lunedì 3 settembre 2007

Lettera Aperta a Bertolaso

Ho il forte dubbio che Bertolaso, con i pieni poteri che gli erano stati conferiti non avesse altre soluzioni, che realizzare manu militari discariche in tutta la Campania.



Provo ad ipotizzare un percorso alternativo, in sintonia con quanto elaborato dagli amici delle Assise di Napoli.

La loro riflessione, che condivido, è che i rischi sanitari attribuibili all'emergenza rifiuti campani sono riconducibili alla presenza di scarti organici putrescibili, particolarmente abbondanti negli scarti alimentari dei campani.



Oggi in Campania, ogni anno sono prodotti 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui 880.000 tonnellate sono costituite da umido putrescibile (in prevalenza scarti di cibo).



In Campania la raccolta differenziata è ferma al 10% . Il resto, quando è raccolto, dopo essere stato trititurato e setacciato in quelli che dovevano essere impianti di bioessiccazione, diventano eco-balle, accatastate per essere incenerite nei futuri inceneritori e come tali valgono oro quanto pesano.



Bertolaso, con la sua scelta di aprire nuove discariche con l'aiuto dell'esercito, ha cercato di superare l'emergenza estiva per arrivare all'avvio dell' inceneritore di Acerra, previsto a settembre.



Riteniamo che sarebbe stato più opportuno, negli interessi dei contribuenti e cittadini campani, avviare scelte più virtuose.



Lo stesso Bertolaso poteva imporre a tutti i Comuni della Campania ordinanze per promuovere obbligatoriamente il compostaggio domestico.

In questo modo, in pochi mesi, quantitativi importanti di scarti putrescibili possono essere sottratti al ritiro e allo smaltimento.

Questa scelta è particolarmente efficace in Campania in quanto, le famiglie sono numerose (media tre componenti), si pranza frequentemente in famiglia, si consumano più verdure e quindi si producono più scarti compostabili. Inoltre sia nella periferia di Napoli e ancor più nel resto della regione, le case hanno a disposizione orti e giardini e in generale il compostaggio è in sintonia con la cultura contadina del popolo campano non ancora del tutto dimenticata.

Se il 20% delle 1,8 milioni di famiglie campane si converte al compostaggio domestico, anche grazie a generosi sconti attivati dai rispettivi Comuni, ogni anno 63.000 tonnellate di umido potrebbero essere rapidamente tolte dalle strade campane.



Bertolaso, avrebbe potuto anche obbligare la ristorazione, i mercati ortofrutticoli, la grande distribuzione, a fare la raccolta differenziata dell'umido da raccogliere con sistemi Porta a Porta, anch'essi resi obbligatori.

In questo modo è ragionevole pensare si possa, nel giro di alcuni mesi, intercettare il 50% della produzione industriale di umido pari a 220.000 tonnellate/anno.

Questi quantitativi sarebbero compatibili con la capacità di trattamento dei dieci impianti di compostaggio programmati per la Campania.

Bertolaso avrebbe potuto chiedere di accelerare la loro realizzazione e nelle more aveva due soluzioni: obbligare gli impianti di compostaggio di altre regioni ad accettare l'umido raccolto in modo differenziato e realizzare con procedure semplificate, in ogni comune campano impianti di compostaggio in tunnel. Questo tipo di impianto è una variante del sistema di compostaggio a cumulo a cielo aperto, ma con maggiori garanzie ambientali e maggiore efficenza del trattamento, grazie all'insufflazione di aria.

I vantaggi sono i tempi ridotti di installazione, la possibilità di realizzare piccoli impianti nella prossimità dei luoghi di utilizzo del compost, un efficace controllo di emissioni maleodoranti.

Per garantire l'accettabilità di questi impianti Bertolaso poteva farsi garante del fatto che ogni impianto avrebbe trattato solo gli scarti dei residenti dei reciproci comuni.

