del 2012 , previsto dalla UE, per il rispetto del limite del benzopirene sul territorio nazionale, mentre è ancora in vigore il termine precedentemente previsto dalle nostre norme: gennaio 1999.
A questa "svista" , con una palese forzatura in quanto nel decreto UE che si doveva recepire non si parlava di benzopirene, si è posto rimedio con il Decreto del 2010.
E' questo il decreto che esplicitamente abolisce il DM 25/11/94 e, con esso, il 1999 come anno a partire dal quale il limite per il benzopirene entra in vigore per il nostro Paese.
E il legislatore italiano, scrivendo questa riga, fa si che quello che era vietato in Italia il giorno prima, inquinare l'aria con oltre 1 nanogrammo di benzopirene, diventi lecito fino alla fine del 2012.
Come si vede "Azzeccagarbugli" vive e impera ancora nel nostro Bel Paese.
Ecco la sua nota:
Il decreto legislativo 3 agosto 2007, n. 152, faceva salve le suddette norme del DM 25/11/94 per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti (art. 3 comma 5) per le quali pertanto veniva confermato l’obbligo di rispetto dell’obiettivo di qualità a partire dal 1° gennaio 1999.
Il dlgs 152/2007, richiamando il DM 25/11/94, rendeva quindi cogente il rispetto di tale obiettivo di qualità dal 1° gennaio 1999 (cfr.allegato IV del DM 25/11/94).
Questa nota è importante, in quanto nel 2007 l'ARPA Puglia contestava alle acciaierie di Taranto il superamento del Benzopirene, ancora in vigore.
Resta il fatto della anomalia del decreto 2007 che, con un'operazione taglia e incolla, inserisce nella nostra normativa il termine della fine del 2012 , previsto dalla UE, per il rispetto del limite del benzopirene sul territorio nazionale, mentre è ancora in vigore il termine precedentemente previsto dalle nostre norme: gennaio 1999.
A questa "svista" , con una palese forzatura in quanto nel decreto UE che si doveva recepire non si parlava di benzopirene, si è posto rimedio con il Decreto del 2010.
E' questo il decreto che esplicitamente abolisce il DM 25/11/94 e, con esso, il 1999 come anno a partire dal quale il limite per il benzopirene entra in vigore per il nostro Paese.
E il legislatore italiano, scrivendo questa riga, fa si che quello che era vietato in Italia il giorno prima, inquinare l'aria con oltre 1 nanogrammo di benzopirene, diventi lecito fino alla fine del 2012.
Come si vede "Azzeccagarbugli" vive e impera ancora nel nostro Bel Paese.
sabato 9 ottobre 2010
PaP a Genova
Dopo tre anni dal suo avvio, le associazioni (Amici del Chiaravagna, ItaliaNostra, Legambiente) che hanno proposto al Comune di Genova la realizzazione di un progetto pilota di raccolta differenziata Porta a Porta in due quartieri di Genova (Sestri e Pontedecimo), presentano i risultati dello studio.
Risultati fatti di Luci e di Ombre.
Le luci derivano dal fatto che le indagini merceologiche hanno confermato che dall'84 all'89% dei materiali post comsumo prodotti dai 17.000 cittadini coinvolti nello studio è riciclabile e che il 50% di questi scarti sono stato separati alla fonte da più del 60% delle famiglie partecipanti.
Altra luce sono stati i risparmi sulla ecotassa regionale per l'evitato conferimento a discarica, pari a 44.219 euro nei primi due anni di sperimentazione,
Le ombre sono prodotte dalla bassa qualità della plastica raccolta, conseguenza della ostinata carenza di informazioni da parte dell'azienda responsabile della raccolta, uno dei tanti sintomi di una eccessiva tiepidezza del Comune e di AMIU ( l'azienda in questione) per un progetto che non hanno mai sentito e fatto proprio.
La Sindaco Marta Vincenzi, alla quale abbiamo personalmente presentato i risultati, ha accettato la proposta che entro i prossimi mesi il progetto sia rilanciato per dimostrare come anche in quartieri urbanisticamente difficili sia possibile raggiungere una RD di qualità pari e superiore al 65%.
Aspettiamo fiduciosi.
Nel frattempo presenteremo i risultati, le nostre valutazioni e le iniziative da attivare per raggiungere il 65% e premiare economicamente le tante famiglie virtuose che hanno contribuito alla buona riuscita dei progetti..
Risultati fatti di Luci e di Ombre.
Le luci derivano dal fatto che le indagini merceologiche hanno confermato che dall'84 all'89% dei materiali post comsumo prodotti dai 17.000 cittadini coinvolti nello studio è riciclabile e che il 50% di questi scarti sono stato separati alla fonte da più del 60% delle famiglie partecipanti.
Altra luce sono stati i risparmi sulla ecotassa regionale per l'evitato conferimento a discarica, pari a 44.219 euro nei primi due anni di sperimentazione,
Le ombre sono prodotte dalla bassa qualità della plastica raccolta, conseguenza della ostinata carenza di informazioni da parte dell'azienda responsabile della raccolta, uno dei tanti sintomi di una eccessiva tiepidezza del Comune e di AMIU ( l'azienda in questione) per un progetto che non hanno mai sentito e fatto proprio.
La Sindaco Marta Vincenzi, alla quale abbiamo personalmente presentato i risultati, ha accettato la proposta che entro i prossimi mesi il progetto sia rilanciato per dimostrare come anche in quartieri urbanisticamente difficili sia possibile raggiungere una RD di qualità pari e superiore al 65%.
Aspettiamo fiduciosi.
Nel frattempo presenteremo i risultati, le nostre valutazioni e le iniziative da attivare per raggiungere il 65% e premiare economicamente le tante famiglie virtuose che hanno contribuito alla buona riuscita dei progetti..
venerdì 1 ottobre 2010
A Ciascuno la Sua Biomassa
Il Biomass-buster ha colpito ancora!
Questa volta è toccato all'ipotesi di un impianto da 24 megawatt elettrici alimentato con olio vegetale, proposto per l'ex zuccherificio di Bondeno, Ferrara.
Il 29 settembre nel corso di una affollata
assemblea sono venuto a sapere che l'Unione Europea ha caldamente raccomandato all'Italia di smettere la produzione di barbabietola da zucchero in quanto non redditizia per i nostri climi. Di conseguenza decine di zuccherifici hanno chiuso. Da quanto ho capito chi ci ha rimesso sono i lavoratori, in cassa integrazione, e gli agricoltori che devono trovare nuove e remunerative coltivazioni.
I proprietari dei zuccherifici dovrebbero essere contenti: hanno ricevuto adeguati indennizzi, le aree industriali bonificate sono diventate edificabili e quindi il loro valore è aumentato. Tutto questo per qualcuno non è bastato e oltre a centri commerciali e case, ci sono progetti per installare negli ex zuccherifici delle belle centrali a biomasse che riceveranno appetitose prebende pubbliche, sotto forma di Certificati Verdi regalati a chi produce elettricità bruciando dei vegetali, le cosidette biomasse.
E' il caso di ricordare che questi soldi vengono letteralmente presi dalle bollette della luce di tutti gli italiani.
A Bondeno tre grandi motori marini produrranno elettricità bruciando olio vegetale; tutto fa credere che il combustibile sia olio di palma di produzione indonesiana che via nave arriverà a Ravenna.
A questa ipotesi si oppone il giovane sindaco del Paese, della Lega Nord, a cui ho riconosciuto il merito di essere presente all'incontro , di aver avuto la pazienza di ascoltare sia il mio intervento che quello del prof Tamino, entrambi critici su questa scelta e di voler difendere la salute dei suoi concittadini.
Dell'olio vegetale in generale e in particolare dell'olio di palma, non ne vogliono sentire parlare nemmeno gli agricoltori locali, più favorervoli alla realizzazione di una fabbrica per la produzione di conserve di pomodoro e di una fabbrica per la produzione di bio-polimeri.
Un diffuso consenso è venuto alla mia ipotesi che questi insediamenti industriali e eventuali edifici siano riscadlati e raffreddati con biometano, prodotto con la realizzazione di un nuovo digestore anaerobico, alimentato con scarti agricoli e perchè no, con la frazione umida raccolta in modo differenziato a Ferrara e dintorni.
Il minore impatto ambientale di questa scelta, rispetto a quella dell'olio di palma bruciato nei motori diesel dovrebbe trovare il favore del Sindaco, maggiore autorità sanitaria del paese.
Vedremo come andrà avanti la vicenda.
Vi terrò aggiornati
Questa volta è toccato all'ipotesi di un impianto da 24 megawatt elettrici alimentato con olio vegetale, proposto per l'ex zuccherificio di Bondeno, Ferrara.
Il 29 settembre nel corso di una affollata
assemblea sono venuto a sapere che l'Unione Europea ha caldamente raccomandato all'Italia di smettere la produzione di barbabietola da zucchero in quanto non redditizia per i nostri climi. Di conseguenza decine di zuccherifici hanno chiuso. Da quanto ho capito chi ci ha rimesso sono i lavoratori, in cassa integrazione, e gli agricoltori che devono trovare nuove e remunerative coltivazioni.
I proprietari dei zuccherifici dovrebbero essere contenti: hanno ricevuto adeguati indennizzi, le aree industriali bonificate sono diventate edificabili e quindi il loro valore è aumentato. Tutto questo per qualcuno non è bastato e oltre a centri commerciali e case, ci sono progetti per installare negli ex zuccherifici delle belle centrali a biomasse che riceveranno appetitose prebende pubbliche, sotto forma di Certificati Verdi regalati a chi produce elettricità bruciando dei vegetali, le cosidette biomasse.
E' il caso di ricordare che questi soldi vengono letteralmente presi dalle bollette della luce di tutti gli italiani.
A Bondeno tre grandi motori marini produrranno elettricità bruciando olio vegetale; tutto fa credere che il combustibile sia olio di palma di produzione indonesiana che via nave arriverà a Ravenna.
A questa ipotesi si oppone il giovane sindaco del Paese, della Lega Nord, a cui ho riconosciuto il merito di essere presente all'incontro , di aver avuto la pazienza di ascoltare sia il mio intervento che quello del prof Tamino, entrambi critici su questa scelta e di voler difendere la salute dei suoi concittadini.
Dell'olio vegetale in generale e in particolare dell'olio di palma, non ne vogliono sentire parlare nemmeno gli agricoltori locali, più favorervoli alla realizzazione di una fabbrica per la produzione di conserve di pomodoro e di una fabbrica per la produzione di bio-polimeri.
Un diffuso consenso è venuto alla mia ipotesi che questi insediamenti industriali e eventuali edifici siano riscadlati e raffreddati con biometano, prodotto con la realizzazione di un nuovo digestore anaerobico, alimentato con scarti agricoli e perchè no, con la frazione umida raccolta in modo differenziato a Ferrara e dintorni.
Il minore impatto ambientale di questa scelta, rispetto a quella dell'olio di palma bruciato nei motori diesel dovrebbe trovare il favore del Sindaco, maggiore autorità sanitaria del paese.
Vedremo come andrà avanti la vicenda.
Vi terrò aggiornati
lunedì 30 agosto 2010
Messico e Olio
Chiusa la falla, del petrolio riversato nel golfo del Messico non se ne parla più. Ma è proprio quando non si vedono più spiagge e pellicani imbrattati di petrolio che ci possono essere i veri problemi per chi si alimenta con quanto il mare è in grado di offrire: pesci, gamberetti, ostriche, mitili.
Il 19 agosto negli USA c'è stata una riunione governativa per stabilire se i frutti di mare pescati nel golfo del messico siano salubri. Il Governo ha affermato che c'è la sicurezza alimentare ma non tutti i pareri sono unanimi e personalmente mi unisco a questi.
Una volta che il petrolio è evaporato, si e depositato sui fondali ed è stato degradato dalla attività microbica, e dalle radiazioni solari, non sono più possibili fotografie di grande impatto emotivo, ma occorre tenere sottocontrollo i metalli tossici che conteneva il petrolio quali mercurio, cadmio e piombo e gli idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni , anch'essi presenti nel greggio.
Le concentrazioni di metalli e di policiclici aromatici nell'acqua può essere molto bassa , ma questi inquinanti si concentrano lungo la catena alimentare e al loro vertice ( nei grandi predatori come pesce spada e tonni) possono raggiungere alte concentrazioni, pericolose per il super predatore, gli umani pescivori.
Particolarmente a rischio sono anche i mitili (le cozze), in quanto questi animali che filtrano grandi quantità di acqua per ricavarne il cibo non hanno gli enzimi necessari per "digerire" i policiclici che si accumulano nei loro tessuti grassi e di qui ai tessuti grassi di chi li mangia.
Insomma se si vuol essere sicuri che quanto si pesca e si pescherà nel golfo del Messico sia sicuro, bisognerà garantire per 6-7 anni accurate e frequenti misure della contaminazione del pescato.
Grazie BP!
Il 19 agosto negli USA c'è stata una riunione governativa per stabilire se i frutti di mare pescati nel golfo del messico siano salubri. Il Governo ha affermato che c'è la sicurezza alimentare ma non tutti i pareri sono unanimi e personalmente mi unisco a questi.
Una volta che il petrolio è evaporato, si e depositato sui fondali ed è stato degradato dalla attività microbica, e dalle radiazioni solari, non sono più possibili fotografie di grande impatto emotivo, ma occorre tenere sottocontrollo i metalli tossici che conteneva il petrolio quali mercurio, cadmio e piombo e gli idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni , anch'essi presenti nel greggio.
Le concentrazioni di metalli e di policiclici aromatici nell'acqua può essere molto bassa , ma questi inquinanti si concentrano lungo la catena alimentare e al loro vertice ( nei grandi predatori come pesce spada e tonni) possono raggiungere alte concentrazioni, pericolose per il super predatore, gli umani pescivori.
Particolarmente a rischio sono anche i mitili (le cozze), in quanto questi animali che filtrano grandi quantità di acqua per ricavarne il cibo non hanno gli enzimi necessari per "digerire" i policiclici che si accumulano nei loro tessuti grassi e di qui ai tessuti grassi di chi li mangia.
Insomma se si vuol essere sicuri che quanto si pesca e si pescherà nel golfo del Messico sia sicuro, bisognerà garantire per 6-7 anni accurate e frequenti misure della contaminazione del pescato.
Grazie BP!
lunedì 23 agosto 2010
Notizie Importanti
Due notizie importanti sul fronte della riduzione della produzione di rifiuti e “due calci negli stinchi” agli amici degli inceneritori.
Il Ministero della Salute, con il Decreto 19 maggio 2010 n 113, ha autorizzato, a partire dal 5 agosto 2010, l’uso di PET riciclato per la produzione di nuovi imballaggi contenenti alimenti.
Il PET (Poli Etilen Tereftalato) è il polimero usato per le bottiglie di acqua, bevande gasate, latte. In Italia ogni anno oltre 300.000 tonnellate di questi imballaggi, subito dopo l’uso, diventa rifiuto, con la felicità dei gestori di inceneritori, visto l’alto potere calorifico di questo polimero.
Grazie al Decreto, si apre un nuovo e più remunerativo mercato al PET post consumo; oltre a maglie in “pile”, le bottiglie raccolte in modo differenziato possono ritornare a diventare bottiglie, un processo di rilevate interesse economico per le aziende del settore.
La prima azienda italiana ad immettere in commercio bottiglie realizzate in parte con PET riciclato sarà la San Pellegrino.
Questa decisione si affianca ad un precedente “sdoganamento”, avvenuto qualche anno fa, e che ha riguardato le cassette per frutta e verdura in polietilene, un altro prodotto “usa e getta” checon questa decisione viene sottratto alla “cremazione” obbligata, e per lo meno senza alibi per il loro incenerimento ( "tanto non si possono riciclare").
