Ogni anno in Italia 426.000 tonnellate di pneumatici arrivano alla fine della loro vita lungo le strade.
E che fine fanno?
Oggi, 180.000 tonnellate finiscono come combustibili nei cementifici non senza problemi per la qualità delle loro emissioni. Solo 46.000 tonnellate ritornano sulle strade come pneumatici ricostruiti, mentre
altre 100.000 tonnellate finiscono in discariche abusive.
Quest'ultimo destino dovrebbe finire, per lo meno per il fatto che da qualche tempo, quando compriamo un treno di pneumatici nuovi, paghiamo anche i costi per il ritiro e il riciclo alla fine della loro prima vita.
E grazie a questo nostro contributo in danaro c'è da augurarsi che le 100.000 tonnellate di pneumatici oggi avviato al recupero di materia sia destinato ad aumentare.
Ancora una volta, al posto del fuoco "purificatore" è molto meglio che questo particolare Materiale Post Consumo , il pneumatico, sia avviato al riuso.
Nel caso specifico il granulato di pneumatici usati, mescolato al bitume, permette di fare asfalti con caratteristiche molto interessanti: maggiore effetto drenante, meno rumore all'uso, maggiore durata, minor consumo dei pneumatici delle vetture circolanti su questo nuovo tipo di asfalto.
E visto che questo particolare uso rientra nell'obbligo delle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti verdi, le tanto vituperate province a cui è affidata la manutenzione delle strade provinciali, potrebbero essere i maggiori acquirenti di asfalto "verde", con possibile riduzione delle loro spese.
Sul tema, un piccolo annedoto segnalatomi alcuni giorno or sono da Ganapini il quale mi ha ricordato come negli anni '70, a Genova fu realizzata la prima esperienza di asfalto "verde", con l'aggiunta al bitume di plastiche post consumo.
L'idea e la conduzione della sperimentazione fu del prof Umberto Bianchi, docente in Macromolecole della facoltà di Chimica. Nonostante gli ottimi risultati, simili a quelli qui citati per i copertoni, non se ne fece nulla, probabilmente per la contrarietà delle lobby dei bitumi.
Quindi abbiamo perso 40 anni, prima di cominciare a fare le cose giuste.
Oggi c'è il rischio che all'asfalto "verde" si mettano di traverso le lobby dei cementifici e degli inceneritori- gasificatori che vedono come fumo nei loro occhi usi alternativi, a basso impatto ambientale, di polimeri di sintesi post consumo come pneumatici e plastiche, senza i quali i loro impianti non avrebbero niente da bruciare e da lucrare.
martedì 25 ottobre 2011
lunedì 24 ottobre 2011
Cantieri Futuri
Quali navi speciali possano costruire i cantieri di Genova Sestri resta, stranamente, nel vago.
Da una serie di indizi, tra cui le ultime dichiarazioni della Sindaco di Genova, sono certo che le preferenze vanno a gasificatori a plasma galleggianti per il trattamento di rifiuti urbani.
Temo che questa scelta per i cantieri genovesi sia un fiasco colossale.
Al mondo i gasificatori al plasma, utilizzati per trattare rifiuti urbani sono rari; l'unico che sembra funzioni bene è quello di Ottawa che ha a monte una buona raccolta differenziata. Comunque questo gasificatore ha le sue fondamenta ben saldate alla terra.
Tutto questo significa che il mercato dei gasificatori galleggianti non sembra molto ricco, anche perchè gli impianti al plasma sono di complessa gestione, con bilanci energetici incerti e certamente molto costosi.
E senza aiuti e aiutini pubblici il costo di gasificatori al plasma metterà una croce su questa filiera.
Venendo al potenziale mercato italiano di questo tipo di navi speciali, il porto di Genova sarebbe tagliato fuori, in quanto la scelta di un gasificatore presso la discarica di Scarpino è già stata fatta e la chiusura della centrale a carbone in porto sarà sostituita con un sovradimensionamento della centrale a metano prevista a Genova Cornigliano, nell'area industriale che ospita i laminatoi delle acciaierie Riva.
Che il porto di Napoli ospiti l'impianto lo vedo difficile, in quanto sicuramente il Comune si metterà di traverso poichè il Sindaco Demagistris ha vinto le elezioni mettendo nel suo programma il porta a porta esteso a tutta la città, gli impianti di compostaggio e il ritorno alle loro originarie funzioni dei trattamenti meccanico biologici. E conti alla mano, con queste scelte il secondo inceneritore campano sarà inutile.
Quanto il programma di DeMagistris sia realistico, lo si vedrà nei prossimi mesi.
Anche i porti siciliani sembrano tagliati fuori, in quanto le nuove scelte del governo regionale puntano al totale recupero di materia (sempre con trattamenti meccanico biologici).
Proporre torce al plasma galleggianti per risolvere il problemi dei rifiuti dell'isola del Giglio e Ponza appare, chiaramente, una schiocchezza.
Pertanto, una scelta razionale che punta alla vera innovazione, in sintonia con i tempi che cambiano ( DI RIFIUTI SE NE PRODURRA SEMPRE MENO) e in grado di venire incontro alle reali esigenze del "mercato", è quella di progettare e realizzare a Genova Sestri strutture galleggianti modulari in grado di ospitare sistemi di trattamenti meccanico biologici in grado di rispondere, con costi contenuti e basso impatto ambientale, alle necessità, che tutti i porti hanno: fare raccolta differenziata e riciclo di tutti gli scarti che producono le navi quando attraccano (traghetti, navi passeggeri, navi adibite al trasporto di merci deperibili).
E lo ricordiamo ancora una volta, i materiali post consumo ben differenziati e chimicamente caratterizzati, hanno già un mercato globale e sempre più lo avranno, quando la sbornia consumistica ci sarà passata.
Da una serie di indizi, tra cui le ultime dichiarazioni della Sindaco di Genova, sono certo che le preferenze vanno a gasificatori a plasma galleggianti per il trattamento di rifiuti urbani.
Temo che questa scelta per i cantieri genovesi sia un fiasco colossale.
Al mondo i gasificatori al plasma, utilizzati per trattare rifiuti urbani sono rari; l'unico che sembra funzioni bene è quello di Ottawa che ha a monte una buona raccolta differenziata. Comunque questo gasificatore ha le sue fondamenta ben saldate alla terra.
Tutto questo significa che il mercato dei gasificatori galleggianti non sembra molto ricco, anche perchè gli impianti al plasma sono di complessa gestione, con bilanci energetici incerti e certamente molto costosi.
E senza aiuti e aiutini pubblici il costo di gasificatori al plasma metterà una croce su questa filiera.
Venendo al potenziale mercato italiano di questo tipo di navi speciali, il porto di Genova sarebbe tagliato fuori, in quanto la scelta di un gasificatore presso la discarica di Scarpino è già stata fatta e la chiusura della centrale a carbone in porto sarà sostituita con un sovradimensionamento della centrale a metano prevista a Genova Cornigliano, nell'area industriale che ospita i laminatoi delle acciaierie Riva.
