Ho inviato questa mail, alla Redazione di " Un Posto al Sole" RAI 3.
"Seguo "da sempre" la vostra telenovela napoletana e ho notato con piacere alcune vostre attenzioni, certamente non casuali, a far passare messaggi positivi per contribuire alla soluzione della crisi "monnezza" di Napoli.
Ad esempio, ho notato che ultimamente, i nostri personaggi utilizzano regolarmente sacchetti di carta per fare la spesa e qualche tempo fa Raffaele ha fatto un corso di raccolta differenziata ai suoi coinquilini.
Mi permetto di suggerire ulteriori scelte a riguardo:
- far usare borse della spesa di tela che si riutilizzano centinaia di volte
- Consigliare a Raffaele di organizzare nel giardino condominiale un'iniziativa di compostaggio domestico condominiale con una bella compostiera, dove gli ospiti di palazzo Palladini possono conferire i loro scarti di cucina che, trasformato in compost, sarà utilizzato per la coltivazione dei fiori.
I conseguenti risparmi in terriccio e concime, dovrebbero fare la felicità del signor Poggi :-)
Entrambe queste idee contribuiscono a ridurre la produzione di rifiuti ed, in particolare, il compostaggio domestico, ben gestito, elimina tutti i problemi derivanti dalla raccolta e smaltimento dell'umido.
Raffaele potrebbe anche fare una citazione dotta, citando la bella pagina di Goethe, nel suo Viaggio in Italia, dove il poeta tedesco descrive il popolino napoletano che ogni mattina (siamo alla fine del 1700) si attivava per raccogliere tutti gli scarti vegetali della città per trasformarli in compost, per far ricrescere rigogliose cipolle, lattughe e cavoli, contribuendo, in questo mod, a far di Napoli una delle più pulite città italiane del tempo."
Vi terrò al corrente sugli sviluppi.
giovedì 23 dicembre 2010
lunedì 13 dicembre 2010
Report e Sorrisi Imbarazzati
Se vi siete persi l'ultima puntata di Report andatela a vedere sul sito RAI perchè, a mio avviso, vale la pena: un ottimo esempio di buon giornalismo, su temi di cui poco si parla.
Se avete seguito la puntata fino alla fine, forse avete notato il mio sorriso imbarazzato quando, durante l' intervista, il giornalista mi ha chiesto conferma del fatto che, per un bambino che vive a Taranto, l'inquinamento dell'aria che respira annualmente, equivale a quello presente in un migliaio di sigarette.
Il mio imbarazzo derivava dal fatto che poco prima avevo confermato che la quantità di benzopirene (un potente cancerogeno) che un bambino tarantino inala ogni giorno, equivale a quello di cinque sigarette; evidentemente, fare il conto su di un anno (1500 e passa sigarette equivalenti) era per me una semplice equivalenza, ma, capivo che 1500 sigarette all'anno, fanno più effetto di 5 sigarette al giorno !
Comunque, per evidenti problemi di tempo, non è andata in onda la mia testimonianza di come a Genova, abbiamo risolto un analogo problema, prodotto da una cokeria a poche decine di metri dall'abitato del quartiere di Cornigliano.
In questo caso, il diretto passaggio di informazioni dal ricercatore ( il sottoscritto) che aveva misurato l'elevato inquinamento da benzopirene ed individuato con certezza la sua fonte, e la popolazione coinvolta, è servita affinchè questi ultimi (gli inquinati) facessero le debite pressioni sui politici, costringendoli alla chiusura dell'attività "fuorilegge" e alla garanzia dell'occupazione per chi, in quella fabbrica, lavorava.
In questo caso, il crollo dell'inquinamento, il giorno dopo la chiusura della cokeria, ha ridotto i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie degli abitanti esposti, contribuendo, ovviamente alla riduzione del PIL dei genovesi :-).
Se avete seguito la puntata fino alla fine, forse avete notato il mio sorriso imbarazzato quando, durante l' intervista, il giornalista mi ha chiesto conferma del fatto che, per un bambino che vive a Taranto, l'inquinamento dell'aria che respira annualmente, equivale a quello presente in un migliaio di sigarette.
Il mio imbarazzo derivava dal fatto che poco prima avevo confermato che la quantità di benzopirene (un potente cancerogeno) che un bambino tarantino inala ogni giorno, equivale a quello di cinque sigarette; evidentemente, fare il conto su di un anno (1500 e passa sigarette equivalenti) era per me una semplice equivalenza, ma, capivo che 1500 sigarette all'anno, fanno più effetto di 5 sigarette al giorno !
