L’attività metabolica di ogni vivente trasforma inevitabilmente il cibo in scorie che i nostri impianti di depurazione rendono compatibili con la balneabilità dei nostri mari ma con l’effetto collaterale della produzione di fanghi: circa 35 chili all’anno per ogni cittadino allacciato alla rete fognaria.
Pertanto ognuno di noi, solo per rispondere al bisogno primario di cibarsi quotidianamente, ogni anno produce complessivamente circa 105 chili di rifiuti. Moltiplicate questa cifra per 620.000, più o meno gli abitanti di Genova, e vi trovate il problema di AMIU di raccogliere e smaltire ogni anno circa 66.000 tonnellate di rifiuti umidi e facilmente puzzolenti.
Fino ad oggi questi materiali sono finiti a Scarpino, la grande discarica a servizio della città.
Siamo tutti d’accordo che non si può continuare così, ma non è neanche vero, come qualcuno ci vuol far credere, che l’unica soluzione praticabile sia quella di bruciare questi e tutti gli altri scarti prodotti dalla città in un bel inceneritore con recupero energetico e magari usare il calore residuo per riscaldarci la città.
Nel caso specifico, vista la grande quantità d’acqua presente in questi scarti (oltre il 40%) proporre la termovalorizzazione come soluzione è una insostenibile schiocchezza.
Esiste un’altra soluzione per questi scarti (circa il 25% dell’intera produzione urbana di materiali post consumo), più razionale, più economica, di minore impatto ambientale e con una diversa, ma ancora più versatile possibilità di recupero energetico, in forte sviluppo in tutto il mondo e in particolare in Austria, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Israele: la fermentazione anaerobica con produzione di bio-metano.
Tutti gli scarti di cibo e i fanghi di depurazione, con una opportuna aggiunta di acqua, sono inviati in cisterne a chiusura ermetica in cui per una quarantina di giorni lavorano per noi micro-organismi molto antichi che, in assenza di ossigeno (questo è il significato di anaerobico), trasformano gli scarti biodegradabili in una miscela di anidride carbonica e metano.
E’ possibile separare l’anidride carbonica dal metano e depurare quest’ultimo (il bio-metano) ad un grado compatibile con l’esistente rete di distribuzione del gas. L’immisione nella rete di bio-metano, mette subito a disposizione per l’intera città uno dei combustibili più puliti e, cosa molto interessante, senza nuove e costose infrastrutture per il teleriscaldamento.
E Genova, con tutti gli scarti di cibo prodotti dai suoi abitanti potrebbe avere a sua disposizione una auto-produzione di circa 7 milioni di metri cubi di bio-metano all’anno, il consumo, per usi domestici, di 45.000 famiglie genovesi.
E la quantità di bio-metano può essere ancora maggiore se alla fermentazione anaerobica verranno avviati, come è possibile, anche scarti di macellerie e pescherie, tovaglioli e fazzoletti di carta e i nuovi imballaggi biodegradabili che alcune centri commerciali hanno già introdotto, al posto della plastica, per confezionare verdura, uova, formaggi…
La produzione di bio-metano, oltre che rendere energeticamente autosufficente l’impianto di digestione anaerobica, permetterà a un bel po’ di genovesi di cucinare gli spaghetti, fare la doccia, riscaldare la casa, alimentare l’automobile, produrre elettricità, esattamente come fa il metano siberiano e libico, ma con l’importante differenza che il bio-metano, oltre ad essere autoprodotto in casa, è di sicura fonte rinnovabile e quindi può ricevere i previsti incentivi pubblici.
Per il buon esito di questa scelta, che il comune di Genova ha già previsto nel suo nuovo piano di gestione dei materiali post consumo, c’è tuttavia un importante presupposto: l’elevata qualità dei materiali destinati ai trattamenti biologici.
Questo obiettivo è certamente raggiungibile con una raccolta differenziata di qualità finalizzata al riciclo.
L’alta qualità dei materiali raccolti e l’elevata differenziazione (superiore al 60%), sono le principali caratteristiche della raccolta differenziata denominata Porta a Porta.
Questo è il sistema di raccolta, avviato da alcuni mesi a Genova nei quartieri di Sestri e Pontedecimo che certamente, dopo i previsti aggiustamenti studiati in questa fase pilota, si estenderà progressivamente al resto della città.
Raccolta Porta a Porta e produzione di bio-metano da immettere nella rete sono i principali pilastri di un modello innovativo di gestione dei materiali post consumo.
Altri tasselli fondamentali di questo modello, che giustamente potrà essere battezzato come Modello Genova, sono una energica politica di riduzione alla fonte realizzata con il compostaggio domestico di città e la promozione dell’uso dell’acqua potabile, meno cara e più controllata dell’acqua in bottiglia.