Che il porto di Napoli ospiti l'impianto lo vedo difficile, in quanto sicuramente il Comune si metterà di traverso poichè il Sindaco Demagistris ha vinto le elezioni mettendo nel suo programma il porta a porta esteso a tutta la città, gli impianti di compostaggio e il ritorno alle loro originarie funzioni dei trattamenti meccanico biologici. E conti alla mano, con queste scelte il secondo inceneritore campano sarà inutile.
Quanto il programma di DeMagistris sia realistico, lo si vedrà nei prossimi mesi.
Anche i porti siciliani sembrano tagliati fuori, in quanto le nuove scelte del governo regionale puntano al totale recupero di materia (sempre con trattamenti meccanico biologici).
Proporre torce al plasma galleggianti per risolvere il problemi dei rifiuti dell'isola del Giglio e Ponza appare, chiaramente, una schiocchezza.
Pertanto, una scelta razionale che punta alla vera innovazione, in sintonia con i tempi che cambiano ( DI RIFIUTI SE NE PRODURRA SEMPRE MENO) e in grado di venire incontro alle reali esigenze del "mercato", è quella di progettare e realizzare a Genova Sestri strutture galleggianti modulari in grado di ospitare sistemi di trattamenti meccanico biologici in grado di rispondere, con costi contenuti e basso impatto ambientale, alle necessità, che tutti i porti hanno: fare raccolta differenziata e riciclo di tutti gli scarti che producono le navi quando attraccano (traghetti, navi passeggeri, navi adibite al trasporto di merci deperibili).
E lo ricordiamo ancora una volta, i materiali post consumo ben differenziati e chimicamente caratterizzati, hanno già un mercato globale e sempre più lo avranno, quando la sbornia consumistica ci sarà passata.
venerdì 21 ottobre 2011
Palazzo della Rumenta
A Genova, patria degli splendidi palazzi Bianco e Rosso di via Garibaldi, è stato inaugurato il nuovo Palazzo Verde gia Magazzino dell' Abbondanza, in via del Molo, a due passi dall'Acquario, meglio conosciuto in città come Museo della "Rumenta".
Palazzo Verde è la prima cellula di un Museo diffuso dedicato all'ambiente e all' uso intelligente delle risorse, a cominciare dall'energia e dai Materiali Post Consumo.
Faccio parte del suo Comitato Scientifico, ho avuto l'onore di produrre il primo Quaderno edito da questo Museo-Laboratorio e sono in buona compagnia: Ganapini, Favoino, Viale, Ciacci...
All'inizio di via del Molo, una grande scultura annuncia il Palazzo: e' un tirannosauro realizzato con materiali di scarto , in prevalenza copertoni, che ingurgita "rumenta tal quale" e defeca "rumenta tal quale".
Il monumento, opera di Serge Van de Put, un esponente della "Trash Art", pesa 550 chili, la quantità media di rifiuti che la città produce per ogni suo abitante e il nome d'arte di questa scultura è " Rumentosauro Ottusus".
Nel corso dell'inaugurazione ho proposto che a breve, a fianco del mostr idiota che spreca preziose risorse , mano a mano che i Genovesi saranno messi in condizione di riciclare meglio e di più e saranno premiati per produrre meno rifiuti, lo stesso artista realizzi la naturale evoluzione di questa sua prima creatura, più piccolo, più agile, con occhi più intelligenti: il Riciclator Genuensis Sapiens.
La proposta, al Sindaco e allo scultore, è piaciuta!
Ovviamente ora lavoriamo perchè Riduzione, Riciclo e Compostaggio, anche grazie ai nuovi spazi espositivi diventino realtà. Sarà dura, perchè ho la sensazione che molti remino contro, ma i genovesi hanno cominciato a capire dove è meglio andare, nell'interesse collettivo.
Palazzo Verde è la prima cellula di un Museo diffuso dedicato all'ambiente e all' uso intelligente delle risorse, a cominciare dall'energia e dai Materiali Post Consumo.
Faccio parte del suo Comitato Scientifico, ho avuto l'onore di produrre il primo Quaderno edito da questo Museo-Laboratorio e sono in buona compagnia: Ganapini, Favoino, Viale, Ciacci...
All'inizio di via del Molo, una grande scultura annuncia il Palazzo: e' un tirannosauro realizzato con materiali di scarto , in prevalenza copertoni, che ingurgita "rumenta tal quale" e defeca "rumenta tal quale".
Il monumento, opera di Serge Van de Put, un esponente della "Trash Art", pesa 550 chili, la quantità media di rifiuti che la città produce per ogni suo abitante e il nome d'arte di questa scultura è " Rumentosauro Ottusus".
Nel corso dell'inaugurazione ho proposto che a breve, a fianco del mostr idiota che spreca preziose risorse , mano a mano che i Genovesi saranno messi in condizione di riciclare meglio e di più e saranno premiati per produrre meno rifiuti, lo stesso artista realizzi la naturale evoluzione di questa sua prima creatura, più piccolo, più agile, con occhi più intelligenti: il Riciclator Genuensis Sapiens.
La proposta, al Sindaco e allo scultore, è piaciuta!
Ovviamente ora lavoriamo perchè Riduzione, Riciclo e Compostaggio, anche grazie ai nuovi spazi espositivi diventino realtà. Sarà dura, perchè ho la sensazione che molti remino contro, ma i genovesi hanno cominciato a capire dove è meglio andare, nell'interesse collettivo.
giovedì 20 ottobre 2011
Fukushima mon amour
Si potrebbe chiamare "Istant Scientific Paper". Si tratta di un articolo di autori spagnoli ( primo nome Lozano R.L.) pubblicato sull'ultimo numero di Environmental International ( 37; 2011, pag 1259-1264).
Il Titolo " Impatto radioattivo dell'incidente di Fukushima sulla penisola Iberica: evoluzione e percorso della nube" ci rimanda al disastro nucleare giapponese che, anche se nessuno ne parla più è ancora in corso, nei suoi effetti sul territorio giapponese intorno alla centrale e nelle misure che si stanno ancora mettendo in atto nella zona del disastro, per limitare i danni.
Leggendo l'articolo si ha un'idea di quanto questo Pianeta e gli umani che lo abitano siano interconnessi.
La nube radioattiva emessa al momento dell'esplosione dell'idrogeno (11 marzo 2011) che tutti abbiamo visto in televisione, assorbita alle polveri sottili ( già proprio loro le PM10 e le PM2,5) trasportata dai venti in quota, ha attraversato l'oceano Pacifico, tutti gli Stati Uniti, l'oceano Atlantico e tra il 28 marzo al 7 aprile è planato sulla penisola iberica ( Spagna ) lasciando segni evidenti del suo passaggio sui campionatori di PM10 attivati per l'occasione.
Iodio e cesio radiattivo, made in Japan, sono stati chiaramente registrati, e analoghe tracce evidenti sono state registrate lungo il precedente passaggio sulle terre emerse.