Comunque, per evidenti problemi di tempo, non è andata in onda la mia testimonianza di come a Genova, abbiamo risolto un analogo problema, prodotto da una cokeria a poche decine di metri dall'abitato del quartiere di Cornigliano.
In questo caso, il diretto passaggio di informazioni dal ricercatore ( il sottoscritto) che aveva misurato l'elevato inquinamento da benzopirene ed individuato con certezza la sua fonte, e la popolazione coinvolta, è servita affinchè questi ultimi (gli inquinati) facessero le debite pressioni sui politici, costringendoli alla chiusura dell'attività "fuorilegge" e alla garanzia dell'occupazione per chi, in quella fabbrica, lavorava.
In questo caso, il crollo dell'inquinamento, il giorno dopo la chiusura della cokeria, ha ridotto i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie degli abitanti esposti, contribuendo, ovviamente alla riduzione del PIL dei genovesi :-).
lunedì 6 dicembre 2010
Nano polveri: il Bio-Metano ci dà una mano
Lo studio del Politecnico di Milano sulla emissione di nano-polveri da impianti di combustione, presentato il 2 dicembre 2010, permette conclusioni diverse da quelle riportate dalla stampa, pur partendo dall'analisi degli stessi risultati.
Innanzitutto, lo studio ha confermato che nelle emissioni dei termovalorizzatori, come in tutti i processi di combustione, sono presenti nanopolveri, nonostante complessi e costosi sistemi di abbattimento fumi.
In due dei tre termovalorizzatori studiati, quelli di Brescia e Milano, il numero di nanopolveri presenti nei fumi sono circa la metà delle nanopolveri in ingresso ai rispettivi impianti, ovvero le nanopolveri "normalmente" presenti nell'aria che si respira a Brescia ( 13.500 particelle per centimetro cubo) e a Milano (32.000 particelle per centimetro cubo). Si tratta di un interessante risultato, ma nei fumi del terzo termovalorizzatore studiato, quello di Bologna, la quantità di nanopolveri è da due a tre volte superiore al numero di nanopolveri presenti nell'aria di questa città.
Questa differenza potrebbe essere dovuta al diverso trattamento fumi (a umido nell'impianto di Bologna), ma comunque, in tutti i tre casi, questi trattamenti rappresentano il meglio della tecnologia oggi disponibile.
In base a questo risultato, è lecito affermare che il 33% degli impianti esaminati sta contribuendo ad un significativo aumento delle nanopolveri presenti in atmosfera, nelle rispettive aree di impatto ( la pianura Padana !). Se questo rapporto fosse lo stesso del parco inceneritori italiano (50 impianti operativi nel 2009) oggi, 16-17 termovalorizzatori stanno inquinando, con le nanopolveri da loro prodotte, il territorio sottovento ai loro camini.
Lo studio del Politecnico di Milano ha evidenziato un altro importante dato: i termovalorizzatori emettono nanopolveri, la cui composizione chimica è significativamente diversa da quella dalle nanopolveri che entrano nell'impianto. In particolare, nelle nanopolveri in uscita dai termovalorizzatori si trovano molti più metalli di quelli che si trovano nelle nanopolveri presenti nell'aria in ingresso. Questo risultato non è inaspettato, in quanto è la combustione, in particolare le alte temperature, che fa passare allo stato di vapore e di aereosol i metalli più volatili, presenti in forma solida nel combustibile.
E' possibile che questa differente composizione comporti un diverso effetto tossico e la presenza, nelle nanopolveri da termovalorizzatori, di metalli quali zinco, piombo, nichel, ferro, cromo, manganese, cobalto, vanadio non promette niente di buono per i possibili effetti sulla salute di chi respirasse queste particelle, certamente poco biocompatibili.
Infine, il risulto più interessante.
Lo studio del Politecnico di Milano ha confermato, anche per le nanopolveri, quanto la letteratura scientifica sta evidenziando con numerosi studi: tra le tecniche di trattamento dei rifiuti urbani la termovalorizzazione è quella con il più elevato impatto ambientale.
Tra i combustibili studiati (legna, gasolio, rifiuti, metano) quello che, in assoluto, ha emesso la quantità minore di nanopolveri è risultato essere il metano.