Anche in questo caso motivi igienici non documentati ne vietavano il riuso, ma studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno escluso ogni pericolo, a patto che le cassette in polietilene siano separate alla fonte con una raccolta differenziata di qualità.
E qui viene “a fagiolo” una bella idea di una grande azienda la “San Benedetto” che ha siglato un accordo con alcuni supermercati che si sono organizzati per raccogliere direttamente dalle mani dei loro clienti, al momento del loro ingresso, le bottiglie usate in PET.
In cambio i cittadini riceveranno punti fedeltà per ogni botttiglia consegnata che potranno utilizzare per i loro acquisti.
Non esistono limiti al fatto che iniziative di questo tipo si estendano a tutta la grande distribuzione nazionale che certamente ha personale e spazi da dedicare a questa iniziativa. Aspetto con ansia notizie a riguardo da parte della COOP che qui a Genova è una potenza.
Intanto un'altra importante azienda, la "San Pellegrino" , ha avviato la produzione delle sue bottiglie con una buona percentuale di PET post consumo, dimostrando che il decreto "salva PET" è economicamente vantaggioso.
Infine, so per certo che i produttori nazionali di PET sono pronti a ritrattare nelle loro aziende, senza particolari modifiche degli impianti, tutto il PET post consumo che possa derivare da queste raccolte di qualità, raccolte che avranno un costo bassissimo, visto che lavaggio, selezione, raccolta e trasporto saranno a carico dei cittadini che vorranno utilizzare questo servizio che in parte compensa economicamente questa loro attività.
Ricordo infine che per una tonnellata di PET e di Polietilene (PE) monomateriale raccolto con questo sistema il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce un contributo di 314 euro, più che sufficienti per pagare i costi per i punti fedeltà e il trasporto al riutilizzatore finale di bottiglie in PET e tappi in PE,
E ogni tonnellata di PET e PE riutilizzato sarà una tonnellata in meno di ottimo combustibile sottratto ai "crematori con recupero energetico".
Il Ministero della Salute, con il Decreto 19 maggio 2010 n 113, ha autorizzato, a partire dal 5 agosto 2010, l’uso di PET riciclato per la produzione di nuovi imballaggi contenenti alimenti.
Il PET (Poli Etilen Tereftalato) è il polimero usato per le bottiglie di acqua, bevande gasate, latte. In Italia ogni anno oltre 300.000 tonnellate di questi imballaggi, subito dopo l’uso, diventa rifiuto, con la felicità dei gestori di inceneritori, visto l’alto potere calorifico di questo polimero.
Grazie al Decreto, si apre un nuovo e più remunerativo mercato al PET post consumo; oltre a maglie in “pile”, le bottiglie raccolte in modo differenziato possono ritornare a diventare bottiglie, un processo di rilevate interesse economico per le aziende del settore.
La prima azienda italiana ad immettere in commercio bottiglie realizzate in parte con PET riciclato sarà la San Pellegrino.
Questa decisione si affianca ad un precedente “sdoganamento”, avvenuto qualche anno fa, e che ha riguardato le cassette per frutta e verdura in polietilene, un altro prodotto “usa e getta” checon questa decisione viene sottratto alla “cremazione” obbligata, e per lo meno senza alibi per il loro incenerimento ( "tanto non si possono riciclare").
Anche in questo caso motivi igienici non documentati ne vietavano il riuso, ma studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno escluso ogni pericolo, a patto che le cassette in polietilene siano separate alla fonte con una raccolta differenziata di qualità.
E qui viene “a fagiolo” una bella idea di una grande azienda la “San Benedetto” che ha siglato un accordo con alcuni supermercati che si sono organizzati per raccogliere direttamente dalle mani dei loro clienti, al momento del loro ingresso, le bottiglie usate in PET.
In cambio i cittadini riceveranno punti fedeltà per ogni botttiglia consegnata che potranno utilizzare per i loro acquisti.
Non esistono limiti al fatto che iniziative di questo tipo si estendano a tutta la grande distribuzione nazionale che certamente ha personale e spazi da dedicare a questa iniziativa. Aspetto con ansia notizie a riguardo da parte della COOP che qui a Genova è una potenza.
Intanto un'altra importante azienda, la "San Pellegrino" , ha avviato la produzione delle sue bottiglie con una buona percentuale di PET post consumo, dimostrando che il decreto "salva PET" è economicamente vantaggioso.
Infine, so per certo che i produttori nazionali di PET sono pronti a ritrattare nelle loro aziende, senza particolari modifiche degli impianti, tutto il PET post consumo che possa derivare da queste raccolte di qualità, raccolte che avranno un costo bassissimo, visto che lavaggio, selezione, raccolta e trasporto saranno a carico dei cittadini che vorranno utilizzare questo servizio che in parte compensa economicamente questa loro attività.
Ricordo infine che per una tonnellata di PET e di Polietilene (PE) monomateriale raccolto con questo sistema il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce un contributo di 314 euro, più che sufficienti per pagare i costi per i punti fedeltà e il trasporto al riutilizzatore finale di bottiglie in PET e tappi in PE,
E ogni tonnellata di PET e PE riutilizzato sarà una tonnellata in meno di ottimo combustibile sottratto ai "crematori con recupero energetico".
mercoledì 11 agosto 2010
Bio-Caminetti Addio
Sulla telenovela dei biocaminetti mi è arrivata una autorevole testimonienza che pubblico volentieri
Egr. Federico
Trovo molto interessante la discussione pubblicata su SPLINDER sull'uso dell'etanolo nei cosidetti caminetti a etanolo.
Come già sottolineato la Francia è stata la prima a sollevare il problema sull'utilizzo dell'etanolo come combustibile.
Sembra che tutto ciò sia stato dovuto ad un incidente con questo tipo di apparecchio, proprio al figlio del Ministro, che nell'incidente si sarebbe ustionato! (non sò se è vero, ma la voce circola!)
Comunque la metto al corrente che proprio la Francia ha pubblicato il 1° agosto del 2009 la Norma " NF D 35-386 : Appareils fonctionnans à l'éthanol - Exigences de sécurité et méthodes d'essai" per i requisiti di sicurezza e i metodi di testazione.
Forse pochi sanno che gli apparecchi funzionanti a etanolo, devono - secondo quanto prescritto dalla norma francese- essere corredati obbligatoriamente di un rilevatore di CO2- che deve essere fornito dal produttore dell'apparecchio. (il rilevatore non è incorporato all'apparecchio, ma è fornito separatamente nell'imballo e deve essere posizionato nelle immediate vicinanze dell'apparecchio stesso)
Per quanto riguarda l'Italia - proprio in autunno - partirà un tavolo tecnico, ossia un GL (Gruppo di Lavoro), presso il C.T.I. (Comitato Termotecnico Italiano), per redigere una norma UNI specifica per gli apparecchi a etanolo, prendendo parzialmente spunto dalla norma NF, ma integrando anche le indicazioni e prescrizioni di sicurezza pe l'installazione di tali apparecchi, come già avviene per le stufe, i caminetti e i barbecue in UNI 10683 (Generatori di calore alimentati a legna o altri biocombustibili solidi- Requisiti di installazione)
Per quanto se ne dica in Italia, le cose se vogliamo le sappiamo fare anche meglio degli altri (anche dei francesi e dei tedeschi!), però....siamo sempre in cronico ritardo!
Certo di aver fatto cosa gradita, porgo distinti saluti
M° Fumista Luciano Rossi
Pres. Fumisti & Spazzacamini- Confartigianato Imprese Veneto
Membro C.T.I. del "GL 609 - Rev. UNI 10683/10"
Egr. Federico
Trovo molto interessante la discussione pubblicata su SPLINDER sull'uso dell'etanolo nei cosidetti caminetti a etanolo.
Come già sottolineato la Francia è stata la prima a sollevare il problema sull'utilizzo dell'etanolo come combustibile.
Sembra che tutto ciò sia stato dovuto ad un incidente con questo tipo di apparecchio, proprio al figlio del Ministro, che nell'incidente si sarebbe ustionato! (non sò se è vero, ma la voce circola!)
Comunque la metto al corrente che proprio la Francia ha pubblicato il 1° agosto del 2009 la Norma " NF D 35-386 : Appareils fonctionnans à l'éthanol - Exigences de sécurité et méthodes d'essai" per i requisiti di sicurezza e i metodi di testazione.
Forse pochi sanno che gli apparecchi funzionanti a etanolo, devono - secondo quanto prescritto dalla norma francese- essere corredati obbligatoriamente di un rilevatore di CO2- che deve essere fornito dal produttore dell'apparecchio. (il rilevatore non è incorporato all'apparecchio, ma è fornito separatamente nell'imballo e deve essere posizionato nelle immediate vicinanze dell'apparecchio stesso)
Per quanto riguarda l'Italia - proprio in autunno - partirà un tavolo tecnico, ossia un GL (Gruppo di Lavoro), presso il C.T.I. (Comitato Termotecnico Italiano), per redigere una norma UNI specifica per gli apparecchi a etanolo, prendendo parzialmente spunto dalla norma NF, ma integrando anche le indicazioni e prescrizioni di sicurezza pe l'installazione di tali apparecchi, come già avviene per le stufe, i caminetti e i barbecue in UNI 10683 (Generatori di calore alimentati a legna o altri biocombustibili solidi- Requisiti di installazione)
Per quanto se ne dica in Italia, le cose se vogliamo le sappiamo fare anche meglio degli altri (anche dei francesi e dei tedeschi!), però....siamo sempre in cronico ritardo!
Certo di aver fatto cosa gradita, porgo distinti saluti
M° Fumista Luciano Rossi
Pres. Fumisti & Spazzacamini- Confartigianato Imprese Veneto
Membro C.T.I. del "GL 609 - Rev. UNI 10683/10"
martedì 3 agosto 2010
Fotovoltaico Versus Nucleare
La notizia è ghiotta e la posto subito. Un "giornaletto di provincia" quale il New York Times non si pone problemi a pubblicare la notizia che quest'anno, negli USA, il costo del chilowattore fotovoltaico è più basso del chilowattore nucleare. Gli Italiani avranno mai l'occasione di saperlo?
ps: dal Link all'articolo originale vengo a sapere che l'Editore del New York Time ha commentato questo articolo, osservando che lo studio presentato è stato commissionato da una associazione ambientalista. A riguardo, non viene detto espressamente, ma questo significa che ci può essere un conflitto di interesse in chi ha redatto lo studio. Un altro commento dell'editore è che nell' articolo non si fa riferimento ad altri studi sui costi del nucleare che sono arrivati a conclusioni diverse e che pur essendo stata citata più volte non è stata sentita la società che promuove lo sviluppo del nucleare negli USA. Da un punto di vista giornalistico l'editore ha ragione. Mi chiedo quanto in questa nota abbia avuto influenza la lobby filonucleare!
Comunque , temo che nel nostro Paese una voce controcorrente come quella dello studio presentato dal New York Timesnon avrebbe spazio.
UN ARTICOLO DEL NEW YORK TIMES SU UNO STUDIO AMERICANO
Il solare costa meno del nucleare
Il sorpasso al prezzo di 0,16 dollari a chilowattora. L'energia atomica costerà sempre di piu'
NEW YORK - Oggi negli Stati Uniti la produzione di energia solare costa meno di quella nucleare. Lo afferma un articolo pubblicato il 26 luglio sulNew York Times,che riprende uno studio di John Blackburn, docente di economia della Duke University. Se si confrontano i prezzi attuali del fotovoltaico con quelli delle future centrali previste nel Nord Carolina, il vantaggio del solare è evidente, afferma Blackburn. «Il solare fotovoltaico ha raggiunto le altre alternative a basso costo rispetto al nucleare», afferma Blackburn, nel suo articoloSolar and Nuclear Costs - The Historic Crossover, pubblicato sul sito dell’ateneo. «Il sorpasso è avvenuto da quando il solare costa meno di 16 centesimi di dollaro a kilowattora» (12,3 centesimi di euro/kWh). Senza contare che il nucleare necessita di pesanti investimenti pubblici e il trasferimento del rischio finanziario sulle spalle dei consumatori di energia e dei cittadini che pagano le tasse.
COSTI FOTOVOLTAICO IN DISCESA - Secondo lo studio di Blackburn negli ultimi otto anni il costo del fotovoltaico è sempre diminuito, mentre quello di un singolo reattore nucleare è passato da 3 miliardi di dollari nel 2002 a dieci nel 2010. In un precedente studio Blackburn aveva dimostrato che se solare e eolico lavorano in tandem possono tranquillamente far fronte alle esigenze energetiche di uno Stato come il Nord Carolina senza le interruzioni di erogazione dovute all’instabilità di queste fonti. I costi dell'energia fotovoltaica, alle luce degli attuali investimenti e dei progressi della tecnologia, si ridurrà ulteriormente nei prossimi dieci anni.
COSTI NUCLEARE IN CRESCITA - Mentre, al contrario, i nuovi problemi sorti e l'aumento dei costi dei progetti hanno già portato alla cancellazione o al ritardo nei tempi di consegna del 90% delle centrali nucleari negli Stati Uniti, spiega Mark Cooper, analista economico dell'Istituto di energia e ambiente della facoltà di legge dell'Università del Vermont. I costi di produzione di una centrale nucleare sono regolarmente aumentati e le stime sono costantemente in crescita.
ps: dal Link all'articolo originale vengo a sapere che l'Editore del New York Time ha commentato questo articolo, osservando che lo studio presentato è stato commissionato da una associazione ambientalista. A riguardo, non viene detto espressamente, ma questo significa che ci può essere un conflitto di interesse in chi ha redatto lo studio. Un altro commento dell'editore è che nell' articolo non si fa riferimento ad altri studi sui costi del nucleare che sono arrivati a conclusioni diverse e che pur essendo stata citata più volte non è stata sentita la società che promuove lo sviluppo del nucleare negli USA. Da un punto di vista giornalistico l'editore ha ragione. Mi chiedo quanto in questa nota abbia avuto influenza la lobby filonucleare!
Comunque , temo che nel nostro Paese una voce controcorrente come quella dello studio presentato dal New York Timesnon avrebbe spazio.
UN ARTICOLO DEL NEW YORK TIMES SU UNO STUDIO AMERICANO
Il solare costa meno del nucleare
Il sorpasso al prezzo di 0,16 dollari a chilowattora. L'energia atomica costerà sempre di piu'
I costi di energia solare e atomica (da Ncwarn.org) |
COSTI FOTOVOLTAICO IN DISCESA - Secondo lo studio di Blackburn negli ultimi otto anni il costo del fotovoltaico è sempre diminuito, mentre quello di un singolo reattore nucleare è passato da 3 miliardi di dollari nel 2002 a dieci nel 2010. In un precedente studio Blackburn aveva dimostrato che se solare e eolico lavorano in tandem possono tranquillamente far fronte alle esigenze energetiche di uno Stato come il Nord Carolina senza le interruzioni di erogazione dovute all’instabilità di queste fonti. I costi dell'energia fotovoltaica, alle luce degli attuali investimenti e dei progressi della tecnologia, si ridurrà ulteriormente nei prossimi dieci anni.
