mercoledì 25 aprile 2012

Sui monti liguri l'ecomuseo della Resistenza Partigiana.


Chi visita la Scozia può ripercorrere dal vivo brani della storia di questa terra, grazie all opera del National Trust, l' equivalente inglese del FAI, ma con una importante differenza. 
Il National Trust, oltre ai monumenti, tutela, in modo interattivo, i luoghi della memoria collettiva, ad esempio quelli dove si sono svolti episodi salienti della lotta d' indipendenza scozzese.
Di seguito troverete un'interessante ricordo, realizzato da Piero Stagno, degli eventi piccoli e grandi avvenuti nell entroterra genovese durante la Resistenza Partigiana: potrebbe essere la prima bozza di un Ecomuseo (museo all'aperto) della Resistenza, un percorso della memoria realizzato lungo i sentieri, i rifugi, i luoghi degli scontri, degli eccidi, delle fucilazioni.

La Resistenza in Val Trebbia.
All'inizio della Val Trebbia, sul vecchio tracciato della Statale 45, appena superata la galleria della Buffalora sta un cippo con questa lapide: " 1943 1945 - Qui inizia la Val Trebbia / che fu il teatro / di dura lotta partigiana / combattuta dai reparti / della VI Zona Operativa / appoggiati da queste popolazioni / in fraterna solidarietà / contro l'invasore straniero / ed il traditore fascista / sede della prima / Repubblica partigiana ligure / vide il sangue di mille caduti / sparso per la libertà / l'Indipendenza ed il Progresso".
La val Trebbia, fra il giugno del '44 e l'aprile 1945, costituiva, con la Val Borbera, il territorio della cosiddetta "Repubblica di Torriglia", cioè un territorio sostanzialmente controllato dai partigiani (Banden Gebiet nelle carte militari tedesche ed il cartello "Achtung Banditen" era appunto posto alla galleria della Buffalora), che avevano una roccaforte a Barbagelata, il comando-ospedale-campo di prigionia alla Colonia di Rovegno ed un altro comando a Gorreto, nel palazzo Centurione.
A Foppiano e Pietranera erano ospitati il colonnello Peter Mac Mullen ed il maggiore Basil Davidson, paracadutati sull'Antola nel gennaio 1945, che dirigevano i lanci; il Davidson narrò i fatti della val Trebbia in un libro dal titolo "Highway 45" ed in un convegno svoltosi a Genova nel quarantennale della Resistenza affermò:"la Resistenza era molto più forte, meglio organizzata e di molto maggior valore militare di quanto le nostre informazioni precedenti ci avevano portato a credere...Avevamo trovato una Resistenza unita...dopo gli anni di sofferenza e di divisione questa era l'Italia rinata". Scendendo lungo la Val Trebbia si incontra la piccola località di Costa di Maggio, vicino a Montebruno:  qui, in una piccola osteria, avvenne uno dei fatti più significativi dell'intera Resistenza: il passaggio con i partigiani di un battaglione della Monterosa.
Dopo le grandi battaglie dell'agosto 1944, i repubblichini avevano stazionato in Val Trebbia tre battaglioni della Monterosa (divisione alpina), a Bobbio, Gorreto e Torriglia; nell'ottobre 1944 il CLN lanciò un appello agli alpini.."siete voi italiani o servi di Hitler? Se siete italiani non sparate contro i vostri fratelli: sarete maledetti dalle vostre stesse madri!.....Alpini! Obbedendo agli ordini ricevuti in Germania, disonorerete le tradizioni del vostro corpo, le vostre famiglie, la vostra Patria. Disertate, unitevi con le armi ai patrioti, ai difensori della libertà".  Il maggiore Paroldo, comandante del battaglione Vestone, stazionato a Gorreto, tramite la mediazione del Parroco entrò in contatto col Comando partigiano, personalmente con Aldo Gastaldi, "Bisagno" (che era alla Colonia di Rovegno, quindi per incontrarsi dovevano fare poca strada) ed il 4 novembre 1944 il comando della VI Zona comunicava:"Stamane, nell'anniversario  dell'armistizio che nella grande guerra l'Italia ha imposto all'esercito austro-ungarico e tedesco, il battaglione alpino Vestone è passato al completo nelle file della Divisione Garibaldina Cichero. Gli alpini hanno così ritrovato la vera Italia, quell'Italia nostra e onesta che combatte sui monti per la sua libertà. Il comando della divisione saluta gli alpini del Vestone e plaude al loro gesto ed alla ritrovata fraternità nel nome dell'Italia".  Gli alpini divennero il distaccamento Vistù e combatterono valorosamente fino alla Liberazione. Periodicamente a Gorreto si commemora questo avvenimento. Al bivio di Fascia è il cippo della Brigata Jori, la brigata della val Trebbia; sono 40 nomi quasi tutti sconosciuti, ed una frase della lapide è molto significativa "Voli d'aquile e di rondini..portate ovunque ai falsi ed agli immemori, l'ultimo grido di guerra...di coloro che qui lottarono e caddero.perché i vivi rammentino.."; sembrano parole scritte oggi, i falsi e gli immemori ci sono ancora; la Jori combattè durante tutta la resistenza, scese su Genova, sfuggendo anche ai mitragliamenti degli aerei alleati e, dopo la liberazione, fu incaricata del disarmo delle SAP di città; poi venne la volta del loro disarmo, ma Bisagno disse:"non daremo le armi agli alleati, torneremo là dove siamo nati e le lasceremo là (intendeva dire nati come partigiani e come uomini)".   