Non so se lo avete notato.
Quando una nuova nave è varata, ci sono sempre cerimonie pubbliche con presenza delle autorità, un prete che benedice il vascello e una madrina che taglia il fatidico nastro, con immancabile rottura della bottiglia di champagne sulla prua della nuova nave.
Invece, quando una nave arriva alla fine della sua carriera nulla si sa della sua fine.
Esiste un cimitero delle navi in disarmo?
La risposta è positiva e l'immagine satellitare qui a fianco vi fa vedere come appare, questo cimitero, visto dall'alto.
Siamo sulla costa del Bangladesh, nei pressi di Chittagong.
Se fate una ricerca su Google Map, non sarà difficile trovare un'immagine come questa e vedere decine e decine di navi di qualunque stazza e tipo arenate su i bassi fondali fangosi che ancora qualche anno fa ospitavano una ricca foresta di mangrovie.
Qui si trovano una ottantina di aziende "specializzate" nella rottamazione delle navi, navi che hnno battuto le bandiere più diverse, provenienti da ogni parte del mondo.
Nel 2013 le navi rottamate in questo luogo sono state 194
Il motivo di questo assembramento di navi da demolire è banale: agli armatori questa operazione costa molto poco.
Non ci sono da pagare bacini di carenaggio dove mettere a secco le navi, non ci sono gru o mezzi pesanti per il trasporto delle lamiere, non ci sono controlli ambientali e ancor meno ci sono spese per garantire la sicurezza dei lavoratori( indumenti protettivi, aspiratori fumi, maschere antigas...).
E ovviamente le paghe di chi lavora qui, compresi ragazzi di 14 anni che non ancora cresciuti possono infilarsi nelle viscere anguste di queste grandi navi, sono tra le più basse al mondo.
E se gli armatori risparmiano, i gestori fanno lauti guadagni riciclando oltre il 90% dei materiali utilizzati per la costruzione della nave, lamiere di acciaio, eliche, motori, batterie, generatori, scialuppe di salvataggio. Tutti i serbatoi sono vuotati e gasolio, olio dei motori, liquidi antincendio recuperati e venduti.
Sarebbe un interessante recupero di materia se la contropartita non fosse un alta mortalità dei lavoratori per incidenti e malattie professionali, un pesante inquinamento delle acque costiere con i residui degli oli motori, e dei combustibili, vernici antivegetative, amianto.
Pesanti extra-costi che pagano i lavoratori, le popolazioni vicine, ma indirettamente anche noi, in quanto a poche centinaia di metri dalle navi in demolizione si allevano pesci e gamberetti che non è escluso che, grazie alla globalizzazione, arrivino anche nei nostri piatti.
Tra qualche ora si saprà se la Costa Condordia sarà rottamata a Genova o a Piombino.
Le due città, entrambe in astinenza di lavoro, si contendono la "preda".
Per entrambe, la tentazione di risparmiare sulla sicurezza e sui controlli sarà sicuramente forte.
Occorre vigilare affinchè la guardia non si abbassi e possa calare il sipario su questa brutta storia italiana, per lo meno, con la dimostrazione che nel nostro Paese sappiamo come si può rottamare una nave senza creare problemi ai lavoratori, al mare e alle sue creature e alla popolazione della città che ospiterà il relitto.