mercoledì 25 giugno 2014

Il bio-metano ci potrebbe dare una mano

Nel 2012, gli italiani hanno scartato 11,3 milioni di tonnellate di avanzi di cibo, scarti di cucina, sfalci d'erba, corrispondente ad oltre il 30% dell'intera quantità dei cosidetti rifiuti urbani.

Quali sarebbero i bilanci di materia se tutte queste frazioni organiche venissero inviate ad impianti di digestione anaerobica, finalizzati a produrre compost e biometano di purezza idonea all'immissione nella rete di distribuzione del gas?

Se si da  da "mangiare" ai batteri anaerobi (chiamati in questo modo, in quanto per loro l'ossigeno dell'aria è un veleno) una tonnellata di organico, si ottengono circa 120 metri cubi di una miscela di gas (biogas), prodotti dall'attività metabolica di questo pasto pantagruelico.

Tramite raffinazione, dal biogas si ottengono 72 metri cubi di metano, con purezza superiore al 97%.

Gli altri gas sono, in prevalenza, anidride carbonica e vapor acqueo e, in minore quantità idrogeno solforato e ammoniaca.

A questo metano, fresco di giornata, è stato dato il nome di biometano, per distinguerlo dal metano fossile, identico per formula chimica (CH4) , ma vecchio di qualche centinaia di milioni di anni e formatosi nelle viscere della Terra, ad opera degli stessi batteri anaerobi, a partire da piante e animali, altrettanto antichi.

Pertanto, dagli 11,3 milioni di tonnellate di prodotti organici che ogni anno gli abitanti del nostro Paese scartano, si potrebbero produrre circa 814 milioni di metri cubi di bio-metano.

Tanti?  Pochi?

Nel 2011, in Italia, il consumo annuale di metano per uso cucina e per la produzione di acqua calda per bagno e doccia è stimabile pari a 770 milioni di metri cubi. Quello stesso anno (il più recente nelle stime ufficiali) il consumo di metano per autotrazione è stato di 882 milioni di metri cubi.

Pertanto,  il biometano prodotto per gestire la produzione urbana di rifiuti organici  (FORSU) , 814milioni metri cubi, sarebbe in grado di coprire  tutti i consumi domestici nazionali per usi cucina e per la doccia, oppure tutti i consumi per l'autotrasporto.

Con il rischio che il metano non ci arrivi più dalla Russia, visto quello che sta succedendo in Ucraina, una completa autonomia energetica nel settore domestico o del trasporto, grazie ad un adeguato trattamento dei nostri rifiuti organici, non mi sembra che sia una opportunità da trascurare.

Se poi si considerano tutti i consumi nazionali di metano, esclusi quelli per la produzione di elettricità,  i consumi  nazionali (2011) sono pari a 31,2 miliardi di metri cubi/anno.

In questo caso, la produzione di biometano coprirebbe il 2,6% di questi consumi, un valore che, ancora una volta,  ho difficoltà a valutare trascurabile, specialmente se si tiene conto di altre importanti caratteristiche di questo combustibile.

Il metano e il biometano si possono immagazzinare nei periodi di minor consumo, la loro produzione è costante tutto l'anno, sono una fonte di energia certamente rinnovabile e la materia prima ( scarti organici) è una produzione nazionale.

Il metano e il biometano, si possono mescolare e insieme possono viaggiare, senza problemi, dal punto di produzione a quello del consumo, tramite una articolata infrstruttura già esistente (rete di distribuzione del gas) che interconnette l'intera Europa; la loro combustione non produce ceneri da smaltire e, a parità di energia prodotta,  entrambi emettono la minor quantità di inquinanti (prevalentemente ossidi di azoto e polveri fini) rispetto agli altri combustibili liquidi e solidi (gasolio, carbone, legna).

Da non sottovalutare l'elevata flessibilità degli usi energetici del metano e del biometano che possono essere usati per produrre calore per usi domestici e industriali, possono essere utilizzati per la cogenerazione di elettricità e calore anche a scala domestica, possono essere utilizzati per autotrazione sia di mezzi leggeri che pesanti.