COSTI NUCLEARE IN CRESCITA - Mentre, al contrario, i nuovi problemi sorti e l'aumento dei costi dei progetti hanno già portato alla cancellazione o al ritardo nei tempi di consegna del 90% delle centrali nucleari negli Stati Uniti, spiega Mark Cooper, analista economico dell'Istituto di energia e ambiente della facoltà di legge dell'Università del Vermont. I costi di produzione di una centrale nucleare sono regolarmente aumentati e le stime sono costantemente in crescita.
giovedì 29 luglio 2010
Deumidifichiamo
Il termometro è a 30 gradi e l'igrometro segna 70% di umidità relativa. La senzazione d'afa è garantita e poco o nulla può fare il ventilatore. Ma prima di buttare soldi nell'acquisto e nella gestione di un condizionatore e contribuire, con l'aumento dei consumi elettrici, all'aumento delle emissioni di gas serra, c'è un'altra opzione: un buon deumidificatore.
Questo elettrodomestico nasce con il compito di abbassare l'umidità dei locali che hanno questo difetto e svolge il suo compito facendo passare l'aria su una superfice fredda dove il vapore si condensa e l'acqua, in forma liquida, passa dall'aria della vostra stanza al bidone previsto per la raccolta.
Il problema è che per effettuare questo passaggio di stato ( da vapore a liquido) il deumidificatiore produce calore che libera in atmosfera e quindi contribuisce ad aumentare la temperatura della stanza dove è in funzione.
Se avete seguito con attenzione questi post, dovreste aver capito che il confort termico dipende prevalentemente dal tasso di umidità e non dalla temperatura e quindi il trucco è di raggiungere un corretto compromesso tra riduzione della umidità ed aumento della temperatura.
Torniamo alla prima riga di questo post.
La Tabella di Scharlau ci dice che se l'umidità è al 40% la temperatura tollerabile può essere di 32 gradi.
Questo deve essere il nostro obiettivo: far scendere l'umidità dal 70 al 40 % e far aumentare la temperatura della stanza di due gradi. Se vogliamo essere più sicuri aumentiamo di qualche percentuale il tasso di umidità da raggiungere ( ad esempio 45%) e contiamo sull'effetto rinfrescante del ventilatore che sicuramente funzionerà vista la bassa umidità.
Quindi il deumidificatore deve poter essere regolato al valore di umidità che si vuole raggiungere e deve essere di potenza adeguata al volume dei locali che si vuole deumidificare, tenerlo acceso a stecca con tutte le porte aperte è certamente sbagliato.
Il locale che si frequenta più a lungo è la camera da letto. Quindi, poche ore prima di andare a dormire, si mette il deumidificatore nella camera scelta, regolato in base alla Tabella di Scharlau, si accende e si chiude bene porte e finestre; quando si va dormire, il deumidificatore si spegne o si mette al minimo ( mi raccomando ancora una volta di acquistare apparecchi certificati silenziosi), la stanza sarà due-tre gradi più calda di prima ma con un tasso di umidità più basso tale da conciliare il sonno.
Provare per credere.
ps: ovviamente il deumidificatore funziona se avete adottato tutti gli altri consigli per ridurre la produzione di umidità e le fonti di calore inutili, consigli che potrete ritrovare nella rubrica Economia Domestica di quetso Blog. Vi ricordo un accorgimento a cui si pensa poco: svuotare e spegnere il freezer!
Questo elettrodomestico nasce con il compito di abbassare l'umidità dei locali che hanno questo difetto e svolge il suo compito facendo passare l'aria su una superfice fredda dove il vapore si condensa e l'acqua, in forma liquida, passa dall'aria della vostra stanza al bidone previsto per la raccolta.
Il problema è che per effettuare questo passaggio di stato ( da vapore a liquido) il deumidificatiore produce calore che libera in atmosfera e quindi contribuisce ad aumentare la temperatura della stanza dove è in funzione.
Se avete seguito con attenzione questi post, dovreste aver capito che il confort termico dipende prevalentemente dal tasso di umidità e non dalla temperatura e quindi il trucco è di raggiungere un corretto compromesso tra riduzione della umidità ed aumento della temperatura.
Torniamo alla prima riga di questo post.
La Tabella di Scharlau ci dice che se l'umidità è al 40% la temperatura tollerabile può essere di 32 gradi.
Questo deve essere il nostro obiettivo: far scendere l'umidità dal 70 al 40 % e far aumentare la temperatura della stanza di due gradi. Se vogliamo essere più sicuri aumentiamo di qualche percentuale il tasso di umidità da raggiungere ( ad esempio 45%) e contiamo sull'effetto rinfrescante del ventilatore che sicuramente funzionerà vista la bassa umidità.
Quindi il deumidificatore deve poter essere regolato al valore di umidità che si vuole raggiungere e deve essere di potenza adeguata al volume dei locali che si vuole deumidificare, tenerlo acceso a stecca con tutte le porte aperte è certamente sbagliato.
Il locale che si frequenta più a lungo è la camera da letto. Quindi, poche ore prima di andare a dormire, si mette il deumidificatore nella camera scelta, regolato in base alla Tabella di Scharlau, si accende e si chiude bene porte e finestre; quando si va dormire, il deumidificatore si spegne o si mette al minimo ( mi raccomando ancora una volta di acquistare apparecchi certificati silenziosi), la stanza sarà due-tre gradi più calda di prima ma con un tasso di umidità più basso tale da conciliare il sonno.
Provare per credere.
ps: ovviamente il deumidificatore funziona se avete adottato tutti gli altri consigli per ridurre la produzione di umidità e le fonti di calore inutili, consigli che potrete ritrovare nella rubrica Economia Domestica di quetso Blog. Vi ricordo un accorgimento a cui si pensa poco: svuotare e spegnere il freezer!
mercoledì 28 luglio 2010
Ventiliamoci
Anche se l'aria si è rinfrescata, l'afa agostana è sempre in agguato ed è meglio approfittare di questa tregua per attrezzarci ed affrontare con strumenti e conoscenze adeguata la prossima emergenza caldo.
Ricordo che l'indice di Scharnau, che ho illustrato lo scorso post, individua la coppia di temperatura ed umidità che non provocano disagio, in assenza di vento.
Se controllate la Tabella, vedrete, ad esempio, che con 30,1 gradi centigradi di temperatura e il 45% di umidità ci si trova in condizioni di confort, ovvero il raffreddamento naturale creato dalla traspirazione raffredda pelle e corpo in modo adeguato.
Se l'umidità salisse, diciamo al 60%, come era nei giorni scorsi a Genova, si comincerebbe a sudare, segno che il meccanismo di raffreddamento naturale è in difficolta, a causa dell'aumentata umidità.
Niente paura , perchè possiamo ancora fare ricorso ad una ventilazione artificiale e un buon ventilatore fa proprio al caso nostro, senza dimenticare il vecchio ventaglio, di cui si possono trovare anche versione sobrie per i maschietti.
Il ventilatore aumenta la velocità di evaporazione del sudore e permette il giusto raffreddamento, con una sensibile diminuzione delle temperatura percepita anche quando l'umidità è più alta di quella indicata da Scharnau.
A mio avviso il principale requisito di un ventilatore, oltre alla piacevolezza estetica, è che sia molto silenzioso, in quando deve poter permettere il sonno. E l'insonnia è il problema più grave, quando regna un'afa insopportabile.
Cosa fare quando l'umidità aumenta, oltre il 60%, lo vedremo domani.
Ricordo che l'indice di Scharnau, che ho illustrato lo scorso post, individua la coppia di temperatura ed umidità che non provocano disagio, in assenza di vento.
Se controllate la Tabella, vedrete, ad esempio, che con 30,1 gradi centigradi di temperatura e il 45% di umidità ci si trova in condizioni di confort, ovvero il raffreddamento naturale creato dalla traspirazione raffredda pelle e corpo in modo adeguato.
Se l'umidità salisse, diciamo al 60%, come era nei giorni scorsi a Genova, si comincerebbe a sudare, segno che il meccanismo di raffreddamento naturale è in difficolta, a causa dell'aumentata umidità.
Niente paura , perchè possiamo ancora fare ricorso ad una ventilazione artificiale e un buon ventilatore fa proprio al caso nostro, senza dimenticare il vecchio ventaglio, di cui si possono trovare anche versione sobrie per i maschietti.
Il ventilatore aumenta la velocità di evaporazione del sudore e permette il giusto raffreddamento, con una sensibile diminuzione delle temperatura percepita anche quando l'umidità è più alta di quella indicata da Scharnau.
A mio avviso il principale requisito di un ventilatore, oltre alla piacevolezza estetica, è che sia molto silenzioso, in quando deve poter permettere il sonno. E l'insonnia è il problema più grave, quando regna un'afa insopportabile.
Cosa fare quando l'umidità aumenta, oltre il 60%, lo vedremo domani.
giovedì 22 luglio 2010
Indice di Scharlau
Scharlau è un ricercatore tedesco che, 60 anni fa, ha sperimentalmente trovato quali siano i rapporti ottimali di temperatura (T) e umidità relativa (UR%) che garantiscono una sensazione di confort per tutti coloro che sono esposti a queste condizioni, anche in assenza di vento.
Vi do alcuni di questi valori, in sintonia con le attuali condizioni climatiche
T 23,4 UR% 65
T 24,8 UR% 60
T 25,2 UR% 55
T 28,0 UR% 50
T 30,1 UR% 45
T 32,2 UR% 40
T35,5 UR% 30
Questa Tabella si legge in questo modo: se ,ad esempio, l'UR% è 40, con temperature dell'aria uguali o inferiori a 32,2 gradi centigradi, anche senza vento, il nostro corpo, grazie al naturale raffreddamento della traspirazione (sudore), avverte condizioni di benessere.
Come si può vedere dalla Tabella, al salire della temperatura scende l'umidità relativa ottimale.
Poichè in un ambiente chiuso è energeticamente meno dispendioso ridurre l'umidità dell'aria piuttosto che ridurre la temperatura di aria, muri, pavimenti e mobilio, questa Tabella suggerisce che nei climi troppo umidi possa essere il caso di fare un pensierino su un uso intelligente dei più economici deumidificatori rispetto ai più costosi condizionatori.
Se avete esperienze a riguardo, mi piacerebbe sapere come è andata.
Vi do alcuni di questi valori, in sintonia con le attuali condizioni climatiche
T 23,4 UR% 65
T 24,8 UR% 60
T 25,2 UR% 55
T 28,0 UR% 50
T 30,1 UR% 45
T 32,2 UR% 40
T35,5 UR% 30
Questa Tabella si legge in questo modo: se ,ad esempio, l'UR% è 40, con temperature dell'aria uguali o inferiori a 32,2 gradi centigradi, anche senza vento, il nostro corpo, grazie al naturale raffreddamento della traspirazione (sudore), avverte condizioni di benessere.
Come si può vedere dalla Tabella, al salire della temperatura scende l'umidità relativa ottimale.
Poichè in un ambiente chiuso è energeticamente meno dispendioso ridurre l'umidità dell'aria piuttosto che ridurre la temperatura di aria, muri, pavimenti e mobilio, questa Tabella suggerisce che nei climi troppo umidi possa essere il caso di fare un pensierino su un uso intelligente dei più economici deumidificatori rispetto ai più costosi condizionatori.
Se avete esperienze a riguardo, mi piacerebbe sapere come è andata.
martedì 20 luglio 2010
Abbasso l' Umidità
Devo fare una rettifica. Se è vero che le condizioni meteorologiche non dipendono da noi (per lo meno come singoli individui) è altrettanto vero che conoscendo un pò meglio la meteorologia (che a scuola non si insegna) si possono volgere a nostro favore i capricci della natura.
Per chi ha la fortuna di vivere lungo la costa c'è la possibilità di sfruttare con intelligenza il regime di brezze caratteristiche di queste aree nel periodo estivo.
In sintesi, la differenza giornaliera di temperatura tra la terra ( più calda di giorno, più fredda la notte ) e il mare la cui temperatura è più costante nel tempo, fa si che ogni giorno, dopo alcune ore dal tramonto cominci a soffiare una leggera brezza dalla terra verso il mare: questo venticello, per sua natura è più fresco, ma cosa più importante è che ha un contenuto di umidità più basso, proprio perchè l'aria viene da terra; questo è il momento di aprire tutte le finestre, fino alle primissime ore del giorno per allontanare l'aria calda e umida accumulata in casa durante il giorno.
Quando la brezza di terra cessa, meglio chiudere tutto, per evitare che il sole riscaldi muri interni e pavimenti, ma ancor più per ridurre l'ingresso in casa della brezza di mare che comincia a soffiare in tarda mattinata e che, a causa della aria più calda e del percorso sul mare, è carica di umidità
Avete il termometro a 30 gradi? Se l'igrometro ( lo strumento che misura l'umidità) che è sempre presente in una stazione meteo segnala una umidità relativa al 45%, anche in assenza di vento, certamente non avrete nessuna senzazione di afa e se la vostra stazione meteorologica è un pò evoluta vi segnala questo fatto con la scritta "benessere". Insomma con questa combinazione di calore e umidità Il vostro condizionatore personale ( le cellule sudorifere) può funzionare al meglio.
Ovviamente non possiamo influenzare la meteorologia, ma possiamo fare molto per ridurre di qualche per cento l'umidità presente in casa e questo certamente renderà più facile raggiungere le condizioni di benessere climatico.
Seguono alcuni consigli:
- evitate l'affollamento e locali chiusi. Ogni essere vivente, con il respiro, emette vapor acqueo.In locali chiusi e affollati l'aumento dell'umidità è inevitabile. Se avete molta gente in casa, aprite le finestre.
- non accendete fornelli, candele e sigarette: ogni combustione libera vapor acqueo. Preferite pranzare con cibi freddi e crudi. In alternativa usate il forno a microonde.
- Facendo la doccia usate acqua appena tiepida (meglio fredda) e arieggiate bene il bagno dopo l'uso. Riducete al minimo l'uso del "fon" per asciugare i capelli.
- Se i muri della vostra abitazione sono regolarmente umidi cercate di risolvere alla radice il problema, affidandovi a una ditta specializzata: ne va della salute vostra e di quella del vostro portafoglio ( se abitate in una casa umida buttate via un sacco di soldi sia per riscaldarla che raffreddarla)
Che cosa è successo? Oggi Il cielo è limpido, la visibilità è aumentata fino a permettere vedere le prealpi, e tutto questo, ici dice che, da ieri ad oggi, è cambiato il vento e con lui il tasso d'umidità.
Lo scirocco che ieri soffiava da Sud, carico di umidità raccolta lungo il viaggio dalle coste africane su tutto il mediterraneo ha ceduto il posto a venti da Nord, più secchi.
E questo cambiamento meteo ha fatto il miracolo: stanotte potremo dormire anche senza ventilatore, a tenerci freschi ci penserà il nostro condizionatore endogeno: la sudorazione.
In sintesi, questa piccola esperienza dimostra che il vero problema dell'afa non è la temperatura dell'aria, ma il suo contenuto di umidità, ovvero la quantità di acqua sotto forma di vapore (vapore acqueo) presente in un metro cubo d'aria.
Se la umidità dell'aria è molto elevata, il grande affollamento di molecole di acqua, allo stato di vapore, già presenti nell'aria, impedisce al sudore di evaporare e quindi non riusciamo a raffreddarci come natura potrebbe fare; se non ci raffreddiamo le ghiandole sudoripare raccolgono il segnale di pericolo e si attivano con maggiore vigore, con l'unico risultato di infracidire la camicia. E' l'effetto afa!
Quindi, d'estate, a farci star male non è l'alta temperatura ma l'elevata umidità.
E se l'umidità è elevata, per star bene, dovremmo prima di tutto ridurla.
Come fare lo vedremo domani.
Prima di discutere se sia meglio un ventilatore, un deumidificatore o un condizionatore sono utili alcune nozioni di fisica o meglio di fisiologia.
