sabato 25 gennaio 2014
Allarme meteo
Il 19 gennaio 2014, sia Genova che Bogliasco erano in allerta meteo, al primo livello, quello più basso.
Nel corso di quella giornata, il pluviometro di S. Ilario, il più vicino a Bogliasco, ha registrato 175 millimetri di pioggia. Contemporaneamente a Premanico (valle Sturla) e a Genova, in viale Brigate Partigiane, si registravano, rispettivamente, 90 e 20 millimetri di pioggia.
La frana di Capolungo e la tragica morte del dr Kassabji, di ritorno da una visita sulle alture di Bogliasco e travolto dall'onda di piena di un modestissimo torrentello sulle alture del paese, dimostrano l'importanza di questa diversa distribuzione delle piogge, a pochi chilometri di distanza.
Una situazione simile e più drammatica si era presentata il 4 novembre 2011, con tutta Genova in allerta meteo, questa volta al secondo livello, quello massimo.
Quel giorno, a Quezzi, nel bacino imbrifero del torrente Ferreggiano, si registrano oltre 500 millimetri di pioggia, 330 millimetri a Gavette (lungo il torrenteBisagno), a forte Castellaccio, sulle alture di Genova, 136 millimetri.
Anche in questo caso, trovarsi, nell'ora di massima intensità di pioggia, in una strada di Genova piuttosto che in un'altra, anche all'interno dello stesso quartiere, ha fatto la differenza tra la vita e la morte.
I meteorologi definiscono eventi di questo tipo come "flash floods", alluvioni lampo.
In Liguria, "alluvioni lampo", molto localizzate, con piogge intense di breve durata, si sono avute anche a Sestri il 4 ottobre 2010 (410 mm), a Brugnato il 25 ottobre 2011 (530 mm), a Carasco il 21 ottobre 2013 (160 mm).
Lasciamo agli esperti confermare la nostra sensazione che piogge di questo tipo e di tale intensità siano sempre più frequenti ma, in ogni caso, la perdita di ventidue vite umane, che ha accompagnato questi eventi, richiede un rapido ripensamento delle modalità di allertamento della popolazione.
Non ci sono dubbi che le previsioni, alla base delle allerte meteo e del loro livello di pericolosità, siano attendibili, ma inevitabilmente i modelli di calcolo non riescono ad individuare, con adeguata precisione, le aree che si troveranno sotto "attacco meteo", quelle dove l'intensità delle piogge sarà maggiore.
Certamente, come si è cominciato a fare a Genova, bisogna segnalare tutte le aree esondabili con una opportuna cartellonistica e farle conoscere alla cittadinanza, con costanti campagne informative.
Ma occorrono anche nuovi strumenti in grado di allertare, in modo mirato e in tempo reale, le popolazioni che si trovano nelle aree dove è maggiore l'intensità della pioggia e dove è imminente un' esondazione.
Una rete integrata di pluviometri e di sensori in grado di misurare l'altezza dell'acqua nei torrenti potrebbe essere in grado di individuare, con precisione, le località in cui sia imminente l'arrivo dell'onda di piena e, contemporaneamente, potrebbe attivare segnali luminosi e sonori, posizionati nelle aree a rischio.
La tecnologia per allestire una rete di allarme meteo di questo tipo esiste già.
E oggi sarebbe anche possibile affiancare alle postazioni di allarme fisse l'invio automatico di SMS di allarme a tutti i cellulari che si trovano nelle aree a maggior rischio, invio attivato in base alle informazioni fornite dalla rete dei sensori.
Ricevuto il segnale di imminente pericolo di vita, ognuno dovrebbe sapere cosa fare: allontanarsi rapidamente dal corso d'acqua, salire al terzo piano di casa, tenere gli alunni nella scuola, aspettare in posto sicuro che passi l'ondata di piena...
La realizzazione di questo tipo di allarme e una costante opera di informazione, potrebbero ridurre drasticamente la possibilità che, durante la prossima "alluvione lampo" che colpirà la Liguria, ci si possa trovare nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
E la prevenzione potrebbe essere ancora più efficace se si introdurrà, come negli USA in caso di tornado, anche il terzo livello di allerta meteo, quello in cui esiste un elevato pericolo di perdita di vite umane.