Ovviamente, l'intensità delle radiazioni e il possibile danno alla salute si sono progressivamente ridotti, mano a mano che la nube radioattiva si è allontanata dall'epicentro del disastro: dal 15 e 19 marzo la quantità massima di Iodio 131 a Tokio in un metro cubo d'aria era di 5000 milliBequerel. Il 21 e 24 marzo nell'aria di Saipan ( isole Marianne USA) i millibequerel erano scesi a 27; il 24 marzo a Orlando (USA) i milliBequerel per metro cubo erano 7 e a Huelva tra il 28 marzo e il 7 aprile la concentrazione massima è stata di 4 milli bequerel.
Tanto per capuire cosa significano questi numeri, a Huelva, prima dell'arrivo della nube (15-17 marzo) la concentrazione di Iodio 131 era, come al solito, inferiore a 0,030 millibequerel per metro cubo.
E in Italia?
Da noi, come abbiamo già raccontato, si è subito allertato il centro di Ispra e la rete nazionale di rilevamento.
Nel sito del Centro si è aperta una apposita pagina che, giorno dopo giorno, ci ha tenuto aggiornati su quello che succedeva in Giappone e in Italia.
In effetti, nei primi di aprile il passaggio della nube radioattiva è stato registrato anche in Italia con valori compatibili a quelli trovati in Spagna.
Un'unica osservazione, per dovere di cronaca. La traiettoria della nube stimata dagli spagnoli vede la Sicilia come zona principale del suo passaggio sul territorio nazionale, una volta lasciata la Spagna.
Come si può vedere dalla mappa dei luogi di monitoraggio, presente nel sito di ISPRA, tutta Italia è adeguatamente coperta . L'unica regione senza stazioni di monitoraggio di radionuclidi è proprio la Sicilia.
Il centro di Ispra , per tutta l'emegenza ha sottolineato che la radioattiviotà misurata nel nostro paese non ha rilevanza sanitaria.
Non ne dubitiamo, diciamo però che dopo lo iodio e il cesio ucraino, avremmo ben volentieri fatto a meno anche di questo pò di iodio e cesio
Il Titolo " Impatto radioattivo dell'incidente di Fukushima sulla penisola Iberica: evoluzione e percorso della nube" ci rimanda al disastro nucleare giapponese che, anche se nessuno ne parla più è ancora in corso, nei suoi effetti sul territorio giapponese intorno alla centrale e nelle misure che si stanno ancora mettendo in atto nella zona del disastro, per limitare i danni.
Leggendo l'articolo si ha un'idea di quanto questo Pianeta e gli umani che lo abitano siano interconnessi.
La nube radioattiva emessa al momento dell'esplosione dell'idrogeno (11 marzo 2011) che tutti abbiamo visto in televisione, assorbita alle polveri sottili ( già proprio loro le PM10 e le PM2,5) trasportata dai venti in quota, ha attraversato l'oceano Pacifico, tutti gli Stati Uniti, l'oceano Atlantico e tra il 28 marzo al 7 aprile è planato sulla penisola iberica ( Spagna ) lasciando segni evidenti del suo passaggio sui campionatori di PM10 attivati per l'occasione.
Iodio e cesio radiattivo, made in Japan, sono stati chiaramente registrati, e analoghe tracce evidenti sono state registrate lungo il precedente passaggio sulle terre emerse.
Ovviamente, l'intensità delle radiazioni e il possibile danno alla salute si sono progressivamente ridotti, mano a mano che la nube radioattiva si è allontanata dall'epicentro del disastro: dal 15 e 19 marzo la quantità massima di Iodio 131 a Tokio in un metro cubo d'aria era di 5000 milliBequerel. Il 21 e 24 marzo nell'aria di Saipan ( isole Marianne USA) i millibequerel erano scesi a 27; il 24 marzo a Orlando (USA) i milliBequerel per metro cubo erano 7 e a Huelva tra il 28 marzo e il 7 aprile la concentrazione massima è stata di 4 milli bequerel.
Tanto per capuire cosa significano questi numeri, a Huelva, prima dell'arrivo della nube (15-17 marzo) la concentrazione di Iodio 131 era, come al solito, inferiore a 0,030 millibequerel per metro cubo.
E in Italia?
Da noi, come abbiamo già raccontato, si è subito allertato il centro di Ispra e la rete nazionale di rilevamento.
Nel sito del Centro si è aperta una apposita pagina che, giorno dopo giorno, ci ha tenuto aggiornati su quello che succedeva in Giappone e in Italia.
In effetti, nei primi di aprile il passaggio della nube radioattiva è stato registrato anche in Italia con valori compatibili a quelli trovati in Spagna.
Un'unica osservazione, per dovere di cronaca. La traiettoria della nube stimata dagli spagnoli vede la Sicilia come zona principale del suo passaggio sul territorio nazionale, una volta lasciata la Spagna.
Come si può vedere dalla mappa dei luogi di monitoraggio, presente nel sito di ISPRA, tutta Italia è adeguatamente coperta . L'unica regione senza stazioni di monitoraggio di radionuclidi è proprio la Sicilia.
Il centro di Ispra , per tutta l'emegenza ha sottolineato che la radioattiviotà misurata nel nostro paese non ha rilevanza sanitaria.
Non ne dubitiamo, diciamo però che dopo lo iodio e il cesio ucraino, avremmo ben volentieri fatto a meno anche di questo pò di iodio e cesio
lunedì 17 ottobre 2011
Canadair o Biotrituratori
Da stamattina due Canadair, ogni cinque minuti, mi passano sulla testa, facendo la spola tra il mare e le alture di Genova, per spegnere diversi incendi boschivi.
Si pensa che causa di questi incendi possano essere falò di rovi "sfuggiti al controllo".
Ieri sono andati in fumo 20 ettari di bosco anche nelle Cinqueterre e in questo caso si è trovato il colpevole, un quarantenne che ha pensato bene di dare fuoco ad un pò di sue potature, senza tenere conto del forte vento e dell'assenza di piogge da alcune settimane. Se quelle potature le avesse triturate e compostate, il nostro "piromane per caso" avrebbe qualche problema in meno ( è stato denunciato per incendio colposo) e tutti noi un bosco in più e un pò di danaro pubblico a disposizione per altri usi.
Sperando di trovare orecchie attente, provo a rilanciare una proposta alla Regione Liguria, la quale paga con nostro denaro, gli interventi di idrovolanti e elicotteri: investire in prevenzione!
Ossia, utilizzare "una tantum" il costo medio dello spegnimento di un incendio ( noleggio Canadair ed elicotteri) per l'acquisto di biotrituratori portatili e semoventi, da mettere a disposizione di tutti i contadini veri e quelli della domenica per triturare sterpaglie e potature e metterli in condizione di usare il cippato ottenuto come pacciamatura e strutturante per la produzione di compost, dopo un opportuno trattamento biologico degli scarti verdi con il sistema a cumulo.
E per consegnare i trituratori agli interessati e aiutarli a farli funzionare potrebbero essere impegnati i volontari anti incendio che sarebbero comunque all'interno delle loro funzioni: prevenire gli incendi.
Contemporaneamente, in tutta la Liguria, in qualunque stagione, divieto assoluto di accendere fuochi per eliminare scarti agricoli.
Inutile ribadire che questa norma sarebbe anche un efficace sistema per ridurre l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili.
