Translate

martedì 21 febbraio 2017

L'isola ecologica che non c'è

Fig. 1 Area prevista per ospitare l'Isola Ecologica del Levante di Genova

Alla fine degli anni novanta, con Pericu sindaco di Genova, l'assessore all'ambiente Chiara Malagoli aveva già individuato dieci aree, distribuite nella città, una per ogni Municipio, che avrebbero dovuto ospitare altrettante Isole Ecologiche a cui conferire scarti ingombranti (mobili, elettrodomestici, materassi ...) e altri materiali non previsti nella raccolta differenziata domiciliare (oli da friggere, batterie auto, oggetti in metallo, lattine di vernici....) giunti alla fine della loro prima vita, evitando il loro consueto abbandono nei greti dei torrenti e in qualsiasi spiazzo appartato della città e relativi costi per le reiterate bonifiche di queste discariche abusive.

Dopo quasi vent'anni, le Isole Ecologiche in funzione a Genova sono solo quattro, la maggior parte nel ponente cittadino ( Fig. 2 ).

Certamente in molti, per tutti questi anni, hanno preferito far finta di nulla, se non addirittura remare contro la loro realizzazione.
Il motivo più banale che ci ha portato a questa situazione è stato quello di non voler perdere consenso per una scelta ritenuta poco importante e mal vista dalla popolazione.

Nel 2014, le quattro isole, rispettivamente nella fascia rispetto di Pra (Ponente), in via Gastaldi (Val Polcevera), lungo l'argine del Polcevera (Centro Ovest) e alla Volpara (media Val Bisagno), sono state al servizio di 282.000 genovesi e hanno permesso la raccolta di 22.300 tonnellate di scarti ingombranti e altri materiali riciclabili.

Ad oggi, questo utile e comodo servizio è ancora negato a 310.500 genovesi, per la volontà di non decidere di gran parte dei restanti cinque Municipi e per l'auto-lesionismo di alcune centinaia di cittadini che si oppongono al progetto di avere questo tipo di servizio vicino alle loro case.


Fig. 2  lo stato del  piano delle Isole Ecologiche di Genova nel 2017


Con l'entrata in funzione delle cinque Isole Ecologiche che ancora mancano all'appello, in base alle rese di quelle già operative, si potrebbero intercettare circa 48.000 tonnellate all'anno di scarti ingombranti, piccoli elettrodomestici e altri materiali, pari al 15% degli scarti complessivamente prodotti da famiglie e aziende genovesi.

E' fuori di dubbio che, insieme ad una adeguata comunicazione e a generosi sconti TARI per chi utilizza questo servizio, in base ad esperienze nazionali,  la percentuale di ingombranti, scarti elettrici ed elettronici (RAEE)e altri materiali  intercettati dall'Arcipelago delle Isole Ecologiche di Genova, rispetto a tutti gli scarti prodotti in città, potrebbe essere anche maggiore: 25-30%.

Pertanto in pochi mesi, costruite le cinque Isole Ecologiche mancanti, la raccolta differenziata genovese potrebbe fare un bel balzo in avanti: dall'attuale 39% fino al 59-60%, con un rapido avvicinamento all'obbiettivo previsto dalla legge del 65%, obiettivo che qualcuno ancora si ostina a far credere impossibile.

Tra i genovesi contrari alle Isole ci sono circa settecento  abitanti di Quarto Alta che, con le loro firme, si oppongono alla realizzazione dell'Isola Ecologica indicata dal Municipio Levante in un' area in via delle Campanule, a pochi metri da corso Europa.

Tra i motivi per l'opposizione è che l'isola Ecologica svaluterebbe i loro immobili.

La Figura 1 mostra l'attuale situazione di quest'area, una zona recintata, adibita in gran parte a deposito di grandi cordoli  in pietra, in attesa di riutilizzo, il cui spazio  oggi incustodito,  davanti al cancello d'ingresso, è usato per un veloce e comodo scarico di rifiuti ingombranti (Figura 3).

Insieme alla crescita incontrollata di arbusti tutt'intorno e nella vicina aiuola, che nessuno cura più da tempo, come biglietto da visita del quartiere collinare, questo pezzo di terreno, oggi, non è un gran ché.

Fig 3 Discarica abusiva di ingombranti davanti al cancello
 dell'area prevista per ospitare l'Isola Ecologica del Levante


Anche la preoccupazione del comitato di un aumento del traffico locale appare esagerata: l' Isola Ecologica di via delle Campanule si trova lungo la via di percorrenza di chi risiede nei quartieri collinari di Quarto e di chi già ora percorre corso Europa; chi utilizza regolarmente queste strade, con una breve deviazione dal suo abituale percorso, potrà depositare nell'Isola i suoi scarti ingombranti, con una breve sosta nei parcheggi interni.