La Jori portò le sue armi a Torriglia e riempirono fino al soffitto il garage delle corriere; la Berto (l'altra brigata della Divisione Cichero)  si disarmò a Fontanigorda. Scendendo ancora la Val Trebbia, al ponte di Rovegno si incontra il monumento alla divisione Cichero ed in particolare a Bisagno, con questa iscrizione: "A Bisagno -  ai Caduti delle formazioni Cichero - alle popolazioni di queste vallate": bisogna infatti ricordare che senza l'appoggio delle popolazioni non sarebbe stato possibile tenere migliaia di uomini in armi sui monti per venti mesi (all'inizio furono naturalmente meno, ma dall'estate del '44 erano circa tremila per arrivare a 6000 nel febbraio 1945 quando furono chiusi gli arruolamenti). Nelle lapidi in bronzo seguono i testi in italiano e tedesco della resa di Villa Migone, che fu preceduta e resa possibile dalla Resistenza della VI Zona; nei bei bassorilievi in bronzo ci sono scene di battaglia; qui la terza domenica di maggio si tiene ogni anno la commemorazione di Bisogno che morì il 21 maggio 1945 in un tragico incidente stradale presso Desenzano sul Garda: tornava dall'aver accompagnato alle loro case i partigiani del distaccamento Vistù (come aveva loro promesso il 4 novembre 1944) e dall'aver abbracciato le madri dei caduti. Le Capanne di Carrega: siamo nel cuore del territorio partigiano, per la posizione strategica fra Trebbia e Borbera, le due valli principali del "Bandengebiet" (il comando della VI Zona era a Carrega ed il comando della Divisione Cichero era alla colonia di Rovegno); qui nei due grandi rastrellamenti dell'agosto '44 e del dicembre/gennaio successivo passarono le truppe dell'occupante, nel secondo con la divisione Turkestan, rimasta nell'immaginario collettivo delle popolazioni come i "mongoli"; qui nell'agosto '44 si trovavano il Generale Rossi e Raffaele Pieragostini del Comando Regionale Ligure, che quindi poterono seguire personalmente lo svolgersi delle operazioni; qui il 23 settembre successivo si tenne un'importante riunione di tutti i comandanti partigiani delle valli per trarre gli insegnamenti dalle battaglie sostenute e per stabilire una migliore organizzazione (avvenimento ricordato da una lapide su un lato dell'edificio), la cui efficacia venne provata nei rastrellamenti del dicembre/gennaio successivi; qui si tenne ai primi di aprile 1945 un'altra riunione per stabilire i piani della discesa su Genova (c'era una lapide evidentemente andata persa in una ristrutturazione); queste sono le riunioni di cui si ha memoria, ma evidentemente le Capanne erano normale luogo di incontro dei reparti partigiani. Dalle capanne di Carrega si arriva all'Antola, il cuore della repubblica di Torriglia, dove si svolse una delle prime riunioni organizzative di tutta la Resistenza: infatti alla metà d'ottobre del '43 qui (probabilmente nel rifugio Musante) si riunirono i comandanti dei primi embrioni di reparti partigiani, che stabilirono le rispettive zone di influenza, un modo comune di azione e l'impiego del nome di battaglia, che ciascuno era tenuto ad adottare, nonché il doppio Comando, militare e politico; per il suo grande significato simbolico, nell'agosto '44 la vetta fu l'obiettivo di ben 9 puntate concentriche dell'invasore che salivano da tutte le valli circostanti; alla fine l'Antola fu conquistato ed il nemico credette di aver inferto un colpo mortale, ma la loro vittoria fu di breve durata, perché i partigiani, grazie alla perfetta conoscenza del terreno, avevano subito poche perdite ed erano ripiegati secondo gli ordini ricevuti, per cui nel giro di un paio di settimane avevano ripreso il controllo dei monti.
Sulla vetta c'è un cippo piramidale con queste iscrizioni: "da / questi monti / popolo armato / fece baluardo / contro la furia dell'invasore" .."sulla vetta del monte dei Genovesi / cuore e baluardo della lotta per la libertà / al ricordo dei caduti partigiani si unisce quello di Guido Rossa / amante della montagna saldo democratico vittima del terrorismo / e di quanti come lui raccogliendo l'alto esempio dei Caduti per / la libertà sacrificarono la vita al servizio ed alla difesa  delle / Istituzioni repubblicane nate dalla Resistenza". La Val Trebbia: "i monti che mai furono del nemico".
 Fraternamente Piero

Nessun commento:

Posta un commento