Le lamentele me le sento già: abbiamo sempre fatto così.
Certamente i contadini hanno sempre usato il fuoco per tener puliti boschi e prati ma: sapevano farlo, lo facevano nella stagione giusta ( quella umida e senza vento), i boschi e i prati erano già puliti per facilitare l'accesso e permettere il pascolo e i raccolti e se qualcosa andava storto erano in tanti sul posto ad intervenire per bloccare subito le fiamme. E altrettanto certamente i contadini da sempre praticavano, senza saperlo il compostaggio, lo chiamavano "liamme", letame
Si pensa che causa di questi incendi possano essere falò di rovi "sfuggiti al controllo".
Ieri sono andati in fumo 20 ettari di bosco anche nelle Cinqueterre e in questo caso si è trovato il colpevole, un quarantenne che ha pensato bene di dare fuoco ad un pò di sue potature, senza tenere conto del forte vento e dell'assenza di piogge da alcune settimane. Se quelle potature le avesse triturate e compostate, il nostro "piromane per caso" avrebbe qualche problema in meno ( è stato denunciato per incendio colposo) e tutti noi un bosco in più e un pò di danaro pubblico a disposizione per altri usi.
Sperando di trovare orecchie attente, provo a rilanciare una proposta alla Regione Liguria, la quale paga con nostro denaro, gli interventi di idrovolanti e elicotteri: investire in prevenzione!
Ossia, utilizzare "una tantum" il costo medio dello spegnimento di un incendio ( noleggio Canadair ed elicotteri) per l'acquisto di biotrituratori portatili e semoventi, da mettere a disposizione di tutti i contadini veri e quelli della domenica per triturare sterpaglie e potature e metterli in condizione di usare il cippato ottenuto come pacciamatura e strutturante per la produzione di compost, dopo un opportuno trattamento biologico degli scarti verdi con il sistema a cumulo.
E per consegnare i trituratori agli interessati e aiutarli a farli funzionare potrebbero essere impegnati i volontari anti incendio che sarebbero comunque all'interno delle loro funzioni: prevenire gli incendi.
Contemporaneamente, in tutta la Liguria, in qualunque stagione, divieto assoluto di accendere fuochi per eliminare scarti agricoli.
Inutile ribadire che questa norma sarebbe anche un efficace sistema per ridurre l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili.
Le lamentele me le sento già: abbiamo sempre fatto così.
Certamente i contadini hanno sempre usato il fuoco per tener puliti boschi e prati ma: sapevano farlo, lo facevano nella stagione giusta ( quella umida e senza vento), i boschi e i prati erano già puliti per facilitare l'accesso e permettere il pascolo e i raccolti e se qualcosa andava storto erano in tanti sul posto ad intervenire per bloccare subito le fiamme. E altrettanto certamente i contadini da sempre praticavano, senza saperlo il compostaggio, lo chiamavano "liamme", letame
venerdì 14 ottobre 2011
Mobilità Critica
Premetto subito che ho un abbonamento annuo sia per gli autobus in città che per i percorsi extraurbani in corriera.
Ieri mattina, la corriera della linea T delle 07:45 , da Bogliasco a Genova Brignole, è passata di corsa, senza fermarsi, lasciando sulla pensilina il sottoscritto, insieme ad una decina di bogliaschini attoniti.
La scelta dell'autista era peraltro comprensibile a vista, in quanto l'automezzo affidato alla sua responsbilità era già stracarico.
Anche la rabbia dei rimasti a piedi era comprensibile.
Causa di tutto ciò: i tagli governativi agli Enti Locali, in questo caso alla Provincia di Genova, che nei fatti, sono diventati tagli all'offerta di servizi. In soldoni, meno corriere in circolazione!
Insomma questo è solo l'assaggio della crisi della finanza globale!
Chi ancora crede alla favola che Berlusconi non mette le mani nelle tasche degli italiani si svegli!.
Ieri, l'arrivo fortunoso al lavoro con "solo" 30 minuti di ritardo, mi è "costato" 25 euro, il valore del mio tempo di lavoro perso, tempo che ho dovuto recuperare con uno straordinario non programmato.
Se, grazie ai tagli delle corse degli autobus, non avessi alternative per arrivare al lavoro entro l'orario prefissato, non mi resterebbe che tornare all' automobile e ogni giorno, solo di benzina, sarebbero 3 euro e 26 centesimi (stima di via-michelin), 65,2 euri al mese.
Nel conto non c'è il tempo perso alla guida e a cercare parcheggio, lo stress, i rischi che la pressione arteriosa mi aumenti, i costi di manutenzione dell'auto e la inevitabile quota di multe ed incidenti la cui probabilità aumenta in funzione del chilometraggio percorso.
Certamente mi costa molto meno l'abbonamento annuo al servizio extraurbano.
Sta certamente peggio chi per venire in città usa il treno, il cui uso è diventato una roulette con una elevata probabilità che dal cartellone dei transiti esca "CANCELLATO". In questo caso tutti i finanziamenti sono andati all'Alta Velocità e si sa i pensolari non hanno padrini.
Ma siamo poi sicuri che la bilancia pubblica tragga beneficio da queste scelte?
L'effetto di questi tagli è già visibile: più gente è ritornata all'automobile, rallentando i flussi e aumentando i consumi di carburante..
Questi aumenteranno le emissioni di gas-serra e l'inadempienza del nostro Paese verso gli accordi con l'Europa e quindi aumenteranno le "penali" previste a nostro carico
L'aumento dei consumi di carburante e la maggiore usura degli automezzi riguarderà anche i mezzi di trasporto pubblico con maggiori oneri a carico delle società di trasporto.
Inevitabilemente aumenteranno incidenti e inquinamento e gli uni e l'altro, aumenteranno il numero di malanni e ricoveri ospedalieri, con relativi oneri sociali.
La previsione che aumenteranno anche le morti precoci, in particolare degli anziani a causa delle polveri sottili, è una certezza e solo questo tipo di evento farà bene ai bilanci pubblici, azzerando prima del tempo, un pò di pensioni di vecchiaia.
E gli incidenti stradali mortali che coinvolgeranno giovani precari in moto, lasceranno il sistema economico assolutamente indifferente: fantasmi erano e fantasmi rimarranno
Ieri mattina, la corriera della linea T delle 07:45 , da Bogliasco a Genova Brignole, è passata di corsa, senza fermarsi, lasciando sulla pensilina il sottoscritto, insieme ad una decina di bogliaschini attoniti.
La scelta dell'autista era peraltro comprensibile a vista, in quanto l'automezzo affidato alla sua responsbilità era già stracarico.
Anche la rabbia dei rimasti a piedi era comprensibile.
Causa di tutto ciò: i tagli governativi agli Enti Locali, in questo caso alla Provincia di Genova, che nei fatti, sono diventati tagli all'offerta di servizi. In soldoni, meno corriere in circolazione!
Insomma questo è solo l'assaggio della crisi della finanza globale!
Chi ancora crede alla favola che Berlusconi non mette le mani nelle tasche degli italiani si svegli!.