In un centimetro cubo di fumi da " termovalorizzazione " dei rifiuti , dopo trattamento, si trovano da 3.900 a 70.000 nanoparticelle; in un centimetro cubo di fumi di una caldaia alimentata a metano, e senza alcun trattamento fumi, le nanoparticelle trovate sono state 4.500, nettamente inferiori alle nanopolveri presenti nell'aria ambiente (15.000-28.000).
Pertanto, ci si può aspettare che trattamenti anaerobici delle frazioni biodegradabili ( 60% dei rifiuti urbani) e uso energetico del bio-metano così prodotto, possa produrre un impatto ambientale altrettanto trascurabile e ovviamente ancora più basso, se, come avviene negli impianti industriali alimentati a metano, i fumi, prima di essere immessi in atmosfera sono trattati con filtri a maniche.
Innanzitutto, lo studio ha confermato che nelle emissioni dei termovalorizzatori, come in tutti i processi di combustione, sono presenti nanopolveri, nonostante complessi e costosi sistemi di abbattimento fumi.
In due dei tre termovalorizzatori studiati, quelli di Brescia e Milano, il numero di nanopolveri presenti nei fumi sono circa la metà delle nanopolveri in ingresso ai rispettivi impianti, ovvero le nanopolveri "normalmente" presenti nell'aria che si respira a Brescia ( 13.500 particelle per centimetro cubo) e a Milano (32.000 particelle per centimetro cubo). Si tratta di un interessante risultato, ma nei fumi del terzo termovalorizzatore studiato, quello di Bologna, la quantità di nanopolveri è da due a tre volte superiore al numero di nanopolveri presenti nell'aria di questa città.
Questa differenza potrebbe essere dovuta al diverso trattamento fumi (a umido nell'impianto di Bologna), ma comunque, in tutti i tre casi, questi trattamenti rappresentano il meglio della tecnologia oggi disponibile.
In base a questo risultato, è lecito affermare che il 33% degli impianti esaminati sta contribuendo ad un significativo aumento delle nanopolveri presenti in atmosfera, nelle rispettive aree di impatto ( la pianura Padana !). Se questo rapporto fosse lo stesso del parco inceneritori italiano (50 impianti operativi nel 2009) oggi, 16-17 termovalorizzatori stanno inquinando, con le nanopolveri da loro prodotte, il territorio sottovento ai loro camini.
Lo studio del Politecnico di Milano ha evidenziato un altro importante dato: i termovalorizzatori emettono nanopolveri, la cui composizione chimica è significativamente diversa da quella dalle nanopolveri che entrano nell'impianto. In particolare, nelle nanopolveri in uscita dai termovalorizzatori si trovano molti più metalli di quelli che si trovano nelle nanopolveri presenti nell'aria in ingresso. Questo risultato non è inaspettato, in quanto è la combustione, in particolare le alte temperature, che fa passare allo stato di vapore e di aereosol i metalli più volatili, presenti in forma solida nel combustibile.
E' possibile che questa differente composizione comporti un diverso effetto tossico e la presenza, nelle nanopolveri da termovalorizzatori, di metalli quali zinco, piombo, nichel, ferro, cromo, manganese, cobalto, vanadio non promette niente di buono per i possibili effetti sulla salute di chi respirasse queste particelle, certamente poco biocompatibili.
Infine, il risulto più interessante.
Lo studio del Politecnico di Milano ha confermato, anche per le nanopolveri, quanto la letteratura scientifica sta evidenziando con numerosi studi: tra le tecniche di trattamento dei rifiuti urbani la termovalorizzazione è quella con il più elevato impatto ambientale.
Tra i combustibili studiati (legna, gasolio, rifiuti, metano) quello che, in assoluto, ha emesso la quantità minore di nanopolveri è risultato essere il metano.
In un centimetro cubo di fumi da " termovalorizzazione " dei rifiuti , dopo trattamento, si trovano da 3.900 a 70.000 nanoparticelle; in un centimetro cubo di fumi di una caldaia alimentata a metano, e senza alcun trattamento fumi, le nanoparticelle trovate sono state 4.500, nettamente inferiori alle nanopolveri presenti nell'aria ambiente (15.000-28.000).
Pertanto, ci si può aspettare che trattamenti anaerobici delle frazioni biodegradabili ( 60% dei rifiuti urbani) e uso energetico del bio-metano così prodotto, possa produrre un impatto ambientale altrettanto trascurabile e ovviamente ancora più basso, se, come avviene negli impianti industriali alimentati a metano, i fumi, prima di essere immessi in atmosfera sono trattati con filtri a maniche.