Ognuno di noi è una macchina termica che trasforma in calore il cibo che mangiamo e il nostro corpo per funzionare al meglio deve stare sempre intorno a 36 gradi centigradi.
Per evitare il surriscaldamento dei nostri organi interni ( in particolare il cervello!) sia quando si fanno grandi sforzi, sia quando la temperatura esterna aumenta, abbiamo tutti a disposizione un sistema di raffreddamento molto efficace: la sudorazione.
Sotto sforzo o in ambienti caldi I pori emettono acqua che si distribuisce in strato sottile su tutto il corpo; quando questo film sottile evapora sottrae calore dall'ambiente circostante, in particolare dalla nostra pelle, e il conseguente raffreddamento permette alla nostra macchina termica ( il corpo) di mantenere la giusta temperatura.
Pertanto maggiore è la quantità di sudore che evapora in un determinato periodo di tempo maggiore è il raffreddamento che si ottiene.
Come avrete certamente sperimentato stare con i vestiti bagnati in una corrente d'aria è il modo più sicuro per prendersi un raffreddore, sintomo di un eccessivo raffreddamento.
In una corrente d'aria ci raffredda, perchè grazie al flusso d'aria si facilità il passaggio delle molecole d'acqua ( il sudare) dalla fase liquida a quella di vapore ( vapore acqueo) e come abbiamo detto è questo passaggio dallo stato liquido a vapore che assorbe energia e crea il raffreddamento.
E a questo punto, se non vi era già chiaro, avreste dovuto capire per quale motivo un ventilatore da senso di frescura e di solito fa sparire, fisicamente, la sudorazione diffusa: il sudore appena formato, grazie al flusso di aria, evapora rapidamente e in questo modo tiene fresco il "produttore di sudore".
E a questo punto arrivano i primi consigli per combattere il caldo:
- evitare elevata attività fisica ( se possibile)
- ridurre la quantità di "carburante" ( mangiare poco)
- bere molta acqua per supplire alla perdita di acqua attraverso il sudore
- non esporsi inutilmente al Sole ( camminate sui lati in ombra delle strade)
- indossare abiti leggeri e poco attillati per favorire l'evaporazione del sudore
- sfruttate al meglio tutte le correnti d'aria naturali e artificiali.
Se avete la fortuna di vivere in un ambiente dal clima secco, ovvero in cui l'umidità dell'aria è sempre al disotto del 40% , bastano questi semplici accorgimenti per sentirvi a vostro agio anche con il termometro a oltre 30 gradi.
La prossima volta vediamo di capire cosa sia la temperatura "percepita" e cosa è opportuno fare per cobattere l'"afa".
Per chi ha la fortuna di vivere lungo la costa c'è la possibilità di sfruttare con intelligenza il regime di brezze caratteristiche di queste aree nel periodo estivo.
In sintesi, la differenza giornaliera di temperatura tra la terra ( più calda di giorno, più fredda la notte ) e il mare la cui temperatura è più costante nel tempo, fa si che ogni giorno, dopo alcune ore dal tramonto cominci a soffiare una leggera brezza dalla terra verso il mare: questo venticello, per sua natura è più fresco, ma cosa più importante è che ha un contenuto di umidità più basso, proprio perchè l'aria viene da terra; questo è il momento di aprire tutte le finestre, fino alle primissime ore del giorno per allontanare l'aria calda e umida accumulata in casa durante il giorno.
Quando la brezza di terra cessa, meglio chiudere tutto, per evitare che il sole riscaldi muri interni e pavimenti, ma ancor più per ridurre l'ingresso in casa della brezza di mare che comincia a soffiare in tarda mattinata e che, a causa della aria più calda e del percorso sul mare, è carica di umidità
Abbasso l'umidità
Avete il termometro a 30 gradi? Se l'igrometro ( lo strumento che misura l'umidità) che è sempre presente in una stazione meteo segnala una umidità relativa al 45%, anche in assenza di vento, certamente non avrete nessuna senzazione di afa e se la vostra stazione meteorologica è un pò evoluta vi segnala questo fatto con la scritta "benessere". Insomma con questa combinazione di calore e umidità Il vostro condizionatore personale ( le cellule sudorifere) può funzionare al meglio.
Ovviamente non possiamo influenzare la meteorologia, ma possiamo fare molto per ridurre di qualche per cento l'umidità presente in casa e questo certamente renderà più facile raggiungere le condizioni di benessere climatico.
Seguono alcuni consigli:
- evitate l'affollamento e locali chiusi. Ogni essere vivente, con il respiro, emette vapor acqueo.In locali chiusi e affollati l'aumento dell'umidità è inevitabile. Se avete molta gente in casa, aprite le finestre.
- non accendete fornelli, candele e sigarette: ogni combustione libera vapor acqueo. Preferite pranzare con cibi freddi e crudi. In alternativa usate il forno a microonde.
- Facendo la doccia usate acqua appena tiepida (meglio fredda) e arieggiate bene il bagno dopo l'uso. Riducete al minimo l'uso del "fon" per asciugare i capelli.
- Se i muri della vostra abitazione sono regolarmente umidi cercate di risolvere alla radice il problema, affidandovi a una ditta specializzata: ne va della salute vostra e di quella del vostro portafoglio ( se abitate in una casa umida buttate via un sacco di soldi sia per riscaldarla che raffreddarla)
Afa
Anche oggi il termometro in casa segna 30 gradi come ieri, ma oggi non si boccheggia.Che cosa è successo? Oggi Il cielo è limpido, la visibilità è aumentata fino a permettere vedere le prealpi, e tutto questo, ici dice che, da ieri ad oggi, è cambiato il vento e con lui il tasso d'umidità.
Lo scirocco che ieri soffiava da Sud, carico di umidità raccolta lungo il viaggio dalle coste africane su tutto il mediterraneo ha ceduto il posto a venti da Nord, più secchi.
E questo cambiamento meteo ha fatto il miracolo: stanotte potremo dormire anche senza ventilatore, a tenerci freschi ci penserà il nostro condizionatore endogeno: la sudorazione.
In sintesi, questa piccola esperienza dimostra che il vero problema dell'afa non è la temperatura dell'aria, ma il suo contenuto di umidità, ovvero la quantità di acqua sotto forma di vapore (vapore acqueo) presente in un metro cubo d'aria.
Se la umidità dell'aria è molto elevata, il grande affollamento di molecole di acqua, allo stato di vapore, già presenti nell'aria, impedisce al sudore di evaporare e quindi non riusciamo a raffreddarci come natura potrebbe fare; se non ci raffreddiamo le ghiandole sudoripare raccolgono il segnale di pericolo e si attivano con maggiore vigore, con l'unico risultato di infracidire la camicia. E' l'effetto afa!
Quindi, d'estate, a farci star male non è l'alta temperatura ma l'elevata umidità.
E se l'umidità è elevata, per star bene, dovremmo prima di tutto ridurla.
Come fare lo vedremo domani.
Calore e umidità
Arrivato il gran caldo ho deciso di riprendere la rubrica di "Economia Domestica" per discutere con i miei fedeli lettori sulle migliori strategie per sopravvivere all'afa.Prima di discutere se sia meglio un ventilatore, un deumidificatore o un condizionatore sono utili alcune nozioni di fisica o meglio di fisiologia.
Ognuno di noi è una macchina termica che trasforma in calore il cibo che mangiamo e il nostro corpo per funzionare al meglio deve stare sempre intorno a 36 gradi centigradi.
Per evitare il surriscaldamento dei nostri organi interni ( in particolare il cervello!) sia quando si fanno grandi sforzi, sia quando la temperatura esterna aumenta, abbiamo tutti a disposizione un sistema di raffreddamento molto efficace: la sudorazione.
Sotto sforzo o in ambienti caldi I pori emettono acqua che si distribuisce in strato sottile su tutto il corpo; quando questo film sottile evapora sottrae calore dall'ambiente circostante, in particolare dalla nostra pelle, e il conseguente raffreddamento permette alla nostra macchina termica ( il corpo) di mantenere la giusta temperatura.
Pertanto maggiore è la quantità di sudore che evapora in un determinato periodo di tempo maggiore è il raffreddamento che si ottiene.
Come avrete certamente sperimentato stare con i vestiti bagnati in una corrente d'aria è il modo più sicuro per prendersi un raffreddore, sintomo di un eccessivo raffreddamento.
In una corrente d'aria ci raffredda, perchè grazie al flusso d'aria si facilità il passaggio delle molecole d'acqua ( il sudare) dalla fase liquida a quella di vapore ( vapore acqueo) e come abbiamo detto è questo passaggio dallo stato liquido a vapore che assorbe energia e crea il raffreddamento.
E a questo punto, se non vi era già chiaro, avreste dovuto capire per quale motivo un ventilatore da senso di frescura e di solito fa sparire, fisicamente, la sudorazione diffusa: il sudore appena formato, grazie al flusso di aria, evapora rapidamente e in questo modo tiene fresco il "produttore di sudore".
E a questo punto arrivano i primi consigli per combattere il caldo:
- evitare elevata attività fisica ( se possibile)
- ridurre la quantità di "carburante" ( mangiare poco)
- bere molta acqua per supplire alla perdita di acqua attraverso il sudore
- non esporsi inutilmente al Sole ( camminate sui lati in ombra delle strade)
- indossare abiti leggeri e poco attillati per favorire l'evaporazione del sudore
- sfruttate al meglio tutte le correnti d'aria naturali e artificiali.
Se avete la fortuna di vivere in un ambiente dal clima secco, ovvero in cui l'umidità dell'aria è sempre al disotto del 40% , bastano questi semplici accorgimenti per sentirvi a vostro agio anche con il termometro a oltre 30 gradi.
La prossima volta vediamo di capire cosa sia la temperatura "percepita" e cosa è opportuno fare per cobattere l'"afa".
venerdì 2 luglio 2010
Polveri Sottili e Economia
E' curioso che una seria società di consulenza economica quale Nomisma, che ha tra i suoi fondatori Romano Prodi, si sia occupata di quantificare i morti provocati dall'inquinamento presente nelle nostre città.
Il dato non è nuovo, ogni anno a causa delle polveri sottili, nelle grandi città italiane (Roma, Milano, Torino, Verona, Padova, Bologna...) muoiono circa 6000 persone all'anno; si vede che questi numeri cominciano ad interessare anche gli economisti.
Sarà un caso, ma contemporaneamente al comunicato Nomisma la ministra Prestigiacomo ha ribadito i punti del suo piano contro le polveri sottili.
Non sappiamo se in queste scelte abbiano pesato più i morti presunti o le multe certe che l'Unione Europea si appresta a comminare all'Italia per non aver ottemperato agli obiettivi europei di riduzione delle polveri sottili.
Comunque, a fronte di una multa di 2 miliardi di euro, la Prestigiacomo ha trovato 200 milioni di euro per interventi che dovrebbero ridurre l'inquinamento nelle nostre città, di cui 70 milioni andranno ad elettrificare i moli dei porti e a installate filtri antiparticolato negli autobus del trasporto urbano.
Quanto inquinino le navi attraccate nei porti lo sanno bene i Genovesi e i Savonesi che si trovano all'altezza dei loro balconi le ciminiere delle navi che anche in porto tengono i loro diesel accesi per alimentare i servizi di bordo ( luce, ventilazione, riscaldamento...). Il porto di Genova ha in programma di fornire elettricità da fonti eoliche e solari ad alcune di queste navi e ben vengano i contributi ministeriali.
Ho forti dubbi, invece, che i filtri antiparticolato siano la scenta giusta per fare respirare un pò di più le nostre città.
La Prestigiacomo ha affermato che anche gli autobus inquinano ed è vero; si tratta di vedere se è meglio investire in filtri o in corsie gialle e in incentivi agli abbonamenti per i mezzi pubblici.
Vediamo un pò di numeri.
Un autobus immatricolato nel 2003 durante un'ora di percorrenza emette 34 grammi di polveri, un'auto diesel andando in giro per un'ora di grammi di polveri ne emette 15. Detta così sembrerebbe che un autobus inquina più di una autovettura ma ovviamente la differenza la fa il numero di passeggeri trasportati: in pratica una su ogni vettura privata, alcune decine su un autobus.
Immaginiamo due diversi scenari antismog.
Il primo scenario, quello della ministro, investe in filtro antiparticolato. L'autobus che emetteva 34 grammi di polveri, con il filtro ne emette 3,4 (un abbattimento del 90%), il numero di passeggeri resta invariato.
Il secondo scenario investe in corsie preferenziali per velocizzare i percorsi e incentiva gli abbonamenti con l'obiettivo di aumentare i clienti del servizio pubblico. Il sistema funziona e 10 cittadini di Milano decidono di lasciare a casa il loro diesel e di passare all'autobus (senza filtro).
Nel primo scenario l'autobus con filtro e le 10 vetture diesel in un'ora di viaggio emetteranno complesivamente 153 grammi di polveri sottili.
Nel secondo scenario l'autobus senza filtro con 10 guidatori " pentiti" in più tra i suoi ciienti, sullo stesso percorso emetterà 34 grammi di polveri sottili, un inquinamento quattro volte inferiore a quello del primo scenario.
Qualcuno passi questa informazione ai ministro!
Il dato non è nuovo, ogni anno a causa delle polveri sottili, nelle grandi città italiane (Roma, Milano, Torino, Verona, Padova, Bologna...) muoiono circa 6000 persone all'anno; si vede che questi numeri cominciano ad interessare anche gli economisti.
Sarà un caso, ma contemporaneamente al comunicato Nomisma la ministra Prestigiacomo ha ribadito i punti del suo piano contro le polveri sottili.
Non sappiamo se in queste scelte abbiano pesato più i morti presunti o le multe certe che l'Unione Europea si appresta a comminare all'Italia per non aver ottemperato agli obiettivi europei di riduzione delle polveri sottili.
Comunque, a fronte di una multa di 2 miliardi di euro, la Prestigiacomo ha trovato 200 milioni di euro per interventi che dovrebbero ridurre l'inquinamento nelle nostre città, di cui 70 milioni andranno ad elettrificare i moli dei porti e a installate filtri antiparticolato negli autobus del trasporto urbano.
Quanto inquinino le navi attraccate nei porti lo sanno bene i Genovesi e i Savonesi che si trovano all'altezza dei loro balconi le ciminiere delle navi che anche in porto tengono i loro diesel accesi per alimentare i servizi di bordo ( luce, ventilazione, riscaldamento...). Il porto di Genova ha in programma di fornire elettricità da fonti eoliche e solari ad alcune di queste navi e ben vengano i contributi ministeriali.
Ho forti dubbi, invece, che i filtri antiparticolato siano la scenta giusta per fare respirare un pò di più le nostre città.
La Prestigiacomo ha affermato che anche gli autobus inquinano ed è vero; si tratta di vedere se è meglio investire in filtri o in corsie gialle e in incentivi agli abbonamenti per i mezzi pubblici.
Vediamo un pò di numeri.
Un autobus immatricolato nel 2003 durante un'ora di percorrenza emette 34 grammi di polveri, un'auto diesel andando in giro per un'ora di grammi di polveri ne emette 15. Detta così sembrerebbe che un autobus inquina più di una autovettura ma ovviamente la differenza la fa il numero di passeggeri trasportati: in pratica una su ogni vettura privata, alcune decine su un autobus.
Immaginiamo due diversi scenari antismog.
Il primo scenario, quello della ministro, investe in filtro antiparticolato. L'autobus che emetteva 34 grammi di polveri, con il filtro ne emette 3,4 (un abbattimento del 90%), il numero di passeggeri resta invariato.