Ieri, l'arrivo fortunoso al lavoro con "solo" 30 minuti di ritardo, mi è "costato" 25 euro, il valore del mio tempo di lavoro perso, tempo che ho dovuto recuperare con uno straordinario non programmato.
Se, grazie ai tagli delle corse degli autobus, non avessi alternative per arrivare al lavoro entro l'orario prefissato, non mi resterebbe che tornare all' automobile e ogni giorno, solo di benzina, sarebbero 3 euro e 26 centesimi (stima di via-michelin), 65,2 euri al mese.
Nel conto non c'è il tempo perso alla guida e a cercare parcheggio, lo stress, i rischi che la pressione arteriosa mi aumenti, i costi di manutenzione dell'auto e la inevitabile quota di multe ed incidenti la cui probabilità aumenta in funzione del chilometraggio percorso.
Certamente mi costa molto meno l'abbonamento annuo al servizio extraurbano.
Sta certamente peggio chi per venire in città usa il treno, il cui uso è diventato una roulette con una elevata probabilità che dal cartellone dei transiti esca "CANCELLATO". In questo caso tutti i finanziamenti sono andati all'Alta Velocità e si sa i pensolari non hanno padrini.
Ma siamo poi sicuri che la bilancia pubblica tragga beneficio da queste scelte?
L'effetto di questi tagli è già visibile: più gente è ritornata all'automobile, rallentando i flussi e aumentando i consumi di carburante..
Questi aumenteranno le emissioni di gas-serra e l'inadempienza del nostro Paese verso gli accordi con l'Europa e quindi aumenteranno le "penali" previste a nostro carico
L'aumento dei consumi di carburante e la maggiore usura degli automezzi riguarderà anche i mezzi di trasporto pubblico con maggiori oneri a carico delle società di trasporto.
Inevitabilemente aumenteranno incidenti e inquinamento e gli uni e l'altro, aumenteranno il numero di malanni e ricoveri ospedalieri, con relativi oneri sociali.
La previsione che aumenteranno anche le morti precoci, in particolare degli anziani a causa delle polveri sottili, è una certezza e solo questo tipo di evento farà bene ai bilanci pubblici, azzerando prima del tempo, un pò di pensioni di vecchiaia.
E gli incidenti stradali mortali che coinvolgeranno giovani precari in moto, lasceranno il sistema economico assolutamente indifferente: fantasmi erano e fantasmi rimarranno
mercoledì 12 ottobre 2011
Lontano dagli occhi
I lavoratori dei cantieri navali di Genova sono in una profonda crisi di nervi ed i loro cortei, un giorno si e uno no, paralizzano la città, con l'appoggio e la comprensione dei genovesi che capiscono bene che se i cantieri chiudono è tutta la città che ne soffrirebbe.
Tra i tanti problemi, la mancanza di commesse e si aspettano aiuti dallo stato mamma, aiuti che non vengono.
La Fincantieri è prodiga di fantasiose idee per superare la crisi; l'ultima è stata presentata, in questi giorni, a Napoli e la scelta della "location" non è stata casuale.
C'erano tutte le autorità ma non il sindaco Demagistris, probabilmente non a caso.
Infatti, la proposta per il rilancio della cantieristica navale è un inceneritore, meglio un gasificatore a plasma da 150.000 tonnellate, galleggiante, piazzato in porto.
Lontano dagli occhi (nel porto) lontano dal cuore.
Peccato che le emissioni dell'inceneritore a plasma, ancorchè contenute, grazie alla strabiliante moderna tecnologica e quantunque ridotte quasi a zero, come affermano le agenzie di stampa, viaggiano liberamente nell'aria e dall'aria al mare e dal mare alle alghe, dalle alghe al plancton, dal plancton alle acciughe, dalle acciughe ai tonni e dai tonni agli umani.
A riguardo vi racconto un piccolo annedoto.
Alcuni anni fa, negli anni '80, con l'Italia a caccia di sistemi di smaltimento rifiuti, in particolare quelli tossici che navigavano da un porto all'altro in cerca di approdo ospitale, la Capitaneria di Genova chiese il parere all' Istituto dove lavoro, in merito ad una nave inceneritrice che una ditta americana proponeva di installare nel golfo di Genova.
La pratica mi fu affidata e mi bastarono poche ore di ricerca sulle banche dati di allora per verificare che quella stessa nave con inceneritore a bordo aveva operato nel golfo del Messico per alcuni anni e aveva chiuso baracca e burattini quando arrivò il parere dell'EPA , Ente Americano per la Protezione dell'Ambiente, con le valutazioni di quel periodo di sperimentazione.
I modelli applicati dall'EPA al problema avevano valutato che i pur "trascurabili" composti organici clorurati, sfuggiti ai filtri e ricaduti in mare, si sarebbero progressivamente concentrati lungo la catena alimentare marina, fino a rendere incompatibili al consumo umano i tonni pescati in quel grande golfo, a causa delle concentrazioni che questo composto tossico avrebbe raggiunto nelle carni di questi pesci di altura, penultimi anelli della catena. L'ultimo anello delle catene alimentari, ricordiamocelo, sono i nostri figli ancora lattanti.
A seguito di questo parere, la nave ( se non ricordo male si chiamava Vulcan) spense i camini, accese i motori, lasciò il Golfo del Messico e qualche mese dopo era nel Meditteraneo per offrire i propri servizi.
L'Italia, anche grazie al parere negativo del sottoscritto, rifiutò il grazioso omaggio e mi dicono, che la nave Vulcan abbia trovato lidi più ospitali nel Mar Nero, dove sembra abbia terminato i suoi giorni.
Che la Fincantieri e l'ingegneria navale possano e debbano realizzare nuovi prodotti è indubbio, ma con gli inceneritori galleggianti non si va da nessuna parte, anche negli interessi dei lavoratori; molto meglio allora turbine eoliche galleggianti compatibili con fondali profondi abbinati a cisterne galleggianti, per il trasporto dell'idrogeno prodotto con l'elettrolisi dell'acqua a far da spola tra il mare e la costa, presso gli stabilimenti di utilizzo.
Ancor meglio se a galleggiare fossero impianti fotovoltaici, certamente di minore impatto e più resistenti a eventi marini estremi.
Nell'immediato, una piattaforma galleggiante nel porto di Genova e negli altri porti italiani, il cui prototipo si potrebbe realizzare nei cantieri di Sestri ,comunque ce la vedrei.
Ma niente inceneritori o centrali a olio di palma o Jatrhopa, la mia piattaforma dovrebbe, in modo apparentemente più modesto essere attrezzata per lavorare gli scarti parzialmente differenziati prodotti nel porto stesso e nei quartieri che si affacciano al porto,
E attraccata a questa piattaforma, che lascia libere preziosi spazi in banchina, ci vedrei bene una nave che, caricata di carta, plastica, metalli puliti e ben separati, porti queste nuove merci prodotte dalla città, nei luoghi di trasformazione, attrezzate a queste scopo, per diventare nuovi oggetti di uso quotidiano.
