mercoledì 1 agosto 2012
Taranto e Genova: storie parallele di città e acciaierie
Storie parallele di due città, Taranto e Genova, alle quali, nell'immediato dopo-guerra, la politica aveva scelto un futuro di " acciaio".
Scelta che ha dato lavoro a diverse generazioni, ma che ha pesantemente modificato, in peggio, la qualità dell'ambiente preesistente e la salute di quelle stesse generazioni, quelle che lavoravano in fabbrica, ma anche quelle che abitavano e abitano vicino alla fabbrica, spesso le famiglie dei lavoratori.
A Genova, nel 2002, solo grazie alla magistratura che ha ordinato la chiusura dei reparti più inquinanti (la cokeria) , l'inquinamento è cessato, la salute di chi viveva sottovento all'impianto è migliorata e generosi accordi con l'impresa, hanno mantenuto un livello occupazionale accettabile.
A Taranto, solo alcuni giorni fa e solo grazie alla magistratura, con gli stessi capi d'accusa nei confronti della stessa impresa (Riva), ci si è accorti del pesante extracosto della convivenza forzata con una acciaieria sotto casa.
Leggendo le cronache di questi giorni si fa fatica a comprendere i motivi delle gravi scelte della Procura di Taranto, in particolare gli arresti domiciliari dei proprietari e di numerosi alti dirigenti: per un pò d'inquinamento nessuno è mai andato in galera!
Che l'ILVA di Taranto inquini, non stupisce nessuno.
La stessa ILVA autocertifica di emettere annualmente, nel pieno rispetto dei limiti di legge, 2.148 tonnellate di polveri, 8.800 tonnellate di idrocarburi policiclici aromatici, 15 tonnellate di benzene e svariate tonnellate di altri inquinanti.
Il problema è che i periti chimici ed epidemiologici, nominati dalla magistratura, hanno appurato, senza ombra di dubbio, che diverse norme anti-inquinamento non sono rispettate e che questo ha prodotto gravi danni alla salute dei 18.000 abitanti che vivono nel quartiere a ridosso degli impianti siderurgici, il cui nome, oggi, suona come una beffa: Tamburi-Lido Azzurro.
I periti stimano che negli ultimi dieci anni ( Riva ha acquisito le acciaierie di Taranto nel 1995) ci siano state 386 morti attribuili alle emissioni delle acciaierie, mentre, nello stesso periodo, diverse centinaia sono stati i ricoveri ospedalieri per gravi malattie prodotte dall'esposizione ai numerosi inquinanti emessi in atmosfera dalle acciaierie (237 casi di tumori maligni, 247 infarti, 937 ricoveri per malattie respiratorie, 17 casi di tumori infantili).
A questi danni sanitari si aggiunge la pesante contaminazione di diossine nei terreni agricoli circostanti, in gran parte riconducibile all'attività della acciaierie che, nel 2008, ha costretto all'abbattimento di 1.300 capi di bestiame, seguito, nel 2010, al divieto di consumare fegato di ovini e caprini allevati nel raggio di 20 chilometri dalle acciaierie, in quanto il bioaccumulo di diossine in quest'organo, avrebbe costituito un serio pericolo per chi lo avesse mangiato.
La stessa diossina è stata trovata in quantità anomala nei mitili coltivati nel Mar Piccolo, con l'ASL costretta a vietarne la commercializzazione.
Sul sito di PeaceLink potrete trovare la sintesi e il testo integrale delle perizie qui citate.
I periti della difesa cercheranno di smontare queste accuse, puntando sul fatto che nell'area industriale tarantina non esiste solo l'acciaieria, ma nella zona ad ovest delle acciaierie, opera anche un cementificio ed una raffineria e per non farsi mancare nulla, c'e' anche il traffico della superstrada.