Decisiva per il succeso del Modello Genova, sarà l’introduzione della Tariffa “Paghi Per Quanto Getti“ ovvero far pagare ogni famiglia in proporzione alla quantità di rifiuto indifferenziato effettivamente prodotto, misura effettuabile, ad esempio, in base ai vuotamenti del cassonetto indifferenziato assegnato ad ogni condominio.
Postato da: federico46 a 13:29 | link | commenti (3)
modello genova
Commenti:
straordinaria prestigiacomo, della serie dilettanti sulla poltrona di prestigio:
aboliamo l'ONR
così sarà più facile campanizzare l'italia.
Negli anni 70 non si era capito:
la Fantasia è al potere davvero
aboliamo l'ONR
così sarà più facile campanizzare l'italia.
Negli anni 70 non si era capito:
la Fantasia è al potere davvero
utente anonimo |
...secondo lei è possibile produrre biometano su suolo privato con compostiere adeguate e "venderlo" alla rete con un contatore bidirezionale? In poche perole è possibile fare ciò che stanno facendo col contoenergia per l'energia elettrica anche col metano? In questo modo si potrebbe anche evitare il trasporto dei rifiuti biodegradabili.
E' gradita risposta, anche privata su vianovi52@tele2.it
E' gradita risposta, anche privata su vianovi52@tele2.it
utente anonimo |
Caro Vianovi (?)
come potrai leggere cercando nel mio blog, impianti domestici e condominiali per la produzione di biogas esistono già nei cosidetti paesi emergenti e, in questi casi, il gas prodotto ( biogas) è integralmente usato dai produttori per i loro usi domestici.
In Italia esistono diverse esperienze di aziende agricole e zootecniche che hanno investito in questa tecnologia, tuttavia siamo ancora alla produzione di biogas e non del biometano. Il biogas è usato per produrre calore e elettricità per alimentare l'impianto e l'eventuale corrente elettrica in eccesso è ceduta alla rete e compensata economicamente con il meccanismo dei certificati verdi.
La raffinazione del biogas a biometano richiede ulteriori investimenti che al momento sono fuori della portata del singolo cittadino ma potrebbe interessare le municipalizzate di gandi città come Genova.
Non mi risulta che al momento, in Italia, ci siano esperienze di produzione di biometano immesso in rete.
Per quanto posso valutare, l'immissione in rete del biometano può essere costante nell'arco del giorno e dell'anno ( in questi casi la produzione di biomassa fermentabile è sufficentemente costante) quindi non sono necessari meccanismi di vendita e acquisto tipo quelli del fotovoltaico.
Tieni presente che mentre lo stoccaggio della corrente elettrica è problematico ( al momento si può fare solo con batterie) quella del biogas è più semplice e , per piccoli impianti, alla portata del fai da te.
A buon senso, per la promozione del biometano, oltre a incentivi per coprire i maggiori costi, occorre definire il grado di purezza compatibile con la rete, il prezzo a cui il biometano sarà pagato e definire le regole di gestione dei compressori e dei contatori che penso siano necessari per allacciarsi alla rete.
Interventi di chiarimento su questi problemi ingegneristici e di gestione ( non di mia competenza) sono graditi.
Federico Valerio
come potrai leggere cercando nel mio blog, impianti domestici e condominiali per la produzione di biogas esistono già nei cosidetti paesi emergenti e, in questi casi, il gas prodotto ( biogas) è integralmente usato dai produttori per i loro usi domestici.
In Italia esistono diverse esperienze di aziende agricole e zootecniche che hanno investito in questa tecnologia, tuttavia siamo ancora alla produzione di biogas e non del biometano. Il biogas è usato per produrre calore e elettricità per alimentare l'impianto e l'eventuale corrente elettrica in eccesso è ceduta alla rete e compensata economicamente con il meccanismo dei certificati verdi.
La raffinazione del biogas a biometano richiede ulteriori investimenti che al momento sono fuori della portata del singolo cittadino ma potrebbe interessare le municipalizzate di gandi città come Genova.
Non mi risulta che al momento, in Italia, ci siano esperienze di produzione di biometano immesso in rete.
Per quanto posso valutare, l'immissione in rete del biometano può essere costante nell'arco del giorno e dell'anno ( in questi casi la produzione di biomassa fermentabile è sufficentemente costante) quindi non sono necessari meccanismi di vendita e acquisto tipo quelli del fotovoltaico.
Tieni presente che mentre lo stoccaggio della corrente elettrica è problematico ( al momento si può fare solo con batterie) quella del biogas è più semplice e , per piccoli impianti, alla portata del fai da te.
A buon senso, per la promozione del biometano, oltre a incentivi per coprire i maggiori costi, occorre definire il grado di purezza compatibile con la rete, il prezzo a cui il biometano sarà pagato e definire le regole di gestione dei compressori e dei contatori che penso siano necessari per allacciarsi alla rete.
Interventi di chiarimento su questi problemi ingegneristici e di gestione ( non di mia competenza) sono graditi.
Federico Valerio
federico46 |