E per non essere tacciato da utopista senza i piedi per terra, questo è quello che avviene su alcune banchine del porto di San Francisco (USA), città che raccoglie in modo differenziato e ricicla oltre il 70 per cento dei suoi scarti e che ha realizzato i centri di riciclo su alcune banchine del suo porto, dove attraccano le navi dirette in Cina che, nonostante la crisi mondiale, ha fame della carta e delle plastiche miste che noi in Italia buttiamo nelle discariche e nei forni degli inceneritori..
Se poi gli ingegneri navali troveranno anche il modo di realizzare, magari su più piani, un impianto anaerobico e di compostaggio galleggiante, per il trattamento biologico dei carichi di banane andati a male, tanto di cappello...
Sarebbe la soluzione ideali per le tante isole nostrane e per i tanti porti in cui, non bisogna dimenticarlo, la raccolta differenziata è obbligatoria
Tra i tanti problemi, la mancanza di commesse e si aspettano aiuti dallo stato mamma, aiuti che non vengono.
La Fincantieri è prodiga di fantasiose idee per superare la crisi; l'ultima è stata presentata, in questi giorni, a Napoli e la scelta della "location" non è stata casuale.
C'erano tutte le autorità ma non il sindaco Demagistris, probabilmente non a caso.
Infatti, la proposta per il rilancio della cantieristica navale è un inceneritore, meglio un gasificatore a plasma da 150.000 tonnellate, galleggiante, piazzato in porto.
Lontano dagli occhi (nel porto) lontano dal cuore.
Peccato che le emissioni dell'inceneritore a plasma, ancorchè contenute, grazie alla strabiliante moderna tecnologica e quantunque ridotte quasi a zero, come affermano le agenzie di stampa, viaggiano liberamente nell'aria e dall'aria al mare e dal mare alle alghe, dalle alghe al plancton, dal plancton alle acciughe, dalle acciughe ai tonni e dai tonni agli umani.
A riguardo vi racconto un piccolo annedoto.
Alcuni anni fa, negli anni '80, con l'Italia a caccia di sistemi di smaltimento rifiuti, in particolare quelli tossici che navigavano da un porto all'altro in cerca di approdo ospitale, la Capitaneria di Genova chiese il parere all' Istituto dove lavoro, in merito ad una nave inceneritrice che una ditta americana proponeva di installare nel golfo di Genova.
La pratica mi fu affidata e mi bastarono poche ore di ricerca sulle banche dati di allora per verificare che quella stessa nave con inceneritore a bordo aveva operato nel golfo del Messico per alcuni anni e aveva chiuso baracca e burattini quando arrivò il parere dell'EPA , Ente Americano per la Protezione dell'Ambiente, con le valutazioni di quel periodo di sperimentazione.
I modelli applicati dall'EPA al problema avevano valutato che i pur "trascurabili" composti organici clorurati, sfuggiti ai filtri e ricaduti in mare, si sarebbero progressivamente concentrati lungo la catena alimentare marina, fino a rendere incompatibili al consumo umano i tonni pescati in quel grande golfo, a causa delle concentrazioni che questo composto tossico avrebbe raggiunto nelle carni di questi pesci di altura, penultimi anelli della catena. L'ultimo anello delle catene alimentari, ricordiamocelo, sono i nostri figli ancora lattanti.
A seguito di questo parere, la nave ( se non ricordo male si chiamava Vulcan) spense i camini, accese i motori, lasciò il Golfo del Messico e qualche mese dopo era nel Meditteraneo per offrire i propri servizi.
L'Italia, anche grazie al parere negativo del sottoscritto, rifiutò il grazioso omaggio e mi dicono, che la nave Vulcan abbia trovato lidi più ospitali nel Mar Nero, dove sembra abbia terminato i suoi giorni.
Che la Fincantieri e l'ingegneria navale possano e debbano realizzare nuovi prodotti è indubbio, ma con gli inceneritori galleggianti non si va da nessuna parte, anche negli interessi dei lavoratori; molto meglio allora turbine eoliche galleggianti compatibili con fondali profondi abbinati a cisterne galleggianti, per il trasporto dell'idrogeno prodotto con l'elettrolisi dell'acqua a far da spola tra il mare e la costa, presso gli stabilimenti di utilizzo.
Ancor meglio se a galleggiare fossero impianti fotovoltaici, certamente di minore impatto e più resistenti a eventi marini estremi.
Nell'immediato, una piattaforma galleggiante nel porto di Genova e negli altri porti italiani, il cui prototipo si potrebbe realizzare nei cantieri di Sestri ,comunque ce la vedrei.
Ma niente inceneritori o centrali a olio di palma o Jatrhopa, la mia piattaforma dovrebbe, in modo apparentemente più modesto essere attrezzata per lavorare gli scarti parzialmente differenziati prodotti nel porto stesso e nei quartieri che si affacciano al porto,
E attraccata a questa piattaforma, che lascia libere preziosi spazi in banchina, ci vedrei bene una nave che, caricata di carta, plastica, metalli puliti e ben separati, porti queste nuove merci prodotte dalla città, nei luoghi di trasformazione, attrezzate a queste scopo, per diventare nuovi oggetti di uso quotidiano.
E per non essere tacciato da utopista senza i piedi per terra, questo è quello che avviene su alcune banchine del porto di San Francisco (USA), città che raccoglie in modo differenziato e ricicla oltre il 70 per cento dei suoi scarti e che ha realizzato i centri di riciclo su alcune banchine del suo porto, dove attraccano le navi dirette in Cina che, nonostante la crisi mondiale, ha fame della carta e delle plastiche miste che noi in Italia buttiamo nelle discariche e nei forni degli inceneritori..
Se poi gli ingegneri navali troveranno anche il modo di realizzare, magari su più piani, un impianto anaerobico e di compostaggio galleggiante, per il trattamento biologico dei carichi di banane andati a male, tanto di cappello...
Sarebbe la soluzione ideali per le tante isole nostrane e per i tanti porti in cui, non bisogna dimenticarlo, la raccolta differenziata è obbligatoria
martedì 11 ottobre 2011
Dalla Cina con orrore
Le notizie che arrivano dalla Cina meritano attenzione in quanto potrebbero essere il costo oscuro del loro e nostro modello di sviluppo.
In Cina, nel 1996, ogni 1000 nati si registravano 8,77 malformazioni. Nel 2010 ogni 1000 bambini/e nati in quel paese, 15 risultavano malformati. Un aumento del 70,9%!
La fonte di questi drammatici numeri è assolutamente ufficiale: il Rapporto sullo stato di salute di donne e bambini pubblicato a settembre di quest'anno.
In parte, questo incremento può essere dovuto ad una migliore registrazione dei dati, ma il fatto che la maggiore incidenza di malformazioni si registri nelle regioni cinesi maggiormente inquinate ed in particolare presso miniere di carbone e ferro, lascia pochi dubbi che l'inquinamento dell'ambiente e di conseguenza del cibo possa essere uno dei principali fattori di questa nuova strage degli innocenti.
La Cina è un paese di forti contrasti e se è vero che la crescita esponenziale del suo prodotto interno lordo si accompagna ad un pesante inquinamento ambientale è pur vero che moltissimi studi sull'entità e le cause dell'inquinamento ambientale si svolgono in Cina, a cura di ricercatori Cinesi.