Infine, vorrei ricordare che insieme a 814 milioni metri cubi di biometano, la scelta della digestione anerobica con compostaggio del digestato (residuo semisolido della digestione anaerobica) ci metterebbe a disposizione 1,7 milioni di tonnellate di compost, idoneo per uso agricolo e 1,2 milioni di tonnellate di CO2, dalla raffinazione del biogas, a un interessante livello di purezza, compatibile con gli usi industriali di questo gas: refrigerante ( ghiaccio secco) , fertilizzante gassoso nelle colture in serra, estintori.

Per doveroso confronto, se tutta la FORSU nazionale fosse compostata,  la quantità di compost prodotta sarebbe il doppio (3,4 milioni di tonnellate ) e circa 2 milioni di tonnellate di CO2 (prodotto di degradazione del compostaggio) sarebbero dispersi in atmosfera.

Per concludere, questo scenario, con la sostituzione di 814 milioni di metano fossile con uguale volume di metano "fresco" e certamente rinnovabile, alla luce dei dati oggi disponibili, non modificherebbe l'attuale quadro emissivo dovuto alla combustione di metano.

Ovviamente, il biometano in rete non pone nessun ostacolo alla contemporanea realizzazione di politiche di incremento della efficenza energetica, specialmente nel riscaldamento domestico, tali da comportare, a parità di confort,  una netta riduzione degli attuali consumi di metano e quindi delle emissioni pericolose per la salute, prodotte dalla sua combustione.

E di pari passo con la riduzione dei consumi di metano, grazie ad adeguate politiche di incentivazione degli isolamenti termici degli edifici, di maggiore efficenza nella produzione di energia e nei consumi, di riduzione delle perdite di rete, l'auto produzione di biometano potrebbe avrebbe un ruolo crescente nella bilancia energetica nazionale.




8 commenti:

  1. Ho un impianto di biodiesel lungo un percorso stradale che frequento spesso. L'impatto odorigeno di queste installazioni sarebbe perlomeno imbarazzante, se non fosse anche molesto. Il biometano va meglio?

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    1. Il trasporto e la manipolazione di scarti organici provoca l'emissione di sostanze odori gene. Opportuni accorgimenti quali uso di sacchi traspiranti nella raccolta domiciliare e conferimento in capannoni in depressione con bio filtrazione dell'aria estratta, minimizza il problema. Poiché la digestione anaerobica avviene in ambienti necessariamente a tenuta di gas per evitare la perdita di metano

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  2. La fase di digestione e produzione di biometano non ha significative emissioni odorigene

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  3. Buongiorno,
    secondo me se si considerano anche tutti gli scarti della produzione agro-alimentare, deiezioni e scarti degli allevamenti animali e fanghi derivati dal trattamento delle acque reflue, forse la stima è ancora più ottimistica.
    Mi chiedevo: come viene gestito il metano raffinato immesso in rete? Viene pagato con incentivi (TEE, Certificati Bianchi,..) oppure viene comprato dai gestori dei servizi energetici?
    Sarebbe possibile o economicamente conveniente per quelli impianti di digestione anaerobica che fanno cogenerazione in loco, "vendere" il biometano raffinato in rete?

    Grazie per le delucidazioni.

    Marco Pigliacampo

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    1. Teoricamente tutti gli scarti organici sono trasformabili in biometano. Occorre fare attenzione alla possibile contaminazione di alcuni scarti quali i fanghi da depurazione o il biogas da discarica rifiuti tal quale che potrebbereo contenere contaminanti incompatibili con l'uso del biometano.
      Sono possibili conversioni degli attuali impianti a biogas a biometano da usare per l'autotrazione o l'immissione in rete. Le tecnologie sono già disponibili come pure incentivi pubblici a questo aggiornamento.

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  5. Lei accenna alla separazione della CO2, ma omette di ricordare che è molto onerosa ed energivora.
    Poi vola leggero sul tema delle emissioni nocive potenzialmente generate dalle molte impurezze sempre presenti e che possono variare molto da un tipo di scarto all’altro.

    Certamente questa soluzione è molto più credibile della libera combustione in loco praticata ora, nella più totale deregulation.
    Fa venire la pelle d'oca pensare che questi impianti possono immettere in aria masse di sostanze inquinanti enormi e che il controllo di routine è affidato a personale scientificamente analfabeta.
    Da buon divulgatore cominci a spiegare che, molto spesso, gli inquinanti più pericolosi non puzzano e non si vedono.

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