Il secondo scenario investe in corsie preferenziali per velocizzare i percorsi e incentiva gli abbonamenti con l'obiettivo di aumentare i clienti del servizio pubblico. Il sistema funziona e 10 cittadini di Milano decidono di lasciare a casa il loro diesel e di passare all'autobus (senza filtro).
Nel primo scenario l'autobus con filtro e le 10 vetture diesel in un'ora di viaggio emetteranno complesivamente 153 grammi di polveri sottili.
Nel secondo scenario l'autobus senza filtro con 10 guidatori " pentiti" in più tra i suoi ciienti, sullo stesso percorso emetterà 34 grammi di polveri sottili, un inquinamento quattro volte inferiore a quello del primo scenario.
Qualcuno passi questa informazione ai ministro!
lunedì 28 giugno 2010
Carbone Pulito?
Stranamente non sono numerosi gli studi sugli effetti delle centrali a carbone sulla salute di chi gli abita intorno.
E molti di questi studi non hanno trovato niente di strano, fino a che non si sono studiate le cose giuste: A) effetti sanitari sui bambini che oltre ad essere più sensibili degli adulti all'inquinamento non sono oggetto di esposizioni "confondenti" quali fumo attivo, consumo alcool, esposizioni professionali; B) uso di precisi indicatori di esposizione personale ai fumi delle centrali.
Tra i pochi studi epidemiologici condotti in modo corretto per verificare gli effetti dell’inquinamento da centrali a carbone sui bambini, citiamo quella condotta in Israele con riferimento alla prima grande centrale a carbone (1400 megawatt) entrata in funzione in questo paese nei primi anni ’80 (Goren et al., 1995).
Merito di questo studio è quello di aver tenuto sotto controllo per un lungo periodo (20 anni) circa 30.000 persone che, in modo stabile, hanno avuto la loro residenza entro un raggio di 10 chilometri dalla centrale. Un’altra importante caratteristica di questo studio è stata quella che, fin dall’avvio della centrale, la qualità dell’aria è stata costantemente tenuta sotto controllo da una ampia rete di monitoraggio, costituita da dieci stazioni fisse e due mobili.
Una recente ri-analisi di questi dati (Dubnov et al., 2007) ha individuato una associazione statisticamente significativa tra il peggioramento delle funzioni respiratorie dei bambini e l’entità dell’inquinamento da anidride solforosa e ossidi di azoto prodotti dalla centrale a carbone a cui i bambini stessi erano stati esposti.
Queste conclusioni sono state possibili grazie ad un moderno approccio metodologico per individuare gli effetti sanitari indotti dall’inquinamento: ad ogni singolo bambino studiato è stato attribuito un valore di esposizione ai fumi della centrale, in base alle coordinate geografiche della residenza del bambino e ai valori medi di inquinamento della centrale stimati in corrispondenza di quelle stesse coordinate geografiche.
L’entità della esposizione a ossidi di azoto e a anidride solforosa della popolazione residente è stata stimata utilizzando un modello diffusionale applicato alle emissioni convogliate della centrale in grado di simulare l’entità delle concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi, in base alle condizioni meteorologiche che caratterizzano quell’area.
Pertanto gli autori hanno potuto concludere che l’inquinamento della centrale a carbone ha un effetto negativo sullo sviluppo delle funzioni polmonari dei bambini e questo, nonostante il totale e ampio rispetto degli standard di qualità dell’aria per gli ossidi di azoto, l’anidride solforosa e le polveri totali sospese.
A titolo di esempio, la più elevata concentrazione media annuale di SO2 registrata dalla rete di monitoraggio intorno alla centrale carbone israeliana è stata di 15 µg/ m3 e il valore minore è stato di 9 µg/ m3 (Goren et al., 1995); l’ordine di grandezza delle concentrazioni medie annuali di anidride solforosa intorno alla grande centrale a carbone israeliana (1400 Mwatt), è molto simile alle concentrazioni medie registrate intorno apiccole centrali a carbone italiane (200 - 300 Mwatt)
Un altro studio che ha evidenziato i possibili effetti sui nascituri dell’inquinamento di una centrale a carbone è stato effettuato in Cina, nella città di Tonliang in cui, a pochi chilometri di distanza era in funzione una piccola centrale elettrica alimentata a carbone (circa 4.200 tonnellate al mese). Questa centrale era operativa per solo sei mesi all’anno, durante la stagione secca in cui gli impianti idroelettrici risultavano insufficienti a coprire la domanda di elettricità della città; misure sperimentali confermavano che questa piccola centrale a carbone era la principale fonte di inquinamento della zona , con un ridotto traffico veicolare e che da tempo ricorreva al metano quale fonte di energia per usi domestici.
Durante il funzionamento di questa centrale si registravano alte concentrazioni di polveri sottili e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
Un primo studio (Tang et al., 2006) evidenziava una possibile associazione tra elevate concentrazioni di IPA nel sangue presente nel cordone ombelicale di bambini concepiti durante i sei mesi di funzionamento della centrale e un ridotto sviluppo corporeo nei primi 30 mesi di vita dei bambini esposti. Una successiva indagine in cui, oltre agli IPA, nel cordone ombelicale erano misurate anche le concentrazioni di piombo e mercurio, evidenziava nei bambini più esposti un ridotto quoziente di sviluppo motorio e di linguaggio, valutati a due anni di età (Tang et al., 2008).
L’ipotesi che questi disturbi fossero correlati con l’esposizione delle madri all’inquinamento prodotto dalla centrale a carbone, trovò una prima conferma in un’ analogo studio (Perera et al., 2008) condotto su bambini nati nel 2005 nella stessa zona, dopo la completa chiusura della centrale a carbone avvenuta nel maggio del 2004.
Nel cordone ombelicale di questi bambini si trovò una concentrazione significativamente minore di IPA e non fu più evidenziata l’associazione tra ritardi dello sviluppo mentale e motorio ed esposizione a IPA.
E molti di questi studi non hanno trovato niente di strano, fino a che non si sono studiate le cose giuste: A) effetti sanitari sui bambini che oltre ad essere più sensibili degli adulti all'inquinamento non sono oggetto di esposizioni "confondenti" quali fumo attivo, consumo alcool, esposizioni professionali; B) uso di precisi indicatori di esposizione personale ai fumi delle centrali.
Tra i pochi studi epidemiologici condotti in modo corretto per verificare gli effetti dell’inquinamento da centrali a carbone sui bambini, citiamo quella condotta in Israele con riferimento alla prima grande centrale a carbone (1400 megawatt) entrata in funzione in questo paese nei primi anni ’80 (Goren et al., 1995).
Merito di questo studio è quello di aver tenuto sotto controllo per un lungo periodo (20 anni) circa 30.000 persone che, in modo stabile, hanno avuto la loro residenza entro un raggio di 10 chilometri dalla centrale. Un’altra importante caratteristica di questo studio è stata quella che, fin dall’avvio della centrale, la qualità dell’aria è stata costantemente tenuta sotto controllo da una ampia rete di monitoraggio, costituita da dieci stazioni fisse e due mobili.
Una recente ri-analisi di questi dati (Dubnov et al., 2007) ha individuato una associazione statisticamente significativa tra il peggioramento delle funzioni respiratorie dei bambini e l’entità dell’inquinamento da anidride solforosa e ossidi di azoto prodotti dalla centrale a carbone a cui i bambini stessi erano stati esposti.
Queste conclusioni sono state possibili grazie ad un moderno approccio metodologico per individuare gli effetti sanitari indotti dall’inquinamento: ad ogni singolo bambino studiato è stato attribuito un valore di esposizione ai fumi della centrale, in base alle coordinate geografiche della residenza del bambino e ai valori medi di inquinamento della centrale stimati in corrispondenza di quelle stesse coordinate geografiche.
L’entità della esposizione a ossidi di azoto e a anidride solforosa della popolazione residente è stata stimata utilizzando un modello diffusionale applicato alle emissioni convogliate della centrale in grado di simulare l’entità delle concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi, in base alle condizioni meteorologiche che caratterizzano quell’area.
Pertanto gli autori hanno potuto concludere che l’inquinamento della centrale a carbone ha un effetto negativo sullo sviluppo delle funzioni polmonari dei bambini e questo, nonostante il totale e ampio rispetto degli standard di qualità dell’aria per gli ossidi di azoto, l’anidride solforosa e le polveri totali sospese.
A titolo di esempio, la più elevata concentrazione media annuale di SO2 registrata dalla rete di monitoraggio intorno alla centrale carbone israeliana è stata di 15 µg/ m3 e il valore minore è stato di 9 µg/ m3 (Goren et al., 1995); l’ordine di grandezza delle concentrazioni medie annuali di anidride solforosa intorno alla grande centrale a carbone israeliana (1400 Mwatt), è molto simile alle concentrazioni medie registrate intorno apiccole centrali a carbone italiane (200 - 300 Mwatt)
Un altro studio che ha evidenziato i possibili effetti sui nascituri dell’inquinamento di una centrale a carbone è stato effettuato in Cina, nella città di Tonliang in cui, a pochi chilometri di distanza era in funzione una piccola centrale elettrica alimentata a carbone (circa 4.200 tonnellate al mese). Questa centrale era operativa per solo sei mesi all’anno, durante la stagione secca in cui gli impianti idroelettrici risultavano insufficienti a coprire la domanda di elettricità della città; misure sperimentali confermavano che questa piccola centrale a carbone era la principale fonte di inquinamento della zona , con un ridotto traffico veicolare e che da tempo ricorreva al metano quale fonte di energia per usi domestici.
Durante il funzionamento di questa centrale si registravano alte concentrazioni di polveri sottili e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
Un primo studio (Tang et al., 2006) evidenziava una possibile associazione tra elevate concentrazioni di IPA nel sangue presente nel cordone ombelicale di bambini concepiti durante i sei mesi di funzionamento della centrale e un ridotto sviluppo corporeo nei primi 30 mesi di vita dei bambini esposti. Una successiva indagine in cui, oltre agli IPA, nel cordone ombelicale erano misurate anche le concentrazioni di piombo e mercurio, evidenziava nei bambini più esposti un ridotto quoziente di sviluppo motorio e di linguaggio, valutati a due anni di età (Tang et al., 2008).
L’ipotesi che questi disturbi fossero correlati con l’esposizione delle madri all’inquinamento prodotto dalla centrale a carbone, trovò una prima conferma in un’ analogo studio (Perera et al., 2008) condotto su bambini nati nel 2005 nella stessa zona, dopo la completa chiusura della centrale a carbone avvenuta nel maggio del 2004.
Nel cordone ombelicale di questi bambini si trovò una concentrazione significativamente minore di IPA e non fu più evidenziata l’associazione tra ritardi dello sviluppo mentale e motorio ed esposizione a IPA.
lunedì 14 giugno 2010
Audizione a Palazzo Marino
Oggi pomeriggio avrei dovuto partecipare ad una audizione al Comune di Milano dove si doveva discutere delle autorizzazioni per il secondo inceneritore a "servizio della città".
Pare che il Consiglio non avrà il numero legale e quindi è meglio se sto a casa.
Comunque ho inviato il testo del mio intervento che, per chi segue diligentemente il Blog, non sono novità che che forse può essere utili rileggere in diverso contesto.
Audizione del dr Federico Valerio al Consiglio Comunale di Milano
Nel prossimo numero di Waste Management (Gestione dei Rifiuti), principale rivista internazione che pubblica studi e ricerche riguardanti la gestione degli scarti di attività umane, sarà pubblicato un articolo dal titolo:
“Impatti Ambientali dei Sistemi di gestione dei materiali post consumo: riciclo, trattamenti biologici, incenerimento”
Questo articolo è una rassegna bibliografica degli studi internazionali che hanno trattato questi argomenti a firma del dr Federico Valerio, responsabile del Servizio di Chimica Ambientale, dell’Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro di Genova.
La prima parte dell’articolo passa in rassegna i risultati degli gli studi condotti secondo i criteri dell’Analisi dei Cicli di Vita (Life Cycle Assessment –LCA).
Si tratta di diverse decine di studi effettuati da numerosi e qualificati centri di Ricerca internazionale; in Italia gli studi LCA sono stati effettuati dal Politecnico di Milano, l’ENEA, le Università di Bologna, Modena, Salerno. Un importante studio LCA di taglio europeo, inserito nella rassegna, ha valutato i risultati di 31 diverse Analisi del Ciclo di Vita di discarica, incenerimento e riciclo e la sua rilevanza è dovuta al fatto che è stato commissionato dalla Confederazione degli impianti europei per il recupero energetico dei rifiuti (CEWEP).
Comune conclusione di tutti questi studi è che il riciclo dei materiali post consumo, compresi il riciclo di carta e plastica, è nettamente migliore dell’incenerimento con recupero energetico; le migliori prestazioni del riciclo fanno riferimento al risparmio di energia, all’emissione di gas clima-alteranti, all’impatto ambientale con riferimento a diversi comparti quali aria, acqua, suolo.
In sintesi, se una determinata quantità di scarti a base di carta, plastica, umido è riciclata, piuttosto che termovalorizzata, si ha un risparmio energetico da tre a cinque volte maggiore e l’impatto ambientale evitato con il riciclo è da cique a dieci volte inferiore rispetto a quello prodotto con la termovalorizzazione.
Le LCA che hanno fatto riferimento alla realtà italiana concordano con il fatto che percentuali crescenti di raccolta differenziata migliorano, in proporzione, le prestazioni ambientali ed energetiche. In particolare, lo studio del Politecnico di Milano ritiene che raccolte differenziate al 60% siano auspicabili e raggiungibili in pochi anni nelle regioni del nord Italia.
Questo obiettivo (60-65% di raccolta differenziata) è stato confermato da un recente studio LCA condotto dal Politecnico di Torino sulla realtà piemontese.
Ricordiamo, a riguardo, che tutte le analisi merceologiche condotte sui Materiali Post Consumo prodotti in Italia confermano che oltre l’80% di questi scarti siano riciclabili e che in gran parte, in quanto imballaggi, sono rimborsabili dal CONAI con danaro che tutti gli Italiani, con i loro acquisti, hanno già versato a chi questi imballaggi utilizza e produce.
Tutto questo significa che su un territorio entro il quale si effettuano tutte le trasformazioni che comprendono l’intero ciclo di vita dei materiali, dalla estrazione delle materie prime, allo smaltimento dei residui, l’impatto di una gestione terminale dei prodotti, basata sul riciclo del 60% della produzione di beni riciclati, è inferiore da cinque a dieci volte rispetto all’impatto di un ciclo di vita che termina con la termovalorizzazione.
Questo significa che l’esposizione a tutti gli inquinanti che si producono durante l’intero ciclo di vita dei prodotti consumati (ossidi di azoto, polveri ultrasottili, composti organici. Ozono, policiclici aromatici, diossine e furani…) sarà nettamente inferiore se si privilegia il riciclo, al massimo delle sue potenzialità (60-70%).
E ovviamente, alla luce di numerosi studi, un minore impatto sull’ambiente corrisponde ad un migliore stato di salute delle popolazioni esposte, misurabile, come è stato fatto, in una maggiore aspettativa di vita e in un minor numero di ricoveri ospedalieri.
Nella pianura Padana, fatta salva l’estrazione delle principali materie prime (carbone, petrolio, ematite e bauxite…) avvengono gran parte dei processi di trasformazione, trasporto, uso e smaltimento dei beni di consumo che in questa valle sono utilizzati e la bassissima qualità ambientale e l’elevata incidenza di malattie riconducibili a questa bassa qualità, che caratterizzano l’intera pianura Padana, richiedono scelte oculate che non possono vedere la termovalorizzazione quale scelta da privilegiare ed in particolare da sovvenzionare con danaro pubblico.