E così leggendo questi articoli si scopre che gran parte dei nostri scarti elettronici ( cellulari, computer..) sono "riciclati" in Cina, con tecniche primitive, quali quella di dare fuoco ai cavi elettrici per recuperare il prezioso rame.
Peccato che durante la combustione della guaina di plastica (di solito in PVC) si liberino quantità incredibili di diossine.
Ma la cosa peggiore è che questa pratica avviene nei pressi di allevamenti di gamberetti e pesci.
E visto il mercato globale, non mi stupirei se la contaminazione prodotta, a causa dei nostri metodi scriteriati di riciclo dei RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettroniche e Elettriche), ci ritornasse nei nostri piatti, magari con il marchio Made in Italy, formalmente corretto, in quanto l'alimento finale è stato si prodotto in Italia, ma con materie prime provenienti da tutto il mondo, Cina in testa.
In Cina, nel 1996, ogni 1000 nati si registravano 8,77 malformazioni. Nel 2010 ogni 1000 bambini/e nati in quel paese, 15 risultavano malformati. Un aumento del 70,9%!
La fonte di questi drammatici numeri è assolutamente ufficiale: il Rapporto sullo stato di salute di donne e bambini pubblicato a settembre di quest'anno.
In parte, questo incremento può essere dovuto ad una migliore registrazione dei dati, ma il fatto che la maggiore incidenza di malformazioni si registri nelle regioni cinesi maggiormente inquinate ed in particolare presso miniere di carbone e ferro, lascia pochi dubbi che l'inquinamento dell'ambiente e di conseguenza del cibo possa essere uno dei principali fattori di questa nuova strage degli innocenti.
La Cina è un paese di forti contrasti e se è vero che la crescita esponenziale del suo prodotto interno lordo si accompagna ad un pesante inquinamento ambientale è pur vero che moltissimi studi sull'entità e le cause dell'inquinamento ambientale si svolgono in Cina, a cura di ricercatori Cinesi.
E così leggendo questi articoli si scopre che gran parte dei nostri scarti elettronici ( cellulari, computer..) sono "riciclati" in Cina, con tecniche primitive, quali quella di dare fuoco ai cavi elettrici per recuperare il prezioso rame.
Peccato che durante la combustione della guaina di plastica (di solito in PVC) si liberino quantità incredibili di diossine.
Ma la cosa peggiore è che questa pratica avviene nei pressi di allevamenti di gamberetti e pesci.
E visto il mercato globale, non mi stupirei se la contaminazione prodotta, a causa dei nostri metodi scriteriati di riciclo dei RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettroniche e Elettriche), ci ritornasse nei nostri piatti, magari con il marchio Made in Italy, formalmente corretto, in quanto l'alimento finale è stato si prodotto in Italia, ma con materie prime provenienti da tutto il mondo, Cina in testa.
martedì 4 ottobre 2011
La nuova vita delle gomme
Ogni anno in Italia 426.000 tonnellate di pneumatici arrivano alla fine della loro vita lungo le strade.
E che fine fanno?
Oggi, 180.000 tonnellate finiscono come combustibili nei cementifici non senza problemi per la qualità delle loro emissioni. Solo 46.000 tonnellate ritornano sulle strade come pneumatici ricostruiti, mentre
altre 100.000 tonnellate finiscono in discariche abusive.
Quest'ultimo destino dovrebbe finire, per lo meno per il fatto che da qualche tempo, quando compriamo un treno di pneumatici nuovi, paghiamo anche i costi per il ritiro e il riciclo alla fine della loro prima vita.
E grazie a questo nostro contributo in danaro c'è da augurarsi che le 100.000 tonnellate di pneumatici oggi avviato al recupero di materia sia destinato ad aumentare.
Ancora una volta, al posto del fuoco "purificatore" è molto meglio che questo particolare Materiale Post Consumo , il pneumatico, sia avviato al riuso.
Nel caso specifico il granulato di pneumatici usati, mescolato al bitume, permette di fare asfalti con caratteristiche molto interessanti: maggiore effetto drenante, meno rumore all'uso, maggiore durata, minor consumo dei pneumatici delle vetture circolanti su questo nuovo tipo di asfalto.
E visto che questo particolare uso rientra nell'obbligo delle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti verdi, le tanto vituperate province a cui è affidata la manutenzione delle strade provinciali, potrebbero essere i maggiori acquirenti di asfalto "verde", con possibile riduzione delle loro spese.
Sul tema, un piccolo annedoto segnalatomi alcuni giorno or sono da Ganapini il quale mi ha ricordato come negli anni '70, a Genova fu realizzata la prima esperienza di asfalto "verde", con l'aggiunta al bitume di plastiche post consumo.
L'idea e la conduzione della sperimentazione fu del prof Umberto Bianchi, docente in Macromolecole della facoltà di Chimica. Nonostante gli ottimi risultati, simili a quelli qui citati per i copertoni, non se ne fece nulla, probabilmente per la contrarietà delle lobby dei bitumi.
Quindi abbiamo perso 40 anni, prima di cominciare a fare le cose giuste.
Oggi c'è il rischio che all'asfalto "verde" si mettano di traverso le lobby dei cementifici e degli inceneritori- gasificatori che vedono come fumo nei loro occhi usi alternativi, a basso impatto ambientale, di polimeri di sintesi post consumo come pneumatici e plastiche, senza i quali i loro impianti non avrebbero niente da bruciare e da lucrare.
E che fine fanno?
Oggi, 180.000 tonnellate finiscono come combustibili nei cementifici non senza problemi per la qualità delle loro emissioni. Solo 46.000 tonnellate ritornano sulle strade come pneumatici ricostruiti, mentre
altre 100.000 tonnellate finiscono in discariche abusive.
Quest'ultimo destino dovrebbe finire, per lo meno per il fatto che da qualche tempo, quando compriamo un treno di pneumatici nuovi, paghiamo anche i costi per il ritiro e il riciclo alla fine della loro prima vita.
E grazie a questo nostro contributo in danaro c'è da augurarsi che le 100.000 tonnellate di pneumatici oggi avviato al recupero di materia sia destinato ad aumentare.
Ancora una volta, al posto del fuoco "purificatore" è molto meglio che questo particolare Materiale Post Consumo , il pneumatico, sia avviato al riuso.
Nel caso specifico il granulato di pneumatici usati, mescolato al bitume, permette di fare asfalti con caratteristiche molto interessanti: maggiore effetto drenante, meno rumore all'uso, maggiore durata, minor consumo dei pneumatici delle vetture circolanti su questo nuovo tipo di asfalto.
E visto che questo particolare uso rientra nell'obbligo delle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti verdi, le tanto vituperate province a cui è affidata la manutenzione delle strade provinciali, potrebbero essere i maggiori acquirenti di asfalto "verde", con possibile riduzione delle loro spese.
Sul tema, un piccolo annedoto segnalatomi alcuni giorno or sono da Ganapini il quale mi ha ricordato come negli anni '70, a Genova fu realizzata la prima esperienza di asfalto "verde", con l'aggiunta al bitume di plastiche post consumo.
