Siamo ad un mese dall'appuntamento referendario in cui, il 17 aprile 2016, gli Italiani potranno esprimere il proprio parere sulle scelte energetiche del Paese ed in particolare sul via libera ad ulteriori trivellazioni petrolifere.
La volata a questa scelta l'ha data Monti nel 2013, con l'approvazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN).
L' "assist" e' stato fornito da Prodi, che ci ha ricordato tutto il petrolio che giace sotto ai nostri piedi e Renzi, il vecchio che avanza, ha concluso l'opera, con l'approvazione del decreto "Sblocca Italia".
Con questo atto, in barba ai tanti "comitatini", Renzi ha regalato, ha dato in concessione, il nostro Paese alle multinazionali le quali, grazie a questo decreto, potranno liberamente, ancor più di quanto non stiano già facendo, trivellare il Paese e i suoi fondali, alla ricerca dell'ultimo petrolio: i fondi del barile.
Alle multinazionali rimarrà una barcata di soldi (15 miliardi di euro sono gli investimenti previsti, ovviamente ampiamente coperti dalla vendita di petrolio e gas ), per noi ci sara solo un'elemosina sotto forma di "royalties" (333,6 milioni di € nel 2012, 5,4 euro per ogni italiano), qualche posto di lavoro precario e certamente l'inquinamento, nei limiti di legge, della terra, del mare, del suolo.
L'obiettivo di questa svendita è quello di trovare ed estrarre, per qualche decina di anni, l'ultimo gas e l'ultimo petrolio presente in Italia: in tutto, le riserve di gas e petrolio accertate nel 2012 ammontano a 131 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP), quelle probabili sono 153 milioni di TEP.
Quindi se va bene (riserve accertate + probabili ) disponiamo di gas e petrolio di produzione nazionale per 284 milioni di TEP .
Tanto per essere chiari, il nostro attuale consumo annuale di combustibili fossili ( carbone, petrolio, gas) è di 135 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.
Pertanto, tutto il petrolio e tutto il gas che sicuramente sta sotto ai nostri piedi ci basterebbe per coprire, si e no, due anni di consumi. E poi?
Eppure in Italia c'è una "miniera" inesauribile che si potrebbe ben conciliare con le altre vocazioni del nostro Paese: la produzione di cibo buono, il bel paesaggio, la cultura.
Questa miniera "verde" è rappresentata dagli scarti agricoli, i reflui zootecnici, gli scarti di cucina che, saggiamente gestiti, con l'aiuto di batteri si degradano a metano (biometano) che, opportunamente raffinato può essere immeso nella rete di distribuzioneì del gas ed utilizzato al posto del metano fossile che oggi compriamo dalla Russia, dalla Libia, dai paesi del Mare del Nord.
Una stima dell'ENEA ha valutato che queste potrebbero essere le produzioni annuali di biometano in Italia, a partire da una serie di scarti che il Paese gia produce e da specifiche coltivazioni agricole non commestibili:
milioni di metri cubi di biometano/anno
- Reflui zootecnici 1.005
- Scarti di macellazione 24
- Frazione organica rifiuti urbani 732
- Scarti agricoli 1.760
- Coltivazioni non commestibili 1.034
I 4,5 miliardi di metri cubi di biometano che il nostro Paese potrebbe produrre dai propri scarti, con un impatto ambientale nettamente inferiore a quello delle trivellazioni, trasporto e raffinazione del greggio e del gas naturale, sono circa la metà del volume di gas naturale che, complessivamente (mare e terra), è stato estratto in Italia nel 2012: 8,5 miliardi di metri cubi.
E il piano del governo Renzi prevede che le nuove trivellazioni potrebbero aumentare al massimo del 14% la nostra produzione nazionale di idrocarburi, per un totale di 9,7 miliardi di metri cubi.
Peccato che questa produzione aggiuntiva sia destinata ad esaurirsi in pochi decenni, due o tre al massimo, a seconda delle scelte della velocità pompaggio delle compagnie petrolifere, le quali sono interessate a far durare il più a lungo possibile il pompaggio di greggio e gas, in quanto gli regaliamo (non facciamo pagare le royalties) 50.000 tonnellate di greggio all'anno.
Al contrario, la produzione nazionale di biometano è di fatto inesauribile, in quanto rinnovabile di anno in anno, non richiede grandi finanziamenti, non obbliga a deleghe alle multinazionali, non contribuisce al cambiamento climatico, è compatibile con il turismo e la produzione agricola di qualità, consuma meno territorio, riduce la nostra bolletta energetica, crea stabile e qualificata occupazione, lascia a casa tutto il suo valore economico, risolve i problemi legati allo smaltimento di questi scarti.
Infine, la produzione di biometano ha un effetto collaterale positivo che l'estrazione di petrolio non ha: la produzione di compost di qualità da usare come ammendante agricolo.
E la mancata necessità di ricorrere a fertilizzanti di sintesi sarebbe un'altra voce positiva al bilancio economico ed ambientale del Paese.
Spetta ora al popolo dei "comitatini" aprirsi al cambiamento in grado di garantire uno sviluppo che duri nel tempo, chiudere al più presto l'era dei berlusca e dei renzi e riappropriarsi della propria sovranità.
Un passo decisivo si farà il 17 aprile, andando in massa a votare, il 50% piu uno, degli aventi diritto al voto e ovviamente facendo trionfare, il SI, la mia scelta.
Sullo stesso argomento:
- Il biometano ci potrebbe dare una mano
- La digestione anaerobica recupera materia (un pò meno del compostaggio)
- Valutazione del ciclo di vita (LCA) applicata al compostaggio, alla digestione anaerobica, all'incenerimento.