Plastiche miste da riciclo di carta e cartoni |
Nel 2017, in Italia, sono stati immessi al consumo circa 2,2 milioni di tonnellate d’imballaggi in plastica che, in gran parte (83%), sono stati raccolti in modo differenziato.
Sarebbe una buona notizia se, nello stesso anno non fossero andati a fuoco sedici depositi di questi scarti, eventi tutt’altro che isolati: dal 2015 a oggi, si contano ottantatré incendi, divampati in altrettanti depositi equamente distribuiti sul territorio nazionale.
Paradossalmente questi fatti, in gran parte delittuosi, dipendono dal successo della raccolta differenziata, alla quale il sistema produttivo nazionale non ha saputo affiancare un numero adeguato di impianti finalizzati alla selezione e al riuso di questi materiali.
Di conseguenza sono aumentati i costi e di fatto si sono azzerati i guadagni. E dar fuoco ai magazzini e prendere i soldi dell'assicurazione potrebbe essere il modo più facile di fare affari con i materiali differenziati.
A peggiorare la situazione, la recente decisione della Cina di bloccare l’importazione delle plastiche usate, comprese quelle dall’Italia, ammontanti a circa 200.000 tonnellate all’anno.
La scelta cinese è stata motivata dall’aumento della propria produzione di scarti, ma anche dalla pessima qualità di quelli che gli mandavamo.
La maggiore difficoltà al riuso delle plastiche deriva dalle cosi dette plastiche miste, la miscela di plastiche di diverso tipo che rimane dopo la separazione meccanica o manuale delle plastiche più pregiate e più facilmente separabili, come ad esempio il PET, la plastica usata per le bottiglie d’acqua.
Per i chimici il riuso di plastiche miste è una bella sfida, ma qualche cosa si sta muovendo, anche in Italia.
A Lucca, l’industria cartaria usa grandi quantità di carta differenziata, ma ancora con un 7% di impurezze scarti di materiale plastico, pari a 120.000 tonnellate/anno, finora destinati all’incenerimento, con costi elevati (130 €/ton).
In visita all'estrusore delle plastiche miste |
Pallet in plastica e in legno |
Il progetto è terminato con esiti positivi: i pallet di plastica riciclata hanno superato i test di carico e di durata e i conti fanno ritenere che, con la loro vendita, vi siano interessanti margini di guadagno anche in previsione di poter esportare i pallet di plastica in Australia, dove quelli di legno sono vietati, poiché potrebbero essere veicolo di funghi e batteri dannosi per le coltivazioni locali.
Pertanto a Lucca si è avviata la realizzata di una nuova linea produttiva che realizzerà quella economia circolare (da scarto a materia seconda) da tanti auspicata.
Tuttavia esistono altre interessanti applicazioni delle plastiche miste, alternativa all’incenerimento e all’uso come combustibile per i cementifici: sostituire il bitume nella preparazione degli asfalti stradali e autostradali, pratica già usata nel Regno Unito, in Irlanda e in Olanda.
Negli anni ottanta la sostituzione del bitume con plastiche di scarto fu ipotizzata dal professor Umberto Bianchi, del Dipartimento di Chimica industriale di Genova che, in collaborazione con la ENICHEM, fece applicare asfalto, fatto con una miscela di bitume e plastica, a trenta chilometri di strada del ragusano.
I test dimostrarono, rispetto agli asfalti tradizionali, la maggiore resistenza al salino e al sole di questo nuovo prodotto e l’asfalto di plastica risultò di più lunga durata e con una minore rumorosità all’uso.
Nonostante questo, non se ne fece nulla: allora gli interessi dei petrolieri nostrani prevalsero.
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