Certamente bisognerà curare l'estetica dell'Isola Ecologica e un'attenta progettazione e cura del verde attorno al perimetro del sito ne dovrà migliorare la percezione visiva.

Anche la stabilità del terreno richiede una verifica, ma sarà difficile che gli scarrabili che l'Isola ospiterà siano più pesanti degli cumuli di cordoli in pietra già oggi stoccati in questo luogo.

Quindi  ben venga l'Isola Ecologica  del Levante che, oltre ad offrire un comodo e indispensabile servizio a chi abita nelle sue vicinanze, certamente migliorerà la qualità ambientale dell'attuale sito.

Per finire, mi piace molto una proposta fatta dal Municipio di Levante, da estendere se possibile alle altre Isole cittadine: realizzare, all'interno dell'Isola, un Caffè per le Riparazioni (Repair Caffe), un locale attrezzato per ridare nuova vita agli oggetti consegnati e da mettere a disposizione, a un prezzo simbolico, per chi vorrà riutilizzarli.

E aggiungo una mia personale proposta, per aumentare l'efficacia delle Isole Ecologiche e migliorarne l'immagine: mettere a disposizione dei visitatori un mini-silos da cui scaricare cippato di legno, prodotto con sfalci e potature conferite all'Ecocentro, da utilizzare nella propria compostiera domestica: un ingrediente indispensabile per un compostaggio rapido e senza problemi, difficile da reperire in città, un bell'esempio di concreta Economia Circolare.