L'idea e la conduzione della sperimentazione fu del prof Umberto Bianchi, docente in Macromolecole della facoltà di Chimica. Nonostante gli ottimi risultati, simili a quelli qui citati per i copertoni, non se ne fece nulla, probabilmente per la contrarietà delle lobby dei bitumi.
Quindi abbiamo perso 40 anni, prima di cominciare a fare le cose giuste.
Oggi c'è il rischio che all'asfalto "verde" si mettano di traverso le lobby dei cementifici e degli inceneritori- gasificatori che vedono come fumo nei loro occhi usi alternativi, a basso impatto ambientale, di polimeri di sintesi post consumo come pneumatici e plastiche, senza i quali i loro impianti non avrebbero niente da bruciare e da lucrare.
Cacca di pollo
Il servizio di Presa Diretta di ieri sera ( RAI3, a cura di Corrado Iacona) è stato angosciante, anche se i fatti raccontati non sono nuovi.
Gli agricoltori in Italia spariscono e, con loro, le terre coltivate.
Ma non spariscono solo i contadini, spariscono anche i pastori e i pescatori, E' una strage silenziosa che non interessa i media e tanto meno la classe politica. Il colpevole è il mercato senza regole che, ad esempio, fa venire nei porti italiani navi cariche di grano ucraino o australiano, con lo scopo dichiarato di tenere bassi i prezzi dei nostri prodotti e poter lucrare sul mercato internazionale con accordi tra le cinque multinazionali che controllano a livello mondiale questo mercato.
Analoga sorte per i pomodori e il formaggio.
La trasmissione ha dimostrato che il made in Italy è una favola ( soli il 50% del grano usato nei nostri pastifici è di produzione nazionale) ma questo è il problema minore.
L'abbandono dei campi non è solo disoccupazione crescente ma anche dissesto idrogeologico, aumenti dei costi al consumo, bilancia commerciale negativa, desertificazione del territorio.
Dubito che un governo autorevole non sia in grado di favorire sinergie tra produttori e trasformatori o ancor meglio, aiutare i produttori (contadini) a diventare anche trasformatori dei loro prodotti, abbreviendo la filiera dal produttore all'utilizzatore del prodotto finale.
Questa trasformazione epocale potrebbe anche essere possibile aiutando i contadini a diventare utilizzatori e produttori di energie rinnovabili, privilegiando quelle prodotte con scarti agricoli.
Il mercato invece sfrutta le debolezze del mondo contadino per affittare a quattro soldi i loro terreni ed installare al posto del grano e delle viti, pannelli fotovoltaici, la cui energia è pagata con danaro pubblico in base ai certificati verdi dati senza regole e tanto meno con criteri attenti agli interessi collettivi.
E questo è anche il danno minore, in quanto il terreno agricolo rende di più se diventa un mezzo per smaltire rifiuti speciali ( fanghi di depurazione), se non addirittura tossici e pericolosi.
L'unica alternativa che vedo è che chi produce beni vitali come il cibo e
Gli agricoltori in Italia spariscono e, con loro, le terre coltivate.
Ma non spariscono solo i contadini, spariscono anche i pastori e i pescatori, E' una strage silenziosa che non interessa i media e tanto meno la classe politica. Il colpevole è il mercato senza regole che, ad esempio, fa venire nei porti italiani navi cariche di grano ucraino o australiano, con lo scopo dichiarato di tenere bassi i prezzi dei nostri prodotti e poter lucrare sul mercato internazionale con accordi tra le cinque multinazionali che controllano a livello mondiale questo mercato.
Analoga sorte per i pomodori e il formaggio.
La trasmissione ha dimostrato che il made in Italy è una favola ( soli il 50% del grano usato nei nostri pastifici è di produzione nazionale) ma questo è il problema minore.
L'abbandono dei campi non è solo disoccupazione crescente ma anche dissesto idrogeologico, aumenti dei costi al consumo, bilancia commerciale negativa, desertificazione del territorio.
Dubito che un governo autorevole non sia in grado di favorire sinergie tra produttori e trasformatori o ancor meglio, aiutare i produttori (contadini) a diventare anche trasformatori dei loro prodotti, abbreviendo la filiera dal produttore all'utilizzatore del prodotto finale.
Questa trasformazione epocale potrebbe anche essere possibile aiutando i contadini a diventare utilizzatori e produttori di energie rinnovabili, privilegiando quelle prodotte con scarti agricoli.
Il mercato invece sfrutta le debolezze del mondo contadino per affittare a quattro soldi i loro terreni ed installare al posto del grano e delle viti, pannelli fotovoltaici, la cui energia è pagata con danaro pubblico in base ai certificati verdi dati senza regole e tanto meno con criteri attenti agli interessi collettivi.
E questo è anche il danno minore, in quanto il terreno agricolo rende di più se diventa un mezzo per smaltire rifiuti speciali ( fanghi di depurazione), se non addirittura tossici e pericolosi.
L'unica alternativa che vedo è che chi produce beni vitali come il cibo e
sabato 1 ottobre 2011
Inceneritori a Verona
A San Giovanni Lupatoto, a due passi da Verona, affollata assemblea per parlare di gestioni materiali post consumo a basso impatto ambientale. In prima fila ben 5 sindaci decisi a mettersi di traverso al Sindaco di Verona , il leghista Tosi, che non vuol sentire ragionevole e vuole, fortemente vuole, il nuovo inceneritore.
Verona con una RD al 50% e il PaP nelle aree periferiche batte nettamente Genova ferma ad un misero 30%; ma Genova batte Verona sull incentivazione al compostaggio domestico, pratica ignorata nella patria di Romeo e Giulietta.
L ' analisi dei comitati contro l' inceneritore e' che con la riduzione in atto nella produzione di rifiuti e con l ' estensione del porta a porta a tutta la citta (250000 abitanti), questo impianto non serve.
L' anno prossimo a Verona ci sono le elezioni e certamente qualcuno si candiderà mettendo nel suo programma l' obiettivo prioritario di annullare la realizzazione dell' inceneritore di Ca di Bue, che dovrebbe bruciare 1200 tonnellate di rifiuti al giorno.
Nell incontro in cui ero relatore sono stato prodigo di buoni consigli. Sara' interessante vedere come andrà.
Verona con una RD al 50% e il PaP nelle aree periferiche batte nettamente Genova ferma ad un misero 30%; ma Genova batte Verona sull incentivazione al compostaggio domestico, pratica ignorata nella patria di Romeo e Giulietta.
L ' analisi dei comitati contro l' inceneritore e' che con la riduzione in atto nella produzione di rifiuti e con l ' estensione del porta a porta a tutta la citta (250000 abitanti), questo impianto non serve.
L' anno prossimo a Verona ci sono le elezioni e certamente qualcuno si candiderà mettendo nel suo programma l' obiettivo prioritario di annullare la realizzazione dell' inceneritore di Ca di Bue, che dovrebbe bruciare 1200 tonnellate di rifiuti al giorno.
Nell incontro in cui ero relatore sono stato prodigo di buoni consigli. Sara' interessante vedere come andrà.