Sullo stesso argomento... : un Paese sotto attacco Meteo
mercoledì 22 gennaio 2014
Un paese sotto "attacco" Meteo
I nubifragi che, con sconcertante frequenza ed intensità, colpiscono il Paese sono eventi che bisogna imparare a conoscere, se vogliamo cominciare ad adottare efficaci strategie di sopravvivenza.
L'immagine a fianco riporta i dati pluviometrici dell'evento che ha colpito Bogliasco (GE), il 19 gennaio 2014, e che ha provocato la frana sopra il tracciato della linea ferrovia e provocato la morte di un medico, di servizio sulle alture del paese.
Le registrazioni del plumiovetro più vicino (alture di Sant'Ilario ) segnalano che in 15 ore sono caduti 160 millimetri di pioggia, concentrati in due distinti eventi: di due ore la notte e di tre ore nel primo pomeriggio.
Complice la saturazione dei terreni per le piogge dei giorni precedenti, improvvisamente strade e i tipici passaggi pedonali genovesi si sono trasformati in torrenti in piena.
Il ponte dell'Aurelia che attraversa Bogliasco durante il nubifragio |
Il rio Sessarego, un innocuo torrentello sulle alture del paese, largo si e no quattro metri, si è rapidamente trasformato in una cascata inarrestabile che ha travolto due persone che stavano attraversando il ponticello, lungo una strada di campagna, probabilmente proprio nel momento in cui è arrivata l'onda di piena.
Il torrente Sessarego nei pressi del ponte su cui due passanti sono stati travolti |
L'immagine che segue è molto illuminante a riguard. E' una ripresa radar durante il nubifragio del 19 gennaio 2014, che ha registrato in tempo reale la densità di pioggia che stava cadendo sul territorio sotto controllo radar.
Registrazione RADAR della densità pioggia il 19/1/2014 ore 14 |
Come si vede, al centro dell'immagine, il nubifragio ha l'origine nel Mar Ligure, poche miglia al largo del Golfo Paradiso e poi si apre a ventaglio (una V stretta tracciata in viola ) con direzione nord.
La maggiore intensità di pioggia (in rosso) si registra su Bogliasco e il suo entroterra.
Mentre Bogliasco era sottacqua, con visibilità molto ridotta (da casa mia il promontorio di Portofino era sparito alla vista), dal monte di Portofino, dove di fatto non pioveva, si poteva seguire in diretta quello che i tecnici chiamano" Flash Flood" ( alluvione lampo).
L'alluvione lampo del 19 gennaio 2014, vista dal monte di Portofino |
La quantità d'acqua dipende dal calore del mare e dal vapore acqueo che il mare libera.
Tutto sommato, l'altro ieri ci è andata bene perche siamo a Gennaio, con il mare a 14 gradi.
E se questo evento si fosse verificato a Novembre, con il mare a 20 gradi ?
Il 4 novembre del 2011, la stessa configurazione barica e il mar Ligure decisamente più caldo della norma, ha scaricato l' "alluvione lampo" su Genova , in particolare sul bacino idrico del Ferreggiano, un piccolo torrente affluente del Bisagno.
Quella che segue è la registrazione pluviometrica dell'evento rapido e estremamente localizzato che ha portato morte e distruzione nel quartiere di Marassi-Quezzi: 400 mm di pioggia in 5 ore.
E di fronte a questa quantità di pioggia, in cos' breve tempo, non c'è opera idraulica, pulizia degli alvei, dei tombini che tenga.
Bisogna solo sapere come mettere in salvo la propria vita e quella dei propri cari.
Dati pluviometrici, pioggia oraria e altezza cumulativa, durante l'alluvione lampo che ha colpito Genova il 4/11/2011 |
giovedì 9 gennaio 2014
Con il nuovo Piano Industriale Genova cancella il termovalorizzatore: Italia Nostra festeggia con cautela.