domenica 12 febbraio 2017

Come si riduce la TARI senza IREN


Discarica Scarpino. In primo piano la centrale a biogas e fotovoltaica

Bocciata l’annessione di IREN in AMIU si aprono le porte a soluzioni più rispettose degli interessi collettivi e dei lavoratori.
Per quali motivi un’azienda come IREN è interessata ad entrare in AMIU, l ‘Azienda Multiservizi Igiene Urbana di Genova?
Non ci sono dubbi: per poter gestire, nel proprio interesse, il ricco e garantito “portafoglio”, costantemente alimentato dalla Tassa Rifiuti (TARI), circa 127 milioni di euro all’anno, pagati da famiglie e aziende genovesi.
Abbiamo l’impressione che ad IREN e a gran parte degli eletti presenti nel consiglio comunale di Genova sfugga che, anche grazie al nuovo piano di gestione dei materiali post consumo prodotti a Genova e nell’area Metropolitana, voluto dal Presidente Castagna, votato dal Consiglio Comunale e difeso ad oltranza dal consigliere delegato Pignone, gli interessi in gioco stiano velocemente cambiando.
Con questo Piano, che punta al massimo recupero di materia, a partire dagli scarti dei genovesi, il vero valore economico di AMIU diventa la capacità dei suoi dirigenti, tecnici, maestranze di gestire la “miniera urbana” che ogni giorno mette a disposizione oltre 600 tonnellate di acciaio, allumino, rame, cellulosa, vetro, polimeri di sintesi, biopolimeri…materiali che, separati alla fonte, hanno un elevato grado di purezza, il valore aggiunto delle lavorazioni che le hanno prodotte  e un loro reale valore di mercato, quello della nuova economia circolare.
L’altra ricchezza da riconoscere, valorizzare ed incentivare è la diffusa capacità delle famiglie e delle aziende genovesi di separare alla fonte i loro scarti: nei quartieri dove si è avviata la nuova raccolta (porta a porta e prossimità) la percentuale di differenziazione è nettamente aumentata, come pure la qualità delle frazioni separate.
Questo impegno e questi risultati non ammettono ulteriori ritardi alla approvazione della Tariffazione Puntuale, quella che, grazie al porta a porta e alla identificazione di chi conferisce le diverse frazioni, permette di introdurre sostanziosi sconti per chi differenzia di più e produce meno scarti.
I gravi ritardi nella attivazione del piano di raccolta differenziata “porta a porta” e nella realizzazione delle quattro isole ecologiche che ancora mancano all’appello non sono casuali, sono il frutto di una accorta regia che ha voluto approfittare della crisi di Scarpino per deprezzare AMIU e spalancare le porte al privato “salvatore”.
Ma anche per l’ammaccata discarica di Scarpino le cose non stanno come si vuol far credere.
Anche chiusa al conferimento di scarti indifferenziati, la discarica di Scarpino produce reddito, sotto forma di metano, derivante dalla bio-degradazione degli scarti organici dei genovesi, accumulati qui da oltre 40 anni. Con questo gas, che alimenta sei motori endotermici, si producono annualmente circa 69 milioni di kWh che, immessi in rete, in quanto energia rinnovabile, ricevono generosi incentivi, pari ad una decina di milioni di euro, denari che potrebbero tranquillamente coprire i costi annuali dell’impianto di pretrattamento del percolato prodotto dalla discarica.
Peccato che tutti questi soldi, da dieci anni, finiscano nelle casse della società Asja, concessionaria dello sfruttamento del giacimento di biogas di Scarpino, per improvvida decisione della dirigenza AMIU, in cambio di modeste royalties.
In base alle informazioni disponibili il contratto con Asja è in scadenza e stavolta AMIU e i genovesi che quel metano hanno contribuito a produrre non possono perdere l’occasione: contrattare con Asja una breve proroga, alla condizione che maestranze AMIU si affianchino a quelle Asja per garantire l’operatività dell’impianto, quando, chiuso definitivamente il contratto, l’impianto e le infrastrutture di captazione del gas potranno essere interamente ceduti ad AMIU.
In questo modo AMIU potrà mettere a bilancio la vendita dell’elettricità prodotta con il biogas della discarica che è presumibile potrà essere ancora sfruttato per qualche decina di anni e potrà, in tal modo, coprire le future spese del trattamento del percolato, la cui quantità si ridurrà progressivamente di pari passo con la riduzione della produzione di biogas.
Ma Scarpino oggi produce anche 30.000 chilowattore all’anno di energia solare ed eolica, grazie ad alcuni impianti fotovoltaici ed eolici realizzati al suo interno.
Al momento le potenze installate sono limitate, ma la grande superficie disponibile, l’elevata insolazione e ventosità del sito fanno ritenere che Scarpino possa diventare una importante centrale ad energia rinnovabile a servizio della città, un ulteriore valore aggiunto a questo sito che, in ogni caso, ancora per diversi anni avrà il ruolo strategico di discarica di servizio per le frazioni inerti non ancora economicamente fruttabili.
Come è noto l’impossibilità di conferire scarti indifferenziati a Scarpino e l’assenza di impianti per le frazioni organiche e l’indifferenziato ci costringe ad “esportare” fuori regione circa 200.000 tonnellate all’anno, di scarti indifferenziati, con un extra costi (trasporto e smaltimento) di 28 milioni di euro.
Sono circa 140 euro a tonnellata, il doppio del costo che avremmo sostenuto con impianti gestiti da AMIU, impianti che, nella migliore delle ipotesi saranno disponibili tra due-tre anni.
Per evitare di scaricare sulla TARI questi extra-costi esiste una soluzione: rendere operativi i numerosi progetti di riduzione alla fonte, approvati nel lontano 2009, dalla provincia di Genova, finalizzati a produrre meno scarti per passare, il più rapidamente possibile, dagli attuali circa 550 chili pro capite a 100 chili a testa, un obiettivo che è reso possibile da adeguate scelte di contrasto all’ usa e getta, scelte assolutamente possibili ed auspicabili.
