La rivista che lo ospita è prestigiosa " Gli annali dell'academia delle scienze di New York"; la lunga lista degli autori ha dichiarato di non avere conflitti di interesse e gli interessi intorno a questa faccenda sono veramente colossali.
Stiamo parlando del carbone e dei suoi costi, meglio dei suoi costi esterni, quelli che non vengono pagati quando si compra il carbone per produrre in elettricità ma che vengono pagati dai minatori, dalle comunità che vivono vicino alle miniere o nelle zone di ricadute dei fumi delle centrali.
Il titolo dell'articolo, pubblicato pochi giorni fa, recita: "Contabilità del costo pieno del ciclo di vita del carbone".
La fortuna del carbone, grazie al quale oggi si produce il 40% dell'elettricità usata in tutto il mondo, è che costa poco: 7 centesimi di dollaro al chilo, una miseria!
Questo è il prezzo pagato a bocca forno, ma quale è il prezzo vero, quello che è in grado di monetizzare i tanti danni che il carbone provoca dalla "culla" ( la miniera) alla "tomba" ( la discarica per i suoi rifiuti solidi, le ceneri, e l'atmosfera per i suoi rifiuti gassosi )?
La nuova lista dei costi veri è lunga e ne citiamo solo alcune voci: si stima che per ogni chilowattore di elettricità prodotta con il carbone, 4,3 centesimi di dollaro se ne vanno a curare le malattie di chi abita nelle aree dove il carbone viene estratto e bruciato ( negli USA, la zona dei monti Appalaci) , altri 3 centesimi sono i danni legati alle alterazioni climatiche indotte dalle emissioni di anidride carbonica. Ci sono poi altre briciole che costano poco ma che mi preoccupano molto e sono i 0,02 centesimi a chilowattore, attribuiti al ritardo mentale di chi respira il mercurio liberato in atmosfera bruciando il carbone!
Alla fine, il costo vero del chilowattore da carbone, quello del valore pieno più probabile è di 17,8 centesimi, un valore che va dal doppio al triplo, rispetto prezzo commerciale dell'energia elettrica prodotta con il carbone.
Ma il bilancio fallimentare del carbone non è ancora finito, in quanto pare proprio che la disponibilità reale di questo combustibile sia molto inferiore ai 200 anni che ci vogliono far credere. Alcune analisi recenti stimano che tra il 2011 e il 2015 la produzione di carbone nel mondo e negli USA abbia raggiunto, raggiungerà il suo picco massimo; dopo queste date la richiesta mondiale sarà maggiore dell'offerta e possiamo cominciare a calare il sipario!
Ma se un modello (quello capitalitico) finisce, un altro totalmente nuovo è già partito, quello basato sull'energia rinnovabile del vento e del sole i cui costi pieni sono già oggi competitivi con il carbone e qualcuno si azzaarda anche ad affermare che la competitività delle rinnovabili la vince anche sull'uranio!
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