Ieri, a Genova, il Presidente della Azienda Municipale Igiene Urbana (AMIU) in accordo con il Comune, ha presentato le linee guida del nuovo Piano Industriale per la gestione di quelli che, ormai ufficialmente, anche per AMIU, sono diventati Materiali Post Consumo.
E' una vera rivoluzione culturale, di rilevanza internazionale, che passa da una gestione lineare (produci, consuma, smaltisci), ad una gestione circolare (produci, usa, riusa, ricicla).
Per l' 80% il piano industriale AMIU ricalca quanto proposto alcuni anni or sono da Italia Nostra.
Le principali divergenze di questo Piano Industriale con il Modello Italia Nostra sono:
1- una crescita della raccolta differenziata troppo lenta, con il rinvio al 2020 dell'obiettivo di legge del 65%, che bisognava raggiungere nel 2012.
2- l'uso come combustibile per i cementifici della frazione non riciclabile
3- l'ipotesi che la legna recuperata dalla pulizia di boschi e rii possa essere utilizzata per produrre energia.
Ma con un buona volontà, nell'interesse di tutti, il Piano potrebbe migliorare se si faranno anche queste tre cose:
1- La rapida realizzazione del previsto impianto di compostaggio (ci vogliono due anni, autorizzazioni comprese), dovrebbe permettere di accelerare questi tempi, con l'estensione della raccolta differenziata dell'umido (il 35% dei nostri scarti) a nuovi quartieri della città, evitando, come avviene oggi, di trasportare l'organico negli impianti di compostaggio dell'alessandrino.
Una volta identificato il sito, Italia Nostra si impegna ad sostenere questa scelta. Già lo sta facendo con i suoi corsi di compostaggio che hanno reso famigliare a migliaia di liguri questa pratica che utilizzano per compostare, senza problemi, i loro scarti umidi. Intercettato, con l'umido,un buon 30% degli scarti genovesi, aggiunti al 33% già oggi differenziato, il gioco sarà fatto.
2- Genova dispone di un impianto per la valorizzazione e la commercializzazione delle plastiche miste destinate al riuso.
Ulteriori sistemi di raffinazione di queste plastiche sono possibili e obbligatori per ottenere la qualità richiesta per i Combustibili Solidi Secondari e per i Combustili da Rifiuti di qualità.
Ma a questo punto il materiale in uscita da questi impianti è di una qualità tale da essere appetibile anche al nuovo mercato delle plastiche miste.
Sappiamo di contatti di AMIU con industriali italiani del settore del riuso di plastiche miste.
Pertanto esiste la possibilità, molto reale, che anche per le plastiche miste differenziate a Genova si possa creare una filiera industriale finalizzata al loro riuso, molto più remunerativa e meno impattante del loro uso come combustibile.
3- Per quanto riguarda l'ipotesi di utilizzare la legna dei boschi per produrre energia elettrica, Italia Nostra ha una proposta molto più interessante e molto più utile per la qualità dell'ambiente e per ridurre le emissioni di gas clima alteranti: usare ramaglie, potature, tagli di alberi necessari per la salvaguardia dei versanti, legname accumulato da fenomeni alluvionali, per produrre il cippato di legno necessario per il buon funzionamento dei previsti impianti di compostaggio.
Solo per Genova, per compostare le 70.000 tonnellate annue di frazione organica, come prevede il piano, ci vogliono circa 15.000 tonnellate di cippato di legno vergine e pulito.
Il nuovo piano AMIU prevede che i materiali raccolti in città, in modo differenziato (carta, cartoni, vetro, alluminio, ferro, frazione organica) saranno in gran parte utilizzati in nuovi cicli produttivi che, in toto o in parte, potranno essere gestiti dalla stessa Azienda.
In questo modo AMIU si trasforma da azienda per lo smaltimento ad azienda per il riciclo e il riuso.
La frazione organica, in un impianto di compostaggio e di digestione anaerobica, sarà trasformata in compost di qualità e in metano da immettere nella rete di distribuzione del gas e da utilizzare per l'auto trazione.
Anche le demolizioni edili troveranno nuovi utilizzi.
