Non a caso questo monumento è nell'elenco degli oggetti tutelati dall'UNESCO, in quanto patrimonio dell'umanità.
E' un manufatto realizzato nel 60 AC e faceva parte dell'acquedotto lungo 50 chilometri che riforniva di acqua la città di Nimes. Lo stato di conservazione è stupefacente, ma ancora più stupefacente è la cura della Francia per questo sito.
L'accesso al ponte è solo pedonale e da lì, a vista d'occhio, non si vede altro manufatto che il ponte. Sotto le arcate, in mezzo alle bianche rocce di calcare scorrono le acque limpide del Gard. Lungo la riva, tanta gente che fa il bagno, molte canoe che affrontano le rapide, ma non c'è un chiosco, una cabina, un ristorante, a "valorizzare" il sito.
L'accoglienza, con tutti i servizi, è a qualche centinaio di metri, ben nascosta dalla macchia mediterranea.
L'attenzione al sito è nei piccoli particolari: fari per l'illuminazione notturna poco invasivi ( a LED ?), bidoni dei rifiuti a scomparsa. Ma il particolare più interessante si trova nella fitta copertura boscosa: non si vede una robinia, neppure a pagarla.
Non è un caso. La cura del sito è quello di restituire il paesaggio di 2030 anni or sono, ovvero solo macchia mediterranea e piante importate dai romani quali l'ulivo. E la robinia è una pianta invasiva estranea fino a qualche decennio or sono al paesaggio mediterraneo.
Insomma, un grazie di cuore ai Francesi! Qui e in gran parte del loro paese dimostrano che si può rispettare il paesaggio senza rinunciare ad un intelligente sviluppo turistico che fissa, e fa rispettare, precise regole di tutela.
Mi viene da pensare come sarebbe la piana dei templi di Agrigento, se gli Angioini ( Francesi) non fossero stati scacciati da quelle terre con i vespri siciiliani :-)