Una ulteriore garanzia per una corretta gestione degli impianti poteva essere data coinvolgendo nella loro gestione le locali aziende agricole che avrebbero utilizzare gratuitamente il compost prodotto.

Un'altra iniziativa che Bertolaso avrebbe potuto attivare poteva essere quella di aumentare la raccolta differenziata finalizzata al riciclo.



Per raggiungere almeno il 30% di raccolta differenziata avrebbe potuto essere vincente la scelta di obbligare la grande distribuzione campana a fare raccolta differenziata dei propri imballaggi e di mettere a disposizione dei clienti, all'uscita, opportuni contenitori dove i clienti stessi possono riporre gli imballaggi di terzo livello delle merci da loro acquistate, tanto per capirci tutti gli imballaggi che servono solo a far pubblicità al prodotto e a tener insieme più confezioni.



Un altro obbligo che Bertolaso avrebbe potuto imporre alla grande distribuzione, poteva essere quello di mettere all'ingresso un banchetto dove i clienti possono conferire gli imballaggi utilizzati ( bottiglie di plastica, lattine, cartoni..) portati direttamente da casa.

Al banchetto potrebbe esserci un ex disoccupato che pesa gli scarti ed aziona una di quelle bilance usate nei supermercati per auto-stimare il costo della frutta acquistata, in questo caso, attrezzata per valutare il prezzo dei materiali conferiti in base al peso e ai corrispondenti contributi del Consorzio Nazionale imballaggi.

Il bollino erogato dalla bilancia con il valore degli scarti conferiti viene dato al cliente il quale potrà scalare l'ammontare dalla nuova spesa. Un modo per fare tutti contenti e che potrebbe incentivare la raccolta di lattine in giro per la città, visto il loro elevato valore.



Un'altra idea che potevamo suggerire a Bertolaso è quello di concordare con gli edicolanti campani la possibilità che presso il loro chiosco, quando si va a comprare il giornale, si possa conferire, in un opportuno contenitore, il quotidiano del giorno prima che sarà ritirato giornalmente dagli operatori ecologici o da una cooperativa. Un servizio a favore dei clienti che toglie loro il fastidio di tenere i giornali usati a casa.

Se, in questo modo si riescono a raggiungere gli obiettivi minimi previsti, dall'attuale emergenza rifiuti campana si sarebbero potuto sottrarre 900.000 tonnellate di rifiuti, avviati alla raccolta differenziata, 63.000 tonnellate grazie al compostaggio domestico, 220.000 tonnellate di umido e di scarti verdi da avviare al compostaggio industriale.

Resterebbero 1,7 milioni di tonnellate di scarti indifferenziati.

A questo punto Bertolaso aveva due scelte, entrambe praticabili.

La prima scelta era quella di imporre il trattamento degli scarti indifferenziati presso impianti per il trattamento meccanico biologico di scarti indifferenziati operanti fuori regione e che complessivamente hanno una capacità di trattamento non utilizzata di oltre 3 milioni di tonnellate all'anno.

Poichè nessuno vuole trattare i rifiuti che vengono dalla Campania, temendo infiltrazioni camorristiche nella qualità dei rifiuti stessi, Bertolaso poteva garantire la qualità di questi scarti, ricorrendo al trasporto con mezzi e personale dell'esercito.



La seconda soluzione era quella di sequestrare gli impianti MBT realizzati in Campania dalla FIBE ed affidarli alla conduzione di personale più qualificato con l'obiettivo di raggiungere il massimo livello di biostabilizzazione e di riduzione di massa.

Gli impianti MBT ossidano biologicamente la frazione più biodegradabile dei rifiuti e pertanto eliminano per sempre i rischi sanitari degli scarti putrescibili, rischi che invece sono destinati a protrarsi negli anni se si utilizza la discarica.



Ricordiamo che gli impianti MBT realizzati in Campania sono stati autorizzati per trattare 3 milioni di tonnellate di scarti indifferenziati all'anno.

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