Grazie a questo piano industriale, certamente Genova e molto probabilmente la Liguria, non avranno bisogno di inceneritori e gasificatori.
E oggi festeggiano, con cautela, tutti coloro che nell'ultimo decennio, con forze impari, si sono opposti con competenza e credibili proposte alternative, all'imbroglio della termovalorizzazione, Italia Nostra è tra questi.
Grazie a questo impegno, che ha mobilitato molti cittadini, associazioni e qualche forza politica, Genova ha evitato, negli ultimi 15 anni, la realizzazione di tre inceneritori, uno dei quali avrebbe visto svettare il suo camino accanto alla Lanterna, il faro medioevale simbolo della Città, ipotesi che Italia Nostra ha fortemente contrastato.
In assenza di questi vincoli, che avrebbero ammazzato sul nascere qualunque scelta virtuosa di riduzione e di riciclo, oggi può partire questa nuova sfida.
Per accettarla e vincerla la Dirigenza e le maestranze AMIU dovranno crescere in conoscenza, cultura, esperienza e la stessa crescita sarà richiesta a tutti i genovesi.
La semina fatta in questi anni, per la costruzione di un modello di sviluppo durevole, ha già creato un terreno fertile in città e in Liguria.
E per far crescere con robuste radici questa nuova pianta, nei prossimi giorni, AMIU presenterà il progetto per la realizzazione di "AMIU, azienda intelligente": un tavolo di lavoro che metterà insieme le migliori teste della città, della Ricerca, delle realtà produttive, per costruire insieme la Genova di domani prossimo.
E che la soluzione alla crisi mondiale possa partire da Genova, dalla rivalutazione della sua "Rumenta", trasformata da problema a risorsa, e' una sfida singolare, ma certamente molto stimolante.
Anche Italia Nostra è disposta, per la sua parte, ad accettare questa sfida.
martedì 7 gennaio 2014
Spiagge dei Fuochi
A distanza di pochi giorni, due nubifragi da allerta 2, accompagnati da forti mareggiate hanno coperto le spiagge liguri di tronchi, ramaglie, canne trascinate a mare dai torrenti in piena.
I gestori dei bagni hanno chiesto di poterli bruciare per disfarsene rapidamente, richiesta caldeggiata dai Comuni che non hanno i soldi per la loro corretta messa in discarica, pratica obbligatoria in base alle leggi vigenti.
La Regione Liguria ha chiesto una deroga al ministro dell'Ambiente in quanto i materiali spiaggiati per definizione sono rifiuti e come tali devono essere trattati.
Temo che questi spiaggiamenti di entità mai vista prima siano una avvisaglia degli effetti indesiderati dei cambiamenti climatici globali in atto e prima lo capiamo meglio e'.
Premesso che in casi come questi, la prima scelta da fare dovrebbe essere la prevenzione, ossia
la messa in sicurezza del nostro territorio, provo ad abbozzare un pianodi emergenza per liberare le spiagge senza trasformare la costa ligure in una nuova Terra dei Fuochi.
Bruciare legname umido, sporco, intriso di sale e' il modo più efficace per produrre diossine ed idrocarburi policiclici aromatici, destinati a contaminate le spiagge, il mare, la catena alimentare.
Numerosi studi hanno stimato la quantità di inquinanti che si liberano in atmosfera quando si pensa di togliersi un problema di rifiuti con il fuoco.
Tutti questi studi concludono che, operando in questo modo, si creano sempre nuovi problemi, più gravi e subdoli del primo.
Al posto del problema di ingombro, sgradevole da vedersi ci si ritrova certamente con un invisibile ,a pesante inquinamento dell'aria, del suolo, del mare, del pesce.
Bruciare all'aperto una tonnellate di residui di bosco produce, indicativamente, circa 4 chili di polveri sottili (PM10), 3 grammi di benzo(a)pirene, dai 200 ai 300 grammi di benzene, 10 microgrammi (tossicità equivalente) di diossine.
E tutti gli inquinanti che ho elencato sono cancerogeni certi per l'uomo, pericolosi a bassissime concentrazioni.
Ma le mareggiate non hanno portato a terra solo alberi, ramaglie, canne; le ondate hanno anche restituito tutti i rifiuti scaricati abusivamente nei rii e il combustibile delle auto travolte dalle piene.
Inoltre la permanenza nell'acqua di mare del legno ha certamente aumentato il contenuto di sali di sodio e, come ci si aspettava, se si brucia nella stufa legna raccolta sulla spiaggia, la quantità di diossine aumenta da 20 a 90 volte rispetto al valore citato in precedenza.
Insomma le spiagge si sono ricoperte di rifiuti e i rifiuti, giustamente non si possono bruciare all'aperto.
Se lo si fa si contamina l'aria, ma ancor più la stessa spiaggia e il mare e benzopirene e diossine sono composti molto stabili destinati a durare nel tempo o richiedere una ancora più costosa bonifica, prima di permettere ai bambini di giocare a fare castelli di sabbia.
E nelle spiagge liguri che si vogliono liberare con il fuoco, di tonnellate di legname ce ne sono veramente tante, certamente centinaia di tonnellate, se non addirittura migliaia, lungo tutte le coste spiaggiate.
Che fare?
Ovviamente, per prima cosa sono necessari sopralluoghi per verificare le reali e specifiche situazioni di ogni spiaggia e quantificare l'entità del problema.
La soluzione comune potrebbe essere una raccolta differenziata dei materiali spiaggiati (tronchi, canne e ramaglie, plastiche, gomme, rottami ferrosi).
La mano d'opera potrebbe venire dal volontariato e le aziende e i Comuni ci mettono la logistica e le attrezzature.
La priorità deve essere quelli di allontanare i tronchi più grandi, per evitare che con la prossima mareggiata ritornino in mare, dove sono un reale pericolo per la navigazione.
Se sufficientemente puliti (per fortuna si usa sempre meno gasolio e il catrame in mare e' ormai un fatto raro) plastiche, metalli, gomme, una volta differenziati possono essere avviati al riciclo.
Per quanto riguarda i tronchi più grandi, verificatane la pulizia e il contenuto di sale, si può deliberare in emergenza che il loro legno sia utilizzabile come combustibile e possa essere ritirato da privati, individuando semplici regole per evitare abusi (quantità massima ritirabile da singoli soggetti identificati).
Per il legname minuto e le canne si può prevedere il loro compostaggio, dopo aver verificato la fattibilità della loro biotriturazione e cippatura che potrebbe essere problematica, a causa della sabbia, di ciottoli e della salsedine.
Se ci sono spazi adeguati, il compostaggio ( in cumulo) può essere fatto nelle stesse spiagge o in spiazzi idonei individuati per l'occasione.
Poiché il materiale putrescibile dovrebbe essere in quantità trascurabili, il compostaggio in cumulo non dovrebbe comportare particolari problemi (eluati, odori).
Se necessario, trattamenti con enzimi e integratori possono essere utilizzati per accelerare il processo del compostaggio che richiede solo alcuni mesi per completarsi.
Certamente la cippatura diminuirà notevolmente il volume di questi materiali e dopo qualche mese di compostaggio anche la massa di frazione organica si dovrebbe ridurre in modo significativo.
In base alla qualità del compost prodotto se ne potrà valutare l'uso finale (copertura discariche, bonifica terreni sottoposti a incendio, pacciamatura uliveti...).
Ovviamente i costi di questa operazione non possono essere accollati ai Comuni.
E' un'emergenza e come tale deve essere affrontata, a cominciare da deroghe che possano permettere la raccolta differenziata, il riciclo, il compostaggio, l'uso della legna pulita come combustibile, dopo opportuna selezione.
Ma la cosa molto più importante è che il governo, senza indugi, faccia partire da subito un piano di messa in sicurezza del territorio e, non sarebbe male, che la Regione Liguria introduca l'obbligo di raccolta differenziata porta a porta e di prossimità, in tutti i comuni per azzerare i conferimenti abusivi dei rifiuti e dei materiali ingombranti.