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mercoledì 12 ottobre 2011

Lontano dagli occhi

I lavoratori dei cantieri navali di Genova sono in una profonda crisi di nervi ed i loro cortei, un giorno si e uno no, paralizzano la città, con l'appoggio e la comprensione dei genovesi  che capiscono bene che se i cantieri chiudono è tutta la città che ne soffrirebbe.

Tra i tanti problemi, la mancanza di commesse e si aspettano aiuti dallo stato mamma, aiuti che non vengono.

La Fincantieri è prodiga di fantasiose idee per superare la crisi;  l'ultima è stata presentata, in questi giorni, a Napoli e la scelta della "location" non è stata casuale.

C'erano tutte le autorità ma non il sindaco Demagistris, probabilmente non a caso.

Infatti, la proposta per il rilancio della cantieristica navale è un inceneritore, meglio un gasificatore a plasma da 150.000 tonnellate, galleggiante, piazzato in porto.

Lontano dagli occhi (nel porto) lontano dal cuore.

Peccato che le emissioni dell'inceneritore a plasma, ancorchè contenute, grazie alla strabiliante moderna tecnologica e quantunque ridotte quasi a zero,  come affermano le agenzie di stampa, viaggiano liberamente nell'aria e dall'aria al mare e dal mare alle alghe, dalle alghe al plancton, dal plancton alle acciughe, dalle acciughe ai tonni e dai tonni agli umani.

A riguardo vi racconto un piccolo annedoto.

Alcuni anni fa, negli anni '80, con l'Italia a caccia di sistemi di smaltimento rifiuti, in particolare quelli tossici che navigavano da un porto all'altro in cerca di approdo ospitale,  la Capitaneria di Genova chiese il parere all' Istituto dove lavoro, in merito ad una nave inceneritrice che una ditta americana proponeva di installare nel golfo di Genova.

La pratica mi fu affidata e mi bastarono poche ore di ricerca sulle banche dati di allora per verificare che quella stessa nave con inceneritore a bordo aveva operato nel golfo del Messico per alcuni anni e aveva chiuso baracca e burattini quando arrivò il parere dell'EPA , Ente Americano per la Protezione dell'Ambiente, con le valutazioni di quel periodo di sperimentazione.

I modelli applicati dall'EPA al problema avevano valutato che i pur "trascurabili" composti organici clorurati, sfuggiti ai filtri e ricaduti in mare, si sarebbero progressivamente concentrati lungo la catena alimentare marina, fino a rendere incompatibili al consumo umano i tonni pescati in quel grande golfo, a causa delle concentrazioni che questo composto tossico avrebbe raggiunto nelle carni di questi pesci di altura, penultimi anelli della catena. L'ultimo anello delle catene alimentari, ricordiamocelo,  sono i nostri figli ancora lattanti.

A seguito di questo parere, la nave ( se non ricordo male si chiamava Vulcan) spense i camini, accese i motori, lasciò il Golfo del Messico  e qualche mese dopo era nel Meditteraneo per offrire i propri servizi.

L'Italia, anche grazie al parere negativo del sottoscritto,  rifiutò il grazioso omaggio e mi dicono, che la nave Vulcan abbia trovato lidi più ospitali nel Mar Nero, dove sembra abbia terminato i suoi giorni.

Che la Fincantieri e l'ingegneria navale possano e debbano  realizzare nuovi prodotti è indubbio, ma con gli inceneritori galleggianti non si va da nessuna parte, anche negli interessi dei lavoratori; molto meglio allora turbine eoliche  galleggianti compatibili con fondali profondi abbinati a cisterne galleggianti, per il trasporto dell'idrogeno prodotto con l'elettrolisi dell'acqua a far da spola tra il mare e la costa, presso gli stabilimenti di utilizzo.

Ancor meglio se a galleggiare fossero impianti fotovoltaici, certamente di minore impatto e più resistenti a eventi marini estremi.

Nell'immediato, una piattaforma galleggiante nel porto di Genova e negli altri porti italiani, il cui prototipo si potrebbe realizzare nei cantieri di Sestri ,comunque ce la vedrei.

Ma niente inceneritori o centrali a olio di palma o Jatrhopa, la mia piattaforma dovrebbe, in modo apparentemente più modesto essere attrezzata per lavorare gli scarti parzialmente differenziati prodotti nel porto stesso e nei quartieri che si affacciano al porto,

E attraccata a questa piattaforma, che lascia libere preziosi spazi in banchina, ci vedrei bene una nave che, caricata di carta, plastica, metalli puliti e ben separati, porti queste nuove merci prodotte dalla città, nei luoghi di trasformazione, attrezzate a queste scopo, per diventare nuovi oggetti di uso quotidiano.

E per non essere tacciato da utopista senza i piedi per terra, questo è quello che avviene su alcune banchine del porto di San Francisco (USA), città che raccoglie in modo differenziato e ricicla oltre il 70 per cento dei suoi scarti e che ha realizzato i centri di riciclo su alcune banchine del suo porto, dove attraccano le navi dirette in Cina che, nonostante la crisi mondiale, ha fame della carta e delle plastiche miste che noi in Italia buttiamo nelle discariche e nei forni degli inceneritori..

Se poi gli ingegneri navali troveranno anche il modo di realizzare, magari su più piani, un impianto anaerobico e di compostaggio galleggiante, per il trattamento biologico dei carichi di banane andati a male, tanto di cappello...

Sarebbe la soluzione ideali per le tante isole nostrane e per i tanti porti in cui, non bisogna dimenticarlo, la raccolta differenziata è obbligatoria

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