Per gli scarti organici (scarti di cucina, sfalci d’erba e potature) che rappresentano circa il 30% dei rifiuti urbani lombardi, le analisi dei cicli di vita, concordano nell’affermare che, se raccolti con criteri di qualità ad esempio con sistemi Porta a Porta, il loro compostaggio e il successivo uso agricolo del compost è vantaggioso dal punto di vista energetico ed ambientale, rispetto al loro incenerimento e recupero energetico,
Se questi stessi scarti organici sono trattati con tecniche di fermentazione anaerobica con uso energetico del biogas prodotto, i vantaggi energetici ed ambientali sono ancora maggiori, in quanto, a parità di energia prodotta, la combustione del biometano ha un impatto ambientale nettamente inferiore di quello prodotto con l’incenerimento degli stessi scarti organici, con particolare riferimento alle polveri ultrasottili e agli ossidi di azoto.
Ad esempio un trattamento meccanico biologico di una tonnellata di MPC indifferenziati con uso energetico del biogas prodotto con fermentazione anaerobica della frazione organica ( impianto MBT di Bassum, Germania) immette in atmosfera 72 grammi di ossidi di azoto contro i 303 grammi per tonnellata, prodotti in media dal parco inceneritori italiani.
Ovviamente è la riduzione alla fonte che produce i migliori risultati dal punto di vista energetico e ambientale ,con scelte che ogni comune può fare, ad esempio incentivando con politiche tariffarie il compostaggio domestico anche in arre urbane e l’eliminazione del “ usa e getta” nella ristorazione.
Il nuovo piano di gestione dei materiali post consumo approvato dal Comune di Genova fa sue molte delle scelte illustrate:
- Piano Comunale e Provinciale di riduzione della produzione di MPC con incentivi al compostaggio domestico su terrazzi e poggioli e a sagre e iniziative pubbliche a “rifiuti zero”, promozione del consumo dell’acqua da rubinetto.
- Avvio della raccolta differenziata dell’organico umido e suo compostaggio su 100.000 utenze
- Iniziative pilota di raccolta “porta a porta” in contesti urbani complessi ( 20.000 abitanti coinvolti; RD al 50%)
- Obbiettivi di raccolta differenziata, finalizzata al riciclo, al 65% su tutta la città, con incrementi annuali del 5%.
- Digestione anaerobica della frazione umida e dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione cittadina e uso energetico del biogas prodotto.
Dr. Federico Valerio
SS Chimica Ambientale
Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione
Istituto Nazionale Ricerca Cancro Genova
Pare che il Consiglio non avrà il numero legale e quindi è meglio se sto a casa.
Comunque ho inviato il testo del mio intervento che, per chi segue diligentemente il Blog, non sono novità che che forse può essere utili rileggere in diverso contesto.
Audizione del dr Federico Valerio al Consiglio Comunale di Milano
Nel prossimo numero di Waste Management (Gestione dei Rifiuti), principale rivista internazione che pubblica studi e ricerche riguardanti la gestione degli scarti di attività umane, sarà pubblicato un articolo dal titolo:
“Impatti Ambientali dei Sistemi di gestione dei materiali post consumo: riciclo, trattamenti biologici, incenerimento”
Questo articolo è una rassegna bibliografica degli studi internazionali che hanno trattato questi argomenti a firma del dr Federico Valerio, responsabile del Servizio di Chimica Ambientale, dell’Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro di Genova.
La prima parte dell’articolo passa in rassegna i risultati degli gli studi condotti secondo i criteri dell’Analisi dei Cicli di Vita (Life Cycle Assessment –LCA).
Si tratta di diverse decine di studi effettuati da numerosi e qualificati centri di Ricerca internazionale; in Italia gli studi LCA sono stati effettuati dal Politecnico di Milano, l’ENEA, le Università di Bologna, Modena, Salerno. Un importante studio LCA di taglio europeo, inserito nella rassegna, ha valutato i risultati di 31 diverse Analisi del Ciclo di Vita di discarica, incenerimento e riciclo e la sua rilevanza è dovuta al fatto che è stato commissionato dalla Confederazione degli impianti europei per il recupero energetico dei rifiuti (CEWEP).
Comune conclusione di tutti questi studi è che il riciclo dei materiali post consumo, compresi il riciclo di carta e plastica, è nettamente migliore dell’incenerimento con recupero energetico; le migliori prestazioni del riciclo fanno riferimento al risparmio di energia, all’emissione di gas clima-alteranti, all’impatto ambientale con riferimento a diversi comparti quali aria, acqua, suolo.
In sintesi, se una determinata quantità di scarti a base di carta, plastica, umido è riciclata, piuttosto che termovalorizzata, si ha un risparmio energetico da tre a cinque volte maggiore e l’impatto ambientale evitato con il riciclo è da cique a dieci volte inferiore rispetto a quello prodotto con la termovalorizzazione.
Le LCA che hanno fatto riferimento alla realtà italiana concordano con il fatto che percentuali crescenti di raccolta differenziata migliorano, in proporzione, le prestazioni ambientali ed energetiche. In particolare, lo studio del Politecnico di Milano ritiene che raccolte differenziate al 60% siano auspicabili e raggiungibili in pochi anni nelle regioni del nord Italia.
Questo obiettivo (60-65% di raccolta differenziata) è stato confermato da un recente studio LCA condotto dal Politecnico di Torino sulla realtà piemontese.
Ricordiamo, a riguardo, che tutte le analisi merceologiche condotte sui Materiali Post Consumo prodotti in Italia confermano che oltre l’80% di questi scarti siano riciclabili e che in gran parte, in quanto imballaggi, sono rimborsabili dal CONAI con danaro che tutti gli Italiani, con i loro acquisti, hanno già versato a chi questi imballaggi utilizza e produce.
Tutto questo significa che su un territorio entro il quale si effettuano tutte le trasformazioni che comprendono l’intero ciclo di vita dei materiali, dalla estrazione delle materie prime, allo smaltimento dei residui, l’impatto di una gestione terminale dei prodotti, basata sul riciclo del 60% della produzione di beni riciclati, è inferiore da cinque a dieci volte rispetto all’impatto di un ciclo di vita che termina con la termovalorizzazione.
Questo significa che l’esposizione a tutti gli inquinanti che si producono durante l’intero ciclo di vita dei prodotti consumati (ossidi di azoto, polveri ultrasottili, composti organici. Ozono, policiclici aromatici, diossine e furani…) sarà nettamente inferiore se si privilegia il riciclo, al massimo delle sue potenzialità (60-70%).
E ovviamente, alla luce di numerosi studi, un minore impatto sull’ambiente corrisponde ad un migliore stato di salute delle popolazioni esposte, misurabile, come è stato fatto, in una maggiore aspettativa di vita e in un minor numero di ricoveri ospedalieri.
Nella pianura Padana, fatta salva l’estrazione delle principali materie prime (carbone, petrolio, ematite e bauxite…) avvengono gran parte dei processi di trasformazione, trasporto, uso e smaltimento dei beni di consumo che in questa valle sono utilizzati e la bassissima qualità ambientale e l’elevata incidenza di malattie riconducibili a questa bassa qualità, che caratterizzano l’intera pianura Padana, richiedono scelte oculate che non possono vedere la termovalorizzazione quale scelta da privilegiare ed in particolare da sovvenzionare con danaro pubblico.
Per gli scarti organici (scarti di cucina, sfalci d’erba e potature) che rappresentano circa il 30% dei rifiuti urbani lombardi, le analisi dei cicli di vita, concordano nell’affermare che, se raccolti con criteri di qualità ad esempio con sistemi Porta a Porta, il loro compostaggio e il successivo uso agricolo del compost è vantaggioso dal punto di vista energetico ed ambientale, rispetto al loro incenerimento e recupero energetico,
Se questi stessi scarti organici sono trattati con tecniche di fermentazione anaerobica con uso energetico del biogas prodotto, i vantaggi energetici ed ambientali sono ancora maggiori, in quanto, a parità di energia prodotta, la combustione del biometano ha un impatto ambientale nettamente inferiore di quello prodotto con l’incenerimento degli stessi scarti organici, con particolare riferimento alle polveri ultrasottili e agli ossidi di azoto.
Ad esempio un trattamento meccanico biologico di una tonnellata di MPC indifferenziati con uso energetico del biogas prodotto con fermentazione anaerobica della frazione organica ( impianto MBT di Bassum, Germania) immette in atmosfera 72 grammi di ossidi di azoto contro i 303 grammi per tonnellata, prodotti in media dal parco inceneritori italiani.
Ovviamente è la riduzione alla fonte che produce i migliori risultati dal punto di vista energetico e ambientale ,con scelte che ogni comune può fare, ad esempio incentivando con politiche tariffarie il compostaggio domestico anche in arre urbane e l’eliminazione del “ usa e getta” nella ristorazione.
Il nuovo piano di gestione dei materiali post consumo approvato dal Comune di Genova fa sue molte delle scelte illustrate:
- Piano Comunale e Provinciale di riduzione della produzione di MPC con incentivi al compostaggio domestico su terrazzi e poggioli e a sagre e iniziative pubbliche a “rifiuti zero”, promozione del consumo dell’acqua da rubinetto.
- Avvio della raccolta differenziata dell’organico umido e suo compostaggio su 100.000 utenze
- Iniziative pilota di raccolta “porta a porta” in contesti urbani complessi ( 20.000 abitanti coinvolti; RD al 50%)
- Obbiettivi di raccolta differenziata, finalizzata al riciclo, al 65% su tutta la città, con incrementi annuali del 5%.
- Digestione anaerobica della frazione umida e dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione cittadina e uso energetico del biogas prodotto.
Dr. Federico Valerio
SS Chimica Ambientale
Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione
Istituto Nazionale Ricerca Cancro Genova
giovedì 3 giugno 2010
Come Produrre meno Rifiuti
Le statistiche dicono che ogni genovese produce 549 chili di "rumenta". Detta così l'informazione non è corretta, in quanto in questa stima si contano sia i MPC prodotti dalle famiglie che quelli prodotti dalle aziende ( attività commerciali e produttive) che la normativa ha "assimilato" a scarto urbano.
In verità un genovese vero, in un anno non produce più di 200 chili di rumenta ma comunque il Comune ci prova a convincere i genovesi a produrre meno rumenta, almeno cento chili a testa.
Chi segue questo blog sa che si può vivere felici anche senza riempire i cassonetti e già conosce molti trucchi a riguardo, quelli che permettono a me e a mia moglie di produrre solo 150 chili di scarti a testa, di cui ricicliamo e compostiamo più dell'80%.
Oggi la nostra Assessora alla Decrescita (Felice), Pinuccia Montanari e l'Assessore al ciclo dei rifiuti ( a quanto un assessorato al ciclo dei MPC?) Carlo Senesi hanno presentato alla Giunta il piano della riduzione alla fonte degli scarti dei genovesi: in primo luogo gli incentivi al compostaggio domestico, ma anche la promozione dei tanti mercatini dell'usato e dei luoghi di scambio per trovare un nuovo padrone a quello che non ci serve più.
Tra le tante proposte che per noi non sono novità,c'è una piccola idea, certamente interessante: lo sconto sulla tassa per l'occupazione del suolo pubblico alle inziative che si impegnano a mettere a disposizione dei visitatori solo acqua del rubinetto, l'acqua del "bronzino", come si dice da queste parti e nessuna bottiglia in plastica.
Spero, tra qualche mese di potervi dare i risultati di questa "cura dimagrante",
In verità un genovese vero, in un anno non produce più di 200 chili di rumenta ma comunque il Comune ci prova a convincere i genovesi a produrre meno rumenta, almeno cento chili a testa.
Chi segue questo blog sa che si può vivere felici anche senza riempire i cassonetti e già conosce molti trucchi a riguardo, quelli che permettono a me e a mia moglie di produrre solo 150 chili di scarti a testa, di cui ricicliamo e compostiamo più dell'80%.
Oggi la nostra Assessora alla Decrescita (Felice), Pinuccia Montanari e l'Assessore al ciclo dei rifiuti ( a quanto un assessorato al ciclo dei MPC?) Carlo Senesi hanno presentato alla Giunta il piano della riduzione alla fonte degli scarti dei genovesi: in primo luogo gli incentivi al compostaggio domestico, ma anche la promozione dei tanti mercatini dell'usato e dei luoghi di scambio per trovare un nuovo padrone a quello che non ci serve più.
Tra le tante proposte che per noi non sono novità,c'è una piccola idea, certamente interessante: lo sconto sulla tassa per l'occupazione del suolo pubblico alle inziative che si impegnano a mettere a disposizione dei visitatori solo acqua del rubinetto, l'acqua del "bronzino", come si dice da queste parti e nessuna bottiglia in plastica.
Spero, tra qualche mese di potervi dare i risultati di questa "cura dimagrante",
lunedì 24 maggio 2010
Bio Bombardieri
Su Venerdì di questa settimana un articolo sulla svolta "verde" del Pentagono che sta investendo grandi cifre per ridurre i giganteschi consumi di energia e di acqua di uno dei più grandi eserciti al mondo.
Non necessariamente è una cattiva notizia: la produzione in massa di pannelli fotovoltaici flessibili , da montare sugli zaini per rendere autosufficienti i tanti avanposti militari USA sparsi per il mondo, può abbasare i prezzi di analoghi pannelli ad uso civile che, ad esempio potrebbero essere usati per caricare le batterie di biciclette a pedalata assistita, durante la loro sosta.
Invece, decisamente inquietante la notizia che, grazie a questa svolta "verde" i i cacciabombardieri F/A 18 SuperHornet volano utilizzando biocombustibili a basso impatto ambientale.
Essere fatti a pezzetti, magari per errore, da una macchina da guerra alimentata con olio di semi di una pianta dal nome mite e gentile quale quello di "Camelina Sativa" non è per niente consolatorio.
Non necessariamente è una cattiva notizia: la produzione in massa di pannelli fotovoltaici flessibili , da montare sugli zaini per rendere autosufficienti i tanti avanposti militari USA sparsi per il mondo, può abbasare i prezzi di analoghi pannelli ad uso civile che, ad esempio potrebbero essere usati per caricare le batterie di biciclette a pedalata assistita, durante la loro sosta.
Invece, decisamente inquietante la notizia che, grazie a questa svolta "verde" i i cacciabombardieri F/A 18 SuperHornet volano utilizzando biocombustibili a basso impatto ambientale.
Essere fatti a pezzetti, magari per errore, da una macchina da guerra alimentata con olio di semi di una pianta dal nome mite e gentile quale quello di "Camelina Sativa" non è per niente consolatorio.
domenica 23 maggio 2010
Compostaggio alla Giapponese
Davide, che mi sembra un esperto agronomo, ha sperimentato il metodo di compostaggio in voga in Giappone di cui abbiamo parlato qualche post fa.
Questo metodo, che li si chiama "Bokashi" , è realizzato in condizioni di scarsa ossigenazione,all'opposto di da quello che ho illustrato nel mio corso di compostaggio che richiede un elevata e costante apporto di ossigeno (aria).
