Biogas e biometano hanno grandi potenzialità nel nostro paese, ma devono scontrarsi con burocrazia e incertezza normativa. Alla Solarexpo di Verona oggi si è fatto il punto della situazione del settore in Italia.
In Svezia oltre la metà del gas consumato è biometano, cioè biogas prodotto dalla fermentazione di residui agricoli, rifiuti organici e biomassa varia, purificato. In Germania gli impianti che producono elettricità da biogas sono circa 4mila e oltre una decina quelli che immettono biometano nei gasdotti. In Italia per l’elettricità prodotta da questa fonte abbiamo incentivi tra i più generosi in Europa, eppure in tutto non si superano i 500 impianti. Grandi potenzialità, dunque, ma anche ostacoli da superare. Primi fra tutti l’incertezza normativa e una burocrazia in mezzo alla quale è difficile districarsi. Oggi alla Fiera di Verona, durante il seminario internazionale Biogas e Biometano, ospitato da Solarexpo, si è fatto il punto sulla situazione italiana del settore. Che le potenzialità di questa fonte energetica siano buone lo dimostra la situazione tedesca, illustrata da Michael Köttner, dell’International Biogas & Bioenergie Kompetenzzentrum. Lì il biogas soddisfa già l’1,5% del fabbisogno elettrico nazionale, gli impianti collegati alla rete elettrica sono circa 4mila e gli addetti del settore 10mila. Ma, spiega, “ci sarebbero le potenzialità per arrivare a soddisfare il 17% del fabbisogno elettrico”. Gli impianti, alimentati preferibilmente a liquami da allevamenti, a costo zero, o a rifiuti, che ricevono un buon incentivo; funzionano molto anche con colture energetiche dedicate (dal mais, all’erba) e diventano economicamente convenienti nel momento in cui si recupera anche il calore prodotto bruciando il biogas oltre all’anidride carbonica.
Altro settore che sta crescendo molto in Germania è la produzione di biometano: biogas raffinato separando il metano dall’anidride carbonica e dalle altre impurità per essere immesso in rete o usato come carburante. In questo caso la convenienza si ha solo per impianti grandi, anche che raccolgano biogas da diversi piccoli produttori e in Germania le esperienze partite sono già 12. Da marzo 2008 una direttiva ne permette infatti l’immissione in rete e l’obiettivo tedesco è di arrivare ad avere entro il 2030 il 10% di biometano sul totale del gas immesso in rete.
Il biometano, fa notare Sergio Piccinini del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA), sarebbe una soluzione particolarmente indicata per il nostro paese, che ha una rete capillare di gasdotti a bassa pressione (quindi compatibili con l’immissione di biogas) e che è il paese al mondo con più veicoli a metano (400 mila su un totale mondiale di 6 milioni). “Come carburante rinnovabile, il biometano - sottolinea Piccinini - ha un’efficienza ben maggiore rispetto agli altri carburanti rinnovabili: se da un ettaro di coltura energetica si ricaverebbero circa 14 chilowattora trasformandola in biodiesel, facendo biometano con lo stesso ettaro i kWh ottenuti sarebbero 59. Biogas e biometano assieme potrebbero coprire il 7-8% del fabbisogno elettrico, mentre il biometano potrebbe soddisfare il 10% del fabbisogno di gas naturale, in crescita e dipendente dalle importazioni. ” Peccato che in Italia - denuncia Piccinini - la produzione di biometano non goda di nessun tipo di incentivo”.
A godere di incentivi generosi in Italia è invece la produzione di energia elettrica da biogas. Se in Germania l’incentivazione - che è modulata a seconda della tecnologia usata, del tipo di substrato da cui si parte e di altre variabili - arriva al massimo a 22-23 euro cent/kWh, nel nostro paese 22 euro cent /kWh è la tariffa base, in vigore da gennaio 2009 per tutti gli impianti a biogas inferiori al megawatt (mentre per gli impianti più grandi o per chi voglia convertire l’incentivo in certificati verdi il coefficiente per unità di energia prodotta è di 1,1).
Per gli impianti legati ad una filiera corta che usi sottoprodotti e altri scarti agricoli la tariffa incentivante è addirittura di 30 centesimi (o un coefficiente di 1,8 per i CV). Parte di questi incentivi denuncia però Marino Berton, dell’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL), “stanno rimanendo sulla carta per carenze legislative: se la tariffa incentivante di 22 centesimi è finalmente entrata in vigore a gennaio, l’incentivo di 30 centesimi a kWh per la filiera corta agricola attende da 16 mesi i decreti attuativi.”
Quali siano i freni alle potenzialità di questa fonte energetica si capisce poi dalla presentazione della normativa del settore, fatta da Lorella Rossi del CRPA: il primo è sicuramente una burocrazia spesso difficile da interpretare e da adempiere. Incentivi ancora incerti e soggetti ai tempi lunghi della politica e una normativa bizantina che, come si scopre dalle domande del pubblico di operatori del settore, lascia zone d’ombra e ambiguità irrisolte. Come spiega Pietro Gattoni, membro del comitato esecutivo dell’European Biogas Association: “gli investimenti in questo settore hanno bisogno di un alto grado di pianificazione su diversi livelli, dall’impianto alla filiera di approvvigionamento e la difficoltà di coordinare questi livelli a livello burocratico e l’incertezza normativa si riflette negativamente sull’accesso al credito”. (Qualenergia.it)
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