Il rifiuto che non c’è, non si deve raccogliere, non si deve trasportare, non si deve trattare, non si deve smaltire e quindi non si devono pagare tutti questi costi che, per alcuni anni a Genova saranno maggiorati, sia perché dobbiamo trasportare i nostri scarti fuori regione, sia perché il sistema di smaltimento sarà prevalentemente la “termovalorizzazione”  quello più costoso.
Ogni tonnellata di scarto che i genovesi riusciranno a non produrre più ci farà risparmiare un centinaia di euro, quindi ben vengano campagne di promozione del compostaggio domestico e di comunità che, coinvolgendo le 80.000 famiglie genovesi già dedite al giardinaggio permetteranno, in pochi mesi, di ridurre del 3-4 % la produzione di organico; altrettanto importante sarà attuare le scelte per ridurre gli insostenibili sprechi alimentari nella grande distribuzione e nella ristorazione.
Perché tutto questo avvenga si dovrà riconoscere un congruo sconto TARI a chi, famiglia o azienda, metterà in pratica qualcuna delle numerose iniziative già ampiamente previste dal Piano Provinciale per la riduzione dei rifiuti e l’ammontare dello sconto dovrà essere quantomeno pari ai maggiori oneri per lo smaltimento fuori regione.
Inoltre occorre  attivare, senza ulteriori colpevoli ritardi, la realizzazione delle restanti quattro isole ecologiche per la gestione degli scarti ingombranti,  assolutamente necessarie, previste da tempo, ma che il levante cittadino sembra non gradire, con la complice inerzia dei Municipi.
Una volta a regime il sistema di isole ecologiche e, incrementato il compenso economico per chi conferisce in questi siti i suoi scarti ingombranti e elettronici, si può facilmente prevedere che la raccolta differenziata di Genova potrà fare un balzo in avanti di oltre il 20 %, avvicinandosi a quella soglia del 65% di raccolta differenziata che in molti continuano a far credere sia invalicabile.
Per ridurre la produzione di scarti, come previsto da piano CONAI, è necessario anche offrire subito ai genovesi il servizio porta a porta e di prossimità con la tariffazione puntuale.  E’ ormai certo che in questo modo si riduce di oltre il 20 % la produzione di rifiuto, si raggiungono raccolte differenziate superiori al 65% e economie di scala che riducono significativamente i costi per abitante.
E i progetti pilota di porta a porta nel levante cittadino, oltre a confermare il rapido incremento della percentuale della raccolta differenziata, hanno evidenziato un interessante fenomeno: l’elevata evasione totale della TARI, la presenza di numerose famiglie e aziende fantasma che non pagano il servizio!
Un motivo in più per rompere gli indugi e passare, senza incertezze e ripensamenti, al “porta a porta”.
E infine vediamo come sia possibile realizzare i nuovi impianti per attivare forme di economia basate sul ciclo della materia.
Per la gestione degli scarti genovesi, l’attuale piano industriale di AMIU, approvato dal Comune e difeso a spada tratta dal Presidente Castagna e dal Consigliere delegato Pignone,  prevede un digestore-compostatore per il trattamento delle frazioni organiche, un trattamento meccanico per la valorizzazione merceologica delle frazioni differenziate (ampliamento dell’attuale impianto operativo a Saldorella) e un trattamento meccanico biologico per il recupero di materia dalle frazioni secche non direttamente riciclabili.
Caratteristica di questi impianti è quella che tutti producono materie seconde già lavorate, più pregiate delle materie prime, con un reale valore commerciale, che nel mercato libero può essere anche più remunerativo ed esteso di quanto oggi offra il Consorzio Nazionale Imballaggi.
Nel 2015, con una misera raccolta differenziata al 35%, AMIU con la vendita dei materiali differenziati ha avuti ricavi per 4,3 milioni di euro. E’ ovvio che è possibile fare meglio e di più.
Le materie seconde che i nuovi impianti produranno e permetteranno di vendere sono: metano ad elevato grado di purezza, ammendanti agricoli con un importante contenuto di fertilizzanti, rame, alluminio, acciaio, plastiche mono-componenti e miste, carta e cartone, vetro…
Pertanto, la vendita di questi materiali permette di avere importanti guadagni, guadagni che di fatto appartengono ai cittadini che quegli scarti hanno prodotto e in gran parte contribuito a separare con la loro raccolta differenziata.
Il giorno dopo la bocciatura della delibera IREN è giunta la notizia che AMIU stia decidendo che questi impianti possano essere realizzati secondo lo schema del finanziamento a progetto (project financing) che, in genere, cede al privato una proprietà pubblica, in cambio dei soldi investiti.
Sarebbe preferibile adottare il più virtuoso metodo previsto dalle Compagnie per i Servizi Energetici (Energy Service Company -ESCO):  l’azienda privata, con proprie risorse economiche, realizza gli impianti, ottimizzando i loro consumi energetici e la loro produzione di materia utile, li gestisce, con personale AMIU adeguatamente addestrato, e copre le proprie spese di investimento e di gestione con la vendita dei materiali prodotti e con una adeguata quota  della Tassa Rifiuti.
Dopo un congruo numero di anni (stimabile tra 5 e 10 anni, a seconda degli impianti), recuperati gli investimenti e realizzato un giusto reddito, gli impianti tornano alla gestione pubblica con personale AMIU che, nel frattempo, avrà acquisito tutte le professionalità necessarie per una loro corretta gestione.
E ovviamente, nelle casse comunali rientreranno  a pieno titolo tutti i guadagni derivanti dalla vendita dei materiali recuperati, guadagni che saranno investiti nel rinnovamento degli impianti e in nuovi servizi a favore della comunità.