lunedì 10 settembre 2012

Alluminio secondario, la green economy sarda?

All'ALCOA di Portovesme per produrre una tonnellata di alluminio primario, prodotto a partire dal minerale, ci vogliono 14.000 chilowattore di elettricità.
Per produrre  una tonnellata di alluminio secondario, sottoforma di lattine, basta  fonderle a 660 gradi centigradi in un forno elettrico, con il consumo di solo 700 chilowattore, il 95 % in meno.
Come abbiamo visto in Italia non esistono miniere di bauxite, il minerale da cui si produce l'alluminio primario, come fino ad oggi si fa ( faceva?) a Portovesme.
Al contrario il nostro Paese è ricco di alluminio secondario, sotto forma di lattine usate e rottami di alluminio.
E mentre a Portovesme, in un anno si producono ( producevano ) 194.000 tonnellate di alluminio primario, nello stesso anno (dati 2006), l'Italia produceva 666.000 tonnellate di alluminio secondario.
Insomma la raccolta differenziata è la nostra miniera, di fatto inesauribile, in quanto gli oggetti in alluminio, finita la loro funzione, possono essere riciclati praticamente all'infinito.
Dati più recenti (2010) ci dicono che nonostante la crisi, la produzione nazionale di alluminio secondario è aumentato (806.000 tonnellate), di cui 46.500 tonnellate sono di lattine di alluminio recuperate grazie alla raccolta differenziata e corrispondenti al 72% di lattine immesse in commercio.
Grazie all'attività di 25 fonderie, sparse in tutt'Italia, con il riciclo delle 806.000 tonnellate di alluminio secondario, abbiamo risparmiato 2,8 milioni di tonnellate di petrolio.

Sarebbe interessante sapere quanto petrolio spera di tirare su, il ministro Passera, trivellando tutti i mari Italiani.

Ritorniamo alla Sardegna e cominicamo a costruire uno scenario di economia verde sarda.
Ipotizziamo che a Portovesme si produca alluminio seondario, utilizzando solo fonti di energie rinnovabili.

Come abbiamo visto l'Italia produce quantità interessanti di alluminio secondario, in grado di coprire gran parte dell'uso interno di alluminio, e la Sardegna ha una buona disponibilità di energia idraulica, eolica e solare. La sua vocazione agro-pastorale, fa ritenere che, grazie alla digestione anaerobica degli scarti biodegradabili prodotti in loco, anche le biomasse sarde possano dare un loro valido contributo al Nuovo Piano.

Ipotizzando che, a Portovesme "verde", la produzione annua di alluminio secondario sia simile a quello primario (194.000 tonnellate), l'energia richiesta è di 136 milioni di chilowattore all'anno.
In base alla produzione degli attuali parchi eolici sardi, bastano 61 torri eoliche da un megawatt ciascuno per alimentare la fabbrica verde di Portoscuso. Se poi  le torri sono da 2,3 megawatt, come quelle che si sono installate a Porto Scuso, di turbine eoliche ce ne vogliono trentanove.

Una integrazione con le attuali centrali idroellettiche sarde e la realizzazione di nuovi impianti solari integrati sui tetti di edifici pubblici ed insustriali e una rete diffusa di impianti per la produzione di biometano immesso nella rete di distribuzione del gas, permetterebbero di minimizzare gli impatti paesagistici degli impianti eolici e solari

Ed ecco la bozza di una "Economia Verde" in grado di garantire occupazione stabile e sviluppo duraturo nel tempo: fare della Sardegna il campo di prova per una autosufficenza energetica basata su produzioni efficenti, a basso impatto ambientale, con l'uso prevalente di fonti di energie rinnovabili, inserite nella prima rete elettrica intelligente Italiana.
Sappiamo bene che oggi, le energie rinnovabili sono più costose di quelle fossili e che il paesaggio e la produzione agraria richiedono cura ed equilibrio nella realizzazione degli impianti a energia rinnovabile ma, una volta garantito il necessario equilibrio, come pensate che evolvano le cose nel prossimo futuro, in particolare i prezzi dell'energia e delle materie prime?

5 commenti:

  1. Ho avuto lo stesso dubbio tuo... ma la ALCOA non potrebbe riconvertirsi a sfruttare alluminio secondario da riciclo e diminuire così i consumi energetici ?

    Ho interpellato un chimico-fisico esperto del settore proveniente dall'ambiente di ASPO Italia. La risposta è stata NEGATIVA.

    La ALCOA non produce semplice alluminio primario, ma "leghe speciali", come quelle che si usano per fare i cerchioni delle automobili:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Leghe_di_alluminio

    Queste leghe necessitano di dosi assolutamente controllate di drogaggio con rame, zinco, silicio, manganese, magnesio, silicio, sono prodotti metallurgici dalle prestazioni inarrivabili al semplice alluminio di riciclo di bassa qualità (o forse troppo costosi per giustificarne l'utilizzo).