Ecco i commenti di Davide:
Ho provato il metodo bokashi e posso dire questo:
punto 1: il metodo funziona e bene ma è un pò troppo giapponese (nel senso che è laboriosetto, vedi coltivazione bonsai) adatto quindi a livello domestico per piccole quantità oppure, a livello industriale su vasta scala e grosse quantità!
punto 2: ho sottoposto ad analisi chimica (anche se grossolana) il prodotto finale e il risultato è questo:
il prodotto (che non chiamerò mai compost in quanto non lo è) è un fermentato ad alto potere CONCIMANTE ma molto instabile e quindi soggetto a rapidissimo deterioramento se non sottoposto a deazotizzazione e humificazione (come consigliato dagli stessi venditori di em che dicono di interrare subito il prodotto), deazotizzazione che altro non è che un compostaggio aerobico.
punto 3: il liquido è un portentoso concime ricco di micro e macro elementi ma non molto dissimile da quello ottenuto da un allevamento di lombrichi (worm farm-worm bin) o da una ipotetica compostiera sollevata da terra e con sistema di raccolta del percolato. Anche questo liquido è molto instabile.
punto 4: a parità di sostanza distribuita, per un kg di compost si ha quasi un chilogrammo di sostanza organica mentre col bokashi,dopo i 7 giorni di deazzotizzazione si rimane con 368 grammi circa quindi il potere fertilizzante e ammendante è molto scarso.
Per esperienza personale posso affermare che il metodo migliore è il compostaggio a freddo che consente l’humificazione mantenendo inalterate le capacita fertilizzanti del prodotto finito e dando un validissimo fertilizzante,ammendante con ottime capacità concimanti.
Questo metodo, che li si chiama "Bokashi" , è realizzato in condizioni di scarsa ossigenazione,all'opposto di da quello che ho illustrato nel mio corso di compostaggio che richiede un elevata e costante apporto di ossigeno (aria).
Ecco i commenti di Davide:
Ho provato il metodo bokashi e posso dire questo:
punto 1: il metodo funziona e bene ma è un pò troppo giapponese (nel senso che è laboriosetto, vedi coltivazione bonsai) adatto quindi a livello domestico per piccole quantità oppure, a livello industriale su vasta scala e grosse quantità!
punto 2: ho sottoposto ad analisi chimica (anche se grossolana) il prodotto finale e il risultato è questo:
il prodotto (che non chiamerò mai compost in quanto non lo è) è un fermentato ad alto potere CONCIMANTE ma molto instabile e quindi soggetto a rapidissimo deterioramento se non sottoposto a deazotizzazione e humificazione (come consigliato dagli stessi venditori di em che dicono di interrare subito il prodotto), deazotizzazione che altro non è che un compostaggio aerobico.
punto 3: il liquido è un portentoso concime ricco di micro e macro elementi ma non molto dissimile da quello ottenuto da un allevamento di lombrichi (worm farm-worm bin) o da una ipotetica compostiera sollevata da terra e con sistema di raccolta del percolato. Anche questo liquido è molto instabile.
punto 4: a parità di sostanza distribuita, per un kg di compost si ha quasi un chilogrammo di sostanza organica mentre col bokashi,dopo i 7 giorni di deazzotizzazione si rimane con 368 grammi circa quindi il potere fertilizzante e ammendante è molto scarso.
Per esperienza personale posso affermare che il metodo migliore è il compostaggio a freddo che consente l’humificazione mantenendo inalterate le capacita fertilizzanti del prodotto finito e dando un validissimo fertilizzante,ammendante con ottime capacità concimanti.
martedì 18 maggio 2010
Green Wash
Gli inglesi lo chiamano "green wash"; la migliore traduzione che mi viene da fare è "risciacquo verde".
Si tratta della nuova strategia di mercato che ha capito che il consumatore medio apprezza iniziative che lo fanno sentire responsabile nei confronti del degrado del Pianeta.
Ovviamente l'obiettivo principale è vendere di più!
In questi giorni una rinomata azienda che vende acqua in bottiglia, per "risciacquarsi" comunica che per il proprio prodotto usa solo energia eolica.
Questa "risciacquatura" mi sembra assolutamente fasulla: usare energia rinnovabile per produrre bottiglie in plastica vergine "usa e getta" è uno schiaffo al buon senso.
Sono tante le aziende italiane che imbottigliano e vendono carissima acqua pubblica e che oggi sono in difficoltà per i sensibili cali dei consumi dovuti al fatto che gli italiani cominciano a scoprire quanto è buona ed economica l'acqua del rubinetto.
Per queste aziende avrei una più efficace proposta di "green wash": tutte insieme fare pressione sul governo affinchè anche in Italia si introduca il "vuoto a rendere" riutilizzabile per tutte le bevande lisce e gasate.
In considerazione dei grandi vantaggi ambientali ed energetici di questa scelta, già operativa in mezzo mondo, le bottiglie possono essere anche di plastica, ovviamente un pò più robuste per essere riusate più volte e infine riciclate.
I gestori degli inceneritori non saranno contenti ma i polmoni degli italiani si!
Si tratta della nuova strategia di mercato che ha capito che il consumatore medio apprezza iniziative che lo fanno sentire responsabile nei confronti del degrado del Pianeta.
Ovviamente l'obiettivo principale è vendere di più!
In questi giorni una rinomata azienda che vende acqua in bottiglia, per "risciacquarsi" comunica che per il proprio prodotto usa solo energia eolica.
Questa "risciacquatura" mi sembra assolutamente fasulla: usare energia rinnovabile per produrre bottiglie in plastica vergine "usa e getta" è uno schiaffo al buon senso.
Sono tante le aziende italiane che imbottigliano e vendono carissima acqua pubblica e che oggi sono in difficoltà per i sensibili cali dei consumi dovuti al fatto che gli italiani cominciano a scoprire quanto è buona ed economica l'acqua del rubinetto.
Per queste aziende avrei una più efficace proposta di "green wash": tutte insieme fare pressione sul governo affinchè anche in Italia si introduca il "vuoto a rendere" riutilizzabile per tutte le bevande lisce e gasate.
In considerazione dei grandi vantaggi ambientali ed energetici di questa scelta, già operativa in mezzo mondo, le bottiglie possono essere anche di plastica, ovviamente un pò più robuste per essere riusate più volte e infine riciclate.
I gestori degli inceneritori non saranno contenti ma i polmoni degli italiani si!
venerdì 14 maggio 2010
Cambio Verde
Dalla fine degli anni '80, la città di Curitiba, capitale dello stato del Paranà ( Brasile sud orientale) con oltre un milione e mezzo di abitanti ha accettato la sfida di uno sviluppo a basso impatto ambientale.
Per la gestione dei materiali post consumo ha promosso il programma “Cambio Verde” che si basa sul farsi carico delle fasce economicamente più deboli ottenendo benefici sia per queste persone che per l’ambiente.
Il progetto "Cambio Verde" è nato dalla necessità di limitare l’inquinamento ed il degrado della città, specie nei quartieri più poveri, e creare contemporaneamente posti di lavoro che dessero la possibilità alle famiglie in difficoltà di mantenersi autonomamente
Le famiglie che portano i materiali post consumo ai centri di riciclaggio ricevono in cambio generi di prima necessità ,come frutta e verdura fresca.
Il "cambio" è 1 chilo di frutta per ogni 4 chili di materiali riciclabili.
Questo permette di sostenere la produzione delle aziende agricole della cintura verde intorno alla città ma anche di trovare destinari alle derrate alimentari della grande distribuzione che, vicine alla scadenza, sarebbero destinate allo smaltimento.
A Caritiba c'è anche un programma rivolto ai bambini, in cui in cambio dei MPC riciclabili vengono date attrezzatura per la scuola, giocattoli e cioccolata.
Grazie il suo approccio alla questione dei MPC e in particolare a "CAMBIO VERDE", Curitiba è arrivata a riciclare il 70% dei sui materiali Post Consumo.
Il denaro ricavato dalla vendita dei materiali viene reinvestito per la città, attraverso programmi di utilità sociale o nella manutenzione del sistema di raccolta differenziata.
Inoltre questo garantisce la raccolta dei rifiuti anche nelle zone in cui è più difficile organizzare una raccolta tradizionale.
Dopo il Brasile, "Cambio Verde" è arrivato nel Messico nella citta di Morelia, a quando in Italia e magari a Genova, con il coinvolgimento dei tanti cittadini e ospiti in difficoltà economiche che non chiedono elemosine?
Per la gestione dei materiali post consumo ha promosso il programma “Cambio Verde” che si basa sul farsi carico delle fasce economicamente più deboli ottenendo benefici sia per queste persone che per l’ambiente.
Il progetto "Cambio Verde" è nato dalla necessità di limitare l’inquinamento ed il degrado della città, specie nei quartieri più poveri, e creare contemporaneamente posti di lavoro che dessero la possibilità alle famiglie in difficoltà di mantenersi autonomamente
Le famiglie che portano i materiali post consumo ai centri di riciclaggio ricevono in cambio generi di prima necessità ,come frutta e verdura fresca.
Il "cambio" è 1 chilo di frutta per ogni 4 chili di materiali riciclabili.
Questo permette di sostenere la produzione delle aziende agricole della cintura verde intorno alla città ma anche di trovare destinari alle derrate alimentari della grande distribuzione che, vicine alla scadenza, sarebbero destinate allo smaltimento.
A Caritiba c'è anche un programma rivolto ai bambini, in cui in cambio dei MPC riciclabili vengono date attrezzatura per la scuola, giocattoli e cioccolata.
Grazie il suo approccio alla questione dei MPC e in particolare a "CAMBIO VERDE", Curitiba è arrivata a riciclare il 70% dei sui materiali Post Consumo.
Il denaro ricavato dalla vendita dei materiali viene reinvestito per la città, attraverso programmi di utilità sociale o nella manutenzione del sistema di raccolta differenziata.
Inoltre questo garantisce la raccolta dei rifiuti anche nelle zone in cui è più difficile organizzare una raccolta tradizionale.
Dopo il Brasile, "Cambio Verde" è arrivato nel Messico nella citta di Morelia, a quando in Italia e magari a Genova, con il coinvolgimento dei tanti cittadini e ospiti in difficoltà economiche che non chiedono elemosine?
martedì 11 maggio 2010
Meglio il Metano delle Biomasse
Il Sindaco di Borgo a Mozzano (LU) mi ha chiesto di dargli una mano per evitare che una vecchia cartiera venga trasformata in una grande centrale a legna (biomasse).
Nel corso delle ricerche, fatte per acquisire documentazione su questo argomento, ho trovato un' interessante documento della Unione Europea che riporta i fattori di emissioni di svariate attività umane, tra queste: impianti di cogenerazione (elettricità e calore) alimentati a gas naturale (metano) e a biomasse (legna).
I dati riportati in tabella sono molto interessanti e confermano come, a parità di energia prodotta (Giga Joule), il legno sia un pessimo combustibile, con il riferimento al suo impatto ambientale, nettamente maggiore di quello del metano.
Alla faccia di chi continua a credere o a far credere che la combustione delle biomasse sia una scelta "ecologica " e "sostenibile".
Un flebile messaggio ai nostri governanti: che senso ha sovvenzionare con danaro pubblico (i certificati verdi) l'esposizione evitabile a pericolosi inquinanti tossici?
Chiedo scusa, ma personalmente, di fronte a questi numeri sull'inquinamento prodotto bruciando biomasse legnose, del bilancio neutro (tutto da verificare) degli innocui gas serra (anidride carbonica) prodotti bruciando legna nelle centrali, non me ne può fregare di meno!
Fattori di emissione (grammi/gigaJoule)
ossidi di azoto 89 (metano) 211 (legna)
PM2,5 0,9 (metano) 33 (legna)
(nanogrammi/gigaJoule)
diossine 0,5 (metano) 50 (legna)
Nel corso delle ricerche, fatte per acquisire documentazione su questo argomento, ho trovato un' interessante documento della Unione Europea che riporta i fattori di emissioni di svariate attività umane, tra queste: impianti di cogenerazione (elettricità e calore) alimentati a gas naturale (metano) e a biomasse (legna).
I dati riportati in tabella sono molto interessanti e confermano come, a parità di energia prodotta (Giga Joule), il legno sia un pessimo combustibile, con il riferimento al suo impatto ambientale, nettamente maggiore di quello del metano.
Alla faccia di chi continua a credere o a far credere che la combustione delle biomasse sia una scelta "ecologica " e "sostenibile".
Un flebile messaggio ai nostri governanti: che senso ha sovvenzionare con danaro pubblico (i certificati verdi) l'esposizione evitabile a pericolosi inquinanti tossici?
Chiedo scusa, ma personalmente, di fronte a questi numeri sull'inquinamento prodotto bruciando biomasse legnose, del bilancio neutro (tutto da verificare) degli innocui gas serra (anidride carbonica) prodotti bruciando legna nelle centrali, non me ne può fregare di meno!
Fattori di emissione (grammi/gigaJoule)
ossidi di azoto 89 (metano) 211 (legna)
PM2,5 0,9 (metano) 33 (legna)
(nanogrammi/gigaJoule)
diossine 0,5 (metano) 50 (legna)
giovedì 6 maggio 2010
Compostaggio Condominiale
Avete un bel terrazzo o un bel giardino fiorito e volete autoprodurvi il terriccio che vi serve per coltivare la vostra passione, ma la vostra produzione di scarti di cucina da trasformare in compost è troppo poca?
Se abitate a Genova, avete una interessante opportunità per risolvere il vostro problema: potete realizzare un impianto di compostaggio da mettere a disposizione di altri condomini, avrete una bella compostiera in comodato d'uso e un corso gratuito per una sua perfetta conduzione e infine, con una semplice autocertificazione, voi e i condomini che collaboreranno ad alimentare la vostra compostiera potrete anche risparmiare una decina di euro sulle rispettive Tariffa rifiuti.
Il compostaggio condominiale è una bella idea del comune di Genova per rilanciare il compostaggio domestico in città; questa proposta si affianca alla possibilità che i genovesi hanno, forse tra i primi in Italia, di poter fare compostaggio e di godere dei previsti sconti anche disponendo solo di un terrazzo fiorito di almeno 15 metri quadrati.
Per rispettare le norme per lo smaltimento dei rifiuti, il compostaggio condominiale incentivato dal Comune di Genova, prevede che al massimo quattro famiglie dello stesso condominio possano "consorziarsi" per trasformare in compost i propri scarti di cucina.
Con questa proposta la produzione cittadina di scarti umidi si potrebbe ridurre in modo importante; se non sono molti i genovesi che hanno la fortuna di avere un terrazzo o un giardino fiorito, sono certamente molti di più i genovesi disponibili a fare un piccolo sacrificio per separare gli scarti di cucina e portarli dal vicino dal pollice verde, pur di risparmiare 14 euri all'anno ( lo sconto concesso a chi fa compostaggio domestico).
Ad oggi (2014) quattromila famiglie genovesi hanno fatto richiesta dello sconto per il compostaggio; tra qualche giorno vi faremo sapere quanti nuovi adepti, diretti ed indiretti, al compostaggio domestico ci saranno in città, grazie a questa nuova campagna promozionale.
E per chi vuole sapere come si può fare compostaggio domestico disponendo solo di un terrazzo o un poggiolo vi rimando al mio sito, dove potete scaricare tutte le informazioni utili per autocostruirvi una compostiera da poggiolo e per gestirla senza problemi.
Se abitate a Genova, avete una interessante opportunità per risolvere il vostro problema: potete realizzare un impianto di compostaggio da mettere a disposizione di altri condomini, avrete una bella compostiera in comodato d'uso e un corso gratuito per una sua perfetta conduzione e infine, con una semplice autocertificazione, voi e i condomini che collaboreranno ad alimentare la vostra compostiera potrete anche risparmiare una decina di euro sulle rispettive Tariffa rifiuti.
Il compostaggio condominiale è una bella idea del comune di Genova per rilanciare il compostaggio domestico in città; questa proposta si affianca alla possibilità che i genovesi hanno, forse tra i primi in Italia, di poter fare compostaggio e di godere dei previsti sconti anche disponendo solo di un terrazzo fiorito di almeno 15 metri quadrati.