La stessa linea difensiva è stata usata a Genova, dove tutte le colpe sono state attribuite ai 30.000 automezzi che ogni giorno attraversavano il quartiere, ma questa linea non è passata, alla luce delle numerose contro-deduzioni che il sottoscritto, in qualità di perito dell'accusa, presentò nel dibattimento che portò alla chiusura della cokeria di Genova.
I fatti diedero ragione a me, alla Procura e al Giudice che ordinò la chiusura: il giorno dopo lo spegnimento di tutti i forni della cokeria, l'inquinamento dell'aria, in particolare il benzene e il benzopirene (entrambi potenti cancerogeni umani) crollò a livelli ampiamente al disotto degli obiettivi di qualità e così continua ad essere, anche a pochi metri dalla strada lungo la quale continuano a passare i 30.000 automezzi che, nel 2002, erano già in gran parte catalizzati.
I periti di Taranto hanno utilizzato la stessa strategia investigativa usata a Genova: per sfortuna degli inquinantori, anche gli inquinanti sono dotati di "impronte digitali chimiche", le composizioni relative di famiglie chimiche (composti organici volatili, diossine, policiclici aromatici, metalli pesanti) che sono diverse e, spesso, caratteristiche delle fonti che le hanno prodotte.
Grazie ad accurate analisi chimiche e a sofisticati algoritmi è possibile attribuire ad ogni specifica fonte inquinante il proprio specifico peso sull'inquinamento trovato in un determinato punto del territorio in esame. A questo punto entrano in gioco gli epidemiologi che, in base alla concentrazione a cui è esposta la popolazione, stima il danno sanitario che questa esposizione provoca.
In questi giorni la maggiore preoccupazione del ministro dell'ambiente e del lavoro, del presidente della regione, dei sindacati, è quella di impedire la chiusura dell'attività produttiva.
Pare che nessuno si preoccupi di capire se questa attività produttiva è compatibile con il rispetto degli obiettivi di qualità dell'aria e quindi della salute di chi quell'aria respira.
Ancora una volta, in base all'esperienza genovese, possiamo prevedere quale possa essere la soluzione per Taranto.
La tecnologia delle cokerie di Taranto e di Genova è quella degli anni '50, assolutamente inadeguata a rispettare i limiti di legge e almeno dieci volte più inquinanti delle moderne cokerie che applicano la migliore tecnologia disponibile.
Anche per queste nuove cokeria vale la regola, rispettata in gran parte del mondo e basata sul principio di precauzione, di costruire questi impianti ad almeno due chilometri di distanza da zone abitate e da usi del territorio sensibili, quali produzione agricola, allevamenti animali, allevamenti di molluschi, usi presenti a Taranto e già pesantemente penalizzati.
Temo di fare una facile profezia: prevarranno gli interessi industriali e il governo dei tecnici troverà qualche accorgimento tecnico ( deroga, alzamento dei limiti...) per continuare a produrre, inquinando.
E in questo caso l'unica bonifica sensata dovrebbe essere di trasferire tutti i 18.000 abitanti a rischio in una "New Tamburi" ad alcuni chilometri di distanza, sopravento all'area industriale, ipotesi niet'affatto fantascientifica, visti i tempi: immaginate quanto tutto questo, inciderà sulla crescita del PIL.
Comunque, continuare a produrre acciaio in questo modo non credo che sia una buona scelta per i lavoratori dell'ILVA, giustamente preoccupati di perdere il loro lavoro: la competitività mondiale nella produzione dell'acciaio non si vince con impianti obsoleti, prossimi alla rottamazione e poco efficienti, proprio perchè molto inquinanti.
Spett.le professor Valerio,
RispondiEliminacomplimenti per l'ottima analisi.
Lei pensa che possa passare la linea della magistratura anche per Taranto?
Speriamo! a questo punto viene da pensare che la magistraturache sia l'unico organo competente e che abbia a cuore il destino dell'Italia.
Penso che sarà difficile smentire la grande quantità di prove che i periti hanno messo a disposizione della magistratura.