    Questo implica produzione da alluminio primario, da bauxite appunto, con costi energetici sproporzionati, dell'ordine di 250MW e oltre di dispacciamento impegnato solo per loro.

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    1. Grazie per l'informazione. Comunque la mia proposta non era di riconvertire l'Alcoa, ma di studiare una diversa attività produttiva compatibili con le risorse del territorio che garantisse una occupazione stabile.
      Con la crisi mondiale dell'automobile ho l'impressione che produrre cerchioni in lega non ci porta tanto lontano.
      Comunque chiedi al tuo amico esperto se raccogliendo in modo differenziato i cerchioni in lega, sia possibile produrre nuovi cerchioni in lega

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  2. Da quel poco che ne so, alla Alcoa non producono prodotti finiti, ma solo laminati, lingotti, piastre, blocchi, che poi saranno lavorati dalle aziende che comprano da loro il materiale. Avere una singola linea produttiva basata sul riciclo spinto del materiale post vendita (ma solo di quello avente le giuste caratteristiche), sarebbe probabilmente troppo costoso e non risolverebbe nemmeno il problema (dovrebbe essere esteso per tutti i tipi di materiale che producono). Anche la logistica la vedo dura, far venire da tutto il mondo merci da rifondere.

    Purtroppo, il nostro assurdo sistema produttivo capitalistico, depreda risorse fossili lavorandole in pochi punti ma sparpaglia materiali preziosi in ogni angolo del globo... ciò rende il riciclo di materiali speciali (che non siano commodity tipo carta, vetro, stagnati) molto difficili nella pratica.

    La transizione verso la sostenibilità sarà lenta e dolorosa, su questo non vi è dubbio.

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    1. Da quello che dici nulla vieta che a Portovesme si possa concentrare la produzione di alluminio secondario Sardo,, fondendo rottami di alluminio prodotti in Sardegna e eventualmente importati dal continente.
      Lascio ad altri le valutazioni economiche di questa operazione, ma che da oggi in poi non possono più trascurare gli extracosti delle attività produttive, in particolare i costi ambientali e sanitari prodotti dalle scelte e la durata nel tempo del processo scelto.
      Fare una raccolta differenziata dei cerchioni in lega non è impossibile, in quanto certamente si fa già nei centri di rottamazione delle auto, visto l'elevato valore dell'alluminio secondario (il Consorzio Alluminio da imballaggio lo paga oltre 400 euro a tonnellata). Per quanto dice il tuo amico, è probabile che i cerchi in lega usati, abbiano un valore ancora maggiore che potrebbero giustificare non solo la loro raccolta differenziata, ma anche la fusione in forni dedicati, con la successiva produzione di cerchi in lega.
      Se pensi che la Cina riempie le sue navi di ritorno, da USA e Europa con le nostre cassette della frutta di polietilene usate, per riciclare questo polimero a casa propria, ti puoi fare un'idea di quanta strada dobbiamo ancora fare. I Cinesi hanno capito da tempo che riciclare conviene e questo vale per le plastiche monotipo (polietilene,PET...) e ancor più per l'alluminio e il rame secondario.
      Comunque, notizia sentita di corsa oggi: per l'ALCOAsi è proposto di usare energia eolica! E' sempre energia sovvenzionata con denaro pubblico, ma almeno è certamente ad impatto ambientale nullo, dal punto di vista chimico e tossicologico.

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    2. come diceva il sig. paolo, in alcoa non si producono cerchi in lega, ma alluminio primario in forma di lingotti, billette, e placche. tutti in leghe particolari, le quali poi si prestano agli usi piu disparati. per produrre cerchi in lega si attuano lavorazioni diverse, che a portovesme non hanno mai nemmeno pianificato.
      lavorare l'alluminio per sola rifusione poi, comporta si un risparmio notevole in bolletta, ma un extra costo altrettanto notevole nell'acquisto e l'approvvigionamento dei rottami in alluminio.
      ultimo fattore non trascurabile poi, il fatto che a portovesme si produca un alluminio puro al 99% per il 70% della produzione (150.000 T anno), mentre la maggior parte dei rottami in circolazione, non arrivano nemmeno vicini a tale grado di purezza del metallo.
      infine, rispondo ad una sua domanda, sig. valerio.
      rifondendo cerchi in lega, si possono benissimo fare altri cerchi in lega, a patto che siano della stessa lega; diversamente, si dovrà procedere con una rilavorazione della lega allo stato liquido... e naturalmente abbiamo temperature ben al di sopra dei 660 gradi centigradi di cui parlava pocanzi.

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