Per rispettare le norme per lo smaltimento dei rifiuti, il compostaggio condominiale incentivato dal Comune di Genova, prevede che al massimo quattro famiglie dello stesso condominio possano "consorziarsi" per trasformare in compost i propri scarti di cucina.
Con questa proposta la produzione cittadina di scarti umidi si potrebbe ridurre in modo importante; se non sono molti i genovesi che hanno la fortuna di avere un terrazzo o un giardino fiorito, sono certamente molti di più i genovesi disponibili a fare un piccolo sacrificio per separare gli scarti di cucina e portarli dal vicino dal pollice verde, pur di risparmiare 14 euri all'anno ( lo sconto concesso a chi fa compostaggio domestico).
Ad oggi (2014) quattromila famiglie genovesi hanno fatto richiesta dello sconto per il compostaggio; tra qualche giorno vi faremo sapere quanti nuovi adepti, diretti ed indiretti, al compostaggio domestico ci saranno in città, grazie a questa nuova campagna promozionale.
E per chi vuole sapere come si può fare compostaggio domestico disponendo solo di un terrazzo o un poggiolo vi rimando al mio sito, dove potete scaricare tutte le informazioni utili per autocostruirvi una compostiera da poggiolo e per gestirla senza problemi.
giovedì 15 aprile 2010
Ci Vediamo nel 2050
Nel 2050, avrei 104 anni. Se ho preso i migliori geni di mia madre che di anni ne ha 90, forse ce la faccio.
A quella data, l'Europa potrebbe essere prospera , felice e a basse emissioni di anidride carbonica, insomma allora quasi tutto funzionerebbe ad energia rinnovabile, alla faccia dei nuclearisti e dei petrolieri ad oltranza.
I dettagli del rapporto UE di Road map 2050 li potrete trovare sulla rete.
In sintesi, lo studio di prevalente taglio economico, afferma che noi europei, senza aspettare nuove tecnologie, con costi sostenibili possiamo salutare petrolio, metano carbone e se vogliamo anche l'uranio. Per riscaldare le case, muovere merci e persone, per produrre le cose che ci servono e i cibi di cui nutrirci basteranno Sole e vento, opportunamente trasformati nei vettori energetici più utili.
Nello scenario che mi piace di più e che vorrei tanto vedere di persona, le energie rinnovabili coprirebbero l'80% dei fabbisogni energetici europei e a questo punto si dovrebbero solo rimpiazzare le vecchie centrali nucleari europee con altrettanti impianti nuovi.
Anzi addirittura se ne potrebbe fare a meno se nel frattempo imparassimo a fruttare tutta l'energia geotermica che ci offrono le placche tettoniche in movimento e se trasformassimo i deserti africani in centrali solari.
E in questo scenario che ci stanno a fare le quattro centrali del Cavaliere che, come lui afferma nel 2050 sarà ancora vivo e vegeto?
A quella data, l'Europa potrebbe essere prospera , felice e a basse emissioni di anidride carbonica, insomma allora quasi tutto funzionerebbe ad energia rinnovabile, alla faccia dei nuclearisti e dei petrolieri ad oltranza.
I dettagli del rapporto UE di Road map 2050 li potrete trovare sulla rete.
In sintesi, lo studio di prevalente taglio economico, afferma che noi europei, senza aspettare nuove tecnologie, con costi sostenibili possiamo salutare petrolio, metano carbone e se vogliamo anche l'uranio. Per riscaldare le case, muovere merci e persone, per produrre le cose che ci servono e i cibi di cui nutrirci basteranno Sole e vento, opportunamente trasformati nei vettori energetici più utili.
Nello scenario che mi piace di più e che vorrei tanto vedere di persona, le energie rinnovabili coprirebbero l'80% dei fabbisogni energetici europei e a questo punto si dovrebbero solo rimpiazzare le vecchie centrali nucleari europee con altrettanti impianti nuovi.
Anzi addirittura se ne potrebbe fare a meno se nel frattempo imparassimo a fruttare tutta l'energia geotermica che ci offrono le placche tettoniche in movimento e se trasformassimo i deserti africani in centrali solari.
E in questo scenario che ci stanno a fare le quattro centrali del Cavaliere che, come lui afferma nel 2050 sarà ancora vivo e vegeto?
venerdì 9 aprile 2010
Audizione Genova
Audito!
L'audizione in Consiglio Comunale sul ciclo dei materiali post consumo genovesi non è andata male.I consiglieri presenti, nonostante i numerosi interventi, sono stati sempre attenti, le associazioni che avevano chiesto di intervenire hanno avuto spazio sui giornali e le televisioni locali ed in particolare ho avuto diverse richieste di aver copia del mio intervento scritto.
Intervento che, mi dicono, non sia piaciuto all'amministratore delegato dell'AMIU, in quanto l'ho chiamato direttamente in causa, creandogli, mi pare di capire, qualche difficoltà.
Per i non genovesi ricordo che, oggi, la nostra raccolta differenziata è ad un penoso 25%. Tutti gli interventi hanno sottolineato non solo i forti ritardi, in parte ereditati dalla passata Giunta, ma anche la palese tiepidezza con la quale l'attuale amministrazione affronta questo tema.
Tanto per esemplificare, esiste un chiaro crono programma per arrivare nel 2014 ad inaugurare il gassificatore che dovrebbe chiudere il ciclo, ma non esiste nessun cronoprogramma per arrivare in quella data (con un ritardo di due anni, rispetto agli obiettivi di legge) ad una raccolta differenziata del 65% e ad una riduzione del 10%, come avventatamente affermato dal Presidente Amiu, qualche decina di giorni or sono.
Nel suo intervento, durante l'audizione, l'Amministratore delegato AMIU ha affermato che se avesse 5 milioni di euro all'anno, lui si che farebbe tutta la raccolta differenziata che serve.
Nel mio intervento, successivo al suo (vedi post precedente) ho fatto osservare a lui ( momentaneamente assente, probabilmente per interviste in corso) e agli allbiti consiglieri ( pparentemente all'oscuro del fatto) che il non fare la raccolta differenziata alle casse del Comune costa, in ecotasse regionali, qualcosa come 3 milioni di euro all'anno, a cui si devono aggiungere tutti i contributi CONAI non presi per la bassa qualità della poca raccolta differenziata che riusciamo a fare.
Audite, audite..
Oggi, alle 14:30 audizione pubblica della Commissione Territorio sul ciclo dei rifiuti (pardon) Materiali Post Consumo a Genova in concomitanza con la presentazione della collocazione dei tre impianti "finali": trattamento meccanico biologico, digestore anaerobico, gasificatori che saranno collocati in testa alla grande discarica genovese in località Scarpino.Per conto di Italia Nostra anch'io sarò audito ( almeno così spero, le altre volte i consiglieri se ne stavano a fare chiacchiere e a leggere il giornale) e quello che segue è il testo che consegnerò.
Niente di nuovo per gli " abituè" di questo blog, ma come ben sapete giova sempre ripetere le cose.
COSTI DEL NON FARE RACCOLTA DIFFERENZIATA DI QUALITA’ CHI LI PAGA?
Oltre l’ 80% degli scarti dei genovesi (tra l’ 85 e il 90%) è separabile in modo differenziato e utilizzabile per il riuso e il riciclo: questo è quanto emerge dalla analisi merceologiche degli scarti della città; un dato che la stessa AMIU è costretta ad ammettere.
Una famiglia che si organizza per separare alla fonte le principali classi merceologiche (organico, carta, vetro, plastiche e metalli, pile, farmaci, tessuti) è in grado di raggiungere una raccolta differenziata pari all’86% dei suoi scarti, come ha dimostrato uno studio, effettuato nel 2006 da Italia Nostra, su un campione di 106 famiglie italiane (http://files.me.com/federico.valerio/ryabs5).
Questo significa che una famiglia, o un esercente,ben informati e motivati sono in grado di separare alla fonte tutti i materiali riciclabili e riutilizzabili che, con gli acquisti o la loro attività, entrano nell’abitazione o nell’esercizio commerciale.
E raccolte con differenziazioni dell’80% sono ormai realtà frequenti in molti comuni Italiani passati a sistemi di raccolta Porta a Porta, attualmente i migliori sistemi in grado di garantire alta quantità ed elevata qualità delle frazioni separate.
Il 60% di questi materiali sono imballaggi (plastica, vetro, carta/cartone, metalli , legno) e nel restante, almeno il 25 % - 30 % circa sono scarti di cibo (frazione organica).
Tutti gli ex imballaggi hanno un valore economico, pari almeno al contributo che il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce ai Comuni che effettuano la raccolta differenziata.
Questo valore dipende dalla purezza delle diverse frazioni merceologiche raccolte: quanto più una frazione è omogenea e pulita, tanto più è l’entità del contributo CONAI.
Oggi, una tonnellata di PET (bottiglie in plastica per acqua, bevande gasate e latte) e di Polietilene (flaconi per detersivi, shampoo…) nella classe più elevata di qualità riceve dal CONAI 314 €, e una tonnellata di lattine di alluminio altrettanto bene selezionate, vale per il Consorzio 420,33 €.
Questo contributo copre solo in parte l’intero costo della raccolta differenziata (si stima in media il 30% dei costi di raccolta), ma l’organizzazione più “onerosa” (la separazione alla fonte) è a carico delle famiglie e delle attività commerciali e la raccolta differenziata bisogna comunque farla; è obbligatoria, sia per le famiglie e gli esercizi commerciali che per i Comuni.
Visto che la raccolta differenziata è obbligatoria, tanto vale farla bene, incentivare la sua pratica, organizzare le opportune economie di scala, spuntare i valori massimi dei contributi CONAI e in questo modo ridurre i costi della raccolta ed evitare i costi per lo smaltimento che, se realizzati con la gasificazione e l’incenerimento con recupero energetico, sono molto elevati; in Europa vanno da 90 a 120 euro per tonnellata.
Gli scarti di cibo e di giardino non rientrano negli accordi CONAI, tuttavia, raccolti in modo separato e sottoposti a processi di compostaggio possono essere usati per produrre ammendanti compostati misti impiegabili in agricoltura enella produzione di terriccio di qualità per orticoltura e floro-vivaistica, con un valore medio di mercato dello sfuso tra 5 e 15 € a tonnellata (con punte fino a 30 € per lo sfuso e del doppio per l’insacchettato).
Nel 2007, negli scarti degli abitanti della provincia di Genova c’erano 41.000 tonnellate di imballaggi in plastica e 4.000 tonnellate di alluminio con un valore CONAI, rispettivamente di 11,3 e 1,7 milioni di Euro.
Nello stesso anno, gli scarti umidi e verdi della provincia di Genova ammontavano a 166.000 tonnellate con le quali si sarebbero potuto produrre 58.000 tonnellate di compost, con un valore commerciale di circa 600.000 Euro.
Pertanto, focalizzando l’attenzione solo sugli imballaggi in plastica e in alluminio e sulla frazione umida e ipotizzando che la produzione provinciale nel 2009 sia rimasta simile a quella del 2007, il loro attuale contributo Conai ammonterebbe a 13,6 milioni di euro, di cui 9 milioni circa (66 %) attribuibili al solo Comune di Genova.
A tutti questi soldi Genova rinuncia in larga parte (in media per il 75 – 80 %) sia per mancata RD sia per la scarsa qualità della raccolta.
Il mancato contributo CONAI potrebbe essere considerato un evento virtuale, che non pesa nelle casse del Comune e dell’AMIU, in quanto questo costo è totalmente a carico delle famiglie che, al momento dell’acquisto di un prodotto, pagano una tassa occulta, pari a 7 centesimi per chilo di imballaggio, che il produttore dell’imballaggio gira al CONAI.
Sono invece un fatto reale le ecotasse che il Comune di Genova deve pagare alla Regione Liguria per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata e per il mancato riciclo.
L’ecotassa regionale ammonta a 10,33 euro per ogni tonnellata di MPC conferita a discarica, a cui si aggiunge una sovratassa del 20 % per il mancato raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata che, oggi, è pari al 50%.
Pertanto, oggi una tonnellata di rifiuti mandata a Scarpino ci costa , in ecotasse 12, 39 €.
Nel 2009 il comune di Genova ha mandato a Scarpino circa 251.500 tonnellate di rifiuti e questo ci è costato più di 3 milioni di euro in ecotasse! Questa cifra è segnata in rosso nel bilancio del Comune e per il momento non è stata scaricata sui bilanci delle famiglie.
Tuttavia, questo significa che ai Genovesi sono state sottratte importanti risorse, ad esempio per incentivare il compostaggio domestico, per migliorare la qualità delle frazioni raccolte, per realizzare nuove isole ecologiche, per estendere il porta a porta a tutta Sestri e Pontedecimo: un danno a carico della collettività di cui è responsabile principalmente l’alta dirigenza AMIU, ma anche l’amministrazione comunale.
Si noti che solo il 10 % dell’ecotassa regionale viene reimpiegato in attività inerenti la gestione regionale del ciclo dei rifiuti.
Questo è un danno che la Corte dei Conti potrebbe sanzionare, come ha già fatto in Campania dove è stato riconosciuto che oltre che un danno all'ambiente, la mancata raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani costituisce un danno economico per l'Erario. La sentenza 1492/2009 della Corte dei Conti ha sentenziato che, qualora la raccolta differenziata non venga effettuata, i comuni debbano risarcire lo Stato per una spesa non prevista. La sentenza è stata emessa contro il Comune di Marcianise (RD al 12%) e contro il sindaco.
La Corte dei conti ha stabilito per il comune campano un danno che supera i 450 mila euro.
Sono tre i danni contestati:
- un danno per il Comune che ha dovuto pagare all'Ente preposto la tariffa di smaltimento rifiuti per il conferimento dell'indifferenziato che si sarebbe evitata qualora la raccolta differenziata fosse stata attuata;
- altro danno, sempre in conto alle casse comunali è costituito dai mancati introiti che si sarebbero potuti ricavare dalla vendita del materiale riciclato.
- terza, ed ultima contestazione, è il danno provocato, oltre che al Comune, anche all'Erario, costituito dal collasso del piano integrato dei rifiuti e dei costi emergenti, cui l'insufficiente raccolta ha costretto con uno smodato ricorso al conferimento in discarica, mentre le normative Europee impongono il ricorso alla discarica solo come “Extrema ratio”.
Come ridurre il danno
Il Comune di Genova deve predisporre un crono-programma per gli obiettivi di riduzione e ricicloche la cittadinanza deve raggiungere nel tempo, traguardando la riduzione del 10%e il riciclo del 65% entro il 2014, prima dell’entrata in funzione del gasificatore.L’istituzione dell’Osservatorio Comunale sulla corretta gestione dei Materiali Post Consumo, dovrà garantire il rispetto del crono-programma e segnalare tempestivamente i necessari aggiustamenti.
Scelta prioritaria dovrà essere l’attuazione dei correttivi previsti ai progetti pilota di raccolta Porta a Porta di Sestri e Pontedecimo, il raggiungimento stabile in queste zone di una raccolta differenziata del 65-70% e l’estensione, nei prossimi 12 mesi , su tutti i due quartieri, della raccolta porta a porta.
Secondo obiettivo prioritario del Comune deve essere la riduzione della produzione di MPC che sarà realizzata accordando sconti sulla tariffa a famiglie e aziende che autocertificano scelte finalizzate a produrre meno scarti:
- Compostaggio domestico
- Uso di pannolini ecologici
- Ristorazione con acqua e bevande alla spina
- Abolizione dell’usa e getta per posate, stoviglie, tovaglie