RispondiEliminaE' molto probabile che esista già un accordo tra impresa e politica che, usando i lavoratori e la crisi, farà in modo che le cose continuino come al solito.
Sul medio termine non sarà un favore per Taranto, per la sua occupazione e neppure per l'economia nazionale.
Continuare a produrre acciaio, in un paese che non ha carbone ne minerali di ferro, con un alto costo della sua mano d'opera, non credo che sia una scelta lungimirante.
Ah! Stavo visitando quotidianamente questo blog proprio in attesa di un commento da parte tua che hai avuto un ruolo nelle vicende genovesi dell'Ilva.
RispondiEliminaOvviamente mi auguro che tu abbia totalmente sbagliato la "facile profezia".
In realtà, mai come stavolta Monti dovrebbe fare il Monti col pallottoliere: mettere sulla bilancia da un lato i costi dell'adeguamento (ammesso che sia possibile) di un impianto vetusto e che nel tempo ha ricevuto solo interventi di maquillage e dall'altro i costi che la collettività dovrà accollarsi per il ripristino ambientale e che aumenteranno se si lascia l'impianto in funzione. Oppure dovrebbe pesare da un lato i milioni/anno di salari netti ai lavoratori e dall'altro lato i milioni/anno di costo del danno sanitario (oggi stimabile, conosci la metodologia ExternE?).
Una domanda: la magistratura genovese subì gli stessi anatemi che sta subendo la magistratura tarantina? Perfino il papa si è sentito in dovere...
Temo che i pallottoliere di Monti e dei suoi ministri ignori il significato di esternalità. Sono certo di questo, in quanto delle esternalità se ne sono fatti un baffo nel nuovo conto energia, continuando a foraggiare le "rinnovabili" inquinanti,compreso l'incenerimento di biomassa e penalizzando una rinnovabile ad impatto zero, quale è il fotovoltaico.
RispondiEliminaSenza la magistratura genovese ci troveremmo ancora con l'inquinamento dentro le case.
Non ci furono particolari attacchi alla chiusura ordinata dalla magistratura in quanto erano già stati avviati gli accordi con lavoratori e azienda per la chiusura dell'attività a caldo, con il mantenimento di un accettabile numero di posti di lavoro e una generosa cessione di appetibili aree demaniali all'ILVA, a prezzi di saldo.
Un elemento che non sfugge agli operai genovesi (da cui le manifestazioni anche a Genova, consapevoli che lì viene lavorato anche il ferro tarantino) è che la produzione a caldo interrotta a Genova nella maniera che tu racconti non è in realtà cessata ma è stata di fatto (nelle cifre e nei volumi, è dimostrabile) trasferita, traslocata sugli impianti di Taranto corredata dal suo carico inquinante.
RispondiEliminaL'espressione "di serie B" (riferita agli operai, ai malati, ai cittadini, al territorio) risuona molto a Taranto ed è ritenuta la grande beffa (una delle tante) che si somma al danno.
Ora la magistratura ha messo a segno uno scacco memorabile, non tanto nei confronti dell'azienda (peraltro già condannata in passato per gli stessi reati) quanto piuttosto contro l'inerzia e la connivenza della classe dirigente che ha permesso lo scempio. La difesa a oltranza dei Riva da parte della politica, del vaticano, dei sindacati maggioritari è oggettivamente rivoltante.
E' fondamentale che i magistrati non mostrino tentennamenti e che non arretrino di un solo millimetro.
FORZA TODISCO!!!HAI CENTRATO IN PIENO!!
Eliminasi faranno come sempre 9 milioni di tonnellate fino a quando non ci sarà una nuova tecnologia per farlo. by fritatta
RispondiEliminaLa produzione di genova dell'area a caldo per circa 1.5 miloni di tonnellate non è mai arrivata a Taranto prima del '95 dopo la cessione al cogea ed acciaierie di cornigliano. Dopo il '95 solo una quota marginale arrivava a Taranto. Parlare di trasferimento della produzione a caldo da Genova a Taranto non è sostanzialmente vero. Certamente vivere nella zona di Cornigliano, dopo la fermata dell'acciaieria è una "passeggiata di salute" ovvero le 30000 auto non producono nulla di dannoso per la salute.
RispondiEliminaNella voglia di demonizzare l'industria il diavolo ride.
Riporto parte di un suo post:
"Fatte le dovute correzioni per le abitudini al fumo, esposizioni di tipo professione e livello di istruzione (di solito i laureati sono più sani di chi ha solo la licenza media) è risultato che chi abita entro 50 metri di distanza da strade trafficate ( più di 10.000 veicoli al giorno) ha un rischio relativo di cancro polmonare maggiore del 20% rispetto al resto della popolazione studiata e il rischio per chi a casa respirava più di 30 microgrammi per metro cubo di biossidi di azoto è risultato maggiore del 30%.
Insomma, a parità di numero di persone studiate, si trova dal 20 al 30 % in più di persone colpite da cancro polmonare in chi ha avuto una residenza maggiormente colpita dall'inquinamento da traffico.
Ovviamente una diversa mobilità basata prevalentemente su rotaia ( tram e metropolitana) avrebbe evitato questi tumori.
Negli anni novanta, nelle strade trafficate di Copenhagen le concentrazioni di benzopirene, un potente cancerogeno presente nelle emissioni veicolari, nel periodo invernale ( quello peggiore) erano di circa 4 nanogrammi per metro cubo. Negli stessi anni a Genova, in piazza Masnata e in piazza Massena, nei mesi più freddi, il Servizio di Chimica Ambientale dell'IST trovava circa la metà ( 2, 1-2,5 nanogrammi/m3) del benzopirene misurato nella capitale danese, un valore comuinque doppio rispetto allo standard di qualità dell'aria che il nostro paese si è dato a partire dal 2002. Nel 2010 a Genova lungo diverse strade le concentrazioni di biossido di azoto supera di gran lunga i 40 microgrammi per metro cubo, con punte di 60 microgrammi."
Subito dopo la chiusura della cokeria di Genova Letteralmente il giorno dopo) , su un tetto di una abitazione a circa 600 metri di distanza dalla cokeria e prospiciente via Cornigliano, la stada a canyon dove passano 30.000 autovetture al giorno, l'inquinamento da benzopirene si è ridotto del 93%, passando da 5,6 nanogrammi per metro cubo (ng/m3) a 0,4 ng/m3.
RispondiEliminaQuesto è l'attuale contributo del traffico all'inquinamento da IPA cancerogeni del quartiere, contributo che in tutta la città di Genova si è ridotto progressivamente a partire dal 1992, grazie alla progressiva introduzione delle marmitte catalittiche nel parco veicolare italiano; marmitte che hanno dimostrato di funzionare bene anche in ambito urbano, con un dimezzamento dell'inquinamento prodotto da questa fonte, ogni 4-5 anni.
Le ultime misure di benzopirene lungo strade trafficate genovesi (via Fillak 2011), stanno confermando ancor oggi, il pieno e costante rispetto del limite per questo inquinante.
La chiusura dell'area a caldo delle acciaierie di Cornigliano ha creato le condizioni per realizzare una nuova strada di attraversamento del ponente cittadino. Quando questa strada finalmente sarà fatta, sottrarrà gran parte degli attuali 30.000 veicoli da via Cornigliano, con un ulteriore miglioramento della qualità dell'aria di questo quartiere.
Se poi il Comune di Genova si decidesse ad attuare una seria politica di mobilità urbana,incentrata prevalentemente sul trasporto pubblico elettrificato (tram, treno metropolitano, la salute di tutti i genovesi ne trarrebbe un ulteriore beneficio.
Oggi forse, la volontà politica è disponibile a queste scelte ma, come sapete, i tagli degli ultimi governi, compreso quello tecnico, riguardano